Siria: quegli occhiali che non servono più

Al tempo della guerra fredda, la sinistra (e quella legata al Pci ed all’Urss in particolare) leggeva la realtà mondiale attraverso lenti rigidamente bipolari: di qua ci sono l’Urss con i suoi alleati ed i paesi del Terzo mondo in lotta contro l’imperialismo americano, dall’altra parte ci sono gli Stati uniti ed i paesi capitalisti. Ovvio che i primi avessero sempre ragione ed i secondi sempre torto ed era facile “leggere” la realtà internazionale alla luce di questa “analisi di classe” (sic!). Ogni intervento americano era un’aggressione contro cui mobilitarsi, mentre ogni intervento sovietico (compresi quelli in Ungheria, Cecoslovacchia, Afghanistan) era necessitato dall’esigenza di contrastare un qualche piano imperialista.

Qualcuno, per la verità, storceva il naso davanti alle invasioni sovietiche “condannandole”, ma fra foreste di se, di ma e di però. Naturalmente, per far quadrare i conti, occorreva rimuovere tutta una serie di dati “scomodi”: il conflitto cino-sovietico? Dissidi momentanei. Il “socialista arabo” Nasser reprime operai e studenti ad Heluan, nel febbraio 1971? Colpa dell’aggressione israeliana che ha destabilizzato il processo rivoluzionario egiziano, situazione delicata su cui occorre sospendere il giudizio. L’altro socialista arabo Nimeyri, alleato dell’Urss, massacra centomila comunisti ed impicca il segretario del Pc sudanese Maghiub? Situazione difficile da  analizzare su cui sappiamo troppo poco. E via rimuovendo, aggiustando, giustificando, sorvolando.

Questa visione del Mondo era sicuramente sbagliata (ed esponeva a sbandate come quelle di esprimere solidarietà perfino a quei macellai dei Khmer rossi) ma, alla fine, aveva un suo fondamento: effettivamente gli Usa erano una potenza imperialista ed i loro interventi erano funzionali alla difesa di un certo ordine mondiale. C’erano molte forzature, rimozioni e spericolate arrampicate sugli specchi, ma, almeno, un fondamento di verosimiglianza c’era.

Queste lenti, già assai difettose quaranta anni fa, sono ormai totalmente inservibili oggi, nel mondo policentrico della globalizzazione. Il loro effetto, ormai è quello di rendere totalmente orbi. E veniamo al caso siriano.

Sinceramente, non sono affatto convinto della bontà delle “prove” addotte dagli americani sulla responsabilità di Assad negli attacchi con i gas. Si tratta di prove tutte non dico fabbricate, ma sicuramente fabbricabili e che convincono poco. Che qualcuno abbia usato quelle armi criminali è fuori discussione, ma siamo sicuri che sia stato Assad e non chi voleva provocare un intervento americano contro Damasco? Ho molti dubbi in proposito, non tanto perché non pensi il dittatore alauita capace di questo e d’altro, ma perché non mi sembra una mossa vantaggiosa per lui, nell’economia del conflitto: quale sarebbe il vantaggio militare di una cosa del genere? Ed allora, per quale ragione Assad dovrebbe rischiare un intervento americano senza alcun vantaggio apparente? Lui quelle armi le ha, ed è possibile che prima o poi le usi, ma credo lo farebbe di fronte a situazioni estreme, non a casaccio, per puro sadismo.

Se poi c’è un vantaggio nascosto, può darsi ma occorre dimostrarlo. Detto questo, però, come si fa a negare che Assad stia combattendo una guerra anche contro una larga parte del suo popolo? Un classico esempio di “guerra ai civili” in funzione anti insorgenza. Ne abbiamo viste.
Non avrà usato i gas, ma non venitemi a dire che il suo esercito non ha perpetrato altre atrocità!

Non tutto è spiegabile con la spinta della primavera araba: il caso siriano presenta molte particolarità, come l’accentuatissimo conflitto etnico-religioso interno e, sicuramente, in tutto questo ci hanno pescato turchi e sauditi, salafiti e semplici avventurieri. Siamo d’accordo. Ma dipingere tutto come l’aggressione gratuita di corpi esterni dietro cui c’è il burattinaio Usa, mi pare che sia semplicemente spudorato. Come dire: i negazionisti della Shoa ci fanno un baffo!

Sono commoventi quelli che ti scrivono che loro sanno che le cose non stanno come dicono i giornali, perché hanno parlato con “una persona che è andata lì ed ha visto con i suoi occhi” e sa per conoscenza diretta. Poi ci sono quelli che ti ripetono che non si può prendere per forza posizione su tutto, che occorre tempo per capire ed intanto fa finta di non vedere il massacro di un popolo. Qualche altro ti dice che, però, bisogna vedere “chi ha dato fuoco alle polveri”.  O quello che dice che le atrocità le fanno solo gli anti Assad.

Conosco la capacità di manipolazione dei media da parte dei servizi (mi pare di averci scritto qualcosa in proposito), ma direi che di prove di massacri di civili da parte delle truppe del regime ce ne sono a sufficienza e non possiamo liquidare tutto con il “complotto imperialista”. Come mi pare che non ci siano dubbi sul fatto che le responsabilità maggiori siano quelle degli uomini di Assad, anche se gli altri non sono proprio delle suorine di carità.

D’altra parte, se pure la maggior parte delle responsabilità stessero dall’altra parte, cosa cambierebbe ai fini della cessazione del massacro? Ed allora, cosa c’è da fare? C’è un partito di opinione, alla cui testa si sono messi intellettuali come Bernard Henri Levy o Giuliano Ferrara, per il quale il problema è semplicemente quello di abbattere Assad e poi va tutto a posto. E magari non considerano che le tre formazioni anti-regime inizierebbero a scannarsi fra loro 10 secondi dopo, al solito mettendo di mezzo la popolazione.

All’estremo opposto, ci sono quelli che, invece, sono convinti che basta che gli Usa non intervengano, per salvare la pace. Vedo che su questa linea è anche Annamaria Rivera (Manifesto 5 sett. p.1). Amici, capiamoci: la guerra c’è già, non è l’intervento americano a farla scoppiare. Conosco personalmente molti sostenitori a cominciare proprio da Annamaria Rivera che mi onora di un’amicizia quarantennale e della quale apprezzo il rigore di studiosa e la sensibilità umana e politica. Non dubito che persone così siano in totale buona fede, ma non posso non ricordargli che la guerra c’è già da tre anni e non possiamo far finta che non ci sia.

