Che tempo fa? I sondaggi dicono che…
Pur con diverse accentuazioni, i sondaggi che si accavallano segnalerebbero queste tendenze più o meno costantemente:
a. la polarizzazione dell’elettorato intorno ai tre punti di riferimento principali, con risultati migliori per Tsipras, Lega e Fratelli d’Italia e cattivi sia per il centro (a cominciare dal Ncd) che per Sel (che alcuni riportano al posto della lista Tsipras che, quindi, avrebbe un valore aggiunto rispetto alla somma Sel-Prc)
b. la tendenza ad avanzare per il Pd sino a superare la soglia del 30-31%
c. cattiva performance di Forza Italia che scenderebbe verso il 20-21%, pur potendosi giovare dell’avanzata degli alleati
d. tendenza del M5s a scendere sotto i valori di febbraio scorso, ma restando (salvo una sola eccezione) intorno al 21-23%.
Messa così, il risultato sarebbe quello di una spinta in avanti del partito di Renzi (però sostanzialmente privo di alleati) che riuscirebbe rafforzato dalla prova, del declino del Cavaliere (che però, grazie agli alleati, andrebbe all’eventuale ballottaggio con il Pd) e la “stabilizzazione minoritaria” del M5s come terzo polo.
Può darsi che finisca davvero così, ma gli stessi sondaggi segnalano due cose di cui bisogna tener conto:
1. i frequenti mutamenti di umore dell’elettorato che inverte le tendenze da una settimana all’altra
2. il perdurare di una fortissima quota di astenuti e di “non risponde, non sa” che, come al solito, sono il pezzo decisivo negli ultimi giorni di campagna elettorale
Dunque, giochi apertissimi, tenendo conto che sin qui il Pd ha potuto giovarsi della novità Renzi (che indubbiamente è in “luna di miele” con l’elettorato), mentre Fi paga il prezzo della sua collocazione non chiara a metà fra le due maggioranze (all’opposizione di Renzi nel voto di fiducia, con Renzi sulle riforme istituzionali) e il M5s paga il prezzo delle espulsioni che hanno azzerato il credito conquistato con la battaglia su Bankitalia.
Ma tutte tre le cose non sembrano effetti di lunga durata, tali da reggere altri due mesi abbondanti. Soprattutto, Grillo (con l’uscita milanese) e Berlusconi (con la campagna sulla sua candidabilità) stanno appena iniziando la loro offensiva e sappiamo per esperienza che tutti due sono animali molto pericolosi in campagna elettorale. Ma abbiamo anche ben presente che Renzi non è Bersani e, per loro, sarà un avversario molto più temibile.
Ma sin qui parliamo solo delle dinamiche interne, mentre c’è una dimensione internazionale che, come al solito, i giornali trascurano nei suoi effetti interni. E bisogna tenere presenti due fattori principali e connessi fra loro: la tregua nella crisi finanziaria internazionale e l’ondata anti-Euro ed anti-Ue che si sta profilando.
La tregua ha dato fiato ai governi, allentando un po’ la protesta ed alimentando la speranza di una ripresa, se non prossima, almeno non remota. I dati occupazionali e dei consumi restano un pianto, ma i mercati finanziari sono relativamente (ho detto: relativamente) tranquilli, e questo viene usato per convincere la gente che la ripresa di occupazione e consumi seguirà.
La stessa politica anti-rigorista di Renzi, recente alleato di Hollande, con i suoi “80 euro al mese in busta paga”, si basa proprio su questo clima timidamente primaverile. Mentre è evidente che il riaccendersi della crisi avrebbe come effetto prevedibile quello di mettere il vento in poppa alla protesta anti Ue che si riverserebbe nelle urne di fine maggio. Per ora la tregua regge. Non ci vuole molto a prevedere che prima o poi verrà meno e la crisi si riaccenderà (altro che ripresa!) ma prima non è la stessa cosa che poi e se questo stato di cose dovesse reggere sino a giugno, i governi avrebbero migliori probabilità di reggere l’urto della protesta anti-Ue. Sul medio periodo, è possibile che effetti ne avrà il forte rallentamento dell’economia cinese (qualche effetto già c’è, con il precipitare della crisi venezuelana) ma questo è un dato con cui fare i conti più in là della scadenza di fine maggio.
