Sovranità popolare.

L’articolo 1 della Costituzione, comma II, recita: “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Anche molte altre costituzioni iniziano, più o meno, con la stessa dichiarazione di appartenenza della sovranità al popolo. Ed è proprio questa una delle norme più tradite  dell’ordinamento giuridico: fra i popolo e la sovranità si frappongono molti ostacoli vecchi e nuovi, che vanificano in gran parte il valore.

Fra gli ostacoli di sempre, prima fra tutti, c’è la tendenza oligarchica del ceto politico in tutte le sue forme. Nell’ordinamento liberale classico (retto a collegio uninominale) era un ceto notabilare a sollecitare, sulla sola base della fiducia personale, una delega piena che avrebbe speso a sua totale discrezione. Si pensò che il rimedio sarebbe stato la democrazia dei partiti, basata su una robusta e continua partecipazione popolare. L’eletto non sarebbe stato più solo nell’esercizio quinquennale del suo potere di rappresentanza, avrebbe dovuto render conto agli organi di partito, eletti con metodo democratico e rinnovati con frequenza molto meno che quinquennale. La voce della “base” si sarebbe fatta sentire di continuo.

Per qualche tempo, pur imperfettamente, il meccanismo funzionò,  correggendo le tendenze elitarie del sistema di democrazia rappresentativa, ma, dopo un po’, il metodo si corruppe: i partiti si dettero potenti apparati funzionariali costituiti da una casta di professionisti, che subito si integrò con quella degli “eletti a vita” (parlamentari o consiglieri di enti locali). La burocrazia di partito ebbe buon gioco a rendere sempre più formale il potere della “base” e costituirsi in casta privilegiata ed autoreferenziale. Il meccanismo dei congressi, in cui i delegati di primo livello che sceglievano quelli di secondo che ne eleggevano di terzo livello, che avrebbero poi votato gli organi dirigenti del partito, assicurava che, della voce della base, alla fine restasse solo un debolissimo alito di vento. Nell’intervallo fra un congresso e l’altro, la pratica della distribuzione selettiva delle risorse assicurava al gruppo dirigente la fedeltà di parte degli iscritti per il successivo congresso.

Poi, l’assenza di controlli esterni contribuì a pratiche quali il tesseramento gonfiato, i falsi congressuali, la corruzione dei delegati ecc.

A dare il colpo di grazia venne la crescente passivizzazione della base fra una scadenza e l’altra e la confisca di tutte le tribune di partito da parte del ceto politico che impediva la nascita di potenziali concorrenti. La a democrazia interna di partito venne definitivamente seppellita.

In definitiva, un rimedio quasi peggiore del male.
E ci sono sempre stati anche altri diaframmi fra il popolo e la sovranità: la burocrazia di alto livello dello Stato, i diplomatici, i militari, tutti custodi gelosi del loro potere settoriale e del segreto di stato. E come potrebbe un sovrano esercitare il suo potere se gli si negano le informazioni necessarie?

A questa situazione già non brillante, la globalizzazione neo liberista di ostacoli ne ha aggiunti di nuovi: lo strapotere della finanza e l’emergere di una tecnostruttura internazionale che espropria gli stati e che non risponde in nessun modo al potere popolare.

Anche nella fase precedente a quella attuale, il potere economico è sempre stato il contraltare del potere politico e, quindi, della democrazia. E si pensi solo a quanto si riduca l’area della sovranità popolare se gli si sottrae il controllo della politica monetaria. Oppure a quanto pesi il mondo della finanza nel controllo degli organi di informazione.

La globalizzazione neo liberista ha esasperato queste tendenze creando super poteri finanziari che fanno ballare interi stati al ritmo dello spread, che determinano l’andamento del credito, che controlla la rete di distribuzione e il sistema informativo e, di conseguenza, condiziona la politica sin nei minimi particolari.

Siamo all’autunno della democrazia rispetto al quale occorre ripensare complessivamente il modello, muovendosi su due direttrici iniziali: una robusta dose di democrazia diretta da innestare sul sistema rappresentativo e la realizzazione di forti spazi di democrazia economica.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (12)

