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Fallimento dell’Euro: perché?

La fine dell’Euro non è più fantascienza, ma una ipotesi considerata nel campo del possibile (anche se deprecata) da tutti i politici europei e dai banchieri di tutto il Mondo. Non è detto che finisca necessariamente così, ma tutti pensano che possa accadere. O perché ne esca la Grecia, avviando un processo a catena, o perché ne esca la Germania, facendo perdere senso a tutta l’operazione e spingendo tutti a tornare all’ovile della moneta nazionale. Nessuno più esclude che questo possa accadere. I presupposti ci sono tutti e anche il più sprovveduto capisce che:

a-la Grecia non sarà mai in grado né di restituire il suo debito né di pagare gli interessi che man mano si accumulano, in una dinamica  di ammortamento negativo

b-che il Portogallo non è in condizioni migliori

c-che il sistema bancario spagnolo non è in grado di reggere la pressione dei mercati internazionali

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L’idea sbagliata di partenza sul debito pubblico

Negli anni sessanta e settanta circolava un’idea, ritenuta una verità di fede, per la quale perseguire il pareggio di bilancio dello Stato era non solo sbagliato ed utopico, ma addirittura reazionario e fuori del tempo. Il disavanzo era programmato, perchè così si garantiva lo sviluppo.
All’epoca ero un giovane militante di gruppi di estrema sinistra,  ma, ciò nonostante, la cosa non mi convinceva affatto e la trovavo una idea completamente sballata. Perchè se per qualche anno poteva essere necessario fare disavanzo, prima o poi bisognava rientrare e ripianare i debiti.
Molti amici e compagni mi dicevano che i miei dubbi erano completamente fuori luogo e tradivano una “mentalità ottocentesca” e un po’ reazionaria, perchè la modernità impone il disavanzo come condizione di progresso e, dunque, esso deve essere costante, strutturale, permanente. E giù citazioni di Keynes che dimostravano quanto fosse auspicabile  chiudere i conti in rosso. Rispondevo “Sarà, ma non mi convince”.

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Si può ridurre il debito con la crescita?

C’è una sorta di mantra per il quale il modo “vincente” per risolvere il nodo del debito pubblico è solo quello di puntare sulla crescita del Pil: se io ho un debito di 160 ed un Pil di 100 vuol dire che il mio debito è il 160% del Pil, ma se il mio Pil diventa di 200 vuol dire che il debito, pur restando fermo, è diventato l’80% del Pil e se arrivo a 400 si è abbassato al 40%. Man mano, il gettito fiscale dovrebbe crescere in cifra assoluta così da permettere la graduale riduzione del debito e dei relativi interessi, per cui, già dopo i primi anni (sempre che non ci sia un ulteriore disavanzo statale da finanziare con nuovo debito) il capitale inizierebbe ad essere gradualmente rimborsato e, via via, ridotto.

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Tutta un’altra Storia!

Molto volentieri segnalo questa iniziativa a cui prenderò anche parte.

Mercoledì 5 ottobre ’11

Università degli Studi di Milano
via Festa del Perdono 7
dalle 10.30 fino a sera

TUTTA UN’ALTRA STORIA!

Festival della storia di inizio anno

Una giornata di iniziative, dibattiti, mostre, musica per inaugurare il nuovo anno accademico guardando a passato, presente e …futuro!
Quattro modalità per condividere sapere e acquisire strumenti concettuali, diverse da quelle a cui siamo abituati dall’accademia…

vi aspettiamo!

Il programma della giornata

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Fine dell’Euro: ci conviene?

Nel 1997 scrissi un articolo per Liberazione (che allora somigliava ad un vero giornale) per dire che la futura moneta unica europea era un errore che ci avrebbe messo di fronte ad una alternativa: o dare pieni poteri alla Bce, liquidando ogni regola democratica, o fare una moneta debolissima che, prima o poi, sarebbe affondata.
In effetti, l’idea di una moneta sganciata dallo Stato è una assurdità che non si capisce come possa aver convinto politici, banchieri, economisti di tutto il continente: non si può sganciare la moneta dal fisco e dalla spesa, tanto per cominciare. Ma, qualcuno osserverà, che c’erano parametri ben precisi da osservare per il disavanzo, il debito ecc. Parametri che ben presto sono diventati puramente ornamentali e che, per un verso o per l’altro, sono stati evasi da tutti. Come era inevitabile che fosse, dato che ciascuno stato nazionale manteneva intatta la propria sovranità.

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Regali alle banche? Abbiamo già dato: che falliscano pure

Nuova settimana di passione per la Borsa e, soprattutto per i titoli bancari, in particolare francesi che perdono quasi il 50% del loro valore,  in poco più di un mese. Il sistema bancario europeo sembra un castello di carta velina: se i francesi piangono, gli italiani non ridono ed anche inglesi, tedeschi ed olandesi non hanno molto da stare allegri.
Ma, solo a giugno, non ci avevano detto che gli “stress test” erano stati superati a pieni voti e che il sistema bancario europeo era solido come la roccia? Erano state bocciate solo 8 banche mentre per tutte le altre le cose andavano a gonfie vele. Che razza di stress test erano?

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La nuova bolla che scoppierà: l’oro

Diversi frequentatori di questo blog, scambiandomi per un consulente finanziario (quel che proprio non sono), mi chiedono “Mi conviene comperare oro? E’ un investimento sicuro vero?”. Consulente finanziario non sono, ma qualche informazione base posso darla.
In vista dell’imminente recessione, molti risparmiatori si sono precipitati ad investire in oro, contribuendo, in questo modo, a farne salire il prezzo sino alla cifra record di 1.900 dollari l’oncia: solo tre anni fa una quotazione alla metà sarebbe parsa una impennata impressionante. E tutti deducono di aver fatto bene a mettere lì i loro soldi. Per ora cerchiamo di vedere la cosa dal punto di vista del piccolo risparmiatore, dopo parleremo degli speculatori.
Per spiegare cosa sta succedendo, devo fare una premessa: di quale oro stiamo parlando?

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I possibili sviluppi della crisi

La tempesta in borsa non si è ancora placata e fa ballare banche, monete, società per azioni, fondi speculativi e Stati.
Il punto è questo: la seconda recessione appare sempre più probabile e vicina e il troppo denaro in cerca di remunerazione moltiplica la tempesta. Come è noto, il liquido scorre lungo i pendii dove incontra minore resistenza ma quando è troppo e scorre fra canali troppo stretti, agitato da venti di tempesta e maree improvvise, il liquido dà luogo a tempeste rovinose. E la “liquidità” del denaro non fa eccezione.
Dunque, è lecito chiedersi “dove stiamo andando a sbattere” con le nostre fragili scialuppe, così come siamo in balia del fortunale.

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Il debito dei Pigs: che si fa?

La Grecia è sul punto di fallire, il Portogallo e l’Irlanda sembrano avviati sulla stessa strada ed anche la Spagna rischia.
Iniziamo dalla Grecia: è ormai chiaro come il sole che la Grecia è in stato di insolvenza non emendabile. Ormai l’ipotesi fallimento è un po’ più che una semplice probabilità: stanno per scadere le obbligazioni decennali emessi nel 2002 -al momento dell’ingresso nell’euro- e la Grecia non ha nessuna possibilità di onorare i suoi impegni. Si sta cercando di far fronte alla situazione vendendo il porto del Pireo ai Cinesi, la lotteria nazionale ad una società americana, qualcuno propone anche di vendere qualche isola o il Partenone…

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