Lo scontro sul Senato: cosa c’è dietro?

Con l’intervista del Presidente del Senato Grasso (Corriere della Sera 30 marzo 2014) ed il successivo battibecco fra lui e Renzi è esploso uno scontro di grande portata politica, nel quale si stanno inserendo anche altri soggetti istituzionali. Con l’inarrivabile rozzezza dei renziani, la Serracchiani è arrivata a richiamare il Presidente del Senato (seconda carica istituzionale del paese) alla disciplina di partito: non era mai accaduto prima. Ma, in realtà, Grasso ha solo reso manifesto un conflitto che covava copertamente e che riguarda due diverse concezioni della democrazia, entrambe autoritarie e liberticide, ma fra loro opposte: la variante iper-populista e plebiscitaria e quella elitaria e monarchica.

La proposta fatta da Renzi e Berlusconi di fatto abroga il Senato, togliendogli quasi tutte le competenze, ma, soprattutto, disegnando una composizione non elettiva e di persone (sindaci e Presidenti di Regione) legate al loro ruolo sul territorio e, pertanto, di fatto impossibilitate a partecipare ai lavori di un organismo a centinaia di chilometri dalla propria sede. E, infatti, si prevede una riunione mensile puramente simbolica.

La concezione plebiscitaria della democrazia, comune a Renzi e Berlusconi, vede al centro l’esecutivo presieduto da un capo onnipotente e carismatico (l’”Unto del Signore”), limitato dal minor numero possibile di “impacci” (a cominciare dalla Costituzione) e nettamente prevalente sul legislativo, ridotto a puro simulacro. In questo quadro il Senato presenta un ostacolo, perché può dar luogo all’esistenza di maggioranze differenziate fra le due Camere (e, infatti, nessuna democrazia parlamentare in cui viga il sistema maggioritario è bicamerale).

Dunque, perché non abrogarlo tout court? Sia per considerazioni tattiche (dare un contentino formale alla Lega, indorare la pillola da far ingoiare al ceto politico), sia, soprattutto, per evitare di abrogare o riscrivere decine di articoli della Costituzione, quello che avrebbe ostacolato il bliz che i due avevano immaginato con scarso realismo, non tenendo conto delle inevitabili resistenze dei  senatori.

La seconda posizione, quella elitario-monarchica, ha preso le mosse da una proposta di Mario Monti, Renato Balduzzi e Linda Lanzillotta che prevede un Senato dotato di forti poteri di controllo e di interferenza sulle attività di governo composto da

«200 membri eletti dai consiglieri regionali, dai membri delle giunte regionali e da un certo numero di sindaci e scelti non solo tra le classi politiche locali ma anche tra i rappresentanti della società civile, dei ceti economici più dinamici, dell’università, delle professioni».

Attenzione: qui gli enti locali designano i senatori, ma non mandano i propri vertici, bensì persone scelte dalla “società civile” (università, professioni, ceti economici…”) in grado, quindi, di partecipare effettivamente alla vita dell’organismo. Dunque, un Senato vero e dotato di poteri ancora non ben definiti, ma che possa mettere becco nelle scelte del governo.

Il passo successivo è stato un appello del “Sole 24 ore” che ha iniziato a parlare di una “Alta camera della cultura e delle competenze”. Appello intorno al quale sono andati raggruppandosi intellettuali come la senatrice a vita Elena Cattaneo, Chiara Carrozza, Luciano Canfora (e questo mi duole), ma, soprattutto, Eugenio Scalfari (Sole 24 ore 30 marzo 2014) e la proposta, man mano è diventata quella di una Camera composta da grandi personalità della cultura, indicate in una rosa dall’Accademia dei Lincei (il museo egizio!) e dalle Università e poi nominate dal Presidente della Repubblica. Col che, salvo per la nomina a tempo e non a vita, è esattamente quello che era il Senato di nomina Regia.

Una proposta che pensiamo piaccia molto all’attuale capo dello Stato, che è uno che la monarchia ce l’ha nel sangue. Ovviamente, non è affatto negativo il coinvolgimento di autorevoli personalità della cultura nelle attività parlamentari, ma questo è auspicabile attraverso un mandato popolare, non con una nomina dall’alto. D’altro canto, in caso di bicameralismo, per quanto imperfetto, è per lo meno bizzarro comporre una Camera delle competenze da contrapporre all’altra che, implicitamente, diverrebbe “degli incompetenti”.

A ben vedere si tratta del modello della “democrazia a trazione elitaria” teorizzata da Monti e che ha trovato espressione tanto nel “governo dei tecnici” (esplicitamente citato da Monti nel suo articolo sul Corriere della Sera il 30 marzo 2014) quanto nelle due commissioni di saggi che dovevano riformare la Costituzione. Dunque, la Camera bassa (che il sistema elettorale in discussione assicurerebbe che sia davvero molto bassa) elettiva e quella Alta di nomina presidenziale. E questo porta ad un altro punto della questione: la torsione presidenzialista prodottasi in questi anni. Inizialmente, l’iper attivismo di Napolitano fu il risultato dell’impresentabilità internazionale di Berlusconi e della concomitante crisi del debito sovrano. Ma con la nomina di Monti, il Presidente è andato sempre più assumendo funzioni di indirizzo politico e, più che di garante della Costituzione, di garante delle obbligazioni Ue del paese ed in particolare del debito. Comprensibilmente, le polemiche di Renzi con la Ue in materia di vincoli di bilancio non devono aver molto allarmato il Colle che, alla vigilia del semestre europeo dell’Italia, si sente una volta di più chiamato a garantire per il futuro. Tuttavia, Napolitano, per ragioni che non stiamo qui a ripetere, si appresta a lasciare il Quirinale. Di qui la tentazione di trasformare il sistema costituzionale introducendo definitivamente le modifiche di assetto dei poteri che, sin qui si erano prodotte di fatto.

Per cui, attraverso la nomina di un Senato con penetranti poteri di controllo e di indirizzo sull’attività di governo, il Presidente acquista definitivamente il ruolo di super-Presidente del Consiglio (vagamente ispirato al modello francese) in alleanza con il ceto tecnocratico. Così da contrappesare efficacemente un governo ancora troppo condizionato dalle “spinte populiste” che vengono dal voto popolare.

Grasso, nella sua infelice intervista al Corriere, ha cercato una mediazione che tenesse conto degli umori degli attuali senatori che vorrebbero qualche chances di tornare a sedersi a palazzo Madama, ed ha proposto un Senato un po’ composto sul modello delle autonomie territoriali, un po’ elettivo, con poteri reali ma limitati. La scomposta reazione di Renzi, che arriva a proporre una revisione costituzionale per voto di fiducia (cosa che neppure nel più sconnesso regime sudamericano degli anni trenta si sarebbero sognati di fare), ha tolto il coperchio alla pentola.

Di fatto siamo di fronte a due diversi tentativi di liquidare la democrazia repubblicana voluta dalla Costituzione. Non ci resta che sperare in Razzi, Scilipoti ed amici che mandino tutto gambe all’aria.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (31)

  • Mha..siamo pronti a una democrazia matura, snella, decisionale e con una camera sola? Io sono per abolirlo del tutto. Chi vince vince, chi perde perde per 4 anni.

  • gianfranco d'atri

    E nel movimento 5 stelle non riponi nessuna speranza?
    Solo chiacchiere, o il grande potere di un manipolo di 150 eletti, seriamente orientati, sostenuti dal 30% dei voti e incitati da figure carismatiche non dovrebbe essere i grado di scompaginare e mandare a gambe all’aria ( tua traduzione ,immagino, del VFC).

  • Vorrei richiamare l’attenzione su come si sta muovendo Renzi.

    Nel giorno del suo insediamento, tenendo una mano in tasca, legge al Senato un discorso in cui dichiara, senza tanti giri di parole, che spera di essere l’ultimo Presidente del Consiglio a chiedere la fiducia in quella sede. E con queste parole la ottiene, sia pure ricevendo interventi di fuoco da alcuni (pochissimi) parlamentari del suo stesso partito che poi, per disciplina, gli concedono il loro voto favorevole.

    Ora manda la fedelissima presidente della regione Friuli a richiamare pubblicamente la seconda carica dello Stato appellandosi alla disciplina di partito.

    Da parte di Renzi, solo forza. Mediazione politica, zero (almeno in pubblico).

    Anche in altri settori, si sta muovendo allo stesso modo: dalle “riforme” del mercato del lavoro fatte senza nemmeno provare ad intavolare una trattativa con le controparti, ai tagli nella pubblica amministrazione, fatti “perché ci sono troppi vecchi”. Se questi “vecchi” saranno sostituiti, non si sa. Che cosa faranno i “nuovi” per rendere più efficiente il sistema, nemmeno.

    Il “ce ne faremo una ragione” assomiglia molto al “me ne frego” della persona che in Italia diventò presidente del Consiglio alla sua stessa età. La principale differenza tra i due mi sembra che il suo predecessore almeno vinse le elezioni, non semplicemente le primarie e ci risparmiò episodi come lo “stai sereno” lanciato al presidente in carica a due giorni dalla defenestrazione attraverso la più classica delle crisi extraparlamentari da prima repubblica. E lo dico da ferreo antifascista.

    Comunque, anche l’alternativa proposta da Monti e soci non mi sembra entusiasmante.

    Possibile che nel panorama politico italiano nessuno abbia altro da dire?

    In Ucraina, gli USA e l’UE hanno come interlocutore un nazista aiutato dai campi di addestramento della NATO, sostituito con la forza ad un governo democraticamente eletto. E’ dai tempi dei colonnelli in Grecia che gli USA non si affidavano a gente simile quando “intervenivano” in Europa. Nessun giornale a grande tiratura ha fatto rilevare la cosa, come se fosse del tutto normale.
    Qui si sta mettendo le mani sula Costituzione a colpi di fiducia e con la stessa eleganza con cui un leone sbrana una gazzella.
    La democrazia italiana ha qualche residuo anticorpo contro questi episodi o c’è rimasta solo la spesso vuota retorica dei convegni e delle commemorazioni?

    Sarebbe interessante avviare su questo blog una discussione su che cosa stia diventando la democrazia in un’epoca come questa, dominata da un traballante, ma ancora abbastanza solido sistema imperiale statunitense costellato da entità transnazionali (NATO, BCE, WTO, Bilderberg, criminalità organizzata, solo per citarne alcune) che hanno il potere di imporre la loro forte influenza ai Governi e di non dover rispondere a nessun mandato popolare.

  • Ci sono frasi che descrivono l’Italia meglio di migliaia di libri di sapientoni. Come quella del’Avvocato, Agnelli intendo: ci vuole la sinistra a fare cose di destra. Questo è il caso: il progetto di Berlusconi lo realizza il capo del PD. Un mondo capovolto.
    Anche tu, prof, avevi sottovalutato il pinocchietto di Firenze, dando per scontato che i senatori non si sarebbero MAI autoterminati. Invece ora le tue residuali speranze le riponi nei fedifraghi Scilipoti etc.
    La battaglia è persa. Comunque vada, il pinocchietto vince. Siamo nello scenario win win.
    Se aboliscono il Senato, Renzie vestito dei panni dell’ innovatore come mai nessuno in 60anni, va ad elezioni, vince, con la nuova legge elettorale prende il controllo della Camera e modifica la Costituzione a suo piacimento. Il PD è nelle sue mani, e con le elezioni saranno in mano tutti i deputati nominati da lui (per questo non hanno inserito le preferenze nella legge elettorale).
    Se il Senato gli vota contro, urlerà al mondo (già oggi ha iniziato contro Grasso) che lui è l’innovatore che lo vogliono fermare, e chiederà il voto contro i politici per il cambiamento. Vince e viene investito del potere plebiscitario, elimina Senato e modifica Costituzione.
    Bene ha fatto Grillo a sostenere l’appello di Zagrebelski Rodotà and C. contro l’autoritarismo. Ma siccome non fa scendere in piazza nessuno (non gli gusta il movimento popolare extraweb, meglio quella masturbazione collettiva dei twitter…) non se ne accorgerà nessuno e non sposterà alcunché. A futura memoria. I posteri se ne ricorderanno. Come per l’elezione del presidente della Repubblica.
    Forse se ne sta accorgendo ora, Grillo, ma anche lui ha sottovalutato il pinocchietto di Firenze e chi ci sta dietro. Fosse stato un politico con la vista lunga, proprio per evitare questa deriva, doveva tentare di allearsi col Bersani. Ma lui punta alla maggioranza assoluta: non è che ha per caso ragione la Le Pen quando dice che Grillo non passa dalle parole ai fatti?
    Sicchè, imperante un odio giustissimo contro i politici feccia, gli italiani sono ben predisposti a accettare un accentramento del potere esecutivo. La destra è inesistente. M5 è irrilevante politicamente. Chi si oppone veramente?
    L’abolizione del Senato non è autoritarismo. Nella globalizzazione è necessario velocizzare al massimo le decisioni dei governi, non siamo più nel dopoguerra. Bisogna stare al passo coi tempi. Quindi anche una eliminazione del Senato si può accettare, ma nell’ambito di una riforma totale dei pesi e contrappesi democratici di controllo dell’esecutivo. Se no si va verso il renzismo.

  • il concetto di democrazia elitaria era già stato sostenuto dai due cultori “del sè” per antonomasia eugenio scalfari e cacciari addirittura in un dibattito pubblico che si può ritrovare su yt. anch’io mi chiedevo come potesse renzi sputare in quantità industriale una serie di simili supercazzole senza timore di essere smentito dalla realtà, poi mi sono data la risposta che vedo da molti condivisa , sta smantellando la democrazia come se domani non ci fosse futuro, non gli frega del consenso popolare tanto domani non voteremo più. Ormai siamo alla logica dello stato “emergenziale ” e relativa sospensione della democrazia . Non credo che il m5s rimarrà fermo a guardare lo svuotamento delle istituzioni, ma la sicunera dell’ebetino mi fà suonare un campanello d’allarme…credo che siamo di fronte a un’altro 3 gennaio 1925 e pur non avendo stima di Grasso non posso che plaudire alle sue esternazioni…. votare a queste europee non è stato mai così impottante !!!

  • Renzi è sostenuto apertamente dagli USA che hanno scaricato Napolitano, il quale a sua volta rappresenta l’establishment europeo.
    Siamo ormai scopertamente preda di interessi esteri, e questo lo cominciano a capire parti sempre più consistenti della cosidddetta opinione pubblica.
    Purtroppo, ciò non basta, se manca una specifica e valida strategia che possa permettere di resistere. A mio parere, ma ormai lo ripeto fin troppo spesso, tale strategia dovrebbe essere antiglobalista e quindi il recuperare sovranità anche in campo economico.
    Non mi pare che ci siano forze politiche che propugnano tali tesi, l’unica cosa, certo importante, è la difesa della costituzione, ma se non si capisce quanto quest’attacco alla costituzione sia correlato ad un’operazione di tipo economico, di accaparramento del patrimonio della nostra patria, tutto sarà insufficiente.
    Così, le elezioni europee, in linea di principio fondamentali come diceva Carla nel commento precedente, risultano in definitiva inefficaci perchè non si capisce il successo di quale lista possa ragionevolmente essere considerato come positivo.
    E’ triste che in un momento in cui il sistema sta in una crisi che più che epocale appare come terminale, non ci sia una singola forza politica in grado di apprezzare le potenzialità rivoluzionarie di questo nostro tempo. Ed è anche preoccupante perchè l’agonia del sistema darà luogo probabilmente a una fase assai tormentata, a un colpo di coda che causerà danni probabilmente irreversibili all’umanità.

  • Io penso che stiamo vivendo veramente una seconda (dopo quella degli anni ’20, in Italia, e ’30) “Crisi dello Stato liberale” (che peraltro, come cominciano a rilevare diversi commentatori qualificati, non è il modello accolto dalla Costituzione repubblicana che si connota – o meglio si connotava – per un quid pluris rispetto allo Stato Liberale prefascista, di marcata impromta censitaria).

    Questa crisi è il prodotto di diversi fattori concorrenti.

    Alcuni sono fattori prepotentemente emergenti (in seguito alla crisi economica): come il rapido disfacimento della classe politica della Seconda repubblica (di cui, per le ragioni di cui sotto, francamente non si sentirà la mancanza e SPERO DI NON DOVERMI RICREDERE!), con una accellerazione di non poco momento (almeno dal 2011) e l’ascesa di una classe politica che scambia la superficialità e il pressapochismo per dinamismo e che NON HA MEMORIA delle ragioni per cui lo Stato italiano si è atteggiato in un certo modo nella sua organizzazione dal secondo dopoguerra (che fondamentalemente si potrebbe riassumere nella formula “compromesso interclassista”)

    L’altro elemento da prendere in considerazione è il contesto preesistente all’esplodere delle contraddizioni a seguito della crisi – lo potremmo definire un “fatto-situazione”, che covava sotto alle ceneri – e che riguarda in questo caso la classe politica della Seconda repubblica, la quale era ed è (nei suoi residui) largamente composta da persone che ben comprendono e ben ricordano le ragioni della tensione ideologica del Novecento, che ha informato anche le istituzione repubblicane, e che non ritengono affatto (con quella superficialità tipica di Renzi e del renzismo) che si trattasse di una mera “pippa intellettuale” (passatemi la volgarità) di politici chiacchieroni e fumosi.
    Il proplema è che questa classe politica ha creduto (o, più verosimilmente, ha FINTO di credere, per trarne un vantaggio personale in danno al proprio elettorato di riferimento – ogni riferimento alla sinistra diessina è puramente voluto) che dopo la caduta del muro di Berlino si andasse verso un periodo di benessere in cui il conflitto di classe non avrebbe avuto più ragione di essere tenuto d’occhio e temperato. Si sono messi a giocare pure loro agli investment bankers e ci hanno regalato una “costruzione europea” basata sugli assunti del più becero liberismo (che forse nemmeno ai tempi di Marshall e Pigou). Oggi la “sinistra” di matrice PSE non può nemmeno seriamente proporsi come correttivo per fermare queste tension perchè i suoi “uomini nuovi ” ci sono dentro fino al collo (convintamente liberali e liberisti) e quelli vecchi sarebbero spazzati via dalla furia del proprio elettorato al primo cedimento autocritico.

    Oggi il risultato di tutto questo è che lo Stato italiano NON PUO’ FARE ALTRO che adottare delle politiche che impoveriscono i 3/5 (se non addirittura i 4/5) della società italiana. E per farlo deve mettere i governi e le istituzioni della Repubblica “al riparo del processo elettorale” e “dalle spinte populiste”.
    Come è ben facile comprendere siamo su una strada a dir poco “problematica” per la democrazia “a suffraggio universale” e – temo – siamo solo all’inizio del percorso e guidati (almeno al momento) da un giovanotto (un sempliciotto?) che non ha nemmeno il sentore di tutte queste tensioni che covano sotto la cenere. Lui pensa che basterà ridurre i costi della “casta” e della “cricca” per placare il “populismo”. Ma come ho gia’ detto si sbaglia di grosso perchè è una persona dalle limitate capacità cognitive e che, secondo me, non ha un bagaglio culturale adeguato al ruolo che ricopre. E’ furbo (forse) ma non è detto che sia intelligente.

  • Pierluigi Tarantini

    @Cinico Senese
    @Aldo
    La Destra è inesistente e, se c’è, dorme esausta nel letto di B.
    Il M5S, nell’attesa del Godot della maggioranza assoluta, è irrilevante.
    … e la Sinistra?
    Non pervenuta.
    Conseguentemente non so cosa sarà il renzismo ma non potrà essere peggio del niente che ci governa da circa quindici anni (Aldo, ti prego, astieniti dal ricordare che raggiunto il fondo, si può cominciare a scavare).
    Quanto all’abolizione del Senato concordo sul non ritenerla, di per sè,germe dell’autoritarismo.
    E poi .. io non ci riesco proprio a rimpiangere Scilipoti e Razzi.

  • hmm. grasso non mi sta eccessivamente simpatico, ma non è questo il punto: renzi putna ad avere una maggioranza larga, anche con berlusconi, che lo aiuti nel siluramento del senato; la linea grasso non avrà mai una maggioranza che permetta una approvazione dei relativi disegni. mi sembra quindi che la minaccia reale provenga da renzi piuttosto che da grasso, e trovo ozioso perder tempo su quest’ultimo, dato che è evidente che in caso di di fallimento della linea renzi il risultato sarà il mantenimento dell’attuale assetto.
    il fatto è che renzi si è già ingolfato e berlusconi pure. non mi sorprende quindi che si stiano dedicando all’impraticabile

  • ” l’ascesa di una classe politica che scambia la superficialità e il pressapochismo per dinamismo e che NON HA MEMORIA delle ragioni per cui lo Stato italiano si è atteggiato in un certo modo nella sua organizzazione dal secondo dopoguerra (che fondamentalemente si potrebbe riassumere nella formula “compromesso interclassista”)”
    non sono per niente d’accordo. I pupari (chè i pupi come Renzi o come la friulana sono incapaci di intendere e volere) sanno benissimo quello che fanno, e quindi vogliono cancellare il compromesso interclassista in piena consapevolezza, perchè la distruzione della classe media non può consentire alcun compromesso interclassista. E questa distruzione NECESSITA della cancellazione di qualsiasi diritto del lavoro (= schiavizzazione completa dei lavoratori dipendenti) e anche della proletarizzazione di milioni di ex piccoli imprenditori. E’ chiaro che per questa gente la “repubblica fondata sul lavoro” è da cancellare tout court. In quest’ ottica è da leggersi lo scontro tra chi vuole abolire direttamente il senato (e di fatto anche la camera, col rafforzamento dell’esecutivo), e chi vuole mantenere una specie di senato/camera dei Lord/Maggior Consiglio veneziano. La differenza sta nella diversa idea di chi debba essere l’1% di padroni assoluti che rimarrà alla fine delle riforme: Renzi e i suoi pupari (come il fascistissimo Ledeen) pretendono che questo 1% sia americano, e quindi che il mondo intero sia di loro proprietà (vedi le acquisizioni di Blackrock in Unicredit e MPS, segno che la svendita totale sta per cominciare), Napolitano and co pretenderebbero che in questa classe di superprivilegiati ci sia anche qualche italiano. Verranno spazzati via, come meritano, visto che il disprezzo per la democrazia, ovvero per il potere del popolo, è lo stesso.