  • Grazie prof Giannuli per questa sintesi chiarissima. Alla quale mi permetterei di aggiungere due considerazioni, una che viene della storia e una dal presente. Dalla storia notiamo che tutte le costituzioni democratiche e repubblicane hanno un accenno (esplicito come in quella italiana, indiretto come addirittura in quella iraniana) alla sovranità del popolo, tranne una: quella degli Stati Uniti d’America. L’assenza non è assolutamente casuale: fu voluta dai cosiddetti “padri fondatori”, tutti appartenenti alla classe dei notabili possidenti e commercianti delle colonie emancipatesi dalla corona inglese, per garantire che la sovranità non sfuggisse dalle loro mani, in eterno si può dire. Infatti il sistema elettorale statunitense è il riflesso di questa scelta: la sua struttura complessa e artefatta fu studiata perché la scelta dei dirigenti rimanesse, in ultima istanza, in quelle mani, tenendo il “popolo” lontano sia dalla sovranità effettiva che dal processo di selezione di chi la esercita. Non va dimenticato infatti che il presidente degli Stati Uniti è stato definito un “re eletto” per il tipo di poteri che detiene, ricalcati appunto su quelli della corona inglese della fine XVIII secolo, ma essendo espressione di una certa classe mercantile imprenditoriale. La considerazione del presente, o meglio del recentissimo funesto passato, è quella che vede un altro “re eletto”, Giorgio Napolitano, l’unico presidente, anzi l’unico rappresentante istituzionale della nostra storia repubblicana, ad avere espresso un programma di cambio di sovranità. Di più, Napolitano in un messaggio diretto al popolo ha espressamente detto al popolo che doveva cedere la sua sovranità (l’ho sentito con le mie orecchie). Oltre ad essere configurabile come un attentato alla costituzione, per non parlare dell’ingiuria ignominiosa al popolo stesso (io, parte del popolo italiano, mi sono sentito profondamente offeso e stupefatto a sentire quella raggelante e sconvolgente dichiarazione), ritengo che questo sia un riflesso della natura “americana” del nostro ultimo monarca. Napolitano è infatti un uomo degli USA, amico di Kissinger, esecutore volenteroso e pedissequo di tutti gli ordini della casa bianca, sempre pronto a trarre ispirazione, comandi e consigli dalle élite mercantili statunitensi, i notabili di quella che è la sua patria ideale. La sovranità non deve appartenere al popolo, mai! Lo dice il “comunista preferito” di Kissinger.

  • Caro prof. Aldo vorrei porle una domanda. Premessa: sono assolutamente ignorante in materie economiche per cui mi perdonerà se dirò bestialità assoluta.
    Mi hanno fatto capire che lo spread è un differenziale di interessi/rischi sui titoli di stato.
    Se voglio guadagnare poco ma non rischiare acquisto bund, se voglio rischiare un pò di più e guadagnare un pò di più acquisto bot italiani, se voglio rischiare molto ma avere un guadagno più elevato acquisto titoli di stato ellenici.
    Ora, nel momento in cui un sistema sovranazionale impone che comunque il debito venga ripagato, fosse anche dissanguando una intera nazione, non viene meno il concetto di rischio? Ovvero, se è garantito che il mio investimento rientrerà, investire in bund piuttosto che in titoli greci non è ugualmente a rischio zero? E allora, visto che invece gli interessi dei titoli greci sono di gran lunga superiori a quelli tedeschi, non conviene disinvestire tutto ciò che si ha in bund e reinvestirli in titoli molto più redditizi?

    • se così fosse non fallirebbe più nessuno. Il guaio è che puoi benissimo dissanguare un intero popolo per pagare gli interessi ed, alla fine, lo Stato non essere in grado di restituire il capitale e, ad un certo punto, neppure gli interessi e fallire. Mai sentito parlare di roulette russa?

      • Grazie per la risposta. Era una idea in forma embrionale e quindi molto confusa.
        In un gioco non collaborativo a somma diversa da 0, nel momento in cui una entità esterna garantisce la vittoria sempre di un giocatore (i creditori), non si può sfruttare la cosa a proprio vantaggio dicendo “acquistate titoli greci, non ci permetteranno mai il default, neanche controllato, e fanno guadagnare molto di più dei titoli tedeschi”?

  • ma chi ha il potere che se né fa della sovranità popolare? Finché possono stringere la vite è inutile cercare la mazzata sui piedi (-: Il consenso di solito viene chiesto quando non sanno che pesci pigliare, non perché siano interessati a un parere diverso dal loro )-: La confusione altrui è fondamentale per non rivelare la propria durante un confronto di idee, per avere il consenso ed esercitare la sovranità la comprensione non è un requisito evanescente. Diversamente si pongono le basi per una alternativa libera da indicazioni elettorali, perché vincoli tra eletto ed elettori non ve né sono se non i rari casi [anche se il voto di scambio maffioso potremmo considerarlo vincolante]-:-(

  • Non vi è democrazia senza partecipazione e la partecipazione si ottiene se si è qualcosa di più che un mero numero nella conta dei sì e dei no, se la propria opinione vale, se ha un effetto nella realtà.
    A mio avviso però, questo si può ottenere solo con processi di ascolto attivo e partecipativi i quali non sono democratici ma vanno verso il massimo consenso possibile.

    • penso che bisogna distinguere tra micro sistemi (associazioni di quartiere o condominii,…) e macro sistemi (partiti politici, stato,…). Se nelle prime limpegno diretto e partecipativo risolve la maggior parte degli interventi, nel secondondo il principio di delega mi sembra impossibile escluderlo.

