Nuovo attentato in Turchia, questa volta davanti al palazzo di Giustizia di Smirne e, come al solito, le notizie sono frammentarie, contraddittorie, parziali. Ha senso cercare di capirci qualcosa con così pochi elementi? Si ha senso, purché si sia prudenti.
Avrei voluto scrivere un pezzo leggero di apertura anno, scherzando sull’inconsistenza del discorso di Mattarella, il cui unico contenuto è che per ora non si vota, perché “non c’è la legge elettorale”; quella stessa legge che questo Parlamento avrebbe dovuto fare e che, in qualche modo ha fatto, salvo poi rimangiarsela e che ora, non si capisce in virtù di quale intervento dello Spirito Santo, dovrebbe essere in grado di fare migliore dell’altra. Roba da ridere. Ma le notizie da Istanbul mi dicono che c’è poco da ridere e mi obbligano a temi meno allegri.
Siamo oltre il mese dallo “strano” (chiamiamolo così) golpe del 13 luglio e i fatti sono in pieno svolgimento: Erdogan, che sta attuando il vero colpo di stato, ha arrestato migliaia e migliaia di persone, fra cui gran parte della magistratura e molti poliziotti, sta procedendo a marce forzate alla completa islamizzazione del paese, è in procinto di ripristinare la pena di morte ecc.
Forse gli storici del futuro dedicheranno più di una pagina al colpo di stato turco del 16 luglio 2016, parlandone come di uno degli avvenimenti che hanno segnato una cesura, dopo di che nulla è stato come prima.
Situazione confusa e difficile quella turca, per cui cerchiamo di procedere con ordine individuando le poche cose su cui si può fare ragionevole affidamento.
Sarà un caso, ma a pochi mesi dall’intervento aero-missilistico dei russi in Siria si è mossa la macchina diplomatica che sembrava paralizzata ed è sto trovato un pur fragile accordo per arrivare al cessate il fuoco. E, sempre per pura combinazione, sauditi e turchi hanno deciso che manderanno truppe di terra per combattere l’Isis. Ma non mi dire!
L’incontro fra Putin ed Obama, durante il negoziato parigino, ha chiarito i termini della questione siriana indicando come possa maturare una svolta. Obama chiede la testa di Assad a Putin il quale lascia intendere a sua volta di essere disponibile a condizione di avere la testa di Erdogan. La cosa, che potrebbe sembrare facile, in realtà è più complessa di quel che sembra, perché le chiavi del caso siriano sono, in parte, in Ucraina, in parte in Turchia, Arabia Saudita e Iran.
L’abbattimento del Su-24 russo da parte dei Turchi apre una fase diversa del conflitto mediorientale per comprendere la quale occorre iniziare dalla logica che guida i due contendenti ed i due “convitati di pietra” (Usa ed Isis).
Molto volentieri ospito questo articolo di Elio Catania sulle elezioni turche del prossimo 1 novembre. Elio, amico ed attivista della carovana di soldarietà Rojava Resiste, nelle scorse settimane è stato in Kurdistan, dove la comunità Curda è schiacciata da una parte dalla Turchia e dall’altra dall’Isis. Buona lettura!
Quanti destini si incrociano nelle urne turche questa domenica: per la Turchia in generale si tratta di bloccare il progetto autoritario di Erdogan e del partito-stato Akp (1) (già in parte avviato) e ridare fiato ad una democrazia mai realmente del tutto consolidata; per le opposizioni di sinistra (politicamente guidate dall’Hdp (2) filo-curdo), il movimento sindacale e i gruppi rivoluzionari aprire uno squarcio possibile nella lotta per l’egemonia tra il vecchio fronte kemalista e il nuovo nazionalismo del governo; per il movimento di liberazione curdo, mai così forte come oggi, la possibilità di fermare la guerra sporca degli ultimi mesi e consolidare l’autonomia democratica conquistata nelle strade (3).