Uscire dall’Euro? Il problema non è il se, ma il come
Si è scatenata una campagna terroristica sugli effetti di un’uscita dell’Italia dall’Euro: inflazione alle stelle, mutui insostenibili che costringerebbero a vender casa, termosifoni spenti e tutti all’addiaccio, cure mediche proibitive, aziende fallite e via dicendo. Mi spiace notare che anche “Il Fatto” si sia associato a questa campagna che, vedo, ha convinto anche qualcuno dei più affezionati seguaci di questo blog, che accusa quanti sostengono l’uscita dall’Euro di essere totalmente ignoranti o sul libro paga di qualcuno (vecchio vizio pcista questo di accusare i propri avversari di essere ignoranti o venduti…). Il ragionamento è più o meno questo: l’Euro, giusta o no che fosse la sua nascita, ormai c’è ed uscirne provocherebbe una catastrofe economica senza precedenti, per cui teniamocelo perché è l’unica certezza che abbiamo.
Questo ragionamento sottintende che l’Euro sia destinato a restare in piedi, solo che lo si voglia. E questo è già il primo punto debole del ragionamento: ma chi via ha garantito che l’Euro sia destinato a restare in piedi?
L’Euro non è sorto dal nulla, ma da precise condizioni politiche ed economiche: la Germania doveva far accettare la sua riunificazione e Mitterand pensò che l’unificazione monetaria avrebbe reso più accettabile la cosa, peraltro si era in un periodo espansivo dell’economia europea e si sperava che la moneta unica avrebbe dato ulteriore spinta ai paesi meno forti, favorendo una dinamica virtuosa convergente delle diverse economie nazionali che, a sua volta, avrebbe spinto verso una celere unificazione politica.
Venti anni dopo queste condizioni non ci sono più: l’asse franco-tedesco si è notevolmente logorato, con la Francia che pencola penosamente verso gli Usa e la Germania che ancora guarda ad est, l’unificazione politica è una leggenda persa nelle brume di un futuro vaghissimo, da sette anni infuria una crisi senza precedenti dal 1929 in poi, le economie nazionali europee divergono più che mai e diversi paesi sono sull’orlo del default. In queste condizioni politiche e finanziarie, il rischio di un crollo dell’Euro è più che una semplice possibilità teorica. Non dico affatto che la fine dell’Euro sia un dato scontato, ma semplicemente che è uno degli esiti politici da prendere in considerazione.
In primo luogo, se dovessero verificarsi default di una serie di paesi come Grecia, Portogallo, Irlanda la sopravvivenza della moneta unica diverrebbe assai problematica. Se, poi, il default dovesse riguardare Italia o Spagna, non si vede come la costruzione possa restare in piedi.
Ma anche sviluppi imprevisti della crisi Ucraina potrebbero innescare dinamiche divaricanti nella Ue tali da mettere a rischio la moneta.
Senza calcolare che, ad un certo punto, i costi di mantenimento dell’unione monetaria potrebbero rivelarsi tali da rendere inevitabile l’uscita di alcuni partner, con l’effetto di un “rompete le righe” generalizzato. Che è esattamente la prospettiva più probabile a verificarsi. E non è detto che ad iniziare debbano essere i paesi deboli come Grecia o Portogallo: potrebbe iniziare uno scollamento anche di uno dei paesi forti e persino la Germania non è esente da queste tentazioni.
E se la cosa non sarà stata preparata e dovesse avvenire con un improvviso crack (poco importa se finanziario o politico), allora le condizioni potrebbero essere esattamente quelli descritti di una tempesta devastante. E qui si capisce cosa non funziona nel ragionamento degli “euristi ad oltranza”: non prevedere il rischio di un crollo improvviso della moneta e non capire che dalla moneta unica si può uscire in modo scarsamente traumatico, a condizione che questo avvenga nei modi e nei tempi opportuni.
Paradossalmente, i fautori di “Euro o muerte” ragionano allo stesso modo della Lega e dei populisti che tanto disprezzano. E infatti loro ed i populisti sono solo le due facce della stessa medaglia. I populisti più estremi prospettano una uscita dalla moneta unica, con ritorno alla moneta nazionale, con una decisione semplice ed immediata: hic et nuc! E gli “euromani” ragionano solo su questo scenario. Ma dall’Euro non si può uscire come da una festa fra amici: “scusate dobbiamo andare: abbiamo lasciato i bambini soli a casa”.
Dopo di che, liberatici dall’orrenda moneta, tutto ricomincia a girare per il verso giusto e le economie periferiche d’Europa rifioriscono d’incanto. Qui è bene dire che, se è vero che l’Euro è una camicia di forza e le politiche di austerità che lo accompagnano sono un disastro, però non è la causa di tutti i mali, liquidata la quale, tutto va a posto.
Queste sono leggende: al di là dell’Euro, c’è una crisi mondiale che continuerebbe anche dopo la sua fine e che richiede un ripensamento complessivo dell’ordinamento neoliberista dell’economia mondiale.
In secondo luogo non è detto che la fine dell’Euro debba segnare necessariamente il ritorno alle monete nazionali o che questo debba essere un approdo definitivo. Ci sono molte soluzioni intermedie come, ad esempio, lasciare l’Euro come unità di conto (come era l’Ecu) cui agganciare le monete nazionali, con larghe bande di oscillazione prestabilite, in modo da dare il tempo di far riprendere la bilancia dei pagamenti dei paesi del sud Europa. Oppure adottare, per un certo periodo, un regime di doppia circolazione, con retribuzioni date in parte con una moneta e in parte con l’altra. Dopo di che, superato il momento peggiore, si può tornare a ragionare sulla cosa.
Ovviamente, l’operazione di passaggio sarebbe abbastanza complessa e richiederebbe approfonditi negoziati per regolare tutte le materie relative (ad esempio, la conversione dei mutui nelle nuove monete, senza danni per i mutuatari, tanto per dirne una). D’altra parte, neppure il passaggio all’Euro è avvenuto in due minuti: da Maastricht all’entrata in funzione della moneta unica sono passati ben 10 anni. E dunque anche questo passaggio richiede i suoi tempi ed i suoi modi di attuazione.
Soprattutto, non è detto che la Ue debba restare questo mostro onnivoro che è oggi: di fatto questa fusione delle tre europe (del nord, del sud e dell’est) non ha molto funzionato né politicamente (e si pensi al fianco est), né economicamente (e si pensi al fianco Sud). Forse l’ipotesi di una unificazione politica potrebbe essere più facilmente realizzata fra paesi più omogenei, con tre federazioni a sua volta alleate fra loro. Tre federazioni europee (del nord, del sud, dell’est) sembrano una soluzione più praticabile di un’improbabilissima unione politica di tutto il continente e la questione della moneta potrebbe trovare uno scioglimento in questo ordinamento a tre.
