Se proprio vogliamo discutere di cosa fu il craxismo…conclusioni
Se proprio vogliamo discutere di cosa fu il craxismo…conclusioni
Ambiguità ed ombre.
Nella vicenda storica e politica di Craxi luci ed ombre si confondono spesso, creando problemi di interpretazione non facili. E’ il caso dei suoi rapporti con la P2 e del cosiddetto “conto Protezione” (il conto istituito presso l’ Ubs da Gelli e Ortolani a favore del Psi ). Di qui è nata una vulgata per la quale Craxi è stato portato alla segreteria del Psi dalla P2 in attuazione del “Piano di rinascita democratica” e per isolare il Pci. Le cose non stanno esattamente così. Intanto, ricordiamo che dei parlamentari socialisti che risultano nell’elenco P2 4 erano della corrente di De Martino (Manca, Lenoci, Labriola, Monsellato), due erano manciniani (Finocchiaro e Santi) ed uno della sinistra lombardiana (Cicchitto).
Vero è che Craxi venne eletto dalla confluenza di sinistra lombardiana, gruppo manciniano e gruppo di Manca (che si staccò da De Martino), per cui i socialisti piduisti in gran parte lo elessero segretario, ma insieme a molti altri. In secondo luogo, subito dopo Mancini e Manca si staccarono per dar vita ad un cartello anticraxiano al congresso di Torino (1978) ed un anno dopo fu la volta dei lombardiani (compreso Cicchitto) che andarono allo scontro con Craxi perdendolo. Manco a farlo a posta, nessun parlamentare socialista piduista apparteneva alla corrente autonomista di Craxi. Dunque, non si può dire che la P2 c’entri molto con la sua elezione.
In secondo luogo: il caso Eni-Petromin vide gli uomini della P2 (come Ortolani) impegnati in una operazione tangentizia a favore della sinistra di Claudio Signorile (oltre che di Andreotti) con un disegno che, fra l’altro, prevedeva il rovesciamento di Craxi nel Psi. La cosa non riuscì perchè uno dei fedelissimi di Craxi, Rino Formica, denunciò la cosa facendo saltare l’operazione. Fu solo dopo che, come suggello della tregua intervenuta fra il gruppo craxiano e la P2, che nacque il conto “Protezione”,
Dunque una storia piuttosto intricata, nella quale non mancano affatto aspetti ambigui nel rapporto fra il Psi craxiano e la P2, ma solo alla vigilia dello scandalo che la travolgerà. In ogni caso, l’elezione di Craxi alla Segreteria non c’entra nulla con la P2.
D’altra parte la vicenda P2, in larga parte ancora da scrivere, ha risvolti complessi e spesso dimenticati: ad esempio, il consistente prestito fatto dal piduista Roberto Calvi al Pci per “Paese Sera”.
La storia della Prima Repubblica, in particolare negli anni ottanta, non si può descrivere tirando linee troppo dritte.
Nè fu questa l’unica ambiguità del periodo craxiano: ricordiamo la posizione non proprio limpida assunta nella guerra fra Inghilterra ed Argentina per le Falkland o quella in occasione del Caso Gladio.
Dunque, non mancarono aspetti discutibili che non nascondiamo affatto. E ci furono anche errori politici pesantissimi, come la mancata comprensione di alcuni processi di trasformazione sociale. Ad esempio, Craxi non comprese affatto cosa avrebbe significato la nascita di un monopolio televisivo privato –che, di fatto, permise con il ben noto decreto-; pensò che avrebbe potuto essere un’utile stampella del suo sistema di potere, ma non comprese che stava facendo nascere un mostro che avrebbe prodotto una nuova e pericolosa forma di antipolitica populista. Qualcosa che si sarebbe rivoltato anche contro di lui, come puntualmente accadde nei giorni di Mani Pulite, con i Tg dell’allora Fininvest in prima fila nella campagna contro la classe politica. Chi pensa che Berlusconi sia stato una sorta di rivincita del ceto politico della Prima repubblica contro la “rivoluzione legale” di Mani Pulite, farebbe meglio a rivedere, nell’archivio Mediaset, quei telegiornali.
Errori, ambiguità, colpe, certo, ma anche meriti indiscutibili che nessuno (o quasi) ha ricordato.
I meriti indiscutibili.
E’ strano come nessuno abbia ricordato che, da vice presidente dell’Internazionale socialista, negli anni settanta, Craxi abbia svolto un ruolo attivissimo in difesa dei perseguitati politici delle dittature fasciste (Grecia, Portogallo, Spagna, Cile). Molto più che semplici prese di posizione formali, come riconobbero diversi leader socialisti da Felipe Gonzales a Carlos Altamirano, da Andreas Papandreu a Mario Soares.
Più tardi, va ricordato il sostegno all’Olp (ampiamente riconosciuto da Arafat che gli concesse il passaporto dell’Anp nel momento della fuga all’estero) ed al dissenso democratico dei paesi dell’Est (ricordiamo in particolare il gruppo diretto da Jiri Pelikan che fu eletto dal Psi al Parlamento europeo). E va detto che una parte non piccola del denaro proveniente dalle tangenti finì proprio a sostenere queste cause di libertà: argomento che non giustifica le pratiche corruttive, ma che non va neppure dimenticato.
