Quirinale: quali scenari?

Nel 1971, alla vigilia dell’elezione del Presidente, Lotta Continua, che era impegnata nella campagna contro Fanfani, lanciò una canzone che diceva:
“Cambia la guardia al Quirinale
ogni sette anni, cambia maiale,
qual è l’incognita per il domani?
Stai a vedere, mandan Fanfani…”

A dire del come i Presidenti si equivalgano sostanzialmente tutti, però lo stesso testo si contraddiceva proprio per l’avversione a Fanfani, che voleva dire che, pur sempre, qualcuno è peggiore degli altri. Con maggiore rigore dottrinario, la Quarta Internazionale (da cui ero appena uscito) scandiva “Il Presidente, chiunque esso sia, è sempre un servo della borghesia”. Sciocchezze, anzi, ingenuità giovanili: perché se è vero che non è con l’elezione di un Presidente che si “cambia lo stato di cose presente” è però vero che ci sono opzioni migliori ed opzioni peggiori. Di volta in volta bisogna capire quale è il punto focale della situazione.

Apparentemente siamo ad una ripresa del discorso interrotto due anni fa e, rispetto al quale, il biennio supplementare di Napolitano è stato solo una momentanea tregua. Ma le cose sono molto diverse da come erano due anni fa: non c’è più Bersani ma Renzi, il Cavaliere non è più il “redivivo” ma è di nuovo in coma, c’è stata la crisi del governo Letta, la scissione di Forza Italia ed il patto del Nazareno, ci sono state le elezioni europee, la crisi internazionale si è molto aggravata e potremmo proseguire a lungo. Insomma il 2013 è roba di un secolo fa.

Per capire quali scenari possono aprirsi, partiamo da una considerazione: il patto del Nazareno regge o no?

Nel complesso mi sembra molto difficile che il patto possa venir meno in tre mesi: né Renzi né Berlusconi hanno alternative credibili, per cui, gioco forza si aggrapperanno alla viscida alleanza. Berlusconi deve salvare Mediaset, non può candidarsi (almeno per ora) e non può reggere nuove elezioni, inoltre se il Nazareno fallisse i suoi oppositori –da Salvini a Fitto- banchetterebbero sul suo cadavere. Quindi, piaccia o no deve tenersi stretto il fiorentino.

Neanche Renzi sta messo bene: la sua maggioranza regge sulla finta opposizione del Cavaliere, può andare a nuove elezioni ma con il Consultellum e, soprattutto, se gli crolla il Nazareno apre ampi spazi ai suoi oppositori interni. Morale: resteranno abbracciati anche se l’amore non è più quello di un tempo. E’ ovvio che la il patto dovesse sciogliersi si aprirebbero scenari molto diversi, ma per ora lasciamo perdere e ragioniamo sulla base di quello che c’è. E non c’è dubbio che, in questo caso, lo scontro sarà fra Nazareno e nemici del Nazareno.

Berlusconi ha già chiesto garanzie sul Quirinale, il che significa due cose: un Presidente “buono” che lo perdoni (ci siamo capiti) e che il Presidente non sia Prodi, ma uno interno alla logica del Nazareno. Quindi, si mette a capo del partito del TTP (Tutti Tranne Prodi), che ha adepti anche nel Pd (o pensate che i famosi 101 siano scomparsi?). Anche Renzi ha interesse a bloccare la strada a Prodi (che si sa essere tipo assai vendicativo ed al quale bruciano ancora quei 101 voti mancanti, di cui molti erano appunto renziani).

Il candidato ideale del Nazareno potrebbe essere Veltroni: abbastanza amebico per non fare ombra a nessuno ed abbastanza pappamolle da cedere alle richieste di grazia del Cavaliere (in fondo, se si vuole un Presidente buono, chi meglio dell’inventore del buonismo?). Come riserve vedrei Fassino, Franceschini e via elencando ectoplasmi. Se poi si vuole una donna ci sarebbe la Pinotti o al massimo la Finocchiaro (che però è meno docile e come ex magistrato, magari è meno propensa ai perdoni).

Dall’altra parte il PAN (partito anti Nazareno) può contare sulle truppe del M5s, della Lega, di Fratelli d’Italia e (forse) di Sel. Se ci aggiungiamo (forse, molto forse) gli ex 5stelle fuoriusciti, si mettono insieme circa 300 grandi elettori: pochi per eleggere qualcuno, molti per far pendere il piatto della bilancia dalla parte di un candidato alternativo. E qui il boccino lo hanno in mano quelli della minoranza Pd: se si allineano alle direttive di Renzi sono definitivamente morti, per cui non c’è dubbio che hanno tutto l’interesse ad impallinare nell’urna Veltroni o l’eventuale cataplasma equivalente. Però, sappiamo che la minoranza Pd non brilla per l’audacia, per cui non è detto che facciano quello che razionalmente andrebbe fatto. Ma immaginiamo che riescano per un attimo ad avere un briciolo di coraggio: il candidato naturale è Prodi: potrebbe catalizzare anche 180-200 voti di dissidenti Pd, cui si aggiungerebbero quasi certamente i circa 50 di Sel e, probabilmente, una decina di ex Scelta Civica. Se a questi si aggiungessero i circa 180 del M5s si sfiorerebbero i 450, suscettibili di crescere con gli ex 5s e qualche altro Scelta civica; ancora sotto la quota necessaria (505), ma abbastanza per mettere in crisi i poveri Nazareni. In bilico resterebbero la sessantina di Lega e Fdi, Alfano, Gal ed eventuali dissidenti di Fi. A giudicare dai risultati per la Corte Costituzionale, non sembra che la somma Pd+ Fi+ Ncd+Sc riesca a raggiungere i 500 voti.

