Il 12 ottobre si è tenuta una significativa giornata di protesta di archivisti e storici sul tema dell’apertura e conservazione degli archivi. Non potendo partecipare in prima persona, ho inviato questo intervento.
Questa giornata di protesta giunge estremamente opportuna (e molte altre iniziative del genere dovremo fare ancora) per far capire agli italiani che lo stato di degrado degli archivi non è una piccola questione settoriale che può riguardare, al massimo, gli archivisti, gli storici e qualche studente tesista, ma una questione politica di primaria importanza che riguarda gli stessi presupposti della identità nazionale.
Un popolo che non coltiva e completa costantemente la memoria del suo passato è destinato a veder evaporare la propria identità ed a perdere le ragioni dello “stare insieme”. Ed un segnale molto inquietante di tutto ciò è venuto proprio dal sostanziale fallimento delle celebrazioni del 150° dell’unità nazionale, consumato (salvo rarissime lodevoli eccezioni) fra celebrazioni retoriche e sguaiataggini leghiste, senza affrontare il nodo del perchè lo stato nazionale unitario abbia ancora ragion d’essere.
A minare lentamente -ma costantemente- questo senso di appartenenza è stato anche il degrado della memoria storica, soprattutto del sessantennio repubblicano.
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