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Qualche nota sul governo Napolitano-Berlusconi-Monti-Letta

E’ consuetudine chiamare il governo con il nome del Presidente del Consiglio, ma, nella prima Repubblica spesso si faceva seguire a quello il nome del principale alleato, per esprimere la formula di maggioranza. Ad esempio, il secondo governo Andreotti fu definito Andreotti-Malagodi-Tanassi (ma più spesso “Andreotti-Malagodi”) per dire che la formula era Dc-Pli-Psdi, oppure i primi governi di centro sinistra furono chiamati Moro-Nenni e poi Rumor-De Martino per dire che la formula base era l’alleanza Dc-Psi, cui concorrevano in posizione minore Psdi e Pri.

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Emma Bonino for President?

Sta prendendo rapidamente consistenza una candidatura Bonino al Quirinale: a parlarne per prima è stata Mara Carfagna, sottolineando quanto sarebbe auspicabile una donna al Quirinale. Da allora si è iniziato a parlarne discretamente e, nei sondaggi on line del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore, la Bonino è nettamente in testa alla graduatoria con gradimenti oltre il 30% staccando nettamente il secondo (Prodi, che non raggiunge il 15%). Anche esponenti politici delle due sponde hanno preso a parlarne con una certa deferenza, ricordandone le battaglie per i diritti civili, il garantismo, la competenza dimostrata negli incarichi internazionali (fu commissario europeo e docente all’Università americana del Cairo). Per di più non è mai stata sfiorata da scandali e, essendo stata parlamentare sia con il centro destra (che la indicò come Commissario Europeo) che con il Centro sinistra (per il quale fu ministro per il Commercio estero prima, poi vice presidente del Senato, candidata alla Presidenza della Regione Lazio dopo ancora) può essere fatta passare per abbastanza di destra o abbastanza di sinistra o, anche, abbastanza indipendente, a seconda dei gusti di chi ascolta.

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Il nodo Draghi

Ad un certo punto è balenata l’ipotesi di una candidatura Draghi per il centro, ne ha dato notizia Dagospia. Molti non hanno preso la cosa sul serio, ma la cosa, forse, ha del vero. Draghi è entrato in carica a fine ottobre 2011 e, in teoria, dovrebbe restare in carica sino all’ottobre 2016. Come si sa, la sua candidatura non fu gradita ai tedeschi che dovettero subirla dopo che anche i francesi si schierarono per il candidato italiano, sostenuto anche da Spagna, Belgio e Portogallo. Per di più, il candidato tedesco, Weber, che litigava a giorni alterni con la Merkel, finì con il ritirarsi nel maggio precedente, spianando definitivamente la strada a Draghi. La cosa, tuttavia non è stata mai accettata realmente dai tedeschi, che hanno fatto buon viso a cattivo gioco, ma riservandosi di tornare all’attacco quando avessero avuto condizioni migliori. D’altra parte, Berlino –che sa di essere l’asse portante dell’Euro- ha dovuto accettare che il primo governatore fosse l’olandese Duisenberg, per un compromesso con la Francia, che non voleva come primo governatore un tedesco; poi, sempre per compiacere Parigi, ha accettato il francese Trichet, perché l’Olanda è tradizionalmente più vicina alla Germania e quindi si doveva riequilibrare. Però che il terzo fosse italiano deve essere sembrato decisamente troppo ai nostri condomini teutonici. Ma è un italiano molto gradito in America? Peggio!!

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Napolitano e le intercettazioni: che sta succedendo?

Con la pubblicazione su “Panorama” di alcune indiscrezioni sulle telefonate fra Napolitano e Mancino, la polemica sulle intercettazioni è diventata incandescente e si torna a parlare di trame, di piani di destabilizzazione, di complotti ecc.  Per inciso: è strano come tante persone prontissime a gridare alla complottomania al grido di “dagli al dietrologo!” poi gridano al complotto ed al piano destabilizzante appena qualcosa le riguarda personalmente… La gente è strana! Ed allora, c’è un complotto o no? Come spesso ho avuto modo di dire, complotto è una parola che ormai non significa più niente e serve solo a confondere le idee. Parliamo in termini più appropriati: c’è o no una manovra politica o forse finanziaria dietro questa faccenda? Per rispondere alla domanda non possiamo fare a meno di notare diversi segnali di un crescente nervosismo negli ambienti altolocati di questo paese anche su sollecitazione esterna.

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Grecia, ci risiamo: che si fa dell’Euro?

Si avvicina la scadenza dei titoli trimestrali greci e, come da copione, inizia il solito teatrino: i conti non tornano, i tedeschi giurano che di altri aiuti alla Grecia non se ne parla e che Atene è ora che esca dall’Euro, i greci replicano che loro non vogliono uscire dall’euro, Draghi media, i tedeschi mostrano qualche svogliata disponibilità e via di questo passo. Può darsi che questa sia la volta definitiva o che, invece, troveranno l’ennesima toppa per arrivare al prossimo trimestre, non importa, tanto il finale di commedia è già scritto e non ci sono santi: prima o poi, la Grecia farà default. D’altra parte, i termini della questione non sono cambiati. Non potevano cambiare e non cambieranno in tempi così brevi. L’unico salvataggio della Grecia (come degli altri paesi mediterranei) avrebbe potuto essere la messa in comune dei debiti europei, accompagnata da un forte programma di investimenti e ripresa economica; ma questa strada è stata preclusa dai tedeschi che ormai non sono più interessati al progetto europeo (motivo non ultimo del fallimento definitivo di ogni progetto di Unione).