Scarsamente ricordato è anche l’episodio di Sigonella, quando, per la prima volta dal 1945, un Presidente del Consiglio italiano faceva valere le ragioni della dignità nazionale nei confronti del potente alleato americano. Fu la prima volta. Ed anche l’ultima.
Ricordiamo l’atteggiamento in occasione del sequestro Moro: di fronte all‘ ”inerte fermezza” degli apparati statali che attesero cinicamente che il destino di Moro si compisse, Craxi tentò –in quasi perfetta solitudine- di rompere quello schieramento per aprire una strada alla liberazione di Moro. Il rifiuto di trattare con i terroristi, da parte della Dc di Zaccagnini e del Pci di Berlinguer, non ebbe nulla a che fare con una pretesa ragion di Stato (che non era valsa in occasione dei palestinesi di settembre nero nel 1973 e non varrà nel 1981 per Ciro Cirillo), ma con la preoccupazione per quello che Moro poteva aver rivelato ai brigatisti sul maleodorante retrobottega del regime democristiano, dalla corruzione (appunto) alla strategia della tensione. Ed il rifiuto di trattare per la sua liberazione, non impedì una ben più sordida e nascosta trattativa per impedire che quelle rivelazioni venissero fuori.
Come Presidente del Consiglio fece scelte discutibili come il taglio dei punti della scala mobile (effettivamente ottenne di raffreddare l’inflazione, ma a spese dei soli lavoratori e dando un segnale che aprirà l’attacco generalizzato al salario); ma fece anche cose poco notate ma di non piccola importanza come la regolamentazione per legge della Presidenza del Consiglio (l. 400/88), che per la prima volta mise un minimo di ordine in uno dei “buchi neri” delle nostre istituzioni.
Ed allora perchè non ricordare anche questa parte della “contabilità”? Non ci furono solo partite negative ed un giudizio storico equilibrato chiede che si tenga presente tutto. E questo vale anche per Craxi.
Aldo Giannuli, 5 febbraio ’10
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Giovanni
caro Aldo,
purtroppo i conti, per tutti (e soprattutto per un politico) si fanno alla fine ed è difficile negare che quelli di Craxi siano ampiamente negativi, da ogni punto di vista e soprattutto rispetto ai suoi propositi iniziali: rovesciare i rapporti di forza all’interno della sinistra, grande riforma, autoriforma del partito. Ciao, un caro saluto
Giovanni
nirnaeth
a proposito dell’eredità economica di craxi, le segnalo questa interessantissima analisi: http://www.noisefromamerika.org/index.php/articles/Le_conseguenze_economiche_di_Bettino_Craxi
Attilio Mangano
Se solo si prova a misurare la portata del craxismo come cultura politica con la parola d’ordine a suo tempo formulata da Martelli, ossia IL MERITO E IL BISOGNO, si può riconoscere la novità strategica dell’indicazione in una storia d’Italia e in una storia della sinistra in cui i due termini non sono stati MAI coniugati insieme, con oscillazioni patetiche tra buonismo e vittimismo sociale, senza una vera idea di come sia possibile trasformare insieme i rapporti sociali di produzione e le forze produttive inserendo l’individuo sociale come soggetto portatore del cambiamento. Se dunque il craxismo ha perso non è per colpa sua ma per l’audacia di un progetto di trasformazione sociale e culturale con cui siamo ancora chiamati a fare i conti. Ci sono sconfitte che pesano come macigni perchè ci chiamano in causa tutti.
GA
Craxi è stato il massimo rappresentante di nu periodo ben preciso della storia della politica italana.
La fine dell’era Craxi si è conclusa col collasso simultaneo sia di questo sistema politico, sia del sistema economico e quindi della struttura capitalistica italiana fondata negli anni trenta da Beneduce.
Questo sistema si basava non solo sulla corruzzione e sul finanziamento illecito ai partiti.
Ma soprattutto basava il suo consenso sull’allargamento indefinito del debito pubblico.
Tutti erano contenti rispetto a queste politiche: Confindustria che così non doveva pagare troppo i suoi lavoratori; la Cgil che così otteneva ampi risultati senza dovere rompere troppo.
Soprattutto erano contenti gli italiani.
È vero erano tutti più o meno d’accordo. Ciò non toglie che Craxi resta la figura di massimo spicco di quel periodo ed è quindi normale che essendosi concluso molto male, il giudizio nei suoi confronti debba essere negativo.
Occorre poi ricordare che di fianco a Sigonella Craxi fu tra i primi a installare in Italia gli euromissili, dimostrnadosi un fiero alleato degli Usa e un feroce anti-comunista.
attilio mangano
Una replica a GA, anche se non credo servirà a nuovi chiarimenti.Colpisce nelle sue affermazioni il richiamo negativo agli euromissili e all’anticomunismo, affermazioni ideologiche da muro di Berlino. Dal punto di vista del giudizio storico credo che i due aspetti rappresentino in ogni caso dei meriti indubbi di Craxi che gli riconoscono davvero tutti, da Havel a tutti i paesi dell’Est all’ Internazionale Socialista. Se si vuole discutere seriamente degli aspetti negativi credo proprio si debbano prendere in considerazione ben altri aspetti.
marta
Che grandi contraddizioni craxiane. La sua scacchiera è servita per decidere il futuro dell’articolo 3 della Costituzione.