Nel 2008, la “Voce delle Voci” (precedentemente “Voce della Campania”), diretta da Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola, pubblicò un articolo riguardante Annita Zinni, coordinatrice dell’IdV dell’Aquila, per il suo ruolo nella formazione politica di Cristiano Di Pietro (figlio del più noto Antonio).
Il M5s ha indetto una consultazione on line sull’opportunità di votare la candidata proposta dal Pd, prof. Silvana Sciarra, alla Corte costituzionale. Ricordo che il M5s aveva indicato dei criteri per l’elezione dei magistrati della Consulta, in omaggio ai quali non aveva presentato alcun candidato di partito: i quattro proposti erano tutti esterni al M5s e scelti sulla base del loro valore professionale e scientifico.
Quando sono iniziati a circolare i nomi della Sciarra e della Sandulli per la Corte Costituzionale, amici del M5s mi hanno chiesto cosa ne pensassi e ne sapessi. Per Silvana Sciarra nessun problema: la conosco personalmente dagli anni settanta, quando era nell’istituto di diritto del Lavoro di Bari (la scuola di Gino Giugni) e ne ho sempre avuto un’ottima considerazione,
Questo è un paese impazzito, lo sappiamo da tempo, ma ormai siamo ai fuochi di artificio. Partiamo da questa fotografia:
-un Presidente della Repubblica: unico caso di eletto per un secondo mandato, che però ha sempre detto di ritenersi inquilino temporaneo del Quirinale e, nel frattempo, incassa bordate di rara potenza (Friedman, Geithner) ma non si sa cosa altro sia in arrivo;
-un Parlamento delegittimato dalla Corte Costituzionale che lo dichiara frutto di un sistema elettorale illegittimo, che continua come se nulla fosse, pretende di mettere mano alla Costituzione e fa una legge elettorale identica a quella appena bocciata
-un Presidente del Consiglio non eletto da nessuno, che non controlla neppure i gruppi parlamentari del suo Partito, che sognano di liberarsene alla prima occasione. Segretario di un partito che ha stravinto le elezioni, ma che non sa come usare questo successo e dove andare.
In questo quadro, già di per sé desolante, piovono avvenimenti che allargano a macchia d’olio il caos istituzionale presente.
Massimo Giannini, uno dei giornalisti più intelligenti di “Repubblica”, oltre che vice direttore del medesimo giornale, ha scritto, domenica 18 maggio, un articolo molto acuto per spiegare cosa stia accadendo nella Procura di Milano e la posta politica in ballo. E’ un testo dichiaratamente di parte, schierandosi senza finzioni con Magistratura democratica, con Edmondo Bruti Liberati e con l’ufficio che dirige –appunto, la Procura milanese- e, pur non condividendone le tesi, non posso non riconoscere che si tratta di un pezzo di notevole bravura giornalistica e di grande onestà intellettuale nel dichiarare le sue propensioni (cosa che non sempre si può dire di quel che si legge su “Repubblica”).
Lo scontro interno alla Procura milanese (con il connesso scandalo expo) fra il Procuratore Bruti Liberati (di Magistratura democratica) e il suo aggiunto Robledo (di Magistratura indipendente) ha posto sotto gli occhi di tutti il problema dell’organo di autogoverno della Magistratura e del suo rapporto con la politica. Questione assai attuale, anche perché, il 31 luglio l’attuale Consiglio Superiore della Magistratura scadrà e, alcune settimane prima, occorrerà procedere dei membri eletti dal Parlamento nel suo seno. Il Csm è un’istituzione poco osservata dalla stampa –salvo poche occasioni come quella attuale- e di cui l’opinione pubblica sa poco e si interessa meno. Invece, si tratta di uno dei meccanismi più delicati ed importanti della nostra architettura di potere.
La Procura della Repubblica di Palermo ha presentato alla Corte che dovrà giudicare il caso della “trattativa” Stato Mafia, un elenco lunghissimo di testi e, fra essi, anche il Presidente della Repubblica Napolitano. Sorge un problema: si può adire come teste il Capo dello Stato? In che casi? Ci sono criteri di opportunità che lo sconsigliano?