Tag: beppe grillo

Golpe non è, ma vera porcheria si

No, la ri-elezione di Napolitano non può essere definita un colpo di Stato, almeno sul piano formale, perché tutto si è svolto secondo le regole costituzionali: il Parlamento ha votato liberamente. La maggioranza richiesta è stata rispettata, il candidato ha i requisiti necessari… Quindi, almeno in termini formali, non si può dire che ci sia stata una rottura costituzionale. E neppure da un punto di vista sostanziale si può dire che ci sia stata uno stravolgimento della volontà popolare. Rodotà era l’unico candidato verso il quale si erano manifestate le simpatie popolari sia in termini di manifestazioni che di appelli, sottoscrizioni ecc. Però è anche vero che il popolo esercita la sovranità nelle forme stabilite dalla legge, mi pare. E, d’altra parte, non so se in una consultazione a suffragio diretto Rodotà sarebbe prevalso: ad esempio la Bonino avrebbe potuto insidiarlo molto efficacemente (e sapete perfettamente cosa penso della Bonino). Ma anche in un ballottaggio con Napolitano, non sono affatto sicuro che lui avrebbe vinto contro l’indicazione di tutti i partiti eccetto Sel e M5s, magari perché Napolitano ce l’avrebbe fatta solo grazie ai voti di destra come “male minore” dal loro punto di vista. Comunque, l’elezione diretta del capo dello Stato noi non la abbiamo. Punto.

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Le fragilità del M5s

Non c’è dubbio che il M5s abbia avuto un successo senza precedenti: anche Forza Italia, alla sua prima presentazione, con il favore delle televisioni berlusconiane e nel pieno della disfatta della prima repubblica, si fermò leggermente sotto (24%) l’attuale risultato del M5s (25%), che aveva incomparabilmente meno mezzi a disposizione. E’ uso italico salire sul carro del vincitore per cantarne l’elogio. Personalmente sono sempre stato di avviso diverso: essere molto aperto verso i movimenti nascenti, respingendone ogni criminalizzazione, ma diventare ben più critico nel momento in cui si affermano. Non faccio eccezione per il M5s, verso il quale ho mostrato interesse ed apertura fra la fine del 2011 e tutto il 2012 (come si potrà facilmente verificare scorrendo indietro le pagine) ma verso il quale sono assai più critico oggi, dopo il suo successo. Ho l’impressione che tanto i dirigenti quanto gli attivisti del movimento siano stati presi da una sorta di “ubriacatura da alta quota”, che sollecita infondate sensazioni di onnipotenza e non fa vedere i molti punti deboli del movimento. Lo dico sine ira et studio, come puro osservatore che riconosce al movimento molte potenzialità positive ma osserva anche le fragilità che lo insidiano.

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Giochi, giochini, giochetti: ma qualcuno si ricorda dello stato di questo Paese?

La crisi prosegue in un delirio crescente, dove il primo problema è capire cosa vuole fare ciascun giocatore, al di là delle sue proclamazioni. La prima osservazione è che sono tutti furbi, ma nessuno è intelligente. Siamo di fronte ad una serie di trovate di piccolo cabotaggio, ma nessuno ha un vero disegno strategico. Facciamo una rassegna iniziando dal “giocatore capo”: Napolitano. La sua trovata dei saggi ha fatto infuriare sia Pd che Pdl, ha trovato freddo il M5s (che però converge sull’idea di lasciare Monti) e piace solo a Sc. Ma allora perché l’ha fatta? Il punto è che Napolitano ha segnato una svolta nella storia della Presidenza della Repubblica, che non è stata analizzata con l’attenzione sufficiente. Diciamocelo senza giri di parole: Napolitano è stato il Capo dello Stato costituzionalmente più scorretto e più “interventista” che ci sia mai stato. Roba da far impallidire i precedenti di Segni, Cossiga, Pertini che, quanto ad interventismo non scherzavano.

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Napolitano, Grillo, i saggi e la Costituzione: questa crisi è grave ma non è seria

Grillo ha proposto di iniziare a far lavorare il Parlamento, “congelando” in qualche modo la crisi di governo e l’esempio citato è quello del Belgio che è da due anni “senza governo” e tira avanti lo stesso. Quasi tutti i costituzionalisti, a parte Cheli, hanno bocciato la proposta ritenendola costituzionalmente impraticabile. Nello stesso tempo, il Presidente della Repubblica ha fatto una proposta in qualche modo convergente: intanto lasciamo il governo Monti che è “pienamente operativo” (si badi all’aggettivo) e facciamo un comitato di saggi che spiani la strada ad un governo di larghe intese, mettendoci  dentro alcuni economisti e costituzionalisti di chiara fama, insieme ad un esponente di ciascun partito (meno il M5s), in modo che trovino una intesa sul programma. Poi, aggiunge, ”io non mi dimetto sino alla fine del mandato” cioè il 15 maggio, il che, in soldoni, significa che prima di settembre non si vota. Dunque questa situazione di “sospensione” potrebbe durare anche altri 5-6 mesi, durante i quali, il governo c’è: Monti.