Insomma, la Storia non è finita, come pensava quell’imbecille di Francis Fukuyama, e l’esistente è solo il presente. Non l’eternità.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, euro, europa, euroscettici, uscita dall'euro
ilBuonPeppe
Tutto giusto Aldo. Resta il fatto che, come dici, l’euro è una camicia di forza, e finché la teniamo non è possibile muoversi: niente politica economica o fiscale, niente politica dei redditi, niente politica industriale, e così via. Quindi finché resistiamo sotto il giogo dell’euro e dei suoi trattati non possiamo risolvere nessuno dei tanti problemi che abbiamo; nemmeno liberarci di una classe dirigente corrotta e bugiarda, che infatti tenta in ogni modo di resistere in questa situazione. E neanche possiamo immaginare un mondo che funzioni in modo diverso dall’incubo che conosciamo.
filippo
soprattutto deve essere chiaro che l’€ non è irreversibile, come dice quel bugiardo di Draghi: tutto quello che vuole il popolo è possibile.
poi fanno ridere le contraddizioni dei terroristi pro€: paventano inflazione incontrollata e mutui insostenibili, mentre chiunque abbia acceso un mutuo negli anni della lira sa che è l’inflazione il miglior amico del mututatario ed il peggiore nemico di banche e rentier!
mentre ora con i tassi ai minimi ma la disoccupazione , i non performing loan, le tasse sulla casa triplicate ed il mercato immobiliare in caduta di mutui se ne fanno pochini…
Paul
dipende se hai il mutuo a tasso variabile oppure fisso, attualmente le banche praticamente impongono il tasso variabile, mentre il tasso fisso ha uno spread nettamente elevato. L’inflazione è nemica dei lavoratori dipendenti; autonomi ed imprenditori, di norma sono liberi di adeguare i prezzi all’incremento dell’inflazione, mentre la scala mobile è stata abolita.
Marco
Domanda ingenua: perché non viene mai presa in considerazione l’ipotesi di cambiare non la moneta, ma la politica monetaria della BCE (svalutando, rendendo la BCE prestatore di ultima istanza, cambiando la clausola che prevede di tenere l’inflazione sotto il 2,5%)?
Non è possibile?
Non servirebbe?
Non vuole la Germania?
SantiNumi
Due annotazioni che si rifanno, comunque, agli interventi sulla “corruzione”:
1 – Il “Fatto” è stato da sempre un giornale vincolista (ovvero fascista): Feltri è un bocconiano neoliberista doc.
Il “Fatto” è il giornale dei “livorosi”, quello di Travaglio, Grillo e IDV tutta manette e distintivo: il tema della *** CORRUZIONE *** è un tema propagandistico neo-liberista in funzione del saccheggio delle privatizzazioni.
2 – Non esiste nessun economista (ovviamente) che pensa che allentando la rigidità di cambio scorrerà miele nei fiumi (già ricordato a gentilmente a Vincenzo). Salvini (ovviamente) è già tanto che mette in fila due concetti corretti e fa il suo lavoro di politico e pace all’anima sua.
Ma veniamo al dunque: così chiariamo che relazione c’è tra i punti 1 e 2 e perché la Sinistra è morta con Basso.
Chi è che indovina? Facciamo il nome di chi ha venduto, per un pugno di dollari, i lavoratori italiani alle oligarchie? Non i soliti noti, ormai ampiamente condannati dalla storia.
Un altro suggerimento: chi ha messo in giro la voce “di coloro che pensano che il cambio flessibile sia taumaturgico”?
Gli ex-comunisti di osservanza vetero-marxista (quelli di cui Karletto ancora si vergogna). Giusto?
Professore, lei che è un Trotskjista, lo vuole denunciare che questi sono sempre stati dei traditori falliti ed assetati di potere? Si ricorda che mentre i suoi predecessori (e i miei) lottavano in Spagna per la democrazia, i comunisti stalinisti regalavano la dittatura fascista agli spagnoli? Lo vogliamo dire che esiste una Sinistra che ha valori socialisti che non sono quelli monopolizzati da questi TRADITORI e COLLABORAZIONISTI? Vogliamo difendere l’onore di chi è MORTO nella Resistenza e di chi invece è sopravvissuto, si fregia di antifascismo e vuole tenersi l’euro? Vogliamo dire che chi parla di “rossobruni” e “compagni che sbagliano” sono dei vili traditore della classe lavoratrice?
Il nome, per chi non ha ancora indovinato, è quello di *** BERLINGUER ***: quello che, appunto, ha cominciato a parlare di… QUESTIONE MORALE. Ma no? Come Hayek e Friedman?
Quello dell’austerità, quello dei sacrifici durante la crisi petrolifera…
Federico Caffé, nell’82, denunciò il tradimento di Berlinguer e del PCI. Re Giorgio non è lì a caso.
Bene, quelli che infamano dicendo idiozie sui SOCIALDEMOCRATICI che lottano contro l’euro (un pugno di persone…), sono quelli “europeisti” fino a ieri, quelli che VOLEVANO l’euro e hanno mentito ai lavoratori dicendo che li avrebbe tutelati. Sono quelli che odiano le PMI in quanto “cancro” del sistema produttivo, sono quelli che lo Stato nazionale non permette ai proletari di tutto il mondo di unirsi: sono quelli che hanno venduto i propri concittadini e compagni per un po’ di agognato potere.
Hanno tutto il nostro disprezzo, almeno Draghi parla chiaro.
L’euro è IL SIMBOLO del NEONAZISMO, trascende l’esiziale problema tecnico, è LA SVASTICA TINTA COL ROSSO SANGUE DEL SOCIALISMO TRADITO.
Il VINCOLISMO rossobianco (sì, quello degli adulteri figli di Andreatta e Berlinguer) è il MANGANELLO 2.0: con quello nero morivi perché ti spaccavano la testa. Con quello ROSSOBIANCO soffri così tanto che ti suicidi.
La Storia non avrà pietà.
aldogiannuli
Santi Numi@ : su molte cose siamo d’accordo, ma credo che lei dia la qualifica” di “fascista” con troppa facilità. Non ho mai amati i giustizialisti ,ma, insomma, dare del fascista al Fatto mi sembra sbagliato. Ho sempère criticato Berlinguer e non ne ho affatto il mito, però lei lo dipinge a tinte troppo fosche, tenuto conto che certe affermazioni fatte 35 (come quelle sul cambio flessibile) anni fa potevano essere errori comprensibili (tanto più che Berlinguer fu contro lo Sme che invece piaceva tanto a Napolitano), mentre oggi sono del tutto imperdonabili. Anche l’Euro (che personalemente ho sempre visto comne un’operazione dell’ipercapitalismo finanziario e che, come tale, ho sempre avversato, sin dal 1995,) sia il simbolo del nazismo mi pare un po’ forte.
Germano Germani
Montanelli poco prima di trapassare, a proposito dell’euro, affermò che avrebbe costretto gli italiani a divenire un popolo un pò più serio.Certamente l’euro impone il rigore,il rispetto delle regole;ma la componente cialtronesca degli italioti, rimpiange la periodica e sistematica svalutazione della liretta, per far concorrenza a livello mondiale dei prodotti made in Italy.Rimpiange i baby pensionamenti dei quarantenni, con il conseguente lavoro in nero di costoro,l’evasione fiscale, la corruzione da primato mondiale.Salvo poi darne la colpa alla “culona inchiavabile” Merkel; basti la lettura dei quotidiani berlusconiani.Sono le stesse caratteristiche della Grecia, che per entrare nell’euro falsò i bilanci.L’euro è irreversibile non lo afferma solo Draghi;il ritorno alla liretta confermerebbe, ancora una volta, l’inaffidabilità del popolo dello stivale, storicamente comprovato.Piuttosto si pensi a stabilire dei compartimenti economici,con una sorta di euro a due velocità, i paesi nordici e dell’est da una parte,al sud una confederazioni di paesi latini con l’Italia, Spagna, Grecia,Portogallo. Purtroppo il vero problema della penisola egregio professore, è la componente levantina delle popolazioni del sud;la loro tipica mentalità da malandrini (definizione dell’antifascista Salvemini) vale a dire del: “chiagni e fotti”. Il nord est dello stivale, non dimentichiamolo, è stato una delle massime aree economiche a livello mondiale.E’ da quella area che scaturirà il nostro futuro: o una guerra civile secessionista sul tipo ex Jugoslavia,oppure la ripresa.Certo che in quella area sta montando una rabbia incontenibile, che se scoppierà sarà la fine ben meritata di questo aborto di nazione.Non temete l’euro, ma la rabbia dei “mona”.
