Dopo lo Choc della Globalizzazione serve una Storiografia Mondiale
David Bidussa (Corriere del 30 giugno) ha ricordato che la storia contemporanea italiana è nata dallo stretto rapporto fra storiografia e politica. Una stagione conclusa, che ha avuto il vizio ideologico d’origine, ma ha lasciato notevoli eredità culturali. Fin qui non si può che essere d’accordo. Ciò che non convince è la conclusione: consumato il divorzio fra storia e politica, agli storici non resterebbe che preparare gli insegnanti per i nostri figli. Quello che, pensiamo, stia finendo è il legame degli storici con le direzioni dei partiti -e meno male!- ma il rapporto fra storia e politica è vivo e vegeto e passa per altri canali, come i mass media, i think thank, i centri sperimentali ecc.
Il compito degli storici attuali è quello di sempre: costruire il particolare senso della storia della propria epoca e la nostra è quella della globalizzazione. Questo implica innanzitutto pensare in termini di nuova “storia mondiale”, revisionando i nostri ferri del mestiere, dalle categorie (nazione, stato, classe, popolo e, soprattutto, modernizzazione ecc) alla periodizzazione (evo antico, medio, moderno ecc.) che riflette la storia europea ma non si adatta per nulla a quella mondiale.
Quindi, si impone un profondo ripensamento che si lasci alle spalle la concezione della storia-giudizio morale, per passare a quella della storia-analisi. E, dunque, occorre affinare un metodo di lavoro avalutativo che ricorra alla comparazione più che all’analogia, che abbia carattere multilineare, che si misuri sul terreno della complessità, che abbandoni l’esasperato specialismo per costruire nuove ampie sintesi storiografiche transdisciplinari.
Un compito che ci richiede di produrre analisti storici, utili non solo nelle scuole, ma anche nelle grandi banche e aziende, presso le maggiori istituzioni, nei mass media, sindacati ecc. per attrezzarli culturalmente allo shock culturale della globalizzazione (fenomeno molto più complesso e spinoso del previsto).
Aldo Giannuli
Pagina 30
(4 luglio 2011) – Corriere della Sera
aldo giannuli, david bidussa, globalizzazione, storia contemporanea, storia mondiale

giandavide
perfettamente condivisibile, ma la suddivisione specialistica dei saperi e in generale i meccanismi delle istituzioni scientifiche, legati spesso a particolari configurazioni storiche e politiche, non permettono una valutazione sel successo o dell’utilità di una ricerca scientifica di questo tipo. detto in breve: dove si trovano dei finianziatori per una cosa del genere, oltre che in un’università sempre più insofferente?
GA
Non ho ben capito se la cosa è ironica o seria. La storia avalutativa? Divorzio tra giudizio storico e giudizio morale? Io nel mio piccolo so che tutto è ideologia, cioè idelogia è il modo in cui interpreto il mio quotidiano, vedo me stesso e vedo gli altri. Inevitabile che sulla base di questo interpreti la storia o no? Cosa facciamo spieghiamo la shoah dicendo semplicemente che c’era un gruppo di persone che un giorno si sveglia… eccetera eccetera? E il fascismo cosa diciamo lo stesso, lo stragismo? La storia non è sempre contemporanea come diceva Croce, o come diceva Orwell chi controlla il presente controlla il passato e chi controlla il passato controlla il futuro. Poi è buffo che si dica lo stesso di cantautori e di registi… cioè basta alla militanza. Che avalutatività…. io il mio giudizio ce lo metto tutto!!
GA
Non avevo letto l’articolo di Bidussa, francamente non ci ho capito niente!! Mi sembra contorto, ma francamente mi convince davvero poco! Eliminare il vizio di origine, cioè tutte quelle menate inventate dal partito comunista giusto? Perché poi quando si parla di storiografia ideologizzata ci si riferisce sempre a quello. Il fascismo già non esiste più, la classe menchemeno… mi ricordo lo scketch della Guzzanti di tanti anni fa: «le lettere dal carcere di Gramsci sono sette G-R-A-M-S-C-I». Oppure dobbiamo fare come fa Mieli e dire che Bruto uccidendo Cesare ha ristabilito la democrazia… brrrrr