  • Mah, devo dire che non ho mai sentito tante balle come ultimamente. Gli Usa per esempio hanno un bicameralismo perfetto, le proposte di legge devono essere approvate da entrambe le camere, ed è il motivo per cui i democratici non riescono a combinare nulla: non hanno la maggioranza alla Camera. Tra l’altro è interessante notare come il senato usa non fosse elettivo fino al 1913 ma bensì nominato dai parlamenti degli stati. In Inghilterra c’è la camera dei Lord non elettiva, si sta cercando da anni di renderla elettiva con grande resistenze. Insomma a me sembra che si sta andando all’indietro. La governabilità è una balla, il Fiscal Compact e la riforma costituzionale del Pareggio di Bilancio sono state approvate in poche ore. Qui si sta smantellando la Costituzione ed il patto sociale stipulato nel dopoguerra. Il tutto in nome dell’Europa e di un progetto oscuro ed autoritatio. Io credo che gli ultimi Democratici di questo Paese si dovrebbero svegliare altrimenti sarà la catastrofe.

  • Qui si parla di una delle due camere composta di gente non eletta dal popolo (sindaci e presidenti di regione lo sono, gli accademici e i tecnici no), cioè di una democrazia dimezzata, davvero come nello Statuto Albertino.
    Ma si può fare una cosa del genere? Cioè la costituzione è strutturata in modo tale che si può bellamente azzoppare in modo esplicito e palese la sovranità popolare senza troppa difficoltà?

  • io non direi che Napolitano è stato scaricato dagli Americani; mi sembra piuttosto che una certa America finanziaria, che da sempre di appoggia alla sponda inglese e quindi UE, di cui Napolitano è da sempre fedele lacché, sia stata messa in minoranza in Italia a causa presumibilmente di qualche smottamento accaduto sulla sponda pacifica. L’altra America, quella principalmente dell’industria, ha preso in mano la palla e sembra non voler fare prigionieri. La prima America naturalmente non sta a guardare. I sottotitoli per non udenti di questa lettura mi sembrano Obama che viene a celebrare Renzi appena dopo che la Merkel lo ha preso a sberle, e la Regina d’inghilterra che poco dopo viene in Italia, incontra Napolitano e il Papa ma ignora Renzi.

  • @ Cinico Senese
    Bella analisi la sua, però che menata di torrone quella sull’alleanza Grillo/Bersani….
    A proposito, lei per chi voterà alle europee??
    Saprà usarlo in modo sapiente il suo voto?
    Buona giornata…

  • @mariosavona ho votato voterò e farò votare M5*. Ma se non quaglia nulla, ossia va al potere x cambiare, finirà.
    L’Italia NON è un paese rivoluzionario ma conservatore e compromissorio e voltagabbana. La DC ha governato per 50 anni proprio perchè faceva alleanze cogliendo le opportunità e eliminando tutti gli avversari. Così doveva fare M5*: andare a vedere le carte di Bersani. Non sarebbe arrivato Renzie, poteva contrattare la riforna elettorale e dello stato, fare il suo programma. Coerentemente Grillo dice: tutti via quindi non mi alleo con nessuno. Vediamo alla fine chi vincerà…Per ora vedo che i risultati li sta portando a casa Renzie Napolitano.