Mauro Poggi
Caro professor Giannulli.
“Qui è bene dire che, se è vero che l’Euro è una camicia di forza e le politiche di austerità che lo accompagnano sono un disastro, però non è la causa di tutti i mali, liquidata la quale, tutto va a posto. Queste sono leggende…”
Veramente più che leggende queste sono la rappresentazione macchiettistica della posizione anti-euro ad opera degli euroTeisti. Uscire dall’euro è una condizione necessaria, ma non ho mai sentito nessuno, fra coloro che seriamente sostengono questa posizione, affermare che sia una condizione sufficiente.
Una’uscita concordata sarebbe auspicabile, tuttavia parlare di concordia in Europa equivale ad esprimersi per ossimori, di qui il mio timore che ci si arriverà per implosione.
Ma al di là delle considerazioni economiche, pure rilevantissime, c’è qualcosa per cui tutti dovremmo augurarci la fine di questo sciagurato esperimento:il fatto che esso ci ha condotto verso una china antidemocratica sempre più ripida, in fondo alla quale non si vede un prato ma un baratro. Non dovremmo mai dimenticare, ogni volta che ragioniamo di Comunità europea, che siamo in una situazione ormai orwelliana, dove a prevalere su Stati e Costituzioni sono i mercati “naturali”, e le elezioni rappresentano solo il circens sedante per le popolazioni, visto che ormai esiste “un pilota automatico” (Cfr Draghi) indipendente dagli orientamenti espressi.
Mi pare che nel dibattito pro o contro l’euro questo elemento, che per me è fondamentale, tende a essere colpevolmente trascurato, come anche questo articolo, che in sé apprezzo, dimostra.
La saluto con stima.
Mauro Poggi
Intervengo di nuovo per segnalare un articolo di Paolo savona che ho appena letto e che trovo esemplare:
http://goo.gl/bBTJEq
Due affermazioni mi sembrano convincenti:
1) Riferendosi a un manifesto di 300 persone curato dalla SEP osserva ” non potendo dimostrare che l’euro così com’è porta benessere, sparge terrore sulle conseguenze dell’abbandono degli accordi monetari europei”.
Un atteggiamento costante degli EuroTeisti.
2) “la forza logica di chi chiede l’uscita dall’euro è che una moneta senza Stato non può sopravvivere se non in un ambito non democratico che ne sappia imporre l’accettazione a ogni costo”.
Professore, mi risulta, al contrario di quello che lei afferma, che Napolitano fosse contrario alle SME, come dimostra il suo intervento del 1978 alla camera con argomenti (ripresi da Spaventa) che manifestavano una lucida conoscenza del problema, ahimé smarrita (?) con gli anni.
http://goo.gl/pWExBn
Un altro che nel 1978 dimostrava straordinarie doti di preveggenza, trasformatosi poi in corifeo dell’Euro e del vincolo esterno, era Eugenio Scalfari: http://goo.gl/ok72Wo
Non è tanto il fatto che abbiano cambiato idea, quello che mi insospettisce. E piuttosto il fatto che abbiano cambiato idea proprio quando la storia ha dato loro ragione.
serfio
buona giornata Aldo.
vorrei che mi spiegassero un chiodo che non riesco a capire,come mai nel 2000 prima di avere in mano EURO,un pacco di patatine grande costava 1000lire al cambio 0,52.
perchè non abbiamo usato i decimali come altri paesi,i Cent,o Penny??
la seguo con ammirazione,Grazie
leopoldo
nel breve video del link sotto, martedi scorso, alla camera di commercio USA, il presidente dell’Urugay ha sposto le ricette applicate nel suo paese elencando alcuni doveri da parte di imprenditori, politici, lavoratori. Il gioco funziona se avidita, invidia, egoismo, vanita non prendono il soppravvento generando corruzione e affini cosa di cui si parlava ieri:D
http://www.elpais.com.uy/informacion/mujica-diserto-principal-lobby-empresarial.html
tradusione per temi:
crescita della economia U.
domanda interna e ridistribuzione,
aumento del salario minimo,
sofferenza degli imprenditori
controllo e mediazione della politica
l’imprenditore deve lottare per il reddito dell’azienda
è inutile l’accumulo forsoso e il risparmio esoso sui salari, perché poi la gente non ha i soldi per comprare
Che sistema € sarà sostitutito per implosione, non è auspicabile, ma è la strada perseguita in quanto è il miglior sistema per garantire chi detiene i capitali. Chi vive di salario se riesce soppravivvera altrimenti sara espulso dalla società come una cosa infetta.
Esperiamo che il dr. Savona riesca nel suo intento.
SantiNumi
Accetto e condivido l’esortazione alla moderazione.
Al di là della mia veemenza, il concetto (che ha carattere prettamente filologico ed ermeneutico) che provo a proporre è lo strumento ideologico (il neoliberismo) con cui si è combattuto il socialismo. Ovvero:
1 – si addita al Pubblico (quindi alla Repubblica stessa che si occupa del “sociale”) di essere corrotta, inefficiente e “spendacciona”.
2 – si propone quindi un “ritorno alla moralità”, (tutti a casa!), che prevede “sacrifici” padoaschioppani, RIGORE, moderazione, (decrescita), AUSTERITÀ.
3 – la soluzione tecnica proposta è il VINCOLISMO (si attacca “l’autostima collettiva” – la retorica del familismo amorale – «non sapete governarvi!», quindi NON MERITATE LA DEMOCRAZIA)
Il “vincolismo”, come patente strumento antidemocratico, è eticamente equiparabile al “fascismo” o al “nazismo”.
La differenza è che viene usata la “tecnica”, tanto cara a Kalergi in termini antropologici e von Hayek in termino politicoeconomici e giuridici. (Infatti Hitler aborriva il piano di Kalergi – da cui l’esaltazione della razza ariana – e il megacomplesso chimico-farmaceutico, con alle spalle i soliti noti finazieri anglofoni, preferì finanziare il comparto bellico e promuovere l’anschluss dell’Europa come provò Napoleone, secondo il mito del Sacro Romano Impero).
Come sicurmante saprà, la Commissione Europea e il funzionamento in linea di massima della UE è stato teorizzato nel ’43 da Ribbentrop, su ispirazione dei noti capitalisti, per cercare una cosmesi plausibile per l’asservimento dei cittadini europei. Non a caso dal complesso chimico-farmaceutico tedesco (con grande azionariato di fondi americani) sono stati riciclati noti ufficiali nazisti che sono andati a organizzare le istituzioni europee del dopo guerra, ad iniziare dal giurista nazista e primo commissario europeo Walter Hallstein.
Come ci ricorda il buon @GermanoGermani, il “rigore”, “la morale”, la “lotta alla corruzione” sono farina di estrema destra, fascista o “frondista” alla Montanelli. (Travaglio arriva da quella scuola…)
Al di là del giusto rispetto per la “sensibilità” delle persone, ritengo opportuno ridare sostanza alle parole svuotate dalla retorica e dalla neolingua, che hanno fatto degli ideali pura cosmesi disvaloriale.
Chi materialmente opera a favore del Lavoro è di Sinistra, e realizza obiettivi socialisti e quindi democratici, chi opera a favore del grande capitale è di destra e il capitale ha per sua natura indole fascista. Per questo i sindacati del XXI secolo fanno manganellare i lavoratori.
Professore, l’unica nota che non colgo è relativa a Berlinguer e a Napolitano: verifichi, la prego, se non mi crede: fu Napolitano a fare un discorso memorabile contro l’entrata nello SME, a difesa dei diritti sindacali e contro l’anschluss teutonico: fa nel dicembre del ’78 un’analisi economica in Aula che sembra un incrocio tra Kaldor e Minsky.
I politici di quel tempo, per quanto disprezzati e ritenuti ignoranti da giganti come Basso (un altro ossimoro fantastico!), erano dei geni confronto a quelli dei nostri nominati. In quegli anni eravamo molto più sovrani, c’era una Banca d’Italia che faceva da tesoriere, c’erano i funzionari del tesoro, della Banca Centrale, c’erano le consulenza degli economisti internazionali, ecc.
Quello che ci sembra rivoluzionario oggi era banale e scontato negli anni ’70: siamo nell’era di Orwell!
Berlinguer SAPEVA, come no!, infatti la propaganda usata è paro paro a quella usata ieri ed oggi dai neo-liberisti. Parlava di AUSTERITY durante un periodo di inflazione altissima! Di sacrifici dei lavoratori! Si preparava al potere e si garantiva il via libera dal Potere internazionale.
Non esistono il “giustizialismo” o il “garantismo”: esiste un FORMAT ben collaudato per aumentare la “percezione” della corruzione e proporre quindi le “riforme strutturali” (anticostituzionali) e i “vincoli” (che non sono solo monetari).
Grazie come sempre.
Silvio
Confesso che mi piace molto di più nella veste di studioso che in quella di tifoso di Casaleggio. Le sue osservazioni sono in gran parte condivisibili. Vi si evince che per una uscita ordinata e concordata dall’euro ( una esplosione fuori controllo, quella sì, avrebbe effetti potenzialmente catastrofici) sono necessari accordi internazionali, la stesura di leggi, l’individuazione di bande di oscillazione monetaria ed una serie di provvedimenti che saranno il frutto dei rapporti di forza tra le nazioni ed all’interno di esse. Che questa strada sia migliore rispetto a quella che io preferisco e ritengo di gran lunga più semplice, vale a dire tentare di modificare la politica economica europea senza mettere in discussione la moneta unica, è questione opinabile. Se dovessi fare una previsione, direi pessimisticamente che nè l’una né l’altra avranno successo e che si continuerà come si è fatto finora, sperando che qualche evento imprevisto non mandi tutto a gambe all’aria. Una sola cosa risulta sicura. Chi propone l’immediata uscita dall’euro, o un referendum per decidere se restare nell’ euro, non sta facendo una proposta politica. Sta solo andando alla ricerca di voti e popolarità. Sta facendo, insomma, della demagogia.
Vorrei poi chiederle un’ultima cosa. Una volta riacquistata la “sovranità” monetaria, anche nella forma virtuosa e non traumatica che lei delinea, che ne sarà dei nostri rapporti internazionali ? Io temo che l’autonomia del paese sarebbe ancora più scarsa di quella attuale e che un’Italia fuori dall’euro si allineerebbe in modo ancora più stretto agli USA. Seguendo il destino di quei paesi dell’Est europeo (Polonia, Baltici , un domani l’Ucraina) che, a livello politico, sono dei protettorati americani.
giandavide
non è che il fatto è un giornale fascista: è che è scritto una merda. quindi, anche se volessero tentare di informare correttamente non ne sarebbero capaci. ed è un problema molto più grave di quello di repubblica, perchè repubblica ha debenedetti, va bene, ma ha anche una redazione giornalistica di professionisti. il fatto, oltre ad avere anche lui i suoi piccoli debenedetti, è pure poco professionale. e mi chiedo come faccia il prof, che la nozione di verificazione dellefonti storiche la conosce, a leggere sto coso.
Gabriele
Sono assolutamente d’accordo con l’idea delle tre federazioni europee: mi sembra l’unico modo razionale per uscire fuori da questa situazione allucinante.
Pierluigi Tarantini
@ Aldo
Se non ti sapessi attento lettore dell’Espresso ti segnalerei quanto scrive Zingales.
Ma è evidente che il post trae spunto proprio da un articolo pubblicato di recente.
Non mi resta, quindi, che esortarti a lasciare da parte le idiozie accademiche di Fukuyama che con una questione rilevante qual’è quella trattata non c’entrano niente.
Certo, come tutte le cose umane, anche l’Euro finirà ma questa non mi sembra una motivazione per avversarlo.
A meno che non ci si voglia ridurre a far mera campagna elettorale.
aldogiannuli
ierluigi@ mi conosci da 23 anni epensi che io sia contro l’Euro per ragioni elettorali? Dovresti ricordare qualcosa…
Germano Germani
Santi Numi, il tuo maniacale rifarsi al pensiero di Lelio Basso; mi ricorda molto gli attivisti del defunto partito operaio europeo, dello statunitense Lyndon La Rouche, oggi presenti con un periodico denominato Solidarietà.Una setta intollerante,esclusiva, con un guru supremo detentore della verità, dalle cui labbre bisogna pendere.Mi ricordo di Berlinguer che nel corso di una tribuna politica, replicò al loro indirizzo,che prima di tutto, bisognava capire cosa volevano, ma non lo sapevano manco loro.Diffido per istinto dei settari, dei detentori della verità (Pravda in russo).Poi francamente rammento che Lelio Basso fu vice segretario del PSIUP,partito che riceveva regolari finanziamenti da Mosca, soldi che servirono anche alla scissione dal PSI. Basso venne arrestato a seguito della retata fatta dall’OVRA, in coincidenza con la strage del 12 aprile 1928 a Milano.Non credo che Lelio Basso sia un gigante del pensiero marxista, molto meglio l’eretico Amedeo Bordiga, il quale era solito dire che il peggior frutto del fascismo era l’antifascismo.
aldogiannuli
Germani@ per la precisione Basso non fu mai vice segretario del Psiup ma Presidente e solo sino al 1970
Pierluigi Tarantini
@Aldo
Come sai ho buona memoria e ti ricordo da sempre avverso all’Euro.
Il riferimento alla propaganda elettorale quindi, almeno per quanto riguarda la tematica dell’euro, non ti riguarda ma è rivolto a quella politica indecente che non si fa scrupolo di strumentalizzare la crisi economica non avendo più illusioni da spacciare al popolo beota (o beone).
Ciò premesso va detto che la tua avversione nei confronti dell’euro è di carattere ideologico e qualche volta la motivi con ipotesi più o meno improbabili ma sempre catastrofiche come quelle prospettate nel post.
Il senso dell’intervento precedente, che verte sulla tua critica alle enormi complicazioni di una fuoriuscita dall’euro prospettate da Zingales (e non solo), sicuramente non ti è sfuggito ma non lo vuoi accettare e, quindi, non lo discuti.
Per ragioni ideologiche.
aldogiannuli
ierluigi non saràche ad essere ideologici sono i sosteitori dell’euro? Spesso me lo chiedo…
SantiNumi
@Germano Germani
Di LaRouche ho sempre avuto tutti i pregiudizi possibili: fintanto che non mi sono messo di buzzo buono, sono andato a rovistare LIBERAMENTE negli archivi, e mi sono accorto che il 90% delle analisi che uscivano da quel movimento si rivelavano corrette con un dettaglio sconvolgente.
Ti assicuro che pubblicamente non ho trovato analisi simili: mi son dovuto fare un bagno di umiltà e riconoscere che quel poco che autonomamente ho appreso negli ultimi anni, gli aderenti di questa “setta” lo affermavano venti anni fa.
Vedi, io non ho ideologie, ho dei semplici basic values e so tornare sui miei passi. Ciò che scrivo, anche se è ai più sconosciuto, non è farina del mio sacco. Ti prego, prova a leggere “Bad Samaritans” di Chang come ti ho suggerito e capisci perché sono assertivo.
Perché Lelio Basso? Perché mi sono accorto che la maggior parte dei sedicenti antifascisti la pensano tale e quale a te. Con la differenza che non credo che tu avresti mai partecipato alle vigliaccate degli squadristi per assassinare a tradimento Piero Gobetti: i nipotini di Berlinguer sarebbero invece stati pronti a far delazione anche solo per pura invidia. Per questo ti rispetto anche se non condivido assolutamente il tuo pensiero. In questo senso posso condividere anch’io Bordiga.
Basso non lo conosci assolutamente, se no non faresti trasparire certe illazioni, facendo la figura dello sprovveduto.
Quello che mi pare che ti sfugga è che di DEMOCRATICI ce ne sono ancora meno che di nostalgici.
Dire di essere ed esserlo sono due cose piuttosto diverse.
Come molti della mia generazione sono cresciuto con riferimenti valoriali falsi, palesemente contradditori e strumentali all’asservimento: non mi stupirerei se certo rancore antidemocratico che nutri si placasse scomprendo che quelche vero socialdemocratico è esistito, ha combattuto per la libertà e ha permesso di far godere anche a te delle cose belle che ci ha regalato il dopoguerra.
Promuovo Lelio Basso perché i cittadini delle ultime due generazioni hanno la testa infarcita di fregnacce, santini ed icone che non hanno nulla di diverso dai personaggi delle pellicole della propaganda hooliwoodiana. (Non siamo una ancora una setta visto che credo che in tutto il web si trovino un paio di persone che promuovono saltuariamente il suo pensiero: ti dico solo che è più conosciuto all’estero…)
p.s. scusami per aver strumentalizzato il tuo intervento precedente
SantiNumi
LaRouche…
http://www.larouchepub.com/eiw/public/1976/eirv03n29-19760720/eirv03n29-19760720_036-lelio_basso_press_conference_on.pdf
Germano Germani
Professore Giannuli, comunque sia la scissione, che la breve vita di tale coventicola di invasati marxisti,eletti in parlamento nel gruppuscolo denominato PSIUP, fu dovuta ai soldi di Mosca. Ma quello che è più grave e che nè lei nè Santi Numi (di cui apprezzo taluni punti di vista) avete ricordato che stando al rapporto Mitrokhin, Lelio Basso era un agente del KGB, con il nickname di “Libero”. Fu arrestato nel 1928,dato i suoi collegamenti con il “liberogiustiziere” Carlo Rosselli, dopo la strage antifascista di piazzale Giulio Cesare di Milano avvenuta il 12 aprile 1928, dall’ottimo investigatore Francesco Nudi dell’OVRA, dopo che costui aveva ricevuto le confidenze di Umberto Ceva.Se nel dopoguerra i servizi segreti “democratici” avessero utilizzato il dossier raccolto dall’OVRA a suo tempo, avrebbero stroncato fin dal nascere le attività di “Libero”.Stesse considerazioni valgono per l’antinazista tedesco Willy Brandt figlio di ignoto padre, il cui nome vero era Karl Ernst Frahm, ex miliziano rosso in Spagna, sul quale la Ghestapo, aveva raccolto informazioni che lo qualificavano come agente dei servizi segreti staliniani.Sia Basso che Brandt, grazie al tabù dell’antifascismo,nel dopoguerra, poterono occultare impunemente il loro passato di agenti segreti di Mosca.Se queste sono le premesse…
SantiNumi
Basso si differenziava sia dai socialisti “liberali” come Rosselli e Gobetti sia da quelli filo-sovietici. Al di là che abbia fatto da informatore o meno: Basso si rifaceva alla Luxemburg che era la “sorella maggiore” dell’autodidatta Trotskji, non molto in auge dopo la svolta autoritaria leniniana… (Ricordo che Lenin plaudì all’ascesa di Mussolini)
Rosselli in particolare aveva contatti con la realtà anglosassone e con l’amico di Hayek e Ropke che si firmava Junius: colui che influenzò direttamente i “federalisti europei” Rossi e Spinelli. (Spinelli si rifà direttamente al federalismo di Robbins, l’ultra-conservatore che ha saldato la scuola austriaca con quella anglosassone).
Si confondono intellettuali con i bombaroli.
Se le nostre nonne hanno usufruito della REVERSIBILITÀ, lo devi proprio allo PSIUP.
L’intellettualità e i Valori che sono nati da chi ha contribuito come PSIUP, sono quelli da cui nasce il costituzionalismo moderno che abbiamo esportato, come al solito, in tutto il mondo.
La moneta unica nasce come “vincolo” per piegare le Carte costituzionali antifasciste e antiliberiste. (Quindi chiediamoci come mai ci sono sedicenti antifascisti che promuovono monete uniche e federalismi spinelliani)
Quindi non c’entra niente LaRouche o Scientology: siamo in una fase costituente di tipo autoritario. (Ma non mi sembre che piaccia neanche ai nostalgici, no? Con Mussolini l’Inghilterra era stata più discreta, giusto? Aveva fatto credere che l’Italia poteva diventare anch’essa una grande potenza, non come ora che il nostro annientamento e asservimento è patente…)
La Costituzione è il supremo distillato della cultura di un popolo: è meglio imparare la differenza tra gli intellettuali dello PSIUP e i figli di una natura matrigna come un Ernesto Rossi o un Pannella.
enea
@SantiNumi:
Un appunto non sul merito ma su certe ricostruzioni.
Il PCI non era monoliticamente avverso all’entrata allo SME, chiese piuttosto di dividere la questione in spezzoni diversi, mi pare chiedessero 3 votazioni distinte frammentando il tema in aspetti diversi che non avrebbero avversato in blocco, cosa che venne rifiutata dal governo Andreotti.
Alla fine quando ci si trovò di fronte ad una unica votazione, nel dicembre 1978 ( 12-13 ), si dovette fare una sintesi. E a maggioranza si decise di esser contrari.
E la parte di Napolitano, che l’adesione allo SME l’avrebbe anche sostenuta, in quell’occasione perse la partita.
Ed è proprio per questo, per questione di disciplina interna, che imposero in quell’occasione a Napolitano di dover pronunciare un discorso che non avrebbe voluto dover pronunciare.
Ingrao non votava, essere Presidente dell’aula, ma immagino quanto stesse sorridendo e ghignando sotto i baffi. ( anche perchè probabilmente fu l’unica volta che la sua parte la spuntò contro Napolitano )
Fino a qui di questo si può serenamente esser certi.
Poi ci sono altre illazioni che ritengo in ogni caso plausibili.
A Napolitano, il discorso che gli imposero di leggere, lo scrisse Luigi Spaventa.
Che del resto aveva già parlato per parte propria ( era allora indipendente eletto nelle fila del PCI ) il giorno precedente, il 12, dicendo che aderire sarebbe stato un gigantesco suicidio.
In tutta questa vicenda sospetto che Berlinguer…non capisse le reali ragioni del contendere. Credo che la questione dello SME gli sia completamente passata sopra la testa, altrimenti non avrebbe parlato tanto bene del concetto di austerità come mezzo per contestare il presente, nei 3 anni precedenti.
E sospetto che proprio per questo suo sostanziale non aver capito i nodi della questione, ci fosse lui a fare il segreterio. Capisco che questa sia una interpretazione veramente cattiva, volta a dipingerlo in pratica come un uomo di paglia, ma….
Comunque da li a poco furono quelli di Napolitano a vincere, ed il resto della storia la sappiamo. Purtroppo. Tanto sul fronte dell’evoluzione della UE, quanto sul fronte della dissoluzione della sinistra italiana in rivoli poi un po’ tutti confluiti nel mare magno del nulla concettuale.
Il più bel discorso in quei giorni fu comunque quello di Lucio Magri ( PdUP ). Naturalmente anche lui contrario. Sempre contrari ma alquanto “vuoti di contenuti” i discorsi di Castellina e Gorla ( DP ). Ad ogni modo tutta la sinistra votò contro, PSI astenuto ( la linea alla fine era “sarebbe anche una bella cosa ma a queste condizioni è un gioco troppo pericoloso”).
Favorevole la DC giusto per imporre la propria legge, favorevole per questioni di merito e contenuti liberisti al punto giusto per piacergli i repubblicani, i liberali e Pannella.
Entusiasticamente favorevoli il MSI. Da rileggere anche il discorso del missino Valsenise; da far accoponare la pelle per quanto mostrava sbrodolar gioia all’idea di veder costruire l’Europa unita in quel modo….
Dunque sarebbe il caso oggi, in primis dal punto di vista storico, di rimettere i puntini sulle i.
L’unificazione europea fatta come oggi abbiamo sotto gli occhi in forma realizzata, quando si iniziava a farla, piaceva soltanto a democristiani di destra ( gli altri si conformavano dubbiosi ), liberisti e fasci.
E aveva contro TUTTA la sinistra.
Forse sostenere l’euro da sinistra, oggi, è solo questione di “ideologia”, inteso proprio nel senso di “falsa coscienza”?
Penso che nell’ultima frase potremmo serenamente togliere di mezzo il “forse”.
enea
Un’altra questione sulla quale credo sarebbe necessario riflettere riguarda l’intraccio tra vicende diverse che animava quei giorni politicamente convulsi.
Moro era da pochi mesi stato assassinato.
Governatore della banca d’Italia era un galantuomo, dotato di grande preparazione e, pur non comunista, atipico per il ruolo di governatore della BdI essendo niente affatto inviso alla sinistra. Parliamo di Paolo Baffi.
A propria volta Paolo Baffi non condivideva il fatto che fosse giusto imboccare la strada dell’adesione allo SME; per altro Baffi era sostenitore di una politica monetaria volta a far rivalutare, per quel possibile, la lira verso il dollaro in modo da tener bassa la bolletta energetica del paese ed al contempo volta a svalutare rispetto al marco per garantire mercati di sbocco all’industria.
Va detto che l’allora Germania Federale Rft non era affatto alla canna del gas a causa di questa nostra politica ( lo stesso non si può dire oggi dei PIIGS rispetto alla Germania ), ma tutto sommato riuscivamo a tenerci piuttosto bene a galla anche noi.
In quei giorni però, e nei mesi immediatamente successivi nel ’79, si incrociarono i destini di vari uomini: Baffi, Sindona, Ambrosoli, etc.
Baffi infatti, sostenitore dell’idea che fosse buona cosa per l’Italia potersi dotare di una politica monetaria e flessibile rispetto alle circostanza e sostenitore anche della tesi che sarebbe stato atto addirittura eversivo che la BdI smettesse di essere acquirente marginale dei titoli di stato, avendo così possibilità di tenere i tassi reali bassi e addirittura negativi e di poter monetizzare il debito pubblico ( oltre a non essere contrario per principio né allo stato sociale e neanche, addirittura, alla scala mobile ), venne incastrato da un magistrato che lavorava mi pare alla procura di Roma, il giudice istruttore Alibrandi.
A Baffi risparmiarono l’umiliazione dell’arresto solo in ragione della sua già avanzata età, ma il suo vice direttore Sarcinelli se lo portarono via addirittura in manette.
Di Alibrandi si sa, ad oggi, che fosse un neofascista e che avesse contatti con Andreotti.
Baffi voleva imporre controlli più stringenti sulle banche, nei giorni dello Ior e del Banco Ambrosiano. Si mise di traverso rispetto a varie schifezze, come era suo dovere. Lo accusarono proprio del contrario, di non aver controllato…..
Ambrosoli ci rimise la vita, Baffi e Sarcinelli ci rimisero il posto.
Nel giro di due anni emerse che le accuse a loro rivolte erano completamente infondate, aria fritta, una montatura volta solo a togliere di mezzo due uomini non cooptabili in un momento critico.
Ma quando avrebbe potuto ritornare serenamente nella pienezza delle proprie funzioni, cosa fece Baffi?
Non se la sentì, ed indicò come successore Carlo Azeglio Ciampi.
Era il 1981.
Ed a quel punto, letteralmente nel giro di poche settimane, con una “congiura di corridoio” (*) Ciampi ed Andreatta cambiarono lo statuto della BdI facendola diventare indipendente dal tesoro senza passare attraverso il parlamento dove sapevano benissimo che una maggioranza in tal senso non l’avrebbero mai avuta.
(*) anche questo era funzionale all’entrata nell’euro, e a definirla congiura di corridoio fu lo stesso Andreatta dieci anni dopo sulle pagine del Sole 24 Ore.
Insomma…il modo in cui l’Italia decise di privarsi della sovranità monetaria contestualmente entrando nello SME che era esplicitamente rivolto a diventare moneta unica europea, non furono proprio democraticamente trasparenti.
Anzi, se mai può esiste un colpo di stato bianco, quello a tutti gli effetti lo fu.
Può oggi la sinistra difendere qualcosa in cui l’Italia entrò con modalità da colpo di stato?
Pierluigi Tarantini
@Aldo
Va bene, giochiamo a ping pong…
Stefano
Mi dispiace che sull’Euro si dica tutto e il contrario di tutto, infatti su di esso viene scaricata ogni colpa sia dal ciarpame neofascista (e destrorso in generale) – a difesa dei quali dirò che essi sono abituati a dare la colpa agli altri da sempre – sia da sinistra. Il che è un vero peccato, perché si perdono di vista i veri problemi.
I quali – ammesso che si abbandoni l’Euro con tutte le gravissime conseguenze del caso, evidenziate da praticamente tutti eccettuato quel maleducato di Bagnai – resteranno. E saremo di nuovo daccapo. Non so che futuro avremo, noi giovani…
SantiNumi
@enea
Mi hai lasciato senza parole: ti ringrazio vivamente della ricostruzione dettagliata che farò circolare: molti di coloro che stanno cercando di ricostruire questa follia orwelliana si sono chiesti della incredibile svolta a U di “my favurite communist” Napolitano… (Scalfari faceva l’analisi corretta ma faceva trasparire già lo spirito elitista in quegli articoli del ’78).
Questa descrizione che fai di Berlinguer assomiglia molto a quella che emerge di Spinelli (ovviamente deduttivamente, non avendo riscontri fattuali che non siano l’analisi delle sue pubblicazioni).
Spinelli e più in generale i federalisti europei, abbracciano teorie che derivano dal pensiero più elitista, neoclassico, anti-sociale e anti-lavoro del ‘900 e si fanno chiamare “socialisti” e “keynesiani” quando le teorie federalistiche ed anti-statali sono tutte di derivazione (ovviamente) reazionaria ed elitista. Viene il sospetto che non fosse questa volpe…
Non ho più certezze: quando scopri che la “libertà è schiavitù” e “la guerra è pace” capisci che quel socialdemocratico di George Orwell non dipingeva nessuna distopia: descriveva il sistema già in essere in un romanzo.
