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Fine dell’Euro: ci conviene?

Nel 1997 scrissi un articolo per Liberazione (che allora somigliava ad un vero giornale) per dire che la futura moneta unica europea era un errore che ci avrebbe messo di fronte ad una alternativa: o dare pieni poteri alla Bce, liquidando ogni regola democratica, o fare una moneta debolissima che, prima o poi, sarebbe affondata.
In effetti, l’idea di una moneta sganciata dallo Stato è una assurdità che non si capisce come possa aver convinto politici, banchieri, economisti di tutto il continente: non si può sganciare la moneta dal fisco e dalla spesa, tanto per cominciare. Ma, qualcuno osserverà, che c’erano parametri ben precisi da osservare per il disavanzo, il debito ecc. Parametri che ben presto sono diventati puramente ornamentali e che, per un verso o per l’altro, sono stati evasi da tutti. Come era inevitabile che fosse, dato che ciascuno stato nazionale manteneva intatta la propria sovranità.

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La bilancia commerciale? Pesa quanto deficit e debito

Questo intervento del prof. Emiliano Brancaccio è uscito sul S24 del 19 agosto. Trattandosi di un pezzo di particolare valore politico, oltre che tecnico, mi sembra opportuno proporvelo anche come contributo alla demistificazione del mito dell’austerity e come richiamo alle dinamiche dell’economia reale.

Il vertice franco-tedesco fa compiere qualche timido passo in avanti nella direzione dell’unificazione politica europea, ma ribadisce al tempo stesso la linea già più volte indicata dalla Bce: le istituzioni Ue sono pronte a proteggere i Paesi sottoposti ad attacchi speculativi, ma in cambio esigono che si impegnino ad abbattere il deficit pubblico fino al pareggio di bilancio. Questa linea viene giustificata in base all’idea che al crescere del disavanzo pubblico diminuisca la fiducia dei mercati sul valore futuro atteso dei titoli e quindi aumenti il tasso d’interesse chiesto dai creditori. Così, se i Paesi sotto attacco speculativo ridurranno il disavanzo statale, la fiducia dei creditori aumenterà, i tassi torneranno a livelli prossimi a quelli dei titoli tedeschi e la protezione della Bce e delle altre istituzioni potrà terminare.

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Grecia, Portogallo, Spagna… Ma la crisi non era finita?

Che la crisi fosse veramente finita è cosa cui non ha creduto nessuno e, prima di tutti, quelli che lo proclamavano. Semplicemente è successo questo: un bel giorno il signor Barack Obama da Honolulu, con un tratto di penna, ha trasferito all’Amministrazione degli Usa, i debiti della banche d’affari americane ormai al crack. E per le borse, i governi, i giornali, le banche ecc. è stato come se una bacchetta magica avesse azzerato i debiti di tutti, facendoli svanire come una nuvoletta. In realtà, Il Presidente ha semplicemente assunto su di sè un impegno di spesa e, poco dopo, ne ha assunti altri (dai rinforzi in Afghanistan alla riforma sanitaria). Prima o poi verranno al pettine, ma per ora andiamo avanti.
E, infatti, l’asta dei bond americani è andata splendidamente: la domanda è stata tripla rispetto all’emissione; inoltre gli indici della produzione industriale Usa sono risaliti e così via.

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