  • Lascerei perdere la democrazia diretta… che dal tempo dei Greci veniva vista come forma degenerata di governo.

    Se poi ci si aggiunge a Rousseau l’egualitarismo giacobino e bolscevico, mi vedo proprio la Fattoria degli Animali orwelliana riproporsi nella sua inquietante evoluzione distopica.

    I partiti sono fondamentali: se Casaleggio li vede come “obsolete strutture ottocentesche” dimostra solo che il suo mestiere è un altro. Sarà, ma dai Tocqueville ai Kelsen quest’affermazione farebbe rabbrividire…

    «I partiti sono […] lo strumento che lo sviluppo storico ha creato per rendere possibile la sovranità popolare, per trasformare in volontà statale, in volontà giuridicamente rilevante, la volontà che si manifesta nella società civile, per trasfondere nello Stato-apparato la volontà dello Stato-comunità: per dirla con parole del Mortati, sono “mezzo necessario di azione della società che si fa Stato”»

    Questa è cultura e italianità.

    La politica non può essere il problema visto che dal ’78 in avanti ci è stata sottratta la sovranità con la forza. La sovranità che appartiene al popolo non è stata “rubata” dalla “casta” e dai “partiti”.

    Queste affermazioni lasciamole ai vari Pannella, Stella o Travaglio.

    Tutto ciò che c’è da sapere è in Costituzione: e l’articolo fondante – ovvero il primo comma del primo articolo – ha carattere economicistico: l’Italia è un repubblica democratica fondata sul lavoro.

    Non si vaneggia né di magmatiche libertà, né di dittature di proletari.

    Tutte le “riforme neoliberali” si fondano sulla compressione dei diritti dei lavoratori: e, in Italia, le sta facendo l’erede del PCI contra constitutionem.

    Come è possibile?

    Tramite il “vincolo esterno” (SME,euro,futuro peg sul dollaro, ecc…) e i vari trattati commerciali europeisti che, in quanto asimmetrici per definizione, sono contrari all’art.11 Cost.

    I partiti non c’entrano nulla. Chi non lo ha ancora capito è fuori dalla Storia. (praticamente tutti… sic!).

    Studiosi e divulgatori dovrebbero ricordare almeno tre concetti pilastro:

    1 – un po’ materialismo storico marxiano: l’economia – supremo strumento di potere – è il motore della Storia. (Con la postilla della soluzione post-keynesiana di dolce “ammortamento” del capitalismo verso il socialismo: piena occupazione, domanda aggregata e leadership dello Stato in economia… ovvero la nostra Costituzione)

    2 – Riscoperta della “teoria del conflitto” e della coscienza di classe; ovvero il valore del I comma del primo articolo della nostra Carta (anche qui, magari, con la postilla che se il patto costituente viene fondato sul “lavoro” e non sulla “rendita”, è chiaro che il 99% degli Italiani dovrebbe aver interessi comuni: basta sentire gli anacronistici ragli sui “piccoli borghesi…).

    3 – Tra l’uomo e l’umanità c’è la nazione, unico spazio geografico-culturale in cui sostanzializzare le democrazie: riscoperta dell’identità nazionale, del valore patrio e del principio di autodeterminazione dei popoli. La coincidenza tra sovranità nazionale e sovranità democratica. Europeismo, internazionalismo non riconducibile “all’ONU”, globalizzazione e tutte le varie espressioni politiche del liberalismo economico sono – tutte – contra constitutionem.

    In cosa non è d’accordo, Professore?

  • L'attivista qualunque

    Ho seguito con molto interesse i suoi video, sul blog di Grillo, per decidere quale modello di legge elettorale scegliere. A quando i video per decidere quale modello di democrazia interna scegliere per il movimento 5 stelle? Non è una critica a Grillo e Casaleggio, a cui gli italiani credo debbano molto; E’ una richiesta, da parte di un inscritto, di andare avanti nel processo di democratizzazione del movimento e del paese. Tsipras a preso il 36 % e grillo adesso è intorno al 20%; abbiamo bisogno di recuperare e aumentare credibilità e fiducia fra gli elettori.

      • L'attivista qualunque

        Francesco Saba Sardi sosteneva che quando, attorno ad un idea, si costruisce una struttura di potere (verticistica) quest’ultima diventa autoassertiva e l’idea, generatrice della struttura, non viene più perseguita. E’ successo nella chiesa, nella massoneria e nei partiti. Unica soluzione è creare una struttura realmente democratica. La ringrazio per la disponibilità dimostrata, vado a convincere Grillo e Casaleggio; certo se anche lei volesse anticipargli la questione……

        Buon lavoro e W la Libertà

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