Ancora sul caso Giannino
In attesa dei risultati elettorali, vale la pena di fare ancora qualche considerazione sul caso Giannino, che ha molti più insegnamenti di quello che non sembri. Dato che diversi lettori (sia in questo blog che nei siti che lo riprendono) mostrano di prendere un po’ troppo alla lettera quel che scrivo, non cogliendo l’ironia di alcune affermazioni, cercherò di limitare il ricorso a questa forma stilistica e di restare sul didascalico. Allora, partiamo da un dato: Giannino sino a quattro giorni fa era uno dei più apprezzati –e, direi, celebrati- giornalisti economici: scriveva sulle testate di maggior prestigio, è stato vice direttore di un quotidiano, sedeva in permanenza negli studi televisivi, pontificava dappertutto, trattando da miserabile bestia chiunque osasse contraddirlo. Poi la “scivolata” sul master di Chicago ed è venuto fuori che non è neppure laureato, oltre ad un’ incredibile quantità di frottole (dalla partecipazione allo zecchino d’oro alla vittoria nel concorso per la Magistratura). A questo punto, la domanda che dobbiamo porci non è se Giannino abbia dei titoli di studio (che abbiamo appurato che non ha) o perché abbia inventato tutto questo, ma: “Giannino capisce qualcosa di economia o no?”.