Ma, mi diranno alcuni, l’intervento americano sarebbe benzina sul fuoco e rischierebbe di estenderla ancora, coinvolgendo altri, sino al rischio di un nuovo conflitto mondiale. Sono d’accordo ed ho già detto che l’intervento americano sarebbe un puro esercizio di potere imperiale molto pericoloso, ma, anche qui, capiamoci: la possibilità di un allargamento del conflitto, risucchiandovi prima di tutto la Turchia, ma via via, anche Iran, Israele, Arabia Saudita, c’è anche se lasciamo marcire la situazione siriana così come è. Ed, a quel punto, il rischio di coinvolgimento delle grandi potenze diventerebbe molto più concreto di oggi. Ed anche a proposito dell’appello del Papa (del quale condivido al 100% le finalità) va detto che la minaccia di conflitto generalizzato c’è tanto se gli americani fanno qualche fesseria, quanto se non la fanno e le cose vanno avanti così come sono.

Oggi il problema politico non è né quello di abbattere Assad (consegnando poi il paese a chi?) né quello, opposto, di con fermarne il potere. Dell’assetto interno della Siria si vedrà dopo che fare, cercando di restituire il potere decisionale al popolo siriano, per ora il problema è un altro: fermare la guerra, bloccare i massacri della popolazione civile, evitare che le masse di profughi destabilizzino i paesi limitrofi e scongiurare il rischio di allargare il conflitto ad altri. Questo è il punto politico in discussione oggi e piantiamola di fare le anime belle che risolvono i problemi facendo finta che non ci siano. Occorre trovare un modo per ottenere il risultato prefisso e questo non può prescindere dall’uso della forza. Quindi, smettiamola di dire scemenze pensando che tutti gli interventi siano uguali, in nome del rispetto della sovranità nazionale, della non violenza, del primato della diplomazia o di chissà quale altro principio generale, astrattissimo ed inservibile. C’è sempre un principio generale invocando il quale ci si autorizza a calpestare tutti gli altri. Basta scegliere quello che fa più comodo. E questo vale per gli stati e per le anime belle del pacifismo non violento, che non sono meno ipocriti degli stati.

Le scelte si fanno nel concreto dei casi, cercando, di volta in volta, di mediare fra le diverse esigenze anche di ordine morale (l’uso minimo della violenza, il rispetto della vita umana, il principio di autodeterminazione dei popoli ecc.). E di volta in volta si sceglie la modalità più idonea a raggiungere il risultato. Pertanto, non è affatto vero che un intervento è uguale ad un altro: c’è intervento ed intervento. Quello unilaterale americano è sbagliatissimo, perché sbilancia la situazione, è una operazione all’avventura e, non solo non mette fine alla guerra, ma rischia di allargarla.

Al contrario, potrebbe essere utile che l’Onu disponga l’intervento di una forza multinazionale, che comprenda sia le grandi potenze che propendono per Assad (Cina e Russia) sia quelle che gli si oppongono (Usa ed europei), con un comandante neutrale (indiano, brasiliano, messicano o altro) che garantisca che l’intervento resti nei limiti del mandato. Dovrebbe trattarsi di una forza d’interposizione, non di occupazione, dunque con il compito di enucleare zone controllate dai diversi soggetti, evitando che le relative forze armate vengano a contatto. Ovviamente, resterebbero zone “miste” o singoli focolai, ma, via via, si potrebbe isolarli. Dunque, compito della forza d’interposizione non sarebbe quello di consegnare il paese a questo o quel contendente o inventarsi un nuovo governo, ma quello di favorire la nascita di una conferenza di pace in cui concordare le modalità del nuovo ordine. Poi si vedrà se la soluzione può essere un governo frutto di libere elezioni (se ci si riesce) o la divisione del paese o una sorta di disarmo generalizzato in attesa di maturare nuovi equilibri.

Questa è l’ipotesi politica che comporta l’uso minimo della violenza e circoscrive il rischio di allargamento del conflitto. Oppure ditemi voi quale può essere l’obbiettivo di un movimento contro la guerra che non sia quella di un movimento che fa finta che la guerra non ci sia.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (35)

  • D’accordo su tutto e ne parlo in questi termini da giorni ma…in quest’ottica come si legge la fuga in avanti dell’amministrazione USA? Prima di sapere come sarebbe andato il voto in UK? Mi farebbe piacere la sua opinione

    • Davide: credo che gli americani siano condizionati prima di tutto dalle esigenze di status: se vuoi essere l’unica super potenza mondiale ti senti obbligato ad intervenire in una situazione che è sotto gli occhi di tutti, pena una perdita di status che significherebbe subito dopo la dine di re dollaro come moneta internaziona. Insomma non sanno che fare ma lo devono fare subito

  • articolo fuori da ogni retorica,forse l’unico punto debole è nella speranza riposta nell’onu di far cooperare nazioni così diverse,in un periodo in cui non si sono ancora delineate ufficialmente le aeree di influenza.ma forse proprio per questo è una strada possibile.comunque non credo che l’america creada ancora nell’idea di essere ancora l’unica super potenza,a leggere il libro di kissinger sulla cina,a me sembra che l’america si stia preparando a condividere la governance con altri attori.poi la storia si sa non è lineare.

  • anch’io concordo col buon senso, solo che la questione syriana è scontro per destabilizzare un ordine costituito e funzionante, ecco perché è così difficile distrugerlo, e per come vanno le cose sta pure vincendo. Dopo due hanni di guerra la Syria è un paese devastato, con + di 2 milioni di profughi Aleppo come città non esite +.

    l’articolo qui sotto è piuttosto descrittivo di come si stanno sviluppando gli interessi geo-politici della regione ;-(

    http://www.wallstreetitalia.com/article/1619734/le-bugie-degli-stati-uniti-guerra-in-automatico.aspx

    ribelli
    http://www.polisblog.it/post/149803/chi-sono-i-ribelli-siriani

    http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/freedom-fighters-cannibals-the-truth-about-syrias-rebels-8662618.html

  • “smettiamola di dire scemenze pensando che tutti gli interventi siano uguali, in nome del rispetto della sovranità nazionale”
    E’ una scemenza se dico: “gli interventi americani sono tutti uguali e sono contro ogni tipo di sovranità nazionale”?
    Legare la guerra civile in Siria all’intervento americano è un errore concettuale fondamentale: sono due cose completamente distinte. Purtroppo da cinquant’anni (e in particolare dalla guerra al Medio Oriente che dura da 12 anni) siamo portati periodicamente a dire scemenze, darci degli scemi tra di noi sul “diavolo di turno” quando chi interviene quando e come vuole sono solo gli USA (e Israele).
    Il mondo si è abituato non solo al fatto che non esiste altro sistema per risolvere le controversie internazionali, ma ora anche quelle nazionali. Lo “status” è questo, è un’abiezione, ed è anche colpa dell’informazione.

  • Si potrebbe anche osservare a margine che l’imposizione del dollaro come riserva valutaria mondiale sia una delle cause stesse dell’esplosione degli squilibri internazionali, a partire dalla semplice esistenza stessa del “terzo mondo”.

    Da profano, non mi pare che il contesto economico e geopolitico sia così cambiato dagli anni ’30 del secolo scorso.

    1 – A livello mondiale, il pezzo di terra a contendere è il medesimo per le medesime ragioni

    2 – Gli attori hanno cambiato lo “spazio” nei rispettivi ruoli ma sono in gran parte gli stessi

    3 – In Europa la Germania cerca di allargare “i suoi di spazi” e certifica genocidi

    4 – Le crisi finanziarie globali partono dai medesimi luoghi con la medesima genesi ed evoluzione

    5 – Dopo aver vinto la lotta di classe, i ceti dominanti dispongono le loro pedine sullo scacchiere mondiale e sono pronti a giocarsi la partita per il nuovo ordine mondiale.

    Mancano solo le grandi personalità.

    Professore, mi rendo conto che le precedenti sono considerazioni banali e superficiali, ma credo che il pacifismo è morto con la morte dell’opinione pubblica e, quindi, delle democrazie.

    Il pacifismo, credo, dovrebbe nascere dalla constatazione che le politiche militari sono semplicemente patologica aberrazione risultante dall’asservimento dei ceti subalterni. Nulla più.

    Per quel che mi riguarda, la Pace è semplice e diretta conseguenza della democrazia. Tutto il resto sono vane scuse di chi si rende complice dei crimini della storia.

  • dottor giannuli,
    lei è uno studioso serio e preparato, ma come può però sottovalutare il fatto che una siria liberata da assad, cioè l’assad di oggi non quello di ieri sia chiaro, non sia geostrategicamente favorevole alla politica usa?
    la lezione di machiavelli, per quanto indigesto e deplorevole e cinico è ancora purtroppo sempre valida e credo che gli americani i russi e anche assad, of course, non se la siano dimenticata.
    quindi le colombe(anna maria rivera) che restino nelle loro sicure gabbiette, mentre chi invece adotta la dialettica dei fronti contrapposti, cioè l’unico metodo conoscitivo valido per capire le cose in questo momento, prenda il toro per le corna e decida da che parte vuole stare; se vuole stare dalla parte americana delle bugie e dell’imperialismo, oppure dalla parte di chi è chiaro che vuole essere egemone nella regione, ma crede pure che l’egemonia sia comunque un fattore della stabilità della regione stessa.

    sui massacri di assad contro il suo popolo è pura demagogia: lenin durante la rivoluzione fece forse di peggio e trotzki, mi pare, approvò.

    domanda polemica:
    perché la lettura neo-trotzkista, cioè la sua dottor giannuli, della realtà implica sempre che la rivoluzione o la facciamo noi(trotzkisti) oppure è meglio la pacificazione generalizzata?
    posizione legittima, ma quanto meno opportunistica e priva di una dialettica conoscitiva e costruttiva.

    cordiali saluti

    alberto

  • Il gioco è sempre lo stesso dall’epoca della guerra jugoslava. Armare una minoranza etnica o religiosa e promuoverne le rivendicazioni. Prendere a pretesto la reazione del legittimo governo, opportunamente amplificata dal sistema mediatico, per invadere il paese (direttamente, come in Irak, o tramite mercenari, come in Libia). Infine, dopo aver provocato il collasso dello stato, instaurare un governo fantoccio. E’ naturalmente irrilevante che il paese in questione cada nel caos e nella miseria, sia dilaniato da guerre civili, o finisca nelle mani di bande militari più o meno criminali. In Siria si ė coalizzata una perversa alleanza di fondamentalisti musulmani, ebraici e protestanti (dalla quale con grandissimo coraggio personale si è voluto sottrarre il papa) Essa è pagata con i soldi americani ed israeliani. Come tappa intermedia per un nuovo attacco contro l’Iran, questo coacervo non esiterà a distruggere una coesistenza etnico religiosa che dura da secoli ed è , di per sé, una grande testimonianza di civiltà. Assad avrà pure fatto il suo tempo e con lui se la vedrà il proletariato urbano siriano. Domani, però. Oggi bisogna difendere la Siria dall’aggressione imperialista ed arrestare la corsa verso la terza guerra mondiale. Ogni distinguo, su questo punto, è solo una forma di capitolazione.

  • Caro professore, questo suo articolo ha molti aspetti condivisibilissimi e me ne compiaccio. En passant vorrei far osservare che “coloro” che avrebbero parlato con “una persona che è stata in Siria e nega il massacro della popolazione” come il sottoscritto, , non ha parlato con “una” persona, ma con più persone e di diversa idea politica. Non si nega che la popolazione civile ci sia andata di mezzo, ma che sia stata deliberatamente massacrata da Assad in quanto si opponeva al regime è totalmente falso. Ma tantè, queste sono opinioni.
    Alcune osservazioni.
    Giusta la sua analisi iniziale sulla visione internazionale delle sinistra pre muro di Berlino, vorrei però aggiungere un aspetto che viene poco sottolineato. Il conflitto, mai diretto, tra Usa e Urss che si è manifestato su vari fronti internazionali e direttamente tra servizi segreti dell’Est e dell’Ovest, non ha mai avuto aspetti strategici, ma solo tattici, vale a dire che strategicamente sovietici e americani sono sempre stati concordi ad una specie di “coesistenza pacifica”, di accordo segreto al mantenimento degli assetti di Jalta. Le dinamiche internazionali, le contraddizioni che ovviamente si innestavano di volta in volta e le spinte degli interessi geopolitici, determinavo spesso la necessità di intervento militare e le relative prese di posizione delle due grandi potenze. Questo con buona pace degli imbecilli di destra e di sinistra che si contrapponevano in un demenziale “tifo”, pro Patto di Varsavia o pro Nato.
    Lei afferma di conoscere molto bene le manipolazioni dei Servizi verso la Stampa, e non lo mettiamo in dubbio dopo aver letto il suo libro in merito. Ma non crede sia anche il caso di analizzare i gruppi di proprietà, grandi lobby per lo più finanziarie, che hanno in proprietà l’editoria dei giornali? Ho crede davvero che ci sia una “libertà di stampa”? Non crede che giornali e riviste si sparano a pallettoni, come ad esempio l’area controllata da De Benedetti e quella controllata da Berlusconi, ma sostanzialmente sui grandi temi internazionali, sulle parole d’ordine Occidentali, sulle veline di vera e propria “propaganda di guerra”, siamo peggio che al tempo del Minculpop?
    Non crede che gli Stati Uniti siano animati esclusivamente da intenzioni egemoniche e da una politica di rapine e razzie, e che è del tutta falso ed ipocrita il loro “umanitarismo”, tra l’altro a senso unico?
    E questi interventi ”umanitari”, non le sembrano alquanto “singolari” visto che, ad esempio, l’Irak e la Libia, con i canonici bombardamenti terroristici liberatori sono stati riportati all’età della pietra e la popolazione immersa in un bagno di sangue di cui non si vede la fine? Ottimi risultati umanitari!
    Per il resto del suo discorso, ero curioso di vedere a “Chi” lei delegava la funzione di giudicare “dove”, “come” e “quando” intervenire, e se vi erano le condizioni umanitarie per farlo. Ovviamente ha finito per individuare questa entità over nazionale nell’Onu. Le faccio però presente che l’Onu è soggetto alla possibilità del “veto” da parte di alcune grandi potenze. Veto che, ad esempio, ha impedito spesso il giusto intervento armato per far rispettare ad Israele le risoluzioni prese dalle Nazioni Unite. Ergo?

  • Io in Siria ci sono stato, poco, ma ho cercato di apprendere molto.
    Ma è proprio in Siria che ho capito che i concetti di tirannide e democrazia (per noi opposti, autoescludentisi e storicamente ben determinati) per i paesi del Medio Oriente non funzionano, perché la loro storia ha creato un differente concetto di autorità.
    Chi governa, in Medio Oriente e nella gran parte del mondo arabo, può arrivare al potere con le elezioni, con un colpo di stato, per sorteggio, per nascita, in mille modi: tuttavia il come ci sia arrivato non conta nulla, è semplicemente un accessorio esornativo; quello che conta è che quello, che non è MAI un singolo o un partito, ma è SEMPRE un gruppo (un gruppo dei tanti che compongono quelle società, e che è definito da tratti comuni sfumati, etnici, familiari, religiosi e militari) sia in grado di garantire l’equilibrio tra questi gruppi. Per garantire tale l’equilibrio al gruppo che si trova al potere viene data “carta bianca”, e non certo in parlamento o in “transatlantico”, ma in un finissimo gioco di consuetudini e rapporti che noi non riusciamo più a capire, drogati dall’illusione della democrazia, che genera le larghe intese. In tutto il mondo arabo, il gruppo Assad (che è – tra l’altro – più variegato di altri, a dispetto dell’immagine di singolarità che ne abbiamo e delle tante statue di Hafez che c’erano in tutto il paese) è quello che ha dimostrato di garantire meglio questo equilibrio, con tutti i mezzi: consenso, clientelismo, violenza, generosità, intelligenza, furbizia, fortuna.
    Era un sistema che, a modo suo, funzionava e, cosa non da poco, garantiva al popolo uno stato sociale funzionante ed sostanzialmente equilibrato, rispettoso delle varie componenti grazie anche agli apporti del socialismo postcoloniale.
    I moti di piazza dei primi di marzo del 2011 erano trasversali e si facevano latori di rivendicazioni economiche e politiche a seguito della crisi e della siccità: sono stati repressi perché quella è l’abitudine di quei sistemi. Ma non è detto che il regime, dopo la repressione, non sarebbe corso ai ripari cercando di escogitare delle soluzioni perché questa insoddisfazionenon creasse una frattura tra i gruppi.
    La guerra civile successiva, che continua ancora ora, non c’entra niente con quelle rivendicazioni: c’entra invece con la rottura di quell’equilibrio, creata da chi ha promesso ad altri gruppi il potere.
    C’è un particolare illuminante che nessuno ha rilevato: le manifestazioni sono scoppiate il 12-13 marzo 2011, a Daràa e poi a Damasco. Mentre queste venivano represse, il 15 marzo, annunciati da tutte le agenzie internazionali (che bollano anche di isteria Damasco perché protesta) “gli ambasciatori di USA e Francia sono andati ad Hama a prendere contatto con i ribelli”: da questo momento comincia un’altra storia. Quella di adesso: di una guerra civile governata dall’esterno che mira a un intervento USA.

  • Una forza d’interposizione: sembra più facile a dirsi che a farsi: l’onu non mi sembra abbia capacità decisionali di questa portata, e poi c’è il rischio di lasciarci parecchie vittime tra i soldati mandati sul campo a sedare i litiganti. Un drone che bombarda non lascia a terra morti occidentali, o sbaglio?

    • Gerardo: non ho affatto detto che sia semplice da fare nè che si farà, ho detto che è l’unica proposta credibikle su cui può attestarsi un movimento contro la guerra che non si limiti a contrastare i soli Usa.

  • Se la Russia non farà il possibile per difendere la Siria, perderà ogni credibilità: quale paese, in futuro, potrà sceglierlo come alleato, se non ha saputo salvare un suo partner storico. Del resto, in nome di cosa gli USA e UK hanno pensato di intervenire in Siria, se non per cacciare la Russia dal Mediterraneo.
    Uno scenario di intervento internazionale sarebbe sempre una sconfitta per Assad, oltretutto oggi che pare in vantaggio sul terreno.
    Cambiando prospettiva, guardando all’Italia (anche se non importa niente a nessuno), fatico a vedere quale vantaggio per gli interessi nazionali ci sarebbe dalla presenza esclusiva delle potenze atlantiche nel Mediterraneo.

  • Negare che gli USA intervengano solo ed esclusivamente quando a dare l’ordine sono gli enormi interessi che sono dietro al gigantesco apparato bellico industriale, mi pare onestamente e sinceramente pazzesco. Aspetto con ansia di sapere quale sarebbe stato il conflitto al quale hanno partecipato disinteressatamente. Sono d’accordo con la creazione di una forza di interposizione ma fatta esclusivamente da paesi che non hanno interessi nel conflitto, non di certo dagli USA. Penso che l’OnU sarebbe purtroppo ingabbiata dai veti incrociati.
    cordiali saluti

  • Già, tutto giusto.
    E’ che la sinistra non si è mai ripresa dalla caduta del muro. Usa i vecchi occhiali non solo nella politica internazionale, ma in ogni campo, sopratutto quello economico della globalizzazione. Per questo è perdente e vieppiù minoritaria.

  • Gentile Professore, sono consapevole che è OT e sono mesi che viene “stressato” per dedicarsi all’avvicendamento del prossimo apocalittico conflitto globale.

    Ma credo sia necessaria ed oltremodo urgente abbracciare solidale partigianità e trovare quella convergenza di forze, nella loro eterogeneità di colori e di valori che ha dato quel complesso ma equilibrato Contratto Sociale nato dalla Costituente:

    http://monimega.com/blog/2013/09/06/lultima-disperata-resistenza/

    Crede che l’analisi del prof. Becchi siano in sintonia e coerente con quelle già trattate in questa Sede?

    Cordiali saluti.