  • […] “Con l’intervista del Presidente del Senato Grasso ed il successivo battibecco fra lui e Renzi è esploso uno scontro di grande portata politica, nel quale si stanno inserendo anche altri soggetti istituzionali. Con l’inarrivabile rozzezza dei renziani, la Serracchiani è arrivata a richiamare il Presidente del Senato (seconda carica istituzionale del paese) alla disciplina di partito: non era mai accaduto prima. Ma, in realtà, Grasso ha solo reso manifesto un conflitto che covava copertamente e che riguarda due diverse concezioni della democrazia, entrambe autoritarie e liberticide, ma fra loro opposte: la variante iper-populista e plebiscitaria e quella elitaria e monarchica. La proposta fatta da Renzi e Berlusconi di fatto abroga il Senato, togliendogli quasi tutte le competenze, ma, soprattutto, disegnando una composizione non elettiva e di persone (sindaci e Presidenti di Regione) legate al loro ruolo sul territorio e, pertanto, di fatto impossibilitate a partecipare ai lavori di un organismo a centinaia di chilometri dalla propria sede. E, infatti, si prevede una riunione mensile puramente simbolica. La concezione plebiscitaria della democrazia, comune a Renzi e Berlusconi, vede al centro l’esecutivo presieduto da un capo onnipotente e carismatico (l’”Unto del Signore”), limitato dal minor numero possibile di “impacci” (a cominciare dalla Costituzione) e nettamente prevalente sul legislativo, ridotto a puro simulacro. In questo quadro il Senato presenta un ostacolo, perché può dar luogo all’esistenza di maggioranze differenziate fra le due Camere (e, infatti, nessuna democrazia parlamentare in cui viga il sistema maggioritario è bicamerale). Dunque, perché non abrogarlo tout court? Sia per considerazioni tattiche (dare un contentino formale alla Lega, indorare la pillola da far ingoiare al ceto politico), sia, soprattutto, per evitare di abrogare o riscrivere decine di articoli della Costituzione, quello che avrebbe ostacolato il bliz che i due avevano immaginato con scarso realismo, non tenendo conto delle inevitabili resistenze dei senatori. La seconda posizione, elitario-monarchica, ha preso le mosse da una proposta di Mario Monti, Renato Balduzzi e Linda Lanzillotta che prevede un Senato dotato di forti poteri di controllo e di interferenza sulle attività di governo composto da «200 membri eletti dai consiglieri regionali, dai membri delle giunte regionali e da un certo numero di sindaci e scelti non solo tra le classi politiche locali ma anche tra i rappresentanti della società civile, dei ceti economici più dinamici, dell’università, delle professioni». Attenzione: qui gli enti locali designano i senatori, ma non mandano i propri vertici, bensì persone scelte dalla “società civile” (università, professioni, ceti economici…”) in grado, quindi, di partecipare effettivamente alla vita dell’organismo. Dunque, un Senato vero e dotato di poteri ancora non ben definiti, ma che possa mettere becco nelle scelte del governo. Il passo successivo è stato un appello del “Sole 24 ore” che ha iniziato a parlare di una “Alta camera della cultura e delle competenze”. Appello intorno al quale sono andati raggruppandosi intellettuali come la senatrice a vita Elena Cattaneo, Chiara Carrozza, Luciano Canfora (e questo mi duole), ma, soprattutto, Eugenio Scalfari (Sole 24 ore 30 marzo 2014) e la proposta, man mano è diventata quella di una Camera composta da grandi personalità della cultura, indicate in una rosa dall’Accademia dei Lincei (il museo egizio!) e dalle Università e poi nominate dal Presidente della Repubblica. Col che, salvo per la nomina a tempo e non a vita, è esattamente quello che era il Senato di nomina Regia. Una proposta che pensiamo piaccia molto all’attuale capo dello Stato, che è uno che la monarchia ce l’ha nel sangue. Ovviamente, non è affatto negativo il coinvolgimento di autorevoli personalità della cultura nelle attività parlamentari, ma questo è auspicabile attraverso un mandato popolare, non con una nomina dall’alto. D’altro canto, in caso di bicameralismo, per quanto imperfetto, è per lo meno bizzarro comporre una Camera delle competenze da contrapporre all’altra che, implicitamente, diverrebbe “degli incompetenti”. A ben vedere si tratta del modello della “democrazia a trazione elitaria” teorizzata da Monti e che ha trovato espressione tanto nel “governo dei tecnici” (esplicitamente citato da Monti nel suo articolo sul Corriere della Sera il 30 marzo 2014) quanto nelle due commissioni di saggi che dovevano riformare la Costituzione. Dunque, la Camera bassa (che il sistema elettorale in discussione assicurerebbe che sia davvero molto bassa) elettiva e quella Alta di nomina presidenziale. E questo porta ad un altro punto della questione: la torsione presidenzialista prodottasi in questi anni. Inizialmente, l’iper attivismo di Napolitano fu il risultato dell’impresentabilità internazionale di Berlusconi e della concomitante crisi del debito sovrano. Ma con la nomina di Monti, il Presidente è andato sempre più assumendo funzioni di indirizzo politico e, più che di garante della Costituzione, di garante delle obbligazioni Ue del paese ed in particolare del debito. Comprensibilmente, le polemiche di Renzi con la Ue in materia di vincoli di bilancio non devono aver molto allarmato il Colle che, alla vigilia del semestre europeo dell’Italia, si sente una volta di più chiamato a garantire per il futuro. Tuttavia, Napolitano, per ragioni che non stiamo qui a ripetere, si appresta a lasciare il Quirinale. Di qui la tentazione di trasformare il sistema costituzionale introducendo definitivamente le modifiche di assetto dei poteri che, sin qui si erano prodotte di fatto. Per cui, attraverso la nomina di un Senato con penetranti poteri di controllo e di indirizzo sull’attività di governo, il Presidente acquista definitivamente il ruolo di super-Presidente del Consiglio (vagamente ispirato al modello francese) in alleanza con il ceto tecnocratico. Così da contrappesare efficacemente un governo ancora troppo condizionato dalle “spinte populiste” che vengono dal voto popolare. Grasso, nella sua infelice intervista al Corriere, ha cercato una mediazione che tenesse conto degli umori degli attuali senatori che vorrebbero qualche chances di tornare a sedersi a palazzo Madama, ed ha proposto un Senato un po’ composto sul modello delle autonomie territoriali, un po’ elettivo, con poteri reali ma limitati. La scomposta reazione di Renzi, che arriva a proporre una revisione costituzionale per voto di fiducia (cosa che neppure nel più sconnesso regime sudamericano degli anni trenta si sarebbero sognati di fare), ha tolto il coperchio alla pentola. Di fatto siamo di fronte a due diversi tentativi di liquidare la democrazia repubblicana voluta dalla Costituzione. Non ci resta che sperare in Razzi, Scilipoti ed amici che mandino tutto gambe all’aria.” Aldo Giannuli […]

  • Si continua a discutere nel metodo da attuare camuffandolo per una riforma essenziale, tra poteri forti, sia che siano di una casta sia che siano di una lobby, ma nessuno entra nel merito della classe più debole che è la popolazione medio bassa, cioè per intenderci quella che percepisce un reddito sotto i 24.000 euro. Se andranno avanti su questa strada a perdere sarà il popolo Italiano.