Per cui, misurando a spanne, l’andamento delle votazioni potrebbe essere questo: nelle prime tre votazioni, in previsione del tiro al piccione dei franchi tiratori, i partiti presentano solo candidati di bandiera. Si inizia a ragionare dalla quarta, quando verrebbero fuori i candidati veri che potrebbero essere Veltroni e Prodi. Realisticamente, il primo si attesterebbe sui 460-490 voti (dipende da che fanno Alfano e la ex Sc), il secondo (sommando il M5s) 400-450 e circa 100 fra schede bianche e candidati minori.

Questo potrebbe dare il via ad un braccio di ferro a caccia dei voti degli indecisi nel quale la Lega potrebbe essere decisiva: Prodi non gli piace, ma l’alleanza del Nazareno ancor meno, per cui potrebbe convergere tatticamente su Prodi.

In questo caso assisteremmo ad una vittoria di misura dell’uno o dell’altro candidato. Ma potrebbe anche profilarsi un estenuante serie di votazioni a vuoto per poi convergere su un nome da zero a zero. L’ideale, dal punto di vista dei partiti sarebbe Draghi, che potrebbe totalizzare Pd, Sel, Fi ,Ncd e Sc. Ma chi glielo fa fare? E’ alla guida della Bce ed ha ottime carte per succedere alla Lagarde al Fmi, perché mai dovrebbe accontentarsi del Quirinale?

Come seconda scelta potrebbe esserci qualche sbiaditissimo centrista (ad esempio Casini) che potrebbe essere digerito dalla minoranza Pd. Ma se anche questa scelta dovesse fallire, resterebbe la via “istituzionale”: il governatore di Bankitalia, il Presidente della Corte Costituzionale o quello della Cassazione…

Per ora predisponiamoci al derby Nazareno-Antinazareni. E che perda il peggiore.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (3)

  • draghi al quirinale sta impazzando sulla stampa tedesca, però sembra che si stiano facendo prendere un pò la mano: infatti si tratta di articoli in cui più o meno è scritto che draghi andrà al quirinale per “controllare renzi”.
    ma se renzi facesse votare un tizio così impopolare come draghi solo per piacere a berlino sarebbe già così controllato che un ulteriore controllore sarebbe superfluo e controproducente. quindi continuo a derubricare il tutto all’argomento “stronzate da dare in pasto alla stampa tedesca”.
    per quanto riguarda prodi, il professore si è come al solito scordato di citare il terzo membro del patto del nazareno, quello silente, ovvero peppecrille. che d’altra parte è un membro molto meno silente del grande partito del “tutti contro prodi”. E, sebbene poco prima di questo ferragosto si sia lamentato della mancata elezione di prodi, i suoi stavano sempre a votare qualcun’altro, proprio come i renziani, senza contare la manifesta antipatia di grillo per prodi, con il quale è sempre stato molto più cattivo che con berlusconi…
    tuttavia è anche vero che lo scenario è cambiato rispetto al passato: la mancata elezione di prodi è stato il primo atto d’intenti da parte di tutte le forze politiche, il cui chiaro significato era che nessuno aveva la volontà e/o le palle di cambiare l’assetto delle alleanze in stile “grosse koalition”.ora che lo spirito da “grosse koalition” è incarnato da renzi anche un’elezione di prodi non causerebbe grossi traumi, almeno non tanto grossi quanto in passato.
    bisogna solo vedere se a renzi gli garba, ovvero se gli possa convenire un presidente come prodi: certo se lo facesse eleggere otterrebbe il fatto di farsi rivotare da molti elettori di sinistra che adesso sono un pò così e cosà. a destra ha ormai sfondato, e se si riesce a tenere uniti un bel pò di elettori dall’altro alto c’è la poltrona garantita.
    altro che messo male, renzi è proprio un fortunello: adesso si sta divertendo a tenere per lo scroto berlusconi e a frantumargli il partito per prendersi gli elettori. poi quando lo ha spolpato per bene può benissimo pensare di dare qualche colpetto ai 5 stelle che tanto qualche altro orellana grillo glielo trova, fino a durare fino a fine mandato. e, nonostante questa invidiabile situazione, si sta adoperando per fare ancora di più ed essere casomai rieletto con maggioranza più solida e mandato più lungo.

  • Draghi andrebbe al Quirinale qualora fosse sfrattato dalla Bce e non venisse proposto al posto della lagarde. In Effetti con l’aria che tira nell’Europa dei camaleonti non è escluso nessun colpo di mano per ripristinare lo satus quo di una finanza ancora più aggressiva. Il gioco della scelta del presidente si gioca su più fronti. Non dimentichiamo che Napolitano è stato il tutore ed il garante della UE e qualsiasi altro presidente deve avere l’orecchio ben teