Tag: egitto

Le “Primavere Arabe” a sette anni di distanza.

Lo scorso 28 novembre dalle colonne di questo sito Elio Catania ha pubblicato un’interessante analisi basata sulle dinamiche delle “rivoluzioni” contemporanee. Tali rivoluzioni, dall’inizio del nuovo millennio ad oggi, si sono manifestate nella forma “colorata” in diverse parti del mondo, dal Kyrghizistan all’Ucraina, dalla Georgia al Myanmar.

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“Tripoli Bel suol d’amore”: lo sapete che quest’anno cade il 120° anniversario di Adua?

A quanto pare ci siamo: italiani, francesi ed inglesi si preparano ad un intervento di terra in Libia con il supporto aereo dalla costa e del solito codazzo di droni. In teoria l’intervento dovrebbe avere carattere chirurgico contro il Califfato di Derna, ma le cose forse non sono così semplici come si dice.

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Regeni era una spia? Una infamia ed un depistaggio.

Già poche ore dopo il ritrovamento del cadavere di Regeni ha iniziato a circolare nel web la notizia dell’appartenenza di Regeni al servizio segreto militare, per conto del quale avrebbe dovuto svolgere una qualche missione. Una tempestività decisamente sospetta: da dove poteva venire questa notizia, ed in tempi così brevi, se non dai servizi italiani o egiziani? Dopo la versione ha iniziato a cambiare: era una spia si, ma degli inglesi. Cerchiamo di spiegare perché questa leggenda (che è tanto piaciuta nel web per la sua suggestività) non sta in piedi.

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Ancora sul caso Regeni

Sembra che ormai siamo al nocciolo della vicenda che è costata la vita al povero Giulio Regeni: l’Egitto inizia ad ammettere (per ora ufficiosamente) che egli è stato preso da un qualche corpo di polizia che lo avrebbe torturato per i suoi contatti con l’opposizione (si parla anche dei Fratelli Musulmani) e sarebbe morto più o meno casualmente. Dunque, ci stiamo avviando alla soluzione del caso? Neanche per sogno: questa versione non quadra affatto.

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Egitto: una rivoluzione usa e getta?

Dopo molti (troppi) mesi in cui la quotidianità italiana ci ha costretto a concentrarci sulla politica interna, torno finalmente e per la felicità di molti lettori che mi hanno scritto per rimproverarmi, a scrivere anche di altri temi…

Sin dal 2011 ho pensato che quella che molti salutavano gioiosamente come la “vittoria della democrazia in Medio Oriente”, la “primavera araba” che imboccava una strada coperta di fiori, in realtà, era solo l’inizio di una lunga durissima guerra civile che si sarebbe protratta per molti anni. Allo stesso modo non penso che quello che sta accadendo (prima in Siria, poi in Tunisia, Egitto, Yemen) sia la fine della rivoluzione, come pensa, invece, Lucio Caracciolo (Repubblica 17 agosto 2013 p. 33 e numero speciale di Limes) che pensa all’inizio di un nuovo ciclo autoritario destinato a durare decenni. Non credo che sia così scontato: mi sembra, piuttosto che stiamo assistendo a una delle convulsioni del processo e che altre ancora ne vedremo prima che si assesti.

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Una bufera in arrivo: Israele-Iran.

Cappuccino, brioche e intelligence n°31

L’Aiea conferma che l’Iran sarebbe sul punto di concludere la sua ricerca per l’uso militare dell’energia nucleare, cioè a breve disporrà di ordigni nucleari. Nonostante le dichiarazioni ufficiali di segno contrario, Israele sembra sia in procinto di realizzare una azione militare sul modello del raid su Osirak del 1980. In due parole stiamo dicendo che sta per arrivare un conflitto di proporzioni non calcolabili.

Iniziamo da alcune considerazioni sulla fondatezza della notizia sul possesso dell’arma nucleare da parte dell’Iran. Il rapporto Aiea conferma quanto già americani ed israeliani (cioè fonti di parte) avevano detto ma, per quel che se ne sa, più che prove ci sarebbero indizi, anche se non pochi o leggeri. Dunque, non siamo affatto sicuri che le cose stiano nel modo in cui vengono presentate, anche se il sentore va esattamente in questo senso.

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Il futuro della Libia.

Vedo che il mio precedente articolo ha scatenato un dibattito molto vivace, come, peraltro, era auspicabile che fosse e come è necessario continuare, dato l’evolvere della situazione.
Preliminarmente, vorrei chiarire una cosa: non mi è stato facile scrivere certe cose, perchè sono perfettamente cosciente dei costi umani e politici dell’intervento militare e del fatto che ci sia poco da fidarsi del genuino spirito democratico di inglesi, francesi ed americani. Non nutro alcun dubbio sul fatto che la principale molla di inglesi e francesi –soprattutto- non sia lo spirito umanitario, quanto il desiderio di accaparrarsi i pozzi di petrolio oggi in mano all’Eni. Come dimostra la scarsissima sensibilità nei confronti dei massacri in Palestina o nel Ruanda che qualcuno mi ha ricordato (ma vorrei rassicurarlo: li avevo già ben presenti). Così come sono convinto che una parte del conflitto si stia giocando con la disinformazione, per cui chissà quante baggianate ci stanno raccontando. A proposito: ricordate la foto delle “fosse comuni” scavate per seppellire i cadaveri degli insorti dopo la prima repressione? Era la foto di un normalissimo cimitero, con fosse individuali scavate e recintate a regola d’arte. Siamo abituati a questi trucchi. Pertanto, molte osservazioni fattemi sono giuste e le avevo già in mente.

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Egitto: i movimenti sociali, la CIA e il Mossad.

Ringraziamo Dimitri Deliolanes che ci ha segnalato questo interessante articolo.

Egitto: i movimenti sociali, la CIA e il Mossad

di James Petras

I limiti dei movimenti sociali.

I movimenti sociali di massa che hanno obbligato Mubarak a ritirarsi rivelano nello stesso tempo la forza e la debolezza dei sollevamenti spontanei.
Da una parte, i movimenti sociali hanno dimostrato la propria capacità di mobilitare centinaia di migliaia di persone, forse milioni, per una lotta vincente che è culminata con la caduta del dittatore che i partiti di opposizione e le personalità preesistenti non hanno voluto o potuto far cadere.
D’altra parte, a causa della leadership politica nazionale, i movimenti non sono stati capaci di prendere il potere politico e trasformare in realtà le loro richieste. Ciò ha permesso alle alte cariche militari di Mubarak di prendere il potere e definire il post mubarakismo, garantendo la continuità e la subordinazione dell’Egitto agli Stati Uniti, la protezione della ricchezza illecita del clan Mubarak (70 miliardi di dollari), il mantenimento delle numerose imprese di propretà dell’élite militare e la protezione dei ceti alti.

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