  • Massimo Badalassi

    La formazione del bicameralismo perfetto, per quello che so, è nata nel dopoguerra con la Costituzione, al fine di avere una maggiore garanzia democratica dell’iter legislativo ed evitare ricadute autoritarie come quelle del periodo Fascista antecedente.
    Ora si parla di eliminare tale sistema e nemmeno passare ad un bicameralismo imperfetto ma di togliere completamente una camera e ridurre il numero dei deputati. A mio parere l’Italia non è pronta a fare questo passo poiché penso che il numero dei parlamentari dovrebbe essere proporzionale alla propensione alla corruzione presente in un paese, poiché l’Italia si trova ad oggi al 69° posto, diminuire il numero dei parlamentari, significherebbe un più facile sbilanciamento a seguito di una “compravendita/condizionamento” degli stessi, piuttosto ridurrei a tutti lo stipendio benefit diarie e via discorrendo; (è anche vero che ridurre lo stipendio potrebbe implicare un minor prezzo di compravendita del parlamentare stesso ma non credo sia determinante, penso piuttosto che lo sia in maniera maggiore la coscienza di ognuno). Inoltre la riduzione dei parlamentari potrebbe portare ad un ulteriore scollamento tra i parlamentari stessi e i cittadini.
    Con questi presupposti credo che si possa tentare ad oggi di andare verso un bicameralismo imperfetto, ridurre eventualmente il numero dei parlamentari di poco 5% 10 % ridurre gli stipendi diarie ecc di un bel po’ e operare per ottenere la più ampia trasparenza per l’operato e per le spese sostenute.
    Tutto ciò che viene proposto da Renzi, molto simile a quello che proponeva Berlusconi, ha palesemente come obbiettivo, con la scusa dell’iter legislativo più speditivo, quello di ottenere uno sbilanciamento dei poteri nelle mani del partito vincitore.
    Apro una parentesi:
    Ma perché occorre avere un iter legislativo più speditivo? L’Italia è fra i paesi col maggior numero di leggi occorre farne di nuove così in fretta? Mi viene in mente un detto che descrive bene il panorama legislativo italiano: non c’è mai tempo per farle bene c’è sempre tempo per farle ancora; che va di pari passo con quello che diceva la mia nonna: presto e bene non vanno assieme.
    Magari occorre riscrivere/raggruppare/correggere quelle che ci sono in un testo più organico.
    Chiudo la parentesi
    Infine può essere accettabile anche uno sbilanciamento dei seggi del parlamento verso il partito vincitore, è però implicita una fiducia da parte dei cittadini, nella capacità politica/legislativa della classe dirigente; è in più implicitamente richiesto al partito di maggioranza una certa capacità a dialogare con le opposizioni, sotto rappresentate in parlamento a causa degli sbarramenti e del premio di maggioranza e quindi eventualmente a mettersi in discussione; tutto ciò negli ultimi anni si è verificato molto di raro (si veda disaffezione alle urne e decreti leggi approvati a gogo con qualche emendamento)

  • Buonasera.
    Sono un simpatizzante seriamente convinto del movimento 5 stelle.
    Probabilmente come me tante persone per molto tempo si sono tenute informate guardando i notiziari in televisione.
    Finalmente parte di queste persone ioggi iniziano ad andarsi a cercare la vera notizia navigando in internet.
    Bisogna però calcolare,che tante di queste persone hanno come me la terza media e quelle più anziane la quinta elementare,che vorrebbero fare parte del movimento per contribuire al cambiamento di questo paese .
    Se lei scrive in questa maniera,per tanti fortunati è normale è comprensibile,ma,i suoi post sono indirizzati solo a loro?
    C’era qualcuno che diceva che la politica deve essere semplice e comprensibile per tutti.
    Buonaserata

