Sostituire Di Maio? Troppo tardi. Hanno distrutto il progetto di Roberto Casaleggio e neppure se ne accorgono.

Il referendum sulla partecipazione alle regionali è stato letto come una sconfessione di Di Maio da parte della base, anche autorevoli dirigenti del movimento (come la Lombardi) chiamano direttamente in causa il capo politico chiedendone la sostituzione, persino lo stesso Di Maio, smesso il consueto sorriso che comunica vuoto, ammette di essere in difficoltà e si spinge a citare l’unico possibile successore (Di Battista). Dunque siamo alla fine dell’era Di Maio? No: siamo alla fine dell’era 5 stelle.

Certamente Di Battista (che ha pure lui i suoi peccatacci populisti) sarebbe meglio del manichino di Pomigliano, e forse la storia sarebbe andata diversamente se fosse stato lui la guida dopo Roberto Casaleggio (non lo giureremmo, ma è possibile) ma ora non serve più: troppo tardi e non ci sarà un successore perché non ci sarà più alcun trono su cui succedere.

Il punto è che la sciagurata gestione Di Maio ha distrutto la credibilità del M5s in quanto tale ed è molto difficile che ci sia qualcuno in grado di recuperarla: la credibilità è un incanto e l’incanto, una volta spezzato, non si riprende.

Vi è mai capitato di svegliarvi di colpo nel mezzo di un sogno fortemente sentito e poi cercare di riaddormentarvi cercando di recuperare quel sogno e continuarlo? Inutile: il sogno è evaporato e al mattino non lo ricorderete nemmeno se non per qualche immagine breve e sfuocata.

Roberto Casaleggio (di cui Beppe Grillo fu il potente megafono) aveva creato il sogno: un movimento popolare di massa retto dal web, in grado di sostituire le logoratissime classi dirigenti di Pd e Fi e di guarire le piaghe di questo paese.

Democrazia diretta, egualitarismo, critica (moderata) dell’ordinamento neo liberista, l’uso massiccio ed anticonvenzionale del web, la ricerca di una strada per uscire dalla crisi che, ormai, rodeva da diversi anni, la critica della casta, la visione di un movimento non strutturato gerarchicamente eccetera e tutto mescolato con molte contraddizioni ed ingenuità, ma sempre disponibile a correggere errori e colmare lacune.

Roberto aveva uno spiccato carattere autoritario, ma aveva una notevole onestà intellettuale che lo portava a riconoscere le ragioni dell’altro quando ne era convinto. Non pensava mai ad una proposta per il paese in funzione dei possibili guadagni elettorali, quanto della giustezza di quella soluzione ai fini del superamento di un problema.

Questo era il senso del suo “non ci sono idee si sinistra o di destra ma solo idee giuste”, perché, con grande ingenuità illuministica, credeva che ci fosse sempre un’idea oggettivamente giusta e la cui giustezza fosse auto evidente e per questo la correttezza dell’idea in sé e la crescita dei consensi coincidevano.

Che le idee sociali e politiche si formino anche in funzione di interessi contrastanti e non riducibili uno all’altro era dubbio che non lo sfiorava. Però aveva della politica l’idea che richiedesse studio.

Ricordo le discussioni che ho avuto con lui sul reddito di cittadinanza (al quale sono sempre stato e sono ancora nettamente contrario): lui pensava ad un piano molto complesso, per il quale il reddito serviva ad utilizzare il tempo di disoccupazione ai fini della riqualificazione professionale, dunque la spesa si sarebbe ripagata con l’addestramento della forza lavoro all’innovazione che era il cuore del suo pensiero politico.

Io ritenevo che fosse un progetto suggestivo ma con molti problemi da risolvere per poter funzionare e contestavo l’idea della separazione fra reddito e lavoro, che ritenevo e ritengo una idea sia di destra che sbagliata in sé. Comunque era un progetto complesso e con dentro molte ore di studio.

Cosa è rimasto di tutto questo dopo la sua morte? Solo uno slogan elettorale per rastrellare voti nel sud. Ha funzionato, ma solo per poco ed in 14 mesi anche i consensi sono crollati.

Roberto pensava ad una intensa attività di formazione dei suoi parlamentari ed in generale del movimento (ricordo che dopo il successo del corso sulla legge elettorale) pensammo insieme ad un ciclo di incontri sulla politica estera, ma non ci fu tempo di nulla.

Il ceto politico (questo è il personale che dirige il M5s) che ha preso in mano il movimento è in gran parte composto da arrivisti privi di qualsiasi cultura politica (direi privi di qualsiasi cultura politica tout court) anche se non mancano una quindicina di parlamentari che fanno bene il loro lavoro, che studiano e si preparano, ma contano molto poco nelle scelte del movimento.

Questa impreparazione del ceto politico del M5s sarebbe stata un grave handicap, ma che avrebbe potuto essere bilanciato da un vertice politico (meglio collegiale che monocratico) di buone capacità politiche.

