Tag: crisi europa

Due conti in tasca a Tsipras…

Con grande piacere ed interesse, iniziamo una collaborazione con Lamberto Aliberti ed il gruppo Dext, esperto di system dynamics, che ha sviluppato un interessante lavoro sul debito e che oggi ci propone un approfondimento sulle sfide che Tsipras dovrà affrontare, facendo ricorso ad una serie di dati e calcoli molto interessanti, per cogliere la complessità dei fenomeni e delle sfide da affrontare. Buona lettura! A.G.

Per l’Ing. Tsipras un po’ di ingegneria umanistica.

Sul piano politico, lasceremo il commento a chi ne sa più di noi. Come ingegneri, speriamo di trovare la sua attenzione. Ne avrà in contropartita i benefici di una disciplina, che discende dalla sua: la modellistica matematica, a supporto della presa di decisione manageriale, system dynamics, per essere esatti.

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Referendum scozzese: una lezione capita a rovescio.

Come era prevedibile, il referendum scozzese ha tenuto banco sui giornali per diversi giorni; quello che non era prevedibile è stata la valanga di sciocchezze che abbiamo letto. Tutti -o quasi- hanno constatato che, con la decisione di Londra di ammettere il referendum  -riconoscendo implicitamente il diritto all’autodecisione degli scozzesi- hanno “sdoganato” il principio per tutti gli altri. E l’esito, che ha bocciato la proposta indipendentista, rafforza questa tendenza, perché lo Stato centrale può sempre pensare di vincere il referendum e, con questo, rilegittimarsi agli occhi dei suoi cittadini. Pertanto, non ci sarebbe motivo di rifiutare la proposta referendaria, anche per gli altri stati nelle stesse condizioni. Ad esempio, per Madrid sarà ora più difficile opporsi alla richiesta dei catalani. Sin qui non c’è ragione di dissentire: il senso di quello che è accaduto va sicuramente in questo senso. I guai cominciano dopo.

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Unità Europea: che bella cosa, però…

La panacea di tutti i mali d’Europa sembra finalmente trovata: fare subito l’unità politica, dopo quella monetaria, e così unificheremo il fisco, il diritto commerciale e quello penale, il sistema universitario, ecc. Antiche ferite saranno sanate di incanto, le economie dei singoli paesi convergeranno in magica armonia, vecchi dissidi troveranno la loro composizione e tutti vivremo felici e contenti. Che bello! Mi avete convinto: quando si parte? Naturalmente, non stiamo parlando dell’ennesimo pastrocchio per cui unifichiamo il fisco, magari creando una Cassa Centrale Europea sul modello della Bce, che diventa un altro apparato tecnocratico a sé stante, stiamo parlando proprio dii uno Stato federale, che ha un suo governo che diventa titolare esclusivo di moneta, politica estera, forze armate e giustizia penale federale (quantomeno).  Insomma stiamo parlando di uno stato vero. Però prima ci sarebbero alcune piccole questioni da mettere a posto: quisquilie, pinzillacchere, avrebbe detto il Principe De Curtis, ma, insomma, occorre pure pensarci un attimo:

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2012 in arrivo: facciamo due conti

Ogni tanto vale la pena di fare due conti facili facili, come la signora Maria di Voghera, quando, a fine giornata, fa i conti della spessa e vede quanto resta in cassa per il resto del mese.
Ed allora: nell’anno prossimo, fra titoli sovrani, obbligazioni di enti pubblici minori, corporate bond (debiti d’impresa), obbligazioni bancarie, scadono titoli per 11.000.000.000.000 (undicimila miliardi) di dollari. Faccio grazia degli spiccioli. Ve l’ho scritto con tutti i 12 zeri per farvi apprezzare la cifra in tutta la sua imponenza: si tratta di poco meno di un sesto del Pil mondiale e di circa l’11% dell’intero debito mondiale. Come dire che, se ogni anno avessimo scadenze di questa entità, in nove anni dovremmo rinnovare l’intero debito mondiale, compresi i titoli ultraventennali.  E, per di più, nei due anni seguenti, le scadenze saranno solo di poco inferiori.