  • […] “Con l’intervista del Presidente del Senato Grasso ed il successivo battibecco fra lui e Renzi è esploso uno scontro di grande portata politica, nel quale si stanno inserendo anche altri soggetti istituzionali. Con l’inarrivabile rozzezza dei renziani, la Serracchiani è arrivata a richiamare il Presidente del Senato (seconda carica istituzionale del paese) alla disciplina di partito: non era mai accaduto prima. Ma, in realtà, Grasso ha solo reso manifesto un conflitto che covava copertamente e che riguarda due diverse concezioni della democrazia, entrambe autoritarie e liberticide, ma fra loro opposte: la variante iper-populista e plebiscitaria e quella elitaria e monarchica. La proposta fatta da Renzi e Berlusconi di fatto abroga il Senato, togliendogli quasi tutte le competenze, ma, soprattutto, disegnando una composizione non elettiva e di persone (sindaci e Presidenti di Regione) legate al loro ruolo sul territorio e, pertanto, di fatto impossibilitate a partecipare ai lavori di un organismo a centinaia di chilometri dalla propria sede. E, infatti, si prevede una riunione mensile puramente simbolica. La concezione plebiscitaria della democrazia, comune a Renzi e Berlusconi, vede al centro l’esecutivo presieduto da un capo onnipotente e carismatico (l’”Unto del Signore”), limitato dal minor numero possibile di “impacci” (a cominciare dalla Costituzione) e nettamente prevalente sul legislativo, ridotto a puro simulacro. In questo quadro il Senato presenta un ostacolo, perché può dar luogo all’esistenza di maggioranze differenziate fra le due Camere (e, infatti, nessuna democrazia parlamentare in cui viga il sistema maggioritario è bicamerale). Dunque, perché non abrogarlo tout court? Sia per considerazioni tattiche (dare un contentino formale alla Lega, indorare la pillola da far ingoiare al ceto politico), sia, soprattutto, per evitare di abrogare o riscrivere decine di articoli della Costituzione, quello che avrebbe ostacolato il bliz che i due avevano immaginato con scarso realismo, non tenendo conto delle inevitabili resistenze dei senatori. La seconda posizione, elitario-monarchica, ha preso le mosse da una proposta di Mario Monti, Renato Balduzzi e Linda Lanzillotta che prevede un Senato dotato di forti poteri di controllo e di interferenza sulle attività di governo composto da «200 membri eletti dai consiglieri regionali, dai membri delle giunte regionali e da un certo numero di sindaci e scelti non solo tra le classi politiche locali ma anche tra i rappresentanti della società civile, dei ceti economici più dinamici, dell’università, delle professioni». Attenzione: qui gli enti locali designano i senatori, ma non mandano i propri vertici, bensì persone scelte dalla “società civile” (università, professioni, ceti economici…”) in grado, quindi, di partecipare effettivamente alla vita dell’organismo. Dunque, un Senato vero e dotato di poteri ancora non ben definiti, ma che possa mettere becco nelle scelte del governo. Il passo successivo è stato un appello del “Sole 24 ore” che ha iniziato a parlare di una “Alta camera della cultura e delle competenze”. Appello intorno al quale sono andati raggruppandosi intellettuali come la senatrice a vita Elena Cattaneo, Chiara Carrozza, Luciano Canfora (e questo mi duole), ma, soprattutto, Eugenio Scalfari (Sole 24 ore 30 marzo 2014) e la proposta, man mano è diventata quella di una Camera composta da grandi personalità della cultura, indicate in una rosa dall’Accademia dei Lincei (il museo egizio!) e dalle Università e poi nominate dal Presidente della Repubblica. Col che, salvo per la nomina a tempo e non a vita, è esattamente quello che era il Senato di nomina Regia. Una proposta che pensiamo piaccia molto all’attuale capo dello Stato, che è uno che la monarchia ce l’ha nel sangue. Ovviamente, non è affatto negativo il coinvolgimento di autorevoli personalità della cultura nelle attività parlamentari, ma questo è auspicabile attraverso un mandato popolare, non con una nomina dall’alto. D’altro canto, in caso di bicameralismo, per quanto imperfetto, è per lo meno bizzarro comporre una Camera delle competenze da contrapporre all’altra che, implicitamente, diverrebbe “degli incompetenti”. A ben vedere si tratta del modello della “democrazia a trazione elitaria” teorizzata da Monti e che ha trovato espressione tanto nel “governo dei tecnici” (esplicitamente citato da Monti nel suo articolo sul Corriere della Sera il 30 marzo 2014) quanto nelle due commissioni di saggi che dovevano riformare la Costituzione. Dunque, la Camera bassa (che il sistema elettorale in discussione assicurerebbe che sia davvero molto bassa) elettiva e quella Alta di nomina presidenziale. E questo porta ad un altro punto della questione: la torsione presidenzialista prodottasi in questi anni. Inizialmente, l’iper attivismo di Napolitano fu il risultato dell’impresentabilità internazionale di Berlusconi e della concomitante crisi del debito sovrano. Ma con la nomina di Monti, il Presidente è andato sempre più assumendo funzioni di indirizzo politico e, più che di garante della Costituzione, di garante delle obbligazioni Ue del paese ed in particolare del debito. Comprensibilmente, le polemiche di Renzi con la Ue in materia di vincoli di bilancio non devono aver molto allarmato il Colle che, alla vigilia del semestre europeo dell’Italia, si sente una volta di più chiamato a garantire per il futuro. Tuttavia, Napolitano, per ragioni che non stiamo qui a ripetere, si appresta a lasciare il Quirinale. Di qui la tentazione di trasformare il sistema costituzionale introducendo definitivamente le modifiche di assetto dei poteri che, sin qui si erano prodotte di fatto. Per cui, attraverso la nomina di un Senato con penetranti poteri di controllo e di indirizzo sull’attività di governo, il Presidente acquista definitivamente il ruolo di super-Presidente del Consiglio (vagamente ispirato al modello francese) in alleanza con il ceto tecnocratico. Così da contrappesare efficacemente un governo ancora troppo condizionato dalle “spinte populiste” che vengono dal voto popolare. Grasso, nella sua infelice intervista al Corriere, ha cercato una mediazione che tenesse conto degli umori degli attuali senatori che vorrebbero qualche chances di tornare a sedersi a palazzo Madama, ed ha proposto un Senato un po’ composto sul modello delle autonomie territoriali, un po’ elettivo, con poteri reali ma limitati. La scomposta reazione di Renzi, che arriva a proporre una revisione costituzionale per voto di fiducia (cosa che neppure nel più sconnesso regime sudamericano degli anni trenta si sarebbero sognati di fare), ha tolto il coperchio alla pentola. Di fatto siamo di fronte a due diversi tentativi di liquidare la democrazia repubblicana voluta dalla Costituzione. Non ci resta che sperare in Razzi, Scilipoti ed amici che mandino tutto gambe all’aria.” Aldo Giannuli […]

  • Tagliare “i rami secchi”, troike dei creditori, spending review, “quanto ci costa la Casta”, democrazia esternalizzata, crisi di sistema, riforme istituzionali “verso una genuina Unione Economica e Monetaria” (e l’ingenuità del referendum sull’euro): il caso irlandese.

    “Irlanda, referendum boccia l’abolizione del Senato” (http://www.rainews.it/it/news.php?newsid=182231

    “Fitch: referendum Irlanda, dopo “sì” al fiscal compact minore incertezza” (http://economia.leonardo.it/fitch-referendum-irlanda-dopo-si-al-fiscal-compact-minore-incertezza/)

    C’è più democrazia sotto la troika che in questa Italia sotto coma farmacologico…

  • Alice, ma sì magari aboliamole tutte e due le camere, aboliamo la democrazia e torniamo alla monarchia assoluta, eh? Sai che governabilità che avremmo!

    Prof. Giannuli, lei non pensa che lo svuotamento delle istituzioni repubblicane e della carta costituzionale, formale e sostanziale, sia la logica conseguenza di un processo a livello europeo (e dove forse in un paese come l’Italia è più manifesto) in cui le elite burocratiche e tecnocratiche (sostenute dal potere finanziario) vanno acquisendo sempre più potere e le masse popolari subiscono una sempre crescente emarginazione dalla vita pubblica?

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