Solidarietà ai giornalisti della “Voce delle Voci”.
Nel 2008, la “Voce delle Voci” (precedentemente “Voce della Campania”), diretta da Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola, pubblicò un articolo riguardante Annita Zinni, coordinatrice dell’IdV dell’Aquila, per il suo ruolo nella formazione politica di Cristiano Di Pietro (figlio del più noto Antonio).
La Zinni si ritenne diffamata e presentò querela. Poi il pezzo venne parzialmente rettificato dalla redazione; ciò nonostante, il tribunale di Sulmona, nel marzo 2013, condannava i giornalisti al pagamento di 69.000 euro, da maggiorare con gli interessi maturati nel frattempo.
Contemporaneamente, la “Voce” ha pubblicato, in aprile, un servizio riguardante una poco edificante vicenda che coinvolge il re del mattone marchigiano, Edgardo Longarini che, grazie ad un disinvolto arbitrato, ha ottenuto che lo Stato debba versargli 1 miliardo e 300 milioni di euro (avete letto bene: unmiliardotrecentomilioni). Dimenticavo: l’arbitrato fu varato, a suo tempo, dal dottor Antonio Di Pietro. Nel pezzo (ancora on line) spunta nuovamente anche il nome di Cristiano Di Pietro.
Più o meno nello stesso tempo, l’avvocato della signora Zinni ha proceduto al pignoramento dei conti personali dei giornalisti e anche i contributi dello Stato (pari a 21mila euro) e persino della testata giornalistica. L’opposizione della difesa dei giornalisti è stata respinta e il pignoramento è stato reso esecutivo e la “Voce delle Voci” ha dovuto sospendere le pubblicazioni.
In attesa dell’appello, i legali dei giornalisti hanno presentato denuncia, per inerzia investigativa, contro il dott. Massimo Marasca (il magistrato autore della sentenza) che attualmente risulta indagato per abuso d’ufficio e omissione di atti d’ufficio e fra alcuni giorni dovrebbe essere resa pubblica la decisione del tribunale di Campobasso se archiviare la denuncia o procedere contro il collega di Sulmona.
Qualche considerazione su questo strano caso che vede, per la prima volta in assoluto, pignorata la testata di un giornale:
a- La Vice della Campania nacque a metà anni settanta come giornale del Pci campano ed ebbe fra i suoi direttori anche Michele Santoro; poi nel 1984 la testata venne rilevata da Andrea Cinquegrani che, insieme a Rita Pennarola, vi ha pubblicato inchieste di notevole portata come quelle sulla ricostruzione post terremoto a Napoli (in quel periodo lavoravo proprio presso la Feneal Uil napoletana e seguii in prima persona quelle vicende di cui poi lessi sul coraggioso giornale di Cinquegrani e Pennarola), sulla malasanità o sul ministro Cirino Pomicino. La “Voce della Campania” (dopo diventata “Voce delle Voci” in rapporto a molte associazioni che si son o raccolte intorno ad essa) è stata una delle principali espressioni della controinformazione in questi trenta anni: prima o poi il conto doveva arrivare.
b- Non è mai accaduto che in una causa per diffamazione a mezzo stampa si procedesse al pignoramento della testata, è un unicum che la dice lunga sul carattere punitivo di questa giurisprudenza
c- Forse dovremo tornare a parlare delle inchiesta di Mani pulite, della Kroll e dell’Idv
d- A quanto pare c’è un settore della magistratura che lavora attivamente a fianco di quegli ampi settori di Parlamento che vogliono un bavaglio sempre più stretto contro la libertà di informazione
e- Gli esposti della difesa dei giornalisti al Csm sono rimasti lettera morta –come sempre in questi casi-. Non è il caso di iniziare a parlare di una riforma della giustizia che sottragga al Csm, un organo di corporazione, il potere disciplinare sui magistrati? Vi sembra normale che i giudicati eleggano i loro probabili giudici?
Aldo Giannuli
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Luca
Vabbè allora stabiliamo la libertà di diffamazione, sono uscito da IDVda molto tempo e anche col dente avvelenato, però di infamie nei confronti di Di pietro da parte di Giornalisti ne ho viste tante, lui, molisano è puntiglioso, se ci sono gli estremi querela poi DIECI anni DOPO magari gli danno ragione, purtroppo quelli di report la porcata la fecero bene , però vorrei sapere quali sarebbero gli elemnti di ingiustizia nei confronti di questa sentenza ( non ho mai cdetto che tutte le sentenze siano giuste anzi ) , però visto che rettificarono pure il pezzo i giornalisti la devono aver sparata bella grossa, alla fine 67.000 euro fanno una bella colletta tra familiari e amici, li pagano ed evitano pignoramenti ( che solo in italia cì è questo malcostume di perdere le cause e poi non pagare costringendo la parte lesa ad ulteriori complessi e lunghi procedimenti esecutivi, per quanto mi riguarda la dolosa non esecuzione spontanea di una condanna civile dovrebbe essere un reato penale punito come minimo con 10 anni di reclusione )
Pierfrancesco
Bhe in effetti mi sembra che preventivamente a ogni critica di carattere politico bisognerebbe entrare nel merito del procedimento, e semmai contestare la presenza o meno di diffamazione, o la illiceità dell’arbitrato, se era contro il ministero dei lavori pubblici e di Pietro era ministro quali erano le alternative? Pagare subito il miliardo ed evitare le spese di arbitrato? Se nulla si riscontrasse allora ben venga la chiusura di giornali che scrivono cose false per attaccare un politico. A proposito se si verificasse che L’Espresso ha mentito su Crocetta e fosse oramai caduta una regione su questa menzogna quanto sarebbe grave? Premesso che Crocetta dovrebbe espatriare per quello che ha combinato, ma non per una dubbia intercettazione di altri.
riccardo
in rete non si trova niente sul “re del mattone”. nessuna notizia a riguardo, fosse per la legge sul diritto all’oblio? mah.. cmq non ho ben capito il nesso tra le vicende.
Tenerone Dolcissimo
Sì professore, dovremmo parlare più spesso di Mani Pulite e cercare di capire cosa è veramente successo e come mai il PCI ne uscì indenne, visto che -come ha osservato un giornalista non certamente di destra- a Bologna bisognava pagare una tangente al partito anche solo per mettere i gerani sul davanzale. Saluti
Gaz
Voterò la Franza dei Valori … bollati 🙁