ELEZIONI EUROPEE: GIOCHI FATTI?
A due settimane dal voto sembra che le elezioni europee non debbano riservare sorprese:
– il PdL avanza di qualcosa rispetto alle politiche ma non stravince e si attesta intorno al 40%;
– il Pd cala fortemente (6-7% in meno rispetto alle politiche) ma non tracolla e si porta oltre la soglia del 25% che ne segnerebbe la disfatta;
– la Lega guadagna un punto o un punto e mezzo e supera il 10;
– l’Udc resta più o meno intorno al suo 6% perdendo o conquistando qualcosa;
– unico a registrare un consistente balzo in avanti è Di Pietro che dovrebbe attestarsi fra l’8 ed il 9 (dal 4,5% di partenza);
– Rifondazione è sul bilico del 4%, mentre questo risultato sembra precluso all’avventuroso cartello elettorale vendoliano;
Un risultato un po’ grigio, ideale per tenere il sistema politico nella sua stagnante instabilità (se ci passate l’ossimoro). Ma la partita è davvero così decisa?
A noi sembra che le cose siano molto più fluide e che molto si deciderà negli ultimi giorni –forse nelle ultime ore- prima del voto.
In primo luogo è da capire quanti italiani andranno effettivamente a votare e come si distribuirà l’eventuale diserzione delle urne. La campagna elettorale è fredda è noiosa e questo non sembra spingere gli italiani verso un appuntamento elettorale che, per di più, non hanno mai amato troppo.
Sinora il tema più seguito è stato quello dell’esuberanza sessuale dell’attempato capo del PdL, anagrammando il cui nome si ricava “Viso senil lubrico: ci si può divertire ma, insomma, non è cosa su cui possano prendere corpo flussi elettorali particolarmente consistenti. E nemmeno la sentenza Mills ci sembra stia producendo chissà quali mareggiate nell’opinione pubblica.
Solo il 40% degli italiani (stando agli stessi sondaggi) sa che ci sono delle elezioni, quando e per cosa, né le acque sono agitate dalla stitica campagna del Pd.
In queste condizioni, pensare ad una astensione intorno al 30-35% sembra una ipotesi tutt’altro che campata in aria. E non è detto che la cosa colpirebbe il solo Pd. Ad esempio, il diffuso senso di “partita vinta” potrebbe indurre molti elettori del PdL a una giornata di sano riposo al mare. Il risultato finale sarebbe quello di una flessione dei due partiti maggiori a tutto vantaggio delle liste intermedie (Udc, Lega, Idv e Rifondazione).
D’altro canto il Pdl deve vigilare i suoi confini elettorali che rischiano un doppio smottamento: verso la Lega e verso l’Udc. Gli uomini di Bossi sono all’attacco e sono i naturali beneficiari di campagne come quelle sulla sicurezza e l’immigrazione così imprudentemente cavalcate da PdL e Pd. D’altra parte, l’ottimismo berlusconiano sulla crisi potrebbe spingere verso la Lega una parte non piccola di quei lavoratori autonomi che sin qui hanno costituito la “diga” di Forza Italia. E la sentenza Mills potrebbe aiutare i più indecisi a decidere per Bossi, il cui successo potrebbe andare anche ben al di là del 10%.
Ancora più forte l’insidia Udc: il “fattore Veronica” in sé conta poco, ma potrebbe diventare il mantello del “travaso” dal PdL all’Udc, alimentato da una Comunione e Liberazione poco soddisfatta del trattamento riservato a Formigoni e da altre simili questioni. E Cl è fra le poche organizzazioni in grado di far ballare un 2-3% di voti nel giro di una settimana.
Sull’altro versante, Casini può sperare nell’arrivo di parte del voto della “margherita” scontento del Pd. Oggi l’Udc ha un bacino elettorale potenziale che può raggiungere anche il 15%, anche se ciò non vuol dire che questo accadrà. Probabilmente il risultato effettivo resterà molto al di sotto di questa soglia, ma resta da capire quanto al di sotto: l’esito finale potrebbe scostarsi significativamente da quel 6-6,5% che quasi tutti i sondaggi prevedono.
Anche l’Idv potrebbe dare sorprese, sia in senso negativo (raccogliendo molto meno del suo elettorato potenziale) sia in senso positivo, mietendo ulteriori consensi in casa Pd e rosicchiandone altri a Rifondazione ed anche alla Lega.
La lista di Rifondazione e dei comunisti italiani può sperare in una serie di flussi elettorali in entrata (ex voto “utile” al Pd, ripensamento di astenuti ed elettori di Sinistra Critica e del partito di Ferrando), ma deve guardarsi dalla concorrenza dipietrista sinora debolmente contrastata da Ferrero.
Insomma: qui abbiamo circa quattro o cinque milioni di italiani che non sanno se andranno a votare ed altri tre o quattro indecisi fra le formazioni maggiori e quelle minori. Naturalmente è assolutamente poco probabile che tutti questi flussi alla fine si attivino effettivamente; è ragionevole supporre che una buona parte di questi indecisi tornerà al voto precedente e che una parte dei flussi si incroceranno compensandosi a vicenda. Ma se anche la metà di questo bacino di incerti si muovesse, si tratterebbe di una massa pari a circa il 9-10% che potrebbe alterare sensibilmente il risultato determinando scenari politici oggi poco immaginabili.
Conviene essere molto prudenti nelle previsioni…
Aldo GIANNULI, 24 maggio 2009