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Sindacati: una modesta proposta

Alzi la mano chi sa chi sono Bernadette Segol e Fernandez Toxo.
Non  lo sapete? Sono, rispettivamente, la segretaria ed il Presidente della Confederazione Europea dei sindacati (Ces), insomma i capi del movimento dei lavoratori a livello europeo.
Chi ne ha mai sentito parlare?
Nata nel 1973 per assicurare la rappresentanza dei lavoratori nei confronti della Ue, conta una ottantina di organizzazioni affiliate, per un totale di 60 milioni di iscritti. Potenzialmente, una forza immensa con un grande potere contrattuale. Ma la montagna, sinora ha partorito qualche  raro e macilento topolino del tipo le direttive sul congedo parentale (1996 – rinnovato nel 2008), sul lavoro a tempo parziale (1997) e sul contratto a tempo determinato (1999) o gli accordi “autonomi” sul telelavoro (2002), lo stress legato al lavoro (2004), le molestie e violenze sul posto di lavoro (2007) o il  mercato del lavoro inclusivo (2010).
Considerato quello che costa il mantenimento di questo apparato (svariati milioni di euro) non è un bilancio entusiasmante.

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Euro: ma cosa ha in mente la Merkel?

Come si sa, la Merkel ha ordinato ai suoi consulenti di studiare i termini di una revisione dei trattati istitutivi della Ue che consenta ad un singolo paese che lo voglia, di uscire dall’Eurozona, tornando alla moneta nazionale, senza per questo dover uscire dalla Ue. Tutti hanno interpretato il passo come un avvio del processo di “riduzione dell’Eurozona”, cioè l’uscita “volontaria” –forse definitiva, forse temporanea- dei paesi più deboli e la nascita dell’Europa a due velocità. Il punto di approdo sarebbe uno sdoppiamento per cui ci sarebbe un club di 9 paesi “fondatori” dell’Euro che continuerebbero ad avere la moneta unica e gli altri 18 paesi della Ue con moneta propria (CdS 11.11.11 p. 18).
Ma, a quanto pare, i primi studi hanno segnalato che l’operazione potrebbe avere costi da capogiro: circa il 50% del Pil della Ue, con un milione di disoccupati in più nella sola Germania. Per di più, visto che la Francia sta subendo un attacco della speculazione internazionale, ha un deficit di bilancio oltre il 5% per tutti i tre anni prossimi (il doppio dell’Italia e cinque volte della Germania) e il Belgio ha un debito pubblico record,  il club potrebbe risultare ancora più ristretto. Dunque: neanche a parlarne.

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Il nodo del debito pubblico interno

Per quanto alcuni paesi siano particolarmente esposti verso fondi sovrani stranieri o soggetti assimilabili (è il caso degli Usa nei confronti di Cina, Emirati Arabi, Giappone ecc.), la parte più consistente del debito è regolarmente posseduta da soggetti interni: banche, enti locali, fondi pensione, università, aziende, fondi comuni, singoli risparmiatori.
Un puro e semplice azzeramento avrebbe effetti negativi prevalenti su quelli positivi ed, in qualche caso effetti devastanti: si pensi solo al caso dei fondi pensione.
Per i paesi dell’area Euro, si pone un problema  di non poco conto che richiede qualche spiegazione. Classicamente, il debito pubblico si divide in due categorie:

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Ma la Germania è proprio così virtuosa come sostiene di essere?

Come si sa, la Germania ha assunto il ruolo di “guardiano della cassa” di Eurolandia, sia per la sua forza economica, sia in ragione delle sue virtù che ne fanno l’economia più in salute –e dunque da imitare- del continente.
Nulla da eccepire sul fatto che la Germania rappresenti la parte più cospicua del Pil europeo e che abbia una posizione di forza indiscutibile.
Ma forse qualche ragionamento in più lo merita la reputazione di “grande forza tranquilla” che la sua economia si è conquistata.

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