  • Per non ripetere cose già scritte da altri prima di me, mi limito ad affermare che sono perfettamente d’accordo con i quanto sostenuto da Silvio e Aglieglie in merito alla visione generale della vicenda.
    Aggiungo:
    1 – parafrasando Goering, appena sento parlare dell’Onu metto mano alla pistola: abbiamo visto cos’hanno risolto i caschi blu in Jugoslavia e Somalia. La soluzione sarebbe praticabile nel caso in cui le potenze fossero realmente interessate al conflitto per filantropia e non per interessi economico-politico-strategico-militari. Oppure nel caso in cui i due schieramenti sostanzialmente si equivalessero militarmente. Sarà comunque l’aspetto militare a risolvere la questione, con una guerra, o a rinviarla con una pace temporanea nel caso di un equilibrio tra le forze in campo (cioè qualora la Russia minacciasse di dichiarare guerra agli Usa in caso di attacco alla Siria). Il diritto internazionale è sempre coinciso con la legge del più forte, non è mai esistito nè potrà mai esistere nei termini utopici nei quali viene concepito.
    2 – I crimini in guerra li fanno tutti, basta essere ipocriti. Non è in base a quello che si deve decidere da che parte stare. Ragioniamo piuttosto su come vengono presentati dai media. “Non possiamo liquidare tutto con il “complotto imperialista””: verissimo. Ma allora perché le notizie che provengono dal regime sono sempre liquidate come propaganda, e non vengono quasi mai riportate se non per essere aprioristicamente spacciate per false? Allora dovremmo dedurre che le ore di video su youtube in cui i ribelli vengono ripresi a decapitare la gente in piazza o a fucilare civili inermi (tra cui bambini, vedere per credere, e non solo soldati come hanno fatto finta di accorgersi oggi le nostre redazioni) sono macchinazioni del regime siriano? A me viene da pensare che se quelle immagini le avessero gli oppositori, i nostri mass media le avrebbero mandate in onda a ripetizione per dimostrare quanto cattivo è Assad. Che sarà criminale quanto loro, per carità (di più è difficile…), ma questa non era la rivoluzione dei bloggers e dei social networks? Avete mai visto i suoi soldati ripresi in atti di cannibalismo?
    Insomma, sul fatto che sia Assad ad avere le responsabilità maggiori Aldo dice di non aver dubbi. Invidio la sua sicumera, ma io ne ho eccome.
    3 – Aldo dice un che movimento contro la guerra che non si limiti a contrastare i soli Usa non è credibile. Sarà. Però negli ultimi 15 anni invasioni, bombardamenti, “interventi” vari li hanno fatti solo loro (e Israele). Il più grande pericolo per la pace e la stabilità del mondo non sono altri.
    Tiratemi fuori un altro Paese che ha dichiarato guerra ad un suo confinante dal 1995 ad oggi.
    4 – Quindi? L’unica cosa da fare è lasciare che siano i rapporti di forza a decidere, che sia il campo di battaglia. I nostri interventi esterni non fanno altro che prolungare il conflitto. Il nostro “umanitarismo” vuole alterare l’esito delle guerre e così facendo le fa durare di più. Grazie a noi la guerra in Jugoslavia è durata 5 anni e non pochi mesi, mentre in Libia siamo intervenuti quando Gheddafi era ad un passo dal prendere Bengasi e vincere la partita. Invece: un Paese distrutto, mesi di bombardamento e migliaia di morti in più, rappresaglie e vendette ancora più feroci. In merito alla Siria, basterebbe smettere di fare quello che abbiamo fatto finora, cioè reclutare, armare e addestrare mercenari per fomentare la guerra civile. Assad nel volgere di poche settimane restaurerebbe la pace. Sarà un ragionamento cinico, ma prolungare le sofferenze della popolazione sebbene spinti dai buoni propositi cos’è?

  • Caro Aldo,
    pur concordando su molti elementi di analisi con te, tuttavia non posso convenire sulle tue conclusioni.
    Io ritengo che oggi la questione centrale riguardi la globalizzazione. Dobbiamo prima di tutto rispondere se siamo disponibili ad assecondare il processo di globalizzazione o ci opponiamo ad esso.
    Io mi oppongo fermamente perchè ritengo che le sovranità naziuonali costituiscano ancora una forma di opposizione allo strapotere dei ricchi del mondo.
    Di conseguenza, ritengo che bisogna opporsi alla costituzione di una sorta di polizia mondiale, anche se avesse la sigla dell’ONU. Ciò è vero sia per lo stesso modo in cui l’ONU è costituito (una struttura che funzionava bene solo in un equilibrio bipolare del mondo), sia per quella che è l’esperienza storica maturata riguardo a queste missioni di pace.
    Per quanto possa apparire cinico, una guerra in corso non può essere artificialmente fermata, meno che mai nella situazione data in Siria. Non vorrei essere incluso in coloro che pretendono di avere una conoscenza reale della situazione, mam non posso astenermi dal citare le numerose testimonianze di insorti siriani che chiedono agli altri paesi di tenersi fuori, della necessità di gestirsi dall’interno la situazione.
    La verità è che è ancora la globalizzazione che produce forme così sanguinose di conflitti anche civili tramite il mercato globale, naturalmente in primo luogo in questo caso, delle armi.
    In un mondo non globalizzato, tutto avverrebbe in modo meno disastroso, e quindi non posso che ribadire ciò che dicevo all’inizio, bisogna costituire un fronte transnazionale contro la globalizzazione, la vera iattura dell’umanità.

    A margine, faccio notare che sarebbe interessante riflettere sul processo evidente di declino degli USA, ma la cosa, oltre che essere OT, sarebbe troppo vasta da discutere qui.

    • Vincenzo: Non credo che la globalizzazione sia un processo reversibile (ad esempio, tu immagini un mondo senza satelliti, senza internet, dove siano bloccati i flussi migratori ecc?) però sono convinto che non ci sia un unico modello di globalizzazione -quello neo liberista oggi dominante- e credo che esso possa essere articolato diversamente. Certo si pone il problema della governance mondiale e del ìrapporto con la sovranità nazionale, tema sul quale penso di tornare più in là in modo molto più approfondito, qui mi limito a dire che -pur essendo un difensore del principio di sovranità nazionale- un ripriistino integrale dell’ordine westfalico non mi pare credibile e mi sembra anacronistico. Anche qui, la storia avrà più fantasia della alternativa secca fra ordine westfalico e cosmopolitismo liberista.
      In generale non sono favorevole ad interventi esterni nelle vicende interne di un paese, anche se con il timbro Onu, ma penso che le cose vadano rifflettute politicamente e no sulla base di porincipi astratti. Per cui, nel caso di specie, che minaccia di allargare il conflitto all’intera regione, ponendo le premesse per un connflitto generalizzato, penso che l’intervento di una forza di interposizione sia la scelta più ragionevole.

