Tag: bersani

Quirinale: chi ha vinto, chi ha perso

Finalmente un segnale di novità, una ventata di aria fresca: Giorgio Napolitano! Con 740 voti il peggior Presidente della storia repubblicana è stato rieletto (unico, per ora) al Quirinale. Va bene, cerchiamo di vedere chi ha vinto. Ovviamente ha vinto Napolitano, ma non tanto per il fatto di essere rieletto, cosa che, onestamente, non pare avesse cercato, quanto per la piena affermazione della sua linea politica: governissimo di durata (con ogni probabilità presieduto da Amato), sterilizzazione del Pd ed isolamento del M5s e Sel. E’ quello che aveva tentato di fare con l’operazione “saggi”, poi finita nel ridicolo con Crozza, ma che ora tornano a galla. Magari vedremo anche la nomina di Berlusconi a senatore a vita…

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Prodi? Kaputt. Avanti un altro…

I “piddini” non sono più un partito, però possono sempre aprire una società di tiro a segno. A Prodi sono mancati 101 voti. Chi sono? A giudicare dalle preferenze espresse, una parte dei franchi tiratori (15) sarebbero dell’ area dalemiana che sta lavorando per spianare la strada al leader Maximo, un altro (6-7) potrebbero essere di qualcuno degli ex Ppi che si vendica dell’impiombatura di Marini, un terzo gruppo (i 9 voti in più alla Cancellieri) forse di renziani che lanciano un messaggio ai montiani. Altri (schede bianche o pochi voti dispersi) possono essere veltroniani o parlamentari di prima nomina “sbandati” e senza una precisa appartenenza di gruppo. Il problema principale sono quei 50 voti in più a Rodotà che sono il grosso dell’operazione.

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Gradite uno yoghurt scaduto o un po’ di provolone ammuffito?

Fra parlamentari, giornalisti e funzionari conto ancora diversi amici a Montecitorio e Palazzo Madama, per cui ieri ho fatto una decina di telefonate per sondare gli umori, raccogliere indicazioni e previsioni: niente di più inutile. Valutazioni non ne mancano, ovviamente, ma quando vai sulle previsioni, nessuno si azzarda a farne e tutti descrivono la situazione come “Confusa”, “disperata ma non seria”, “desolante”, “incomprensibile”. Il migliore è stato un vecchio Dc (inossidabile parlamentare-salamandra passato attraverso il fuoco di crisi politiche e di sistema) che se n’è uscito con un serafico “Situazione aperta ad ogni esito e, dunque, ricca di opportunità”. Come dire che dopo Fukushima abbiamo la possibilità di scegliere il miglior arredo urbano per la nuova città.

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Marini.

Ed allora, alla fine, Marini non ce la ha fatta: sulla carta partiva da circa 800 voti, poi man mano, si sono sfilati prima Sel ed i renziani, poi i socialisti, poi Fratelli d’Italia (confesso che Crosetto mi è sempre stato simpatico e questo me lo rende ancora più simpatico), poi sono iniziate a fioccare le dissociazioni singole di grandi elettori Pd e Scelta Civica, mentre qualche mal di pancia serpeggiava anche nel Pdl e, su tutto, gravava l’incognita su quello che avrebbero fatti “i giovani turchi” di Fassina. Si sapeva che persino i parlamentari emiliani (patria di Bersani) stavano stilando un documento per chiedere al vecchio democristiano di fare un passo indietro figuriamoci!).

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Per il nuovo Presidente della Repubblica: torno a proporre Raffaele Guariniello

Subito dopo le elezioni politiche (il 4 marzo), scrissi un pezzo sulle imminenti elezioni del Presidente della Repubblica, nel quale sostenevo la necessità di cercare un nome fuori dagli schieramenti, che desse solide garanzie di imparzialità, di fedeltà alla Costituzione e di competenza giuridica e concludevo ravvisando queste caratteristiche in Raffaele Guariniello, procuratore aggiunto a Torino ed autore di inchieste importanti e coraggiose, da quella sullo spionaggio alla Fiat a quelle più recenti sui casi Thyssen ed Eternit. Credo di essere stato il primo a fare quel nome. Molti intervenuti nella discussione di questo blog mostrarono di condividere quella indicazione, spesso aggiungendone altre di pari alto profilo (Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Valerio Onida, per citarne solo alcuni), ma –a mio avviso- meno adatte o per ragioni di età, o per aver ricoperto incarichi politici e di partito che contravvenivano al criterio della persona estranea agli schieramenti.

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Emma Bonino for President?

