Spesso si accusa il M5s di populismo (con evidente segno negativo dell’espressione e cioè come sinonimo di demagogia, rozzezza culturale, ribellismo inconcludente) e il movimento, per parte sua, ha reagito facendo sua quella definizione ma con segno politico (se democrazia è “governo del popolo”, il populismo è movimento di popolo, dunque è sinonimo di democrazia). Come stanno le cose?
Probabilmente chi simpatizza per il Pd, una volta letto il titolo, non leggerà il pezzo, indignato. Ma farebbe molto male, perché la lettura potrebbe risultargli utile per capire il clima con il quale il Pd (ma forse il “Partito della Nazione”) dovrà misurarsi sempre più nei prossimi anni e perché. Comunque, fate pure come vi pare, sono abituato a dire quello che penso senza giri di parole. Ed allora, perché sostengo che il Pd sia il nemico peggiore?
Il M5s sta attraversando una fase difficile, come sempre lo sono le trasformazioni: da bruco non si diventa farfalla, senza passare per lo stadio problematico della crisalide. I movimenti di protesta nascono nel “punto zero” (o di “confusione”) di un sistema politico, ma, se non vogliono implodere, devono poi definirsi occupando una posizione precisa nello spazio politico, soprattutto se intendono trasformarlo.
Non era un’ardua previsione quella del rapido sgonfiarsi del movimento dei forconi man mano che ci si approssimava al Natale, ma nel flop della “marcia su Roma” di qualche giorno fa, non c’è solo l’avvicinarsi delle feste: ci sono i numeri già inizialmente non grandissimi, la spaccatura fra i leaders del movimento, il problema delle infiltrazioni fasciste, le campagne ostili dei giornali. Il che mi conferma una serie di idee su questo movimento (“non di massa” avevo detto) che era spontaneo, ma fragile e terreno facile di infiltrazione per il suo carattere poco strutturato, eterogeneo, improvvisato. E, infatti, la presenza dei gruppi di destra ha subito agito da detonatore, spaccando la leadership del movimento ed allontanando gran parte di quanti avevano partecipato alle prime manifestazioni.
Diversi interventi precedenti mi stimolano ad intervenire su temi quali l’esito delle rivoluzioni in Russia e Cina, la storicizzazione dei concetti di libertà ed eguaglianza ecc. Lo farò, ma intanto vorrei concludere il ragionamento sulla collocazione politica del M5s.
Di fronte alla nascita di un nuovo movimento politico ci sono due modi opposti di non capire nulla: c’è chi già “sa” come andrà a finire, perché tutto è già visto e tutto è già detto (“Nihil sub sole novi!) e il nuovo movimento è solo la reincarnazione di qualcosa che c’è già stato; poi c’è chi, al contrario, parla di qualcosa di totalmente nuovo, incomparabile con qualsiasi esperienza passata, che non si sa bene cosa farà, ma sicuramente non ripeterà gli errori del passato ed è qualcosa di totalmente diverso da qualsiasi altro soggetto politico ed al quale, pertanto, non può essere applicata nessuna regola conosciuta.
“E’ evidente che la gente è poco seria
quando parla di Sinistra e Destra”
Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra”
Giorgio GABER
Prima di entrare nel merito del se il movimento 5 stelle sia o no di sinistra (come qualcuno mi ha contestato) credo sia opportuna una precisazione del concetto di sinistra da un punto di vista teorico generale. Prossimamente affronteremo il problema della collocazione del M5s. Diverse contestazioni mi sono state fatte a proposito dell’uso delle categorie di Destra e Sinistra e, più o meno sullo stesso punto si è sviluppato un confronto piuttosto aspro fra diversi intervenuti (in particolare fra Luca Iozzino e Giandavide), mentre Mario Vitale trova “assolutamente disgustosa l’etichettatura riservata a chi è di destra. Secondo Lei, quindi, io sarei favorevole all’autoritarismo, alle diseguaglianze ed ai privilegi? Beh, tanto valeva che aggiungesse anche fascista che fa sempre effetto.” Veniamo al merito.
Il mio precedente intervento sul Movimento 5 Stelle ha scatenato subito un dibattito molto nutrito ed acceso nel blog. Nell’impossibilità di rispondere a ciascuno, farò delle considerazioni generali, per parlare poi del possibile futuro del movimento. Gli interventi sono stati di tono molto diverso, alcuni più intransigenti altri più pacati, ma nel complesso mi sembra che abbiano riflesso da un lato le speranze e gli entusiasmi di chi segue Grillo ed i suoi e, dall’altro quella antipatia di quasi tutta la sinistra. E le recriminazioni reciproche non sono mancate: da un lato c’è chi rimprovera ai grillini il “culto della personalità” del “capo”, l’intolleranza verso chi avanza critiche (sottolineando tutti gli interventi più intemperanti; e ce ne sono stati anche in questa sede), i rapporti con la “Casaleggio” come sintomo quantomeno di una ambiguità e ne ricava la diagnosi della gestazione di un nuovo movimento di destra. Dall’altra sponda si sbandiera il successo per decretare superate ed anzi morte tutte le altre opzioni politiche, per definire il conflitto fra il “popolo” e la “casta” come l’unica linea di divisione importante e reagisce accusando gli altri di non comprendere la novità di questo movimento che (al solito) non è né di destra né di sinistra, ma una cosa che si colloca al di fuori delle tradizionali categorie politiche tradizionali. Poi qualcuno mi ha anche invitato a “scrivere qualcosa di più sensato la prossima volta”. Obrigado!