Vice versa, se qualcosa facesse precipitare la situazione, il vento si metterebbe al segnale di tempesta. E qui c’è un elemento che può far precipitare tutto: la crisi ucraina. Se ci si mette sulla strada dello scontro armato o, anche solo di una nuova guerra fredda, il banco salta in aria. In primo luogo già si sta determinando una fuga dei capitali privati russi dalle banche euro-americane per timore di blocco dei conti. E questa non è una bella novità per banche già in affanno ed in vista dei test di resistenza che sono già in agenda. E non lo sarebbe neppure per Renzi la cui politica anti-rigorista subirebbe una brutale gelata.
In secondo luogo, il peggioramento dei rapporti Usa-Russia, peraltro già in atto, potrebbe avere contraccolpi pensanti sia in Siria che in Iran dove il ruolo della Russia è stato determinante nel raffreddamento delle rispettive crisi.
E poi c’è la scabrosa partita di gas e petrolio, della quale dovremo tornare a parlare. Insomma, situazione aperta e giochi tutti da fare.
Aldo Giannuli
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ALESSIO ALESSANDRI
La cosa più importante è una netta sconfitta del Pd alle europee. Difficile, vero, ma sarebbe fondamentale. Il Partito Di Renzi (di democratico c’ è ormai solo il ricordo)è l’ asse portante di un’ involuzione di tipo autoritario, un fascismo strisciante non fatto col manganello e l’ olio di ricino (o almeno non ancora) ma che in combutta con Forza Italia sta realizzando il piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli. Si comincia col taglio dei consiglieri comunali promosso da Brunetta “per tagliare la casta!!!” afferma con fare sicuro l’allora ministro della Funziona Pubblica. Il risultato è risparmi zero ma per entrare in consiglio comunale ci vorranno molti voti di più: in sostanza si avranno interi consigli comunali ridotti a Forza Italia e Pd, con un po’ di fortuna una terza forza avrà una sorta di diritto di tribuna. Questo i comuni ma anche quartieri e circoscrizioni non se la passano bene: la spending review di Monti prevede l’ abolizione dei consigli di quartiere e delle circoscrizioni anche se poi qualche comune le ha fatte risorgere sotto diverso nome. Le provincie? Diventeranno “enti amministrativi di secondo livello”. Andate in qualche facoltà di giurisprudenza e chiedete a studenti e professori “mi parli dell’ ente amministrativo di secondo livello”. Per tutta risposta avrete, nel 99% dei casi, un silenzio imbarazzato. In pratica le provincie non scompaiono, perché sì, le provincie fanno cose, funzioni. Le loro competenze possono essere ripartite su altri enti ma è un compito che prevede uno studio, un progetto. Invece, rincoglioniti dalla retorica del “fare” prima berlusconiana ora renziana si corre a chiuderle. Il premier è stato chiaro “bisogna impedire che gli italiani votino per le provincie”. Bisogna impedire che gli italiani votino (!!!). Ecco, l’ ha detto veramente, c’ è il video. Quindi le provincie e relativi costi resteranno ma anziché essere elette dai cittadini saranno gestite da un commissario governativo, verosimilmente un prefetto. Un burocrate romano direbbe Renzi per definire spregiativamente i dirigenti dello Stato.Un uomo che risponde a Roma e che se fregherà dei cittadini non dovendovi rispondere. Un podestà provinciale lo si potrebbe chiamare in ricordo dei bei vecchi tempi. Poi bisogna riformare il titolo V della Costituzione: in soldoni la riforma costituzionale del 2001 ha conferito alle regioni alcune competenze esclusive: sanità, commercio, turismo, etc..Ora stop, dopo anni anni di chiacchiere retoriche sul federalismo tutto deve tornare a Roma. La sponda per questa operazione sono e saranno le inchieste che gli uffici giudiziari periodicamente aprono su ruberie vere e presunte. Dai Fiorito alla consigliera che in Trentino si comprava il vibratore coi soldi pubblici. Che poi,come Pippo Civati, si venga assolti è poco importante. Tutto a Roma, adesso, subito. E poco importa di