Sta prendendo rapidamente consistenza una candidatura Bonino al Quirinale: a parlarne per prima è stata Mara Carfagna, sottolineando quanto sarebbe auspicabile una donna al Quirinale. Da allora si è iniziato a parlarne discretamente e, nei sondaggi on line del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore, la Bonino è nettamente in testa alla graduatoria con gradimenti oltre il 30% staccando nettamente il secondo (Prodi, che non raggiunge il 15%). Anche esponenti politici delle due sponde hanno preso a parlarne con una certa deferenza, ricordandone le battaglie per i diritti civili, il garantismo, la competenza dimostrata negli incarichi internazionali (fu commissario europeo e docente all’Università americana del Cairo). Per di più non è mai stata sfiorata da scandali e, essendo stata parlamentare sia con il centro destra (che la indicò come Commissario Europeo) che con il Centro sinistra (per il quale fu ministro per il Commercio estero prima, poi vice presidente del Senato, candidata alla Presidenza della Regione Lazio dopo ancora) può essere fatta passare per abbastanza di destra o abbastanza di sinistra o, anche, abbastanza indipendente, a seconda dei gusti di chi ascolta.

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Giochi, giochini, giochetti: ma qualcuno si ricorda dello stato di questo Paese?

La crisi prosegue in un delirio crescente, dove il primo problema è capire cosa vuole fare ciascun giocatore, al di là delle sue proclamazioni. La prima osservazione è che sono tutti furbi, ma nessuno è intelligente. Siamo di fronte ad una serie di trovate di piccolo cabotaggio, ma nessuno ha un vero disegno strategico. Facciamo una rassegna iniziando dal “giocatore capo”: Napolitano. La sua trovata dei saggi ha fatto infuriare sia Pd che Pdl, ha trovato freddo il M5s (che però converge sull’idea di lasciare Monti) e piace solo a Sc. Ma allora perché l’ha fatta? Il punto è che Napolitano ha segnato una svolta nella storia della Presidenza della Repubblica, che non è stata analizzata con l’attenzione sufficiente. Diciamocelo senza giri di parole: Napolitano è stato il Capo dello Stato costituzionalmente più scorretto e più “interventista” che ci sia mai stato. Roba da far impallidire i precedenti di Segni, Cossiga, Pertini che, quanto ad interventismo non scherzavano.

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Napolitano, Grillo, i saggi e la Costituzione: questa crisi è grave ma non è seria

Grillo ha proposto di iniziare a far lavorare il Parlamento, “congelando” in qualche modo la crisi di governo e l’esempio citato è quello del Belgio che è da due anni “senza governo” e tira avanti lo stesso. Quasi tutti i costituzionalisti, a parte Cheli, hanno bocciato la proposta ritenendola costituzionalmente impraticabile. Nello stesso tempo, il Presidente della Repubblica ha fatto una proposta in qualche modo convergente: intanto lasciamo il governo Monti che è “pienamente operativo” (si badi all’aggettivo) e facciamo un comitato di saggi che spiani la strada ad un governo di larghe intese, mettendoci  dentro alcuni economisti e costituzionalisti di chiara fama, insieme ad un esponente di ciascun partito (meno il M5s), in modo che trovino una intesa sul programma. Poi, aggiunge, ”io non mi dimetto sino alla fine del mandato” cioè il 15 maggio, il che, in soldoni, significa che prima di settembre non si vota. Dunque questa situazione di “sospensione” potrebbe durare anche altri 5-6 mesi, durante i quali, il governo c’è: Monti.

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La strategia di Grillo…ed i suoi rischi

Con la sua strategia del ”Niet” ad oltranza, Grillo sta spingendo  in direzione di una qualche forma di maggioranza Pd-Pdl (magari non un governissimo, ma  un “governo di scopo” o “del Presidente”, comunque appoggiato dai due principali partiti, perché altrimenti non ci sarebbero i numeri) o verso elezioni anticipate a brevissima scadenza. In entrambi i casi, Grillo si ripromette la spallata decisiva al sistema: se si forma una maggioranza di convergenza, lui potrà gridare che i due partiti sono sostanzialmente equivalenti e sono la finta alternativa l’uno all’altro, per presentare il conto alle elezioni europee fra un anno ed incassare una ulteriore ondata di voto di protesta. Se, invece, si dovesse andare al voto già a giugno o, al massimo a settembre, sfruttando il “vento in poppa” delle recenti elezioni e denunciando l’incapacità dei partiti a formare un governo (soprattutto il Pd) potrebbe puntare ad un nuovo salto in avanti nella speranza di arrivare primo e prendere il premio di maggioranza. Insomma, Grillo sta puntando ad un collasso del sistema politico in tempi brevi, per affermare la sua egemonia. Semplice, lineare, plausibile. Ma non fa i conti con l’oste. Anzi con “gli osti”.

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