E’ diventato un ostacolo invincibile che ha condannato il movimento alla fine perché al vertice ci è andata la persona più impreparata, meno capace, politicamente più sprovveduta, intellettualmente meno onesta si tutto il movimento.

Del pensiero di Roberto sono sopravvissuti solo alcuni slogan e spesso i meno riusciti (come il famigerato “né di destra né di sinistra”), la selezione del gruppo parlamentare di seconda ondata è stato un imbroglio in cui non si è capito niente ed ha prodotto un sostanziale peggioramento della qualità media –già poco esaltante- del ceto politico pentastellato.

E dopo il clamoroso successo del 2018 c’è stata una cascata di errori politici il cui effetto è stata la perdita di 6 elettori su 10 in poco più di un anno (un primato assoluto nella storia elettorale!)

La prova del governo è stata clamorosamente fallita e la credibilità è crollata a zero.

Il M5s andrà alle elezioni in Emilia e Calabria e sarà un successo se otterrà mediamente il 10%, ma non ci stupirebbe se andasse sotto il 5%.
Comunque sia, questo scolpirà nella testa della gente l’idea che quella è la nuova quota del M5s. E in Toscana e Liguria le cose andranno anche peggio, forse qualche risultato migliore verrà dalla Campania (se ci sarà un accordo con De Magistris) e forse dalla Puglia, ma con molti dubbi.

Non varrà neppure consolarsi con il solito argomento che il m5s va male alle amministrative ma recupera alle politiche: nel 2018 il movimento veniva dai successi di Roma, Torino e del referendum, alle prossime si arriverà sulla base di un disastro dopo l’altro. Non c’è più niente da fare e sarà un successo se rientrerà in Parlamento superando il 4%.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (5)

  • Accipicchia !!
    Se evaporano i Five Stars, gruppo di accompagnamento della folk singer Virgin Rays, come potrà costei portare avanti il suo prossimo Tour “Vota-me” per l’Appio, i Parioli, l’Eur e Prati?

  • Non c’è dubbio che il Professor Giannuli di voti se ne intenda. Ha scritto pure un libro sul Papa.
    Ha indossato la stola e ha dato l’olio santo all’M5*.
    Il malato in catalessi non ha dato segni di vitalità.
    Invece Algido Lunnai in questo momento sta dicendo “Sfotti, sfotti. Se ti acchiappo … ”
    P.s. Questo novembre è una tragedia politica dopo l’altra.
    Ha iniziato Macron, dicendo che la Nato è cerebralmente morta.
    Ha poi proseguito Putin, il quale assegna all’Ue altri dieci anni di vita. Non uno di più.
    Da ultimo Giannuli sull’M5*.
    Potenza dell’Heavy Metal !

  • Il 5S è finito perchè non ha capito che la gente ha capito la vera natura dell’Euro, il vecchio progetto di dominio nazista della Germania.
    Quando si andrà a votare tutto questo finirà, sperando che prima non ammazzino l’Italia.

  • Vola Giggino, vola Giggetto.
    Ellediemme, prima si è voltato dall’altra parte, poi ha aperto bocca sulle proteste di Hong Kong, per dire più o meno “che me fott a me ?” . Subito si è guadagnato la reprimenda di Joshua Wong, colà attivista per i diritti umani, secondo il quale “Il ministro Di Maio mi ha deluso” (fonte Rai).
    In più lo ha avvertito di non fidarsi troppo della parola dei politici cinesi sui temi politici e commerciali.
    Giggeto si è preso una lezioncina di Relazioni Internazionali.
    A proposito, come procedono le copiose esportazioni di agrumi in Cina, sponsorizzate da Giggino ?
    Qualcuno spieghi a Gigio il volume e il confronto dell’interscambio con il Belgio e quello con la Cina. Va bene pure il raffronto con l’Olanda.
    Di Maio si è infatuato della Cina.

  • Giggetto spicca il volo per librarsi nell’aere del Catai, sospinto da una folata di diritti umani.
    Nel Senato è stata organizzata una video conferenza via Skype da Hong Kong con Joshua Wong sulle proteste nell’ex colonia britannica.
    L’ambasciatore cinese l’ha presa male e ha protestato.
    Da Palazzo Madama e dintorni, chi più, chi meno, hanno detto all’ambasciatore di farsi un corso rapido di democrazia e sopratutto i fatti propri.
    Dalla Farnesina hanno espresso forte disappunto verso il mal di pancia cinese.
    Santa ingenuità, cosa ci si aspettava dall’imperialismo sui generis cinese, tutto business ed export ?
    I primi a voler archiviare la vicenda saranno i cinesi, ai quali interessa prima di tutto l’export verso l’Italia. Non hanno interesse ad inasprire i rapporti. I primi a perdere sarebbero loro.
    Aspettiamoci un altro colloquio privato-privatissimo tra l’ambasciatore cinese a Roma e un esponente dei 5*. Business is business.

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