Tag: uscire dalla crisi

Dal jolie temps alla crisi: paranoia e narcisismo nel presente.

Sabato 30 ho partecipato ad un seminario della Società di Psicanalisi Critica dedicato al tema della paranoia, introdotti da Franco Romanò e da Claudio Widmann e proprio le due relazioni mi hanno suggerito una serie di riflessioni che condivido con voi. Ovviamente parliamo del contesto occidentale ed in particolare europeo.

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Una schiarita. Ma non facciamoci troppe illusioni.

Dopo la doppietta di martedì e mercoledì, che ha messo in ginocchio la borsa ed il Monte dei Paschi, le cui emissioni sono ormai ridotte a livello di titoli spazzatura, giovedì ha segnato una ripresa: la borsa ha recuperato un 4%. Decisiva la dichiarazione di Draghi che lascia intravedere l’ennesimo quantitative easing a marzo: funzionerà?

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Le premesse dell’attuale crisi cinese.

Mi è ricapitato fra le mani un pezzo che scrissi a fine 2010 sulle nuvole che si addensavano sul cielo dell’economia cinese. Mi sembra utile riproporlo (non lo scrissi per il web) per capire le premesse dell’attuale crisi dell’economia cinese. Mi sembra che, a distanza di cinque anni, l’analisi esca confermata dai fatti (salvo gli inevitabili discostamenti), semmai si riveli meno drammatica degli attuali sviluppi. Affido al vostro giudizio il pezzo.

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Il vuoto strategico americano.

Quando crollò l’Urss, e con essa l’ordine mondiale bipolare, le valutazioni furono in generale assai ottimistiche e molti si spinsero a prevedere che tutto ciò avrebbe portato ad un crollo nelle spese militari, non essendoci più alcuna gara negli armamenti, dirottando ingentissime cifre verso investimenti sociali. Si parlò addirittura di un incombente “Nuovo Rinascimento”. Non pare che le cose siano andate in questo modo: dopo un relativo calo nei primi anni novanta, la spesa militare è invece sensibilmente aumentata, a danno di quella sociale e, quanto al “nuovo Rinascimento”, chi lo ha visto?

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Giochi, giochini, giochetti: ma qualcuno si ricorda dello stato di questo Paese?

La crisi prosegue in un delirio crescente, dove il primo problema è capire cosa vuole fare ciascun giocatore, al di là delle sue proclamazioni. La prima osservazione è che sono tutti furbi, ma nessuno è intelligente. Siamo di fronte ad una serie di trovate di piccolo cabotaggio, ma nessuno ha un vero disegno strategico. Facciamo una rassegna iniziando dal “giocatore capo”: Napolitano. La sua trovata dei saggi ha fatto infuriare sia Pd che Pdl, ha trovato freddo il M5s (che però converge sull’idea di lasciare Monti) e piace solo a Sc. Ma allora perché l’ha fatta? Il punto è che Napolitano ha segnato una svolta nella storia della Presidenza della Repubblica, che non è stata analizzata con l’attenzione sufficiente. Diciamocelo senza giri di parole: Napolitano è stato il Capo dello Stato costituzionalmente più scorretto e più “interventista” che ci sia mai stato. Roba da far impallidire i precedenti di Segni, Cossiga, Pertini che, quanto ad interventismo non scherzavano.

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La crisi è finita. Quasi. Forse. Si, Però.

La crisi è finita. Quasi. Forse. Si, Però.


Sembra ormai che la crisi sia finita. e la ripresa cominciata. Così si affannano a spiegarci sia la Fed che la Bce segnalando i timidi accenni di ripresa produttiva in Usa, Germania e Francia e i primi rialzi di borsa. Poi il coro degli economisti (quelli stessi che non avevano visto la crisi  sino ad una settimana prima che arrivasse) che assicurano che abbiamo scampato il pericolo di una nuova depressione come nel 1929.
E, dunque, di che ci preoccupiamo? “Il peggio sembra essere passato” come cantava qualcuno.
Poi, però, succede che la borsa di Shangai faccia uno starnuto e, in poche ore l’euforia sparisce e le borse occidentali ricomincino a ballare la rumba.
E così gli economisti ci spiegano che la ripresa c’è, ma è slow. Anzi… cioè.. nella misura in cui… Insomma: è lenta e non è rock .

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