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Qualche risposta a proposito delle scelte del M5s

Immaginavo molte delle obiezioni che mi sono state mosse a proposito delle scelte del M5s a proposito del governo, ma, ovviamente, non potevo rispondere preventivamente. Vengo al merito, sostanzialmente le obiezioni sono:

a- il M5s si  è presentato e si ritiene alternativo all’intero sistema politico, per cui, come potrebbe allearsi con una qualsiasi delle parti di questo sistema senza tradire le assicurazioni date e, quindi, perdere credibilità?

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La strategia di Grillo…ed i suoi rischi

Con la sua strategia del ”Niet” ad oltranza, Grillo sta spingendo  in direzione di una qualche forma di maggioranza Pd-Pdl (magari non un governissimo, ma  un “governo di scopo” o “del Presidente”, comunque appoggiato dai due principali partiti, perché altrimenti non ci sarebbero i numeri) o verso elezioni anticipate a brevissima scadenza. In entrambi i casi, Grillo si ripromette la spallata decisiva al sistema: se si forma una maggioranza di convergenza, lui potrà gridare che i due partiti sono sostanzialmente equivalenti e sono la finta alternativa l’uno all’altro, per presentare il conto alle elezioni europee fra un anno ed incassare una ulteriore ondata di voto di protesta. Se, invece, si dovesse andare al voto già a giugno o, al massimo a settembre, sfruttando il “vento in poppa” delle recenti elezioni e denunciando l’incapacità dei partiti a formare un governo (soprattutto il Pd) potrebbe puntare ad un nuovo salto in avanti nella speranza di arrivare primo e prendere il premio di maggioranza. Insomma, Grillo sta puntando ad un collasso del sistema politico in tempi brevi, per affermare la sua egemonia. Semplice, lineare, plausibile. Ma non fa i conti con l’oste. Anzi con “gli osti”.

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Ancora sulle candidature al Quirinale

Un paio degli interventi sul precedente articolo, osservano che non siamo noi a votare e scegliere il Presidente, per cui possiamo solo fare da spettatori o quasi. In generale l’osservazione sarebbe giustissima e non ho niente da obbiettare, ma siamo in un momento molto particolare, in cui una pressione proveniente dalla società civile può anche avere successo. In primo luogo è massicciamente entrata in Parlamento una forza politica che (al di là di tutte le critiche che possiamo muovergli) fa dell’apertura alla società civile la sua bandiera, anzi, si ritiene un pezzo di essa all’interno delle istituzioni. Bene: approfittiamone e vediamo se accolgono qualche nostro suggerimento (chè, di suggerimenti in tutta modestia si tratta e non di altro). In secondo luogo, nella confusione generale non si è ancora delineata una candidatura forte e cristallizzata contro la quale questi suggerimenti andrebbero inesorabilmente ad infrangersi.

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Quirinale: un ragionamento ed una proposta

In un modo o nell’altro, questo scassatissimo parlamento eleggerà un nuovo capo dello Stato: può darsi che non si riesca a fare un governo e si vada al voto, ma il Presidente della Repubblica bisogna eleggerlo prima, perché l’art 88 stabilisce che il Presidente non può sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che questo periodo coincida con gli ultimi sei mesi della Legislatura, ma qui siamo di fronte ad un Parlamento appena eletto. Come prima cosa occorrerà eleggere i Presidenti delle Camere ed al Senato non sappiamo che frittata verrà fuori, ma, per ora lasciamo la cosa da parte. Sta di fatto che il 15 aprile sarà convocato il Parlamento in seduta comune. Proviamo a ragionare su chi potrebbe essere e partiamo da qualche conto. Il collegio elettorale è composto da 1007 “grandi elettori” per cui la maggioranza richiesta è di 667 voti nelle prime tre votazioni e di 504 dalla quarta in poi.

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Rivoluzione Civile: facciamo i conti

Mi dispiace molto per Antonio Ingroia, di cui ho stima, anche se non capisco quale medico gli abbia ordinato di mettersi alla testa di un esperimento così sconclusionato, rischiando un’ immagine costruita in decine di anni di lavoro. Mi spiace per ottime persone come Maurizio Torrealta o Ilaria Cucchi, che si sono fatte infinocchiare e sono andate a fare la copertura ad una operazione trasformistica come questa. Mi spiace soprattutto per le migliaia di compagni di base di Rifondazione Comunista (unica base realmente esistente di questo accrocco di sigle), che credono ancora in una battaglia contro il capitalismo e che si battono a mani nude nei loro posti di lavoro e nei loro circoli territoriali. Solo per rispetto di queste persone, ho evitato di dire in campagna elettorale quello che penso di Rivoluzione Civile: mi sarei sentito come uno che spara alle spalle di compagni ed amici. Ma ora la campagna è finita e possiamo fare i conti con calma.

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Cosa conviene fare a Grillo con il Pd?

Ho scritto su queste pagine -e lo confermo- che in caso di nuove elezioni a breve termine, Grillo con ogni probabilità andrebbe ancora avanti e, dunque, avrebbe tutto l’interesse a far fallire qualsiasi ipotesi di governo per votare entro giugno. Ugualmente, converrebbe a Grillo un governissimo Pd-Pdl, così, al più tardi alle europee fra 15 mesi, avrebbe un salto in avanti spettacolare. Però, questo non vuol dire che le cose siano così semplici e non possano esserci soluzioni tattiche diverse, magari di cortissimo respiro, ma che servano al Pd (ed anche al Pdl) a prendere fiato.

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