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Quirinale: alla vigilia.

Non avevamo previso male, a dicembre, quando sostenemmo che lo scontro sul Quirinale si sarebbe incentrato sulla questione del Nazareno: da una parte l’alleanza strategica fra Renzi e Berlusconi (con l’umile codazzo centrista), dall’altro gli oppositori del Nazareno esterni ed interni a Pd e Fi.

Non si tratta solo dell’elezione del Presidente, ma anche degli sviluppi della politica italiana per i prossimi anni e, forse, per il prossimo decennio. In primo luogo l’elezione di un Presidente del Nazareno significa che la legislatura andrà avanti sino al 2018, salvo eccezionali incidenti di percorso.

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Napolitano: the end

Si parla ormai correntemente delle prossime dimissioni di Napolitano, c’è chi le prevede per giugno (dopo le europee) chi per dicembre (dopo il semestre italiano alla Ue), ma nessuno scommette sul fatto che resista un anno. A preparare il terreno ha pensato il suo vecchio e sodale di corrente Emanuele Macaluso, che ha ripetutamente dichiarato che Napolitano non avrebbe completato il mandato, facendo pensare ad una decisione non lontana.

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Perché in Europa non si fidano del Pd?

Non so se Monti ci starà a scendere in campo, di sicuro c’è che lui sarebbe di gran lunga la soluzione preferita in Europa: dalla Bce alla Merkel, da “The economist” al Ppe e persino al socialista Hollande premono tutti perché scenda in campo, assumendo la leadership di una coalizione di centro. Il Cavaliere, ormai ridotto allo stremo, ha fatto una mossa abile facendo cadere Monti ed imponendo le elezioni a febbraio, ma questo non è bastato (né poteva bastare) a rimetterlo in corsa: come dice Ferrara, il ciclo berlusconiano è finito, anche se il vecchio può ancora tentare qualche scherzo da prete. Dunque, qui il problema è se il Pd vincerà per assenza di qualsiasi avversario (visto che la coalizione del Cavaliere è comunque in liquidazione ed il centro di Casini, in quanto tale, non è competitivo) o se il Pd dovrà misurarsi con un avversario credibile, cioè la coalizione montiana.

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