Grazie anche al Professore che lascia aperto questo spazio di confronto.
Germano Germani
Santi Numi, Carlo Rosselli sodale e cospirazionista del tuo prediletto Lelio Basso a bei tempi,si rifacevano entrambi a Mazzini, il quale sosteneva che il pensiero senza l’azione è puro delirio.Carlo Rosselli milionario rifuggiato nel comodo esilio di Parigi,fu il Giangiacomo Feltrinelli degli anni trenta.Si avvalse tra l’altro di un altro europeista nonché “liberogiustiziere” del calibro di Ernesto Rossi (quello della carogna al laccio, secondo un trafiletto del quotidiano di Bergamo, che ne dava notizia del suo arresto). Carlo Rosselli,Ernesto Rossi,Riccardo Bauer,Lelio Basso,Altiero Spinelli,Alberto Tarchiani,Vincenzo Calace, padri nobili dell’attuale republichina a stelle e striscie,ma soprattutto di questa Europa delle banche (non certo dei popoli)non erano dei “puri teorici”.Rosselli reclutava nella feccia anarchica,i sicari che dopo aver imbottito di soldi, armi ed esplivi, spediva a Roma, nel reiterato e patetico tentativo di uccidere Mussolini. Mentre gli altri “puri teorici” nonché federalisti,europeisti,ecc.ecc. soggiornavono in salubri isole al confino di polizia (niente di paragonabile ai gulag o ai lager) in attesa che arrivassero i “liberatori” statunitensi.Questi “teorici” furono premiati nel dopoguerra, con cariche istituzionali importanti e prestigiose.Mentre i malcapitati sicari mandati allo sbaraglio, finivano fucilati a Forte Bravetta. Sono loro i padri nobili fondatori dell’attuale repubblichina a stelle e striscie, che ci hanno elargito la vigente costituzione e l’attuale Europa delle banche.”Uniquiche suum”(a ciascuno il suo) sta scritto sulla testata dell’Osservatore romano-vaticano.
David Arboit, alias vecchio vizio pcista
Visto che dai ragionamenti sull’euro si è passati agli scazzi sulla sinistra restiamo in tema scazzi.
So che rischio di fare la figura dello scemo. Sento già il coro scemo, scemo, scemo… ma vado avanti. Io ho votato per la prima volta nel 1976 PCI e in seguito ho continuato a votare nello stesso modo, restando fedele a una comunità, a un popolo in cammino lungo le strade tortuose della storia, cioè PDS, DS, PD. Tra le tante ragioni forse quella fondamentale è l’umiltà e il rifiuto del narcisimo, meglio essere servi di un popolo che servi del proprio IO ipertrofico.
Caro professore unità e disciplina: sono convinto che siano in politica delle virtù e non dei vizi. Roba da vecchio PCI? Evviva il vecchio PCI allora. Se questo è vero allora fu un errore anche la scissione del 1921? Forse sì. O forse no perché si trattava di prendere posizione di fronte a un fatto storico enorme: il leninismo e la rivoluzione russa.
Culla del frazionismo sono invece senz’altro gli anni Sessanta. È da quel momento che nasce infatti il vero e devastante vizio della sinistra che prosegue tutt’oggi: il narcisismo, criticista e frazionista. Il narcisismo criticista e frazionista si esprime con schemi sempre uguali: “io sono più comunista di te, io sono il vero comunista, tu sei un servo dei padroni” e poi “io sono la vera sinistra, io sono più a sinistra di te” ecc.
Alla fine la sinistra è un big bang di pianeti, sistemi stellari e galassie che proprio come nei movimenti fisici dell’universo si espandono e si allontanano l’uno dall’altro alla velocità della luce.
La storia ha già giudicato i frazionismi di ogni tipo azzerandoli politicamente: spariti, dissolti. Che cosa hanno seminato? Divisione. Che cosa hanno raccolto: niente. Che cosa sono oggi? Zero, pulviscolo che si agita ed è agitato da un vento che non padroneggia, compreso l’ultimo dei frazionismi: Rifondazione comunista. Azzerati. Il frazionismo è al servizio dei padroni e i documenti storici ci mostrano quanto sia stato alimentato dai padroni.
Come i cristiani protestanti. Usciti dalla chiesa cattolica hanno dato inizio alla proliferazione delle sette, una reazione a catena di scissioni, di spaccature, peggio della fissione dell’atomo. Anche qui la logica è la stessa: dal Vangelo secondo l’interpretazione di una comunità in cammino nella storia guidata da una autorità riconosciuta, si passa al “vangelo secondo me”. Il trionfo dell’IO: ogni due persone tre interpretazioni del Vangelo. Risultato? Azzerati anche loro, i protestanti storici. Proliferano invece, ben foraggiati per ragioni squisitamente politiche, le sette protestanti che hanno l’obiettivo di contestare il potere della chiesa di Roma, una chiesa per troppo tempo serva dei potenti ma che può anche capitare che non lo sia (anche qui emerge la mentalità paranoica vecchio PCI).
Come nel calcio: tutti commissari tecnici, ma la politica non è un gioco. Alla sinistra serve un enorme bagno di umiltà, ma non sto parlando dei capi, sto parlando del popolo di sinistra perché come disse il profeta Quélo (Corrado Guzzanti) “la risposta è dentro di te! E però è sbagliata”
aldogiannuli
@ Caro David, non ti ho mai dato dello scemo (nion mi permetterei mai anche perchè non credo affatto che tu lo sia) ma mi pare che tu vada al self service, immeritatamente. Certo che discipliuna ed unità sono dei valori condivisibili: mai pensato che il casino permanente sia una situazione auspicabioe, però è anche vero che non bisogna farne dei feticci. Anche perchè, con il criterio di restare fedeli ad una comunità di persone o au popolo (come dici con un filino di retorica) si corre il rischio di cadere nel dogmatimo trovandosi alla fine in coompagnie poco auspicabili. E poi chi è il frazionista? Il manifesto che viene cacciato o chi lo caccia? Occhetto che determina una soluzione di continuità nella storia di un partito fondandone uno nuovo e , per certi versi, antitetico al precedente o chi prosegue con la stessa insegna del precedente? Giusto per fare due esempi. Nè il problema lo risolvi con la continuità giuridica del soggetto: con questo criterio Marcinkus è l’erede dei 12 apostoli!
Il giudizio è politico. Ad esempio, fra Craxi e Belringuer chi era il frazionista?
Tu sottolinei l’esito inferlice di tutte le scissioni di sinistra del Pci e non hai torto a rimarcarlo, così come non ho difficoltà a darti ragione sul peso che narcisismi e personalismi hanno avuto in queste vicende, ma non è che il Pci ed il suo tormentato seguito di sigle (Pds, Ds, Pd comani chissà cosa) sia andato granchè meglio. Ti faccio presente che nel 2008 il Pd presepiù o meno lo stesso numero di voti che il Pci aveva già trenta anni prima, però, nel frattempo, aveva fagocitato il Psi, la sinistra Dc, parte del Pri, del Psdi e buona parte dell’estrema sinistra. Non mi pare questo gran risultato. E poi, mi sai dire cosa c’entra il Pd di Renzi con il Pci di Belinguer (ma, tutto sommato, anche con il Psd di Occhetto) Anche il Psi si chiamava allo stesso modo nel 1892 e nel 1992 ma ti pare che fossero la stessa cosa? Temo che tu soggiaccia più al fascino delle forme (e delle sigle) che all’analisi fredda dei fatti.
