Tag: elezioni politiche

Cosa ci aspetta dopo le politiche?

Premettiamo due cose: realisticamente andremo a votare con il Consultellum e nessuno prenderà il 40% necessario al premio di maggioranza. Voteremo con il Consultellum anche se, forse, potrebbero esserci i tempi, ancorché stretti, per un rabbercio di legge elettorale, perché non c’è maggioranza possibile: Renzi non è più interessato ad un maggioritario –anche se fa finta di credere che potrebbe prendere il 40%- perché sa che corre il serio rischio di arrivare secondo e, se dovesse esserci una nuova scissione, terzo. E non è interessato ad alcun tipo di coalizione (basta vedere come ha trattato Pisapia, Franceschini e Orlando) perché a lui interessa solo trasformare, anche nominalmente, il Pd nel suo partito personale e, siccome proprio scemo non è, ha interesse a gestire questo passaggio con un sistema proporzionale.

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Perché il nemico da battere è il Pd.

Probabilmente chi simpatizza per il Pd, una volta letto il titolo, non leggerà il pezzo, indignato. Ma farebbe molto male, perché la lettura potrebbe risultargli utile per capire il clima con il quale il Pd (ma forse il “Partito della Nazione”) dovrà misurarsi sempre più nei prossimi anni e perché. Comunque, fate pure come vi pare, sono abituato a dire quello che penso senza giri di parole. Ed allora, perché sostengo che il Pd sia il nemico peggiore?

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Rivoluzione Civile: facciamo i conti

Mi dispiace molto per Antonio Ingroia, di cui ho stima, anche se non capisco quale medico gli abbia ordinato di mettersi alla testa di un esperimento così sconclusionato, rischiando un’ immagine costruita in decine di anni di lavoro. Mi spiace per ottime persone come Maurizio Torrealta o Ilaria Cucchi, che si sono fatte infinocchiare e sono andate a fare la copertura ad una operazione trasformistica come questa. Mi spiace soprattutto per le migliaia di compagni di base di Rifondazione Comunista (unica base realmente esistente di questo accrocco di sigle), che credono ancora in una battaglia contro il capitalismo e che si battono a mani nude nei loro posti di lavoro e nei loro circoli territoriali. Solo per rispetto di queste persone, ho evitato di dire in campagna elettorale quello che penso di Rivoluzione Civile: mi sarei sentito come uno che spara alle spalle di compagni ed amici. Ma ora la campagna è finita e possiamo fare i conti con calma.

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Ancora sul caso Giannino

In attesa dei risultati elettorali, vale la pena di fare ancora qualche considerazione sul caso Giannino, che ha molti più insegnamenti di quello che non sembri. Dato che diversi lettori (sia in questo blog che nei siti che lo riprendono) mostrano di prendere un po’ troppo alla lettera quel che scrivo, non cogliendo l’ironia di alcune affermazioni, cercherò di limitare il ricorso a questa forma stilistica e di restare sul didascalico. Allora, partiamo da un dato: Giannino sino a quattro giorni fa era uno dei più apprezzati –e, direi, celebrati- giornalisti economici: scriveva sulle testate di maggior prestigio, è stato vice direttore di un quotidiano, sedeva in permanenza negli studi televisivi, pontificava dappertutto, trattando da miserabile bestia chiunque osasse contraddirlo. Poi la “scivolata” sul master di Chicago ed è venuto fuori che non è neppure laureato, oltre ad un’ incredibile quantità di frottole (dalla partecipazione allo zecchino d’oro alla vittoria nel concorso per la Magistratura). A questo punto, la domanda che dobbiamo porci non è se Giannino abbia dei titoli di studio (che abbiamo appurato che non ha) o perché abbia inventato tutto questo, ma: “Giannino capisce qualcosa di economia o no?”.

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Che effetto avranno le dimissioni del Papa sulle elezioni?

Sento da più parti echeggiare la domanda sul se ritenere casuale o no la coincidenza fra le dimissioni del Papa e le elezioni italiane. Personalmente sposo la tesi della casualità: il Papa è molto più importante del Presidente del Consiglio italiano e non credo che si dimetta per influenzare le elezioni italiane. Peraltro, non si capisce a pro di cosa andrebbe questa mossa nel quadro degli interessi vaticani. Dunque, scarterei nettamente la tesi di un qualche indecifrabile disegno su questa coincidenza.

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Che succederà alla elezioni? Una partita a tre uscite

Prima di continuare con il dibattito sulle idee per uscire dalla crisi (che noto, con piacere, abbastanza partecipato) mi sembra il caso di fare il punto sull’andamento della campagna elettorale. Abbiamo 5 blocchi (destra, centro montiano, Pd-Sel, 5 stelle e arancioni). Prima considerazione: il Pd, ragionevolmente dovrebbe vincere alla Camera senza troppi problemi, aggiudicandosi il 54% dei seggi. A meno che lo scandalo Mps non porti ad un terremoto di vaste proporzioni; esso avrà effetti non irrilevanti e non va sottovalutato (come, invece, sta facendo Bersani) ma, per ora, non sembra in grado di ribaltare il risultato elettorale previsto. Né, per ora, sono prevedibili altri eventi di questa potenza.

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Berlusconi: cosa farà?

Ormai c’è aria di campagna elettorale, sia che si voti in ottobre, sia che si voti in primavera, la differenza sta solo nella durata della campagna. Berlusconi, che, come al solito, è il più tempestivo, lo sa ed ha iniziato. Non sappiamo ancora con che sistema elettorale si voterà, se con il Porcellum o uno nuovo, comunque è facile prevedere un qualche meccanismo premiale ad effetto maggioritario. Berlusconi, per quanto non abbia più il senso politico di un tempo, ha realizzato perfettamente che il Pdl è definitivamente finito e che la sua classe politica è impresentabile; così come sa che l’asse con la Lega è rotto forse irrimediabilmente. Vive versa, non ha realizzato ancora quanto sia diventata respingente la sua immagine. O forse lo sa ma non trova nulla di meglio (e la boutade su Renzi può anche far pensare ad un assaggio in quella direzione, poi andato male). Inoltre, probabilmente sopravvaluta la capacità di influenza delle sue Tv che, al tempo di internet, non è più quella di venti anni fa. L’uomo, però, ha fantasia e qualcosa sta preparando in cucina. Già si sente qualche odore: le liste civiche per cavalcare l’ondata anti-partiti, l’attacco all’euro per cavalcare il malcontento dei molti che vedono nella moneta unica il freno alle esportazioni, la ragione dell’aumento della pressione fiscale ecc. Dunque, prima mossa da mettere in conto: una possibile lista civica (o più liste civiche,  “No Euro”) composte da piccoli imprenditori, commercianti, gente di spettacolo, forse sportivi ecc. e nessun esponente politico, età media sotto i 40, pochissimi slogan chiari e diretti.

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