fare un’ analisi seria sui effetti e risultati del federalismo dopo 13 anni, su ciò che è anche corretto riportare a Roma e ciò è bene che resti in Regione. Tutto a Roma. Sì, ma a Roma che c’é? A Roma c’ era il Parlamento ma ora lo si vuol mutilare, amputando il Senato. Quindi una camera sola i cui membri se passa veramente il maialissimum, nome corretto per definire l’ italicum, verranno decisi a tavolino da 2, massimo 3 persone. Ora mettiamo in fila il tutto: via i consigli di quartiere (sono uno spreco ripugnante di soldi pubblici, dicono i cantori del nuovo), con la restrizione del numero dei consiglieri il 30%, 40% dei cittadini buttati fuori dai consigli comunali, le provincie gestite da un prefetto che risponde solo al ministro dell’ Interno, con la scusa che si ruba le Regioni saranno spogliate di competenze e risorse economiche (i 2 fatti sono scollegati ma tant’ è), il Parlamento viene amputato da 945 membri a 630 (o forse meno. Non ci credo ma chissà), il che non sarebbe un problema. Il problema è che saranno TUTTI nominati dai capi. In sostanza cosa decidono più i cittadini? Un regime strisciante che viene avanti giorno dopo giorno mentre Cuperlo è impegnato in acrobazie tattiche, Civati non sa neanche da che parte sorge il sole, Bersani è meglio che si riposi, il M5S risulta insignificante per via di una folle gestione politica, Sel aspetta che gli lancino un tozzo di pane dal carro di Renzi. Niente, insomma. Nel frattempo sarebbe opportuno un grande risultato per la Lista Tzipras, non tanto per il valore dei suoi candidati e sostenitori, ma per indebolire il Governo di Renzi e cercare di avere un’ Europa diversa che il Pse non può garantire.
Gerardo
però della lista tsipras non si sente molto parlare..mediaticamente è piuttosto inconsistente. Personalmente ho firmato per la sua presentazione, ma il gazebo presieduto da due simpatici ma pur tristi personaggi, con le bandiere di rifondazione che penzolavano mosce, era uno spettacolo avvilente. Pochi si sono fermati, non dico a firmare ma soltanto a curiosare. E quando parlo con amici o conoscenti mi rispondono: “lista che?”
Sergio
Giusto l’invito alla prudenza, stante il quadro descritto, sarà interessante capire quali messaggi (valori, programmi, promesse pecuniarie) riusciranno a trascinare al voto (ammesso che ci riescano) i tanti italiani disillusi. Il parlamento europeo è sempre stato votato da minoranze, forse in Italia – dove l’astensionismo è in crescita dall’inizio della crisi – potrebbe prodursi un’inversione, vista l’importanza politica dello scontro fra i tre blocchi; sarebbe un risultato storico se si verificasse un altro pareggio, come potrebbe succedere, benché ci siano poche speranza che il PD ne tragga le dovute conseguenze immaginando sostanziali inversioni di rotta
Cinico Senese
Molto importanti saranno i risultati francesi. Se vince Le Pen, sono guai per la Merkel. La teme molto. Si rompe l’asse franco-crucco intorno a cui gira l’EU e l’euro.
Noi contiamo come ammennicoli.
Sicuro che vincerà Renzie, con quella mancia elettorale degli 85 euro e qualche altro razzo luminoso sparato nei cieli italici. Tutti i mass media lo sostengono, siamo all’agiografia fascista. Se non vince lui ora, quando mai succederà?
Interessante test per Forza Italia in via di disfacimento senza il suo caponano prossimo alla mummificazione.
M5stelle se va male confermerà i voti del febbraio, se va bene oltre pescando dagli incazzati dell’astensione. Ma anche qui da testare, perchè è un voto liquido. Magari da qui alle elezioni Grillo potrebbe fare delle caxxate.
La situazione internazionale agli italioti interessa niente,interessano i mondiali. Sicchè non vedo effetti krimeici all’orizzonte.
Roberto Buffagni
Modesto avviso del sottoscritto: in Italia, il risultato positivo sperabile è una sconfitta del M5S, che è il principale gatekeeper deell’opposizione e che aumenta la confusione e la divisione in merito al tema politico più importante, l’euro e la UE.