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Unità Europea: che bella cosa, però…

La panacea di tutti i mali d’Europa sembra finalmente trovata: fare subito l’unità politica, dopo quella monetaria, e così unificheremo il fisco, il diritto commerciale e quello penale, il sistema universitario, ecc. Antiche ferite saranno sanate di incanto, le economie dei singoli paesi convergeranno in magica armonia, vecchi dissidi troveranno la loro composizione e tutti vivremo felici e contenti. Che bello! Mi avete convinto: quando si parte? Naturalmente, non stiamo parlando dell’ennesimo pastrocchio per cui unifichiamo il fisco, magari creando una Cassa Centrale Europea sul modello della Bce, che diventa un altro apparato tecnocratico a sé stante, stiamo parlando proprio dii uno Stato federale, che ha un suo governo che diventa titolare esclusivo di moneta, politica estera, forze armate e giustizia penale federale (quantomeno).  Insomma stiamo parlando di uno stato vero. Però prima ci sarebbero alcune piccole questioni da mettere a posto: quisquilie, pinzillacchere, avrebbe detto il Principe De Curtis, ma, insomma, occorre pure pensarci un attimo:

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Euro e Grecia

Come era nella logica delle cose, la Grecia è sempre più vicina  al default e, di conseguenza all’uscita dall’Euro. La Grecia ha un debito di oltre 320 miliardi di Euro ed interessi che si mangiano intorno ai 30 miliardi l’anno, vale a dire circa il 10% del Pil. Messa in termini di debito pro capite significa circa 3.000 euro per ciascun cittadino, compresi lattanti, carcerati e moribondi e senza per questo intaccare il capitale da restituire. Questo in un paese in cui il reddito pro capite è di 23.000 Euro all’anno. Dunque, gli interessi si mangiano circa 1/7 del reddito pro capite, andandosi ad aggiungere al prelievo fiscale ordinario. In queste condizioni, quale persona sana di mente può pensare che il debito sarà mai restituito e, più semplicemente, che la Grecia possa sopportare a lungo anche solo il pagamento di questi interessi, considerando che la politica di rigore ha stremato il paese facendo calare il Pil di quasi il 15%?

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2012 in arrivo: facciamo due conti

Ogni tanto vale la pena di fare due conti facili facili, come la signora Maria di Voghera, quando, a fine giornata, fa i conti della spessa e vede quanto resta in cassa per il resto del mese.
Ed allora: nell’anno prossimo, fra titoli sovrani, obbligazioni di enti pubblici minori, corporate bond (debiti d’impresa), obbligazioni bancarie, scadono titoli per 11.000.000.000.000 (undicimila miliardi) di dollari. Faccio grazia degli spiccioli. Ve l’ho scritto con tutti i 12 zeri per farvi apprezzare la cifra in tutta la sua imponenza: si tratta di poco meno di un sesto del Pil mondiale e di circa l’11% dell’intero debito mondiale. Come dire che, se ogni anno avessimo scadenze di questa entità, in nove anni dovremmo rinnovare l’intero debito mondiale, compresi i titoli ultraventennali.  E, per di più, nei due anni seguenti, le scadenze saranno solo di poco inferiori.

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L’accordicchio sull’Euro

Fra gli addetti ai lavori, il 9 dicembre era una sorta di “giorno del giudizio universale” che ci avrebbe detto se l’Euro sopravviverà o no. I resoconti sull’esito possiamo sintetizzarli così: <<La riunione è terminata e l’accordo c’è, ma non completo; è parziale e non unanime, cioè quasi unanime (manca solo l’Inghilterra) però dobbiamo prevedere che la Grecia è destinata ad uscire. E l’accordo non è immediato, perchè poi lo definiamo a marzo. Più che altro è la premessa di un accordo che c’è, ma forse non c’è. Però può migliorare, se non peggiora. >>
Ci avete capito nulla?
Veniamo ai dati di fatto.

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Berlusconi ha promesso di dimettersi. Voi ci credete? Io no.

Questa volta sembra fatta: la maggioranza si è sfarinata e, magari nei prossimi giorni altri deputati Pdl potrebbero passare al terzo polo, Berlusconi è andato al Quirinale ed ha promesso a Napolitano che, dopo l’approvazione del piano di stabilità richiesto dalla Ue, non farà i capricci e si dimetterà. Voi ci credete?
Partiamo da una considerazione: se in un paio di settimane il piano passa, Berlusconi si dimette per fine novembre, diciamo per i primi di dicembre. Napolitano apre le consultazioni e la crisi può prendere due strade: o un governo di transizione che porti alle elezioni in primavera (o al massimo nel prossimo autunno) o subito scioglimento del Parlamento.

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