Tag: classe dirigente

Professionismo politico, classe dirigente, militanza: facciamo un po’ di chiarezza.

Uno dei miei articoli più recenti ha un po’ disorientato i lettori al punto che uno mi scrive:

Sono confuso..
prima malediciamo i professionisti della politica…causa principe dell’allontanamento dalla politica dai cittadini … gente che è stata in politica per decenni, produttrice di disastri, servi dei poteri forti e allergici alla democrazia….ora me ne si esce con la necessità di avere dei professionisti della politica, gente che conosce i meccanismi istituzionali ecc… Dunque: I politici di professione. No!  Allora cittadini impreparati ma onesti, No! Allora mettiamo dei Tecnici superspecializzati, No! sarebbe un altro Monti. Mi permetta una battuta di colore: Ma chi minchia ci dobbiamo mettere al Governo?
Vi ricordo che attualmente abbiamo Alfano …al ministero degli esteri …mi vorreste dire che un Di Battista o un Di Maio sarebbero peggio?? …. Mister Giannuli, questa volta mi ha proprio confuso le idee! Al che torniamo al punto di partenza…meglio un incompetente onesto alla Di battista che un incompetente ma “professionista della politica” come quel simpaticone di Alfano!

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La base della sinistra è fatta di deficienti o c’è altro che non funziona?

So che questo articolo farà imbestialire molti per il titolo, ma se avrete la pazienza di leggere anche il resto, forse vi arrabbierete anche di più. O forse no. Vediamo… Uno degli interventori di questo blog, commentando una mia affermazione per cui il Pd è un partito con un gruppo dirigente di destra ed una base (militante ed elettorale) prevalentemente di sinistra, ha scritto che, stante questa premessa, occorre concludere che “l’elettorato  del Pd è in larga parte composto di deficienti”. Deduzione impeccabile…apparentemente, in realtà sbagliata perché troppo superficiale.

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Poteri deboli: chi comanda in Italia?

Propongo oggi l’articolo che ho curato per l’ultimo numero della rivista “Formiche”, che volentieri segnalo e consiglio ai miei lettori.

Qualche settimana fa, l’Epresso titolava il copertina “Qui non comanda più nessuno” e l’articolo correlato partiva dalla constatazione del declino di tutti quei soggetti che per decenni hanno retto il potere in Italia (Vaticano, partiti, Sindacati, Confindustria, la grande finanza, le imprese multinazionali con targa tricolore, la massoneria…). Soggetti che ancora esistono, ma assai rimpiccioliti ed in via di ulteriore ridimensionamento. Donde la diagnosi di alcuni intervistati riflessi nel titolo di copertina: il potere in questo paese si sta polverizzando, siamo all’entropia di sistema. È una analisi giusta?

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Il dibattito a sinistra. Cara Sonia, caro Maurizio, caro David

Le reazioni al mio pezzo sulla serata con Bertinotti, Migliore e Ferrero ha provocato reazioni più numerose di quello che mi attendevo. Buon segno: vuol, dire che, pur nella forte differenza di accenti, il destino della sinistra radicale è un nervo ancora sensibile al quale molti reagiscono.
Alcuni di questi interventi mi sollecitano ad approfondire il discorso su alcuni passaggi molto delicati. Procederò per punti iniziando dall’ultimo intervenuto, David:

1- Non credo di aver fatto particolari sconti a Fausto Bertinotti, che ha certo molte responsabilità nello stato di cose presente, prima fra tutte quella di aver allevato un ceto politici di carrieristi incolti e poco capaci. Mi sono limitato a dire che fra lui ed i suoi epigoni c’è un abisso e lo confermo: Bertinotti ha fatto un discorso astratto ed elusivo di molti aspetti decisivi, ma, comunque, nei limiti della decenza politica e culturale, cosa che proprio non si può dire degli altri due. Peraltro l’assonanza con Vendola è molto limitata. Sul rapporto fra movimenti ed istituzioni –o, se preferite, sul rapporto far le diverse forme della politica- dovremo tornarci più diffusamente. Qui mi limito a dire che Bertinotti pone il problema (ed è fra i pochi a farlo) anche se poi abbozza soluzioni astratte e un po’ fumose.

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Come è difficile essere italiani al tempo di Berlusconi e Bersani.

Come è difficile essere italiani al tempo di Berlusconi e Bersani.

Giorni fa mi è capitato di andare a Lisbona per fare una relazione ad un incontro sulla strategia della tensione. Alla fine, mi sono intrattenuto con i diversi ricercatori italiani che lavorano lì e, chiacchierando del più e del meno, il discorso è finito su Berlusconi. Tutti (dico tutti, compresi quelli che simpatizzavano per la destra) lamentavano l’imbarazzo di essere italiani: “Devi giustificarti ogni giorno per le gaffes di Berlusconi… Finisci per non essere preso sul serio perchè ti mettono sul conto tutte le figuracce di Berlusconi… Ci dicono che siete il paese di Pulcinella”.

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