  • E’ dall’11 settembre 2001, data dei misteriosi attentati nei quali un gruppo di beduini armati di taglierini di plastica misero in ginocchio la supepotenza stellare americana (questo almeno secondo la narrazione ufficiale), che stiamo assistendo ad una escalation militare nella quale sono stati invasi tre paesi che non avevano dichiarato guerra a nessuno con motivazioni rivelatesi poi sempre palesemente false.
    Adesso sta succedendo la stessa cosa con un quarto paese, ma qualcuno sembra essersi finalmente stufato. Putin l’ha detto chiaramente: se attaccate la Siria noi la difenderemo.
    Successe così anche nel ’39 quando dopo una serie di annessioni unilaterali ed illegittime gli anglo francesi dissero ad Hitler: se invadi la Polonia sarà la guerra.

  • perfettamente condivisibile: sono queste le motivazioni che mi portano al disprezzo per soggetti come giulietto chiesa e in generale gli aedi di putin. che in alcuni casi saranno pure vittime della loro ignoranza ideologizzata, ma che come fenomeno sistemico credo che funzionino in modo abbastanza organico rispetto al meccanismo di propaganda putinana. insomma non escludo che ci sia qualcuno che prenda soldi per partorire questi commmenti “disinteressati” ma dal tono particolarmente agiografico

  • Condivido il senso ed il contenuto dell’intervento del prof. Giannuli.

    Intervengo prendendo spunto dalla sua ultima precisazione (“un ripristino integrale dell’ordine westfalico non mi pare credibile e mi sembra anacronistico….”).

    La vocazione ad esportare la civilta’, tipica dell’occidente, per cercare nuovi mercati, nuove occasioni di investimento capitalistico, imporre un certo stile di vita (e garantirselo a casa propria anche attraverso la geopolitica di potenza e di influenza a danno di potenziali concorrenti) cozza contro interessi locali molto contraddittori.

    Nell’area medio-orientale vi e’ una borghesia (delle professioni, degli affari) che potrebbe anche volersi occidentalizzare, per trascinamento di identita’ socio-economica, ma vi sono molte altre fratture identitarie: di religione, di etnia, di nazioni, di interessi economici.

    Vi sono anche interessi geopolitici speculari a quelli occidentali (Russia, Cina).

    Una forza militare di interposizione (ma: molto determinata a non farsi sparare addosso) sarebbe la premessa per un ciclo politico di lunghissimo periodo (almeno una generazione) che dovrebbe mettere in atto una politica di convivenza e di sviluppo socio-economico molto plurale, a patto che i vari soggetti coinvolti mettano da parte la logica del nero/bianco, amico/nemico, angelo/diavolo.

    L’intervento armato (nella migliore delle ipotesi) ritarderebbe questo processo di elaborazione politica internazionale: necessaria perche’ gli USA non possono piu’ garantire niente da soli, neppure a se stessi ed agli alleati.

    Una delle tendenze della globalizzazione e’ l’omologazione ma la ricchezza di identita’ e differenze che interagiscono richiedono molto rispetto reciproco: nessuno puo’ pre-vedere l’esito finale di questa auspicata interazione conflittual-pacifica. Su scala mondiale l’esito finale piu’ probabile sarebbe una ricomposizione geopolitica di aree geografiche continentali (o quasi) per omogeneita’ socio-economica gia’ raggiunta o tendenziale: ma il processo andrebbe governato con mano ferma.

    Circa il gas nervino: ho visto il filmato che vorrebbe testimoniare la gioia e la commozione di una padre che accoglie il figlio scampato al massacro. A me e’ sembrato costruito e quindi falso. Chi sia stato a buttare i gas non lo so, ma l’idea che mi sono fatto e’ che sembra tutto fatto apposta per tirare nella trappola gli USA (e magari alcuni ambienti statunitensi non vedono l’ora). Di Putin conosciamo la sagacia e la capacita’ di manovra. Ma ci metterei dentro qualsiasi soggetto, compresi l’Arabia Saudita ed Israele che secondo alcuni analisti stanno soffiando sul fuoco di brutto da almeno due anni in chiave anti-Assad.

    P.S.
    Al G20 c’e’ stato un vertice Putin-Scaroni-Letta: illazione per illazione, mi e’ venuto in mente che forse si e’ discusso di abbassare il prezzo di acquisto del Gas russo, magari modificando gli allegri accordi dell’epoca Berlusconi. Con qualche probabile sacrificio economico per lo stesso Putin ed anche per Berlusconi. Speriamo almeno che pagheremo di meno il riscaldamento.

  • Beh, Aldo, capisco come possa apparire irrealistico bloccare il processo di globalizzazione in atto, seppure nessuno dei frutti della globalizzazione possa onestamente considerarsi indispensabile e quindi in linea di principio sì, può essere un processo reversibile.
    Ti chiedo soltanto perchè dovrebbe apparire meno irrealistico pensare di potere governare democrativcamente il processo di globalizzazione visto che manca ogni possibile strumento di intervento da chi non sta nei circoli esclusivi del potere finanziario mondiale.

  • Pura analisi di buonsenso basata sugli elementi in campo, e QUINDI respinta al mittente sia da chi il potere lo detiene sia da chi gli occhiali proprio non ha intenzione di toglierseli, manco morto. Ci sarà uno strato di muffa spesso tre cm su quelle lenti…

  • Galeazzi, il vaticanista de La Stampa, sempre ben informato, chiarisce il senso dell’intervento del Papa sulla questione siriana.

    Un rigo dall’articolo di oggi: “Il momento è grave quanto l’apocalisse atomica sventata a Cuba dal suo modello Roncalli.”

  • ho letto l’articolo molto interessante ma non i commenti successivi; siamo in una seconda guerra fredda, questa è l’unica certezza che c’è oggi; la Siria ne è la dimostrazione lampante, a livello militare

  • vorrei rispondere al Papa, anch’ se non leggerà mai questa pagina, ma la guerra in Syria come descritta su questa pagina coi relativi link, é una guerra per chi deve vendere il gas(se) e il petrolio all’europa. L’indotto commerciale a cui si riferisce il papa è secondario e non sportabile all’interno dell’europa per il momento. La gurra fredda è finita col crollo del muro di Berlino e firma di Gorbachev sulla protaeri americana cose note. Oggi come ai tempi delle crociate dovremo avituarci a massacri religiosi e guerre commerciali come in Libia dove i francesi hanno buttato furori l’italia[-: senza creare un successivo ordine :-], mi sa che contiamo come il due di picche a briscola, o l’attuale Syria.

    un amen per la Syria

  • Professor Giannuli,
    la leggo sempre volentieri, ma vorrei analizzare con lei un punto che Lei liquida con una semplice frase tra parentesi, ossia: “(consegnando poi il Paese a chi?)”. Punto che invece a mio avviso è di fondamentale importanza, e credo che un esperto di intelligence come Lei non possa sottovalutarlo davvero come ha fatto nell’articolo.

