Tag: enrico letta

Napolitano e il bacio della morte.

Nel 2010, Napolitano iniziò l’assedio del Cavaliere con l’appoggio di Gianfranco Fini (Presidente della Camera e co-fondatore del Pdl) che indusse ad uscire dal Pdl, ma tenendolo nel suo ruolo istituzionale. Cosa che fu esiziale per Fini che trascurò di organizzare il suo partito. Morale: alle politiche Fini non è rientrato in Parlamento ed è sparito dalla scena. Stesso discorso per Pisanu che faceva parte della combriccola quirinalizia e di cui oggi non sappiamo più nulla.

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Lo stile di Renzi.

Questo Presidente del Consiglio ha uno stile molto personale: una miscela fra Fanfani, Andreotti, Berlusconi e Vanna Marchi, con un tocco tamarro molto particolare. Di Fanfani ha l’attivismo frenetico e fine a sé stesso, ma non l’ideazione politica; di Andreotti il cinismo, ma non la raffinata perfidia; di Berlusconi l’ineguagliabile faccia tosta, ma non il tempismo (essere frenetici non significa necessariamente essere tempisti). Di Vanna Marchi ha la comunicativa dell’imbonitore televisivo, ma gli manca….gli manca… No: mi pare che non manchi nulla. Quanto al coefficiente di tamarraggine, fate voi.

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Nomine Ue: Renzi ha ragione. Sono dalla sua parte!

Sono spesso accusato di prevenzione nei confronti del Presidente del Consiglio Renzi, di critiche astiose e pregiudizi, di gratuita ostilità. Non è vero, sono accuse ingiuste ed oggi ve lo dimostro, esprimendo il mio plauso per le scelte lungimiranti del governo italiano  in materia di nomine Ue. Diamo a Renzi quel che è di Renzi. Il punto, come si sa, è quello della candidatura della Mogherini come Alto Rappresentante per la Politica Estera e la Sicurezza della Ue (meglio noto come “mister Pesc”) faziosamente osteggiata da molti membri dell’unione stessa. E invece, come dimostrerò, questa è la scelta più saggia ed opportuna.

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Ma, come mai Renzi è cascato antipatico a De Benedetti & c.?

Scalfari non è tipo che scriva a caso e, quando usa le parole, le sceglie una per una e le combina affilandole al meglio. Domenica, la sua abituale articolessa di un ettaro si intitolava: “Quanto è bravo il premier, ma chi ripara gli errori che sta facendo?”. Che è un bel “buongiorno!”. Il pezzo si apre con una interminabile disquisizione sulla modernità che parte da Montaigne ed arriva a Nietzsche, per poi planare su Walter Veltroni. Come dire, dall’Imperatore Tiberio, Leonardo da Vinci ed il pizzicagnolo sotto casa. Ma fin qui, nulla di importante. Il meglio viene dopo, quando Scalfari, intinto il pennino nel cianuro, viene “al nostro vissuto di questi ultimi giorni”.

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Ma perché Renzi non piace agli americani?

Matteo Renzi non piace agli americani, che non perdono occasione per farlo notare: Obama, nell’incontro, fu freddissimo, limitandosi ad apprezzamenti sull’ “energia” del nostro Presidente del Consiglio (ben più calorosi erano stati i giudizi su Enrico Letta), poi, nel momento peggiore della crisi di Crimea le note del Dipartimento di Stato evitavano ostentatamente di citare l’Italia a differenza di Francia e Germania, poi è venuto lo schiaffo del D-Day e del G7. Insomma, l’ometto non suscita entusiasmi sul Potomac. Capita, ma perché?

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Cosa c’entra il Quatar con la crisi del governo Letta?

Spesso gli analisti sono portati a stabilire rapporti causa-effetto mettendo in relazione eventi che, invece, si sono succeduti casualmente. E’ sempre un rischio presente e conviene sempre sciogliere un po’ di dubbio nelle proprie ipotesi. Soprattutto quando non si abbiano prove certe a sostegno ma solo indizi.  Questo non vuol dire che si debba rinunciare ad avanzare supposizioni da sottoporre a verifica, man mano che gli eventi procedono.

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Metodo Renzi e squadrismo Cgil: ma che sta succedendo alla sinistra?

Scriveremo dell’”Operazione Renzi”, fra qualche giorno, quando, con la formazione del governo i giochi saranno un po’ più chiari. Per ora non è inutile qualche riflessione sul come questa strana crisi si sta sviluppando. In primo luogo l’opacità che avvolge ormai regolarmente la politica di questo paese: come mai Napolitano ha ritirato il suo patronage a Letta? C’entra qualcosa il siluro Friedman? E, a proposito, come mai Forza Italia si è astenuta sulla messa in stato d’accusa?

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La scissione del Pdl: che prospettive ha?

Non se ne poteva più, fra indecisioni, annunci, ripensamenti, nuove rotture, ricuciture, mediazioni, rinvii.. era diventata una telenovela; finalmente siamo arrivati allo sbocco finale: la scissione c’è ed Alfano se ne va per i fatti suoi. Ancora non sappiamo con quanti parlamentari, ma si parla di una trentina di senatori ed altrettanti deputati. Non moltissimi, ma sufficienti a mandare avanti Letta, anche senza i voti della nuova Fi. Allora cerchiamo di capire che si profila all’orizzonte.

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Le dimissioni di Monti e la fine di Scelta Civica: che cambia?

Sarebbe facile infierire sull’uscita di scena di Mario Monti e liquidarla con un secco: “Ci siamo tolti davanti un imbecille” (imbecille politicamente parlando, si intende). Ma le cose non sono così semplici: certo Monti non si è dimostrato un’aquila in politica ed anche molte oche gli avrebbero dato i punti su quel terreno (per restare nella metafora aviaria), e la sua creatura politica, già nata asfittica, era già in liquidazione da subito dopo le elezioni anche grazie al suo comportamento altezzoso quanto esilarante. Dunque, lo sbocco era segnato.

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Tanto tuonò che piovve: è la crisi di un governo che non doveva nascere

Ci siamo: la crisi è iniziata come era inevitabile che fosse date le caratteristiche di una maggioranza tenuta insieme con lo sputo e con un Cavaliere tristemente avviato al patibolo. Vediamo ora che può succedere.

Primo nodo da risolvere: Letta cade o no? Questo dipende da diversi fattori: il numero di dissidenti Pdl, cosa farà il M5s e se ci saranno altri dissidenti. Ma, anche se dovesse passare la fiducia al Senato, che prospettive avrebbe? Le dimissioni in massa dei parlamentari Pdl comporterebbero obbligatoriamente le nuove elezioni?

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