Nel merito poi vedo che non hai risposto al fatto che è un vecchio vizio del Pci quello di squalificare l’avversario per non discuterne seriamente le tesi. Quanto poi all’Uscita dall’Euro tu continui a ragionare come se un singolo paese dovesse fare una scelta unilaterale (e comunque amplifichi gli effetti negativi che drammatizzi oltre misura), io invece penso ad una scelta negoziata e non di un solo paese. Più che il si-no Euro io pongo il problema del superamento dell’Euro e dell’attuale forma di Unione Europea.
David Arboit, alias vecchio vizio pcista
Ritornando al tema.
@Mauro Poggi. Paolo Savona e l’alter ego economico del generale Carlo Jean.
Una uscita dall’euro graduale e programmata è strategicamente improponibile.
Per evitare il rischio di fughe di capitali e di destabilizzare il proprio sistema bancario, un paese dovrebbe prendere la decisione di uscire dall’euro in assoluta segretezza, e imporre ai propri residenti controlli molto stringenti sulle transazioni finanziarie.
Se la notizia dell’uscita dall’euro venisse infatti divulgata in anticipo, i risparmiatori del paese che vuole uscire dall’euro e adottare una nuova moneta, che presumibilmente si svaluterebbe nei confronti dell’euro, cercherebbero – fin quando c’è l’euro – di proteggere i loro risparmi chiudendo i propri conti bancari e aprendoli presso banche straniere.
Si verificherebbe rapidamente un’uscita di capitali che metterebbe in ginocchio il sistema finanziario del paese.
Le banche del paese cercherebbero di rifinanziarsi presso la Bce, o attraverso operazioni di ultima istanza, come è avvenuto ad esempio durante la fase più acuta della crisi per le banche greche o irlandesi, ma il credito verrebbe concesso solo se il paese intendesse veramente rimanere nell’euro. Se il paese volesse invece uscire dall’euro, e successivamente svalutare, le sue banche non sarebbero in grado di rimborsare la Bce, che subirebbe una perdita a carico delle banche centrali dei paesi che rimangono nell’euro.
L’operazione di mercato – cosiddetta Omt – annunciata dalla Bce in caso di turbolenza finanziaria si applica infatti solo ai paesi che si sottopongono a un programma di risanamento concordato con l’Unione europea, e sono dunque intenzionati a rimanere nell’euro.
In sintesi, per evitare fughe di capitali, l’uscita dall’euro dovrebbe essere una sorpresa per tutti.
È difficile in una democrazia prendere una decisione così importante a sorpresa, senza coinvolgere il Parlamento o la cittadinanza. Di fatto, per avere successo l’uscita dall’euro dovrebbe essere decisa in segreto. Ciò rende praticamente impossibile negoziare le condizioni con gli altri paesi membri dell’unione monetaria, soprattutto quelli che potrebbero essere direttamente contagiati da tale decisione. Non è un caso che le uscite dalle unioni monetarie avvenute nel dopoguerra siano succedute a guerre o a disintegrazioni politiche, come quella della Jugoslavia o dell’Unione Sovietica. La separazione monetaria tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia è avvenuta al di fuori di una crisi economica, ed è stata realizzata due anni dopo la costituzione della Repubblica federale Ceca e Slovacca nel 1990, che ne prevedeva comunque la separazione. L’eventuale uscita dall’euro, anche se decisa democraticamente, comporterebbe costi enormi per il sistema economico e non necessariamente consentirebbe di risolvere i problemi del paese. Anche se la moneta ufficiale venisse cambiata, l’euro continuerebbe presumibilmente ad essere usato nelle transazioni private, come è il caso in molti paesi dei Balcani.
Ed è in fatti in segreto che la Germania nel 2012 si stava preparando per fare fronte a un possibile crollo dell’euro.
Ammesso e non concesso che si possa ipotizzare una uscita vedo la cosa totalmente al di là delle possibilità della classe dirigente italiana. A parte, ovviamente, quel geniale stratega di Beppe Grullo.
SantiNumi
@emanea
Ho letto tutto l’intervento in aula di Magri: strepitoso. E’ talmente una ricostruzione dettagliata di quello che sarebbe successo (a partire dalla rinuncia alla “Scala mobile”) che, se nelle pagine stenografate fosse stato inserito qualche grafico estratto dall’FMI, potrebbe fare da prefazione al “Tramonto dell’euro” di Alberto Bagnai.
Caro @GermanoGermani, credo tu faccia di ogni filo d’erba un unico fascio. 🙂
David Arboit, alias vecchio vizio pcista
È vero, ha perfettamente ragione quando dici che tra il PCI di Berlinguer e il PD di Renzi c’è un abisso. Ma perché si è arrivati a questo punto? Io credo perché chi aveva a cuore il destino dei lavoratori le ha sbagliate tutte, sia in termini di elaborazione culturale sia in termini di partito, cioè di carne, sangue, nervi ossa e testa su cui camminano le idee. Il punto era ed è rimasto lì (le idee e il partito) si è incancrenito fino a raggiungere il disfacimento. Io non parlo solo da intellettuale (indegno certamente quale sono, ma pur sempre mestierante della cultura) ma parlo da chi ogni giorno da molto del suo tempo al lavoro politico. La mia esperienza politica quotidiana (non libresca) mi dice che il partito in quanto comunità di uomini che costruiscono è l’unica possibilità, l’unico luogo di dialisi culturale e di contatto reale con la realtà. È nell’attaccamento a una comunità di uomini che si dedicano al lavoro politico che nasce qualcosa di nuovo e di fruttifero, se Dio vuole ovviamente.
Sull’euro condivido pienamente la tua ultima frase.
aldogiannuli
David: ma non ti viene il sospetto che abbiamo sbagliato tutto come modello organizzativo? La nostra forma partito (guarda che rifondazione e Pd sono identici da questo punto di vista salvo piccole differenze) è superata ed è la vera ragione del perchè poi sono venuti ffuori quei difetti di analisi che ti dici. Ovviamente non penso affatto che il modello m5s sia quello che può sostituirlo (anche se il mezzo web ha potenzialità da non sottovalutare) e non credo che si possa fare a meno del radicamento territoriale, ma questa idea del partito dei notabili e dei funzionari è terribile e da “pattumierizzare”
cinico senese
http://www.economiaepolitica.it/index.php/primo-piano/leuro-dei-nazi-e-il-nostro/#.U3eGOk2KAqQ
david arboit
Aldo: certo, no notabili, no funzionari. Il partito dei notabili e dei funzionari è il risultatodi una diaspora del popolo. La diaspora del popolo non è come tutti superficialmente pensano, l’effetto del fatto che il partito è dei notabili e dei funzionari, casta oligarchia che ha in mente solo la autoriproduzione. Là diaspora del popolo è la causa prima. A monte della diaspora non ci sono le ottusa chiusure delle oligarchie. Là tendenza oligarchia è una tentazione che affligge e affliggera sempre qualunque comunità umana organizzata. E che quindi è da combattere quotidianamente con una igiene democratica quotidiana.
A monte della diaspora del popolo c’è una sbagliata elaborazione del lntto della morte del comunismo e una sbagliata critica del neoliberismo.
Su questo e sulla forma partito c’è molto da lavorare. Diamoci tutti dentro se veramente abbiamo a cuore il destino del nostro popolo. Durante il congresso pd ci ha provato Fabrizio barca ma nonmhantrovato sponde serie da nessuno.