    1) la Russia non è un alleato e fornitore di Assad da antica data? Questo è risaputo. Pertanto nel momento in cui gli USA parlano di intervento (perfino solitario), contrariamente ad altre occasioni stavolta SANNO che inaspriranno un clima già teso da alcuni anni con la Russia. Il gioco (dimostrare di esserci anche stavolta, come lei spiega a Davide poco sotto) VALE DAVVERO la candela? Anche stavolta? Ok, mettiamo che la vslga… la Cina poco dopo sembra dare manforte alle argomentazioni russe. Il gioco vale la candela? Anche così?

    2) Venendo più specificamente alla frase che lei mette tra parentesi… tra le forze ribelli non ci sono anche forze e spinte jihadiste? Se ormai sia a livello mediatico che a livello di intelligence si ritiene un errore conclamato quello di aver appoggiato e armato mujaheddin talebani prima e Saddam poi, e se lo si ritiene un errore conclamato perfino alla luce del fatto che forse era difficile immaginare un giorno una Jihad capace di colpire il cuore dell’America… come si può ritenere di commettere lo stesso errore oggi, a 12 anni esatti da un 11 Settembre (possibilissimo perfino che l’escalation subisca un’accelerata nel giorno dell’anniversario)? Posso ritenere Obama talmente stupido da rischiare di aiutare a mettere alla guida della Siria forze jihadiste? Al-Nusra è stata qualificata come una forza “terrorista” dagli stessi USA, e il movimento ribelle è stato appoggiato da altri movimenti jihadisti attivi nella regione. Questo dovrebbe dirla lunga sulla parte che Assad recita nello scacchiere mediorientale (purtroppo, e ribadisco PURTROPPO, fa da scudo), e dovrebbe dirla lunga sulla parte che il terrorismo fondamentalista ha scelto in questo conflitto. E quella parte NON E’ Assad.
    Trovo assurdo che gli USA ci pensino, perfino. Trovo ancor più assurdo che alcune delle pressioni all’intervento giungano da Israele!!! “Solo” per il fatto che il governo siriano è appoggiato da Hezbollah e antisionista? E come sarebbe invece un governo con spinte SIA antisioniste SIA jihadiste?

    Analizziamo un attimo lo scenario: volendo far finta di non considerare tutti gli avvisi di guerra mondiale che GIA’ dovevano essere noti (vedi Punto 1), volendo far finta che il gioco suddetto valga la candela (vedi sempre Punto 1), consideriamo solo lo scenario in cui gli USA riescono a rovesciare il governo Assad, senza ulteriori conseguenze (cosa impossibile). Bene… nel giro di pochi anni avremo plausibilmente un governo in cui le spinte jihadiste sono la maggioranza. Un governo così, pensi Professore, alla guida di un Paese grande che era stato rifornito fino a poco prima da una potenza come la Russia, e appoggiato ed armato durante la guerra civile dalla stessa America. Tutto questo ad un tiro di schioppo da Israele!
    Ma come si può correre un rischio (visti i precedenti per me è certezza) così grande? Possibile che Israele e USA non si rendano conto che si sostituisce un governo sanguinario con influenze Hezbollah con uno che oltre ad essere antisionista sarà forse anche fortemente antioccidentale nel volgere di poco tempo? Ma poco o molto che sia il tempo, accadrà. Il punto è questo. Possibile che non si rendano conto che un dittatore che, come tale, ha i suoi interessi sulla Siria e il cui unico pensiero è quello di restare lì al suo posto (a costo di sedere su un trono di gente morta), verrà sostituito da un governo che non si farà problemi prima o poi ad usare le ingenti risorse di un Paese come la Siria contro il vicinissimo Israele e contro l’Occidente? La Jihad va OLTRE le “esigenze” di una dittatura, e risorse oggi usate per tenere Assad al potere verranno impiegate in ben altri modi. Non è una certezza? D’accordo, è un rischio. Che però si aggiunge a quelli precedenti che GIA’ DA SOLI mi facevano chiedere: ma il gioco vale la candela anche stavolta? Così lo chiedo di nuovo.

    Questa lunghissima dissertazione per dire cosa? Che MAI come in questa guerra civile ci sono stati elementi “misti”, che dovrebbero urlare a gran voce alle potenze mondiali che non c’è una parte “giusta” dalla quale schierarsi! Sembra ovvio solo a me?
    Credo che a volte si possa stare alla larga da un conflitto considerando le implicazioni sia immediate che future. Credo che a volte le motivazioni che lei espone a Davide non valgano il rischio che io stesso profano riesco a vedere. Credo infine che la via per l’intervento già sia tracciata, se solo riuscissimo a vederla.
    Posso permettermi di esporla qui? Io dico, risultando forse sgradevole, che il ruolo di Assad è quello di uno “scudo”, come specificato su. Purtroppo è anche una mannaia però per i suoi stessi cittadini. Che muoiono, a migliaia (mentre i terroristi che sono tra i ribelli non necessariamente subiscono la stessa sorte, ma anzi gioiscono di questo perchè questi atti li porteranno al potere grazie agli ingenui USA).
    MA c’è un MA. Tanti altri hanno abbandonato e stanno abbandonando il Paese. Tanti altri lo faranno. Parliamo di milioni. In moltissimi stanno GIA’ sfuggendo al massacro, dunque. Quello che l’Occidente deve fare è appoggiare Giordania, Turchia e Paesi confinanti a gestire e aiutare i campi profughi sorti in questi Paesi, allestendone all’occorrenza altri. Ecco l’intervento GIUSTO in una guerra civile dagli elementi “misti” come quella siriana! Aiutare a fuggire e aiutare chi è fuggito, usando le risorse che abbiamo per aiutare i Paesi vicini ad accogliere questa gente. Assad uccide, ma una guerra cosa farà? E dopo la guerra cosa accadrà?
    QUESTO va fatto SECONDO ME. OGNI altro tipo di intervento, a causa della disposizione delle forze in gioco, se anche non causerà una guerra mondiale, nella migliore delle ipotesi destabilizzerà la regione in modo irreparabile e potenzialmente pericolosissimo.
    Mai come in questo caso, con tutti questi rischi di mezzo e senza neppure la solita scusa del petrolio, risultano evidenti le pressioni che subisce Obama per un intervento. Alcune vengono da Israele stesso e sono incomprensibili a mio avviso, per i motivi ampiamente spiegati. Ma le altre? Industria bellica? Consiglio ad Obama di alimentare questo commercio in altri scenari, perchè questo rischia di essere devastante.

    Voglio precisare: non sono un pacifista a prescindere, non sono neppure anti-islamico. Mi appassiona solo la geopolitica, e amo dilettarmi a pensare come ha raccomandato di fare Lei, professore. Brioche, cappuccino e intelligence mi hanno portato a queste conclusioni, purtroppo per Lei che si ritroverà a leggere questo “papello”. Spero solo di aver toccato dei punti interessanti su cui spingerla e su cui spingere gli altri utenti a puntare gli occhi.

  • Da una settimana circola la notizia, lanciata da un sito slavo e non smentita, secondo la quale sarebbe stato abbattuto, da parte della contraerea siriana, un modernissimo bombardiere tattico americano “invisibile” ai radar e, di seguito, 4 cruise lanciati per ritorsione. Si legge pure di un jet americano intercettato prima che entrasse nello spazio aereo siriano ed indotto a rientrare. A parte la sorte del pilota (che spero sia vivo ed in buone mani russo-siriane), è evidente che Assad non avrebbe interesse ad umiliare gli americani, dando spazio al fatto. In ogni caso, se la notizia è vera di guerra non se parla nemmeno.

  • una tesi dottorale sulla Siria disponibile online per magari avere qualche elemento in piu’…
    io me la leggo http://www.openstarts.units.it/dspace/handle/10077/4212

    La transizione in Siria tra retorica e riforme
    Autori: Parisi, Maura
    Supervisore/Tutore: Pagnini, Maria Paola

    “L’arco temporale di questo lavoro copre gli ultimi quarant’anni della storia siriana, parte cioè dall’ascesa al potere della minoranza alauita alla fine degli anni Sessanta e arriva ai primi anni Duemila. Si analizza così la formazione…”

  • “Oggi il problema politico non è né quello di abbattere Assad (consegnando poi il paese a chi?) né quello, opposto, di con fermarne il potere. Dell’assetto interno della Siria si vedrà dopo che fare, cercando di restituire il potere decisionale al popolo siriano, per ora il problema è un altro: fermare la guerra, bloccare i massacri della popolazione civile, evitare che le masse di profughi destabilizzino i paesi limitrofi e scongiurare il rischio di allargare il conflitto ad altri. Questo è il punto politico in discussione oggi e piantiamola di fare le anime belle che risolvono i problemi facendo finta che non ci siano. Occorre trovare un modo per ottenere il risultato prefisso e questo non può prescindere dall’uso della forza. Quindi, smettiamola di dire scemenze pensando che tutti gli interventi siano uguali, in nome del rispetto della sovranità nazionale, della non violenza, del primato della diplomazia o di chissà quale altro principio generale, astrattissimo ed inservibile. C’è sempre un principio generale invocando il quale ci si autorizza a calpestare tutti gli altri. Basta scegliere quello che fa più comodo. E questo vale per gli stati e per le anime belle del pacifismo non violento, che non sono meno ipocriti degli stati.”…
    francamente trovo questo periodo piuttosto contraddittorio, in particolare sul “fermare la guerra..utilizzando la forza”..

    -“Il problema politico non e’ abbattere Assad”?…Ah no?

    -“C’è sempre un principio generale invocando il quale ci si autorizza a calpestare tutti gli altri…?..Potrebbe essere piu’ chiaro su questo punto?..
    Sembra una frase detta da Obama..ha presente la storia della “linea rossa”?

    ètn

  • Sono d’accordo sull’ipotesi di una forza di interposizione ma dissento totalmente sull’analisi della situazione siriana; la guerra è fondamentalmente stata fomentata ed importata in Siria dall’estero, basta informarsi sulla nazionalità della maggior parte dei cosiddetti rivoluzionari che combattono da oltre 2 anni contro Assad.
    Certo che anche le truppe governative siriane avranno compiuto atrocità ma il contesto di uno stato invaso da combattenti terroristi stranieri ampiamente foraggiati da Cia e petromonarchie arabe, messo sotto assedio, va considerato; vorrei vedere uno stato aggredito in quel modo che reagisce senza commettere eccessi in qualche sua componente.
    Questo cerchiobottismo non mi trova per niente d’accordo; professore si riveda quello che diceva qualche anno fa il Generale Clark, altro che linee rosse del fake Nobel per la pace Obama.
    Clark dise 3 o 4 anni fa, se non sbaglio, che gli americani sarebbero andati, dopo l’Afghanistan e l’Iraq, in Libia, Siria e Libano.
    A me pare che l’agenda, sia pure con qualche ritardo, la stiano rispettando, altro che la storia delle armi chimiche.
    Ma poi mi sovviene, non furono gli americani, solo per citare uno degli ultimi episodi della loro ignominiosa storia, ad usare il fosforo bianco sulla città resistente irachena di Falluja?
    E tornando più indietro nel tempo non gasò qualche migliaio di curdi Saddam Hussein quando era ancora alleato di ferro degli Usa subito dopo aver usato le armi chimiche che gli forniva l’Occidente, anche contro l’Iran del pericolo per l’Occidente, Ajatollah Khomeini?
    Poi se non ricordo male già qualche mese fa mi pare che Assad avesse fatto delle proposte di negoziati con una qualche forza d’interposizione internazionale dispiegata nel paese ma mi pare che fossero state respinte e che la risposta, come in Libia, sia stata che doveva andarsene…….

  • La storia della primavera araba va analizzata nel dettaglio; credo che in molti paesi si siano uniti e sfruttati fattori contingenti per creare la scintilla che portasse all’abbattimento di governi scomodi, vedi Libia ad esempio.
    In Egitto si sono messi al potere i Fratelli Musulmani coi risultati che si son visti e cioè che dopo un anno l’esercito è stato quasi spinto a riprendere in mano il governo per riportare l’ordine e gli americani, restii ad abbandonare prima Mubarak, alleato trentennale, hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco con la Fratellanza, loro creazione.
    Chissà perché questa primavera non è arrivata in Arabia Saudita ed in Bahrein, dove è arrivata invece, è stata soffocata nel sangue quasi nel silenzio assoluto dei media occidentali dalla coscienza nera come la pece.
    Saluti

  • Gentile Professore,
    lo scopo era creare il caos per il caos. Fine a se stesso. Tutto, ma destabilizzare Assad, grande alleato di Iran ad Ezbollah.
    Il dato e’ che, qualunque cosa accada, ormai Assad non sara’ piu’ il presidente forte che era prima. Punto.
    E magari vedere fino a che punto la Russia avrebbe alzato la voce.
    Per gli Usa, cosa succede adesso, e’ abbastanza irrilevante. Anzi.
    Esasperare gli animi funziona sempre. In Afghanistan ci sono da 12 anni, in Iraq da 10, ed e’ ancora tutto per aria. Per decidere cosa fare di libia e siria, c’ e’ tempo, ma la missione e’ compiuta. Avanti il prossimo.
    In disaccordo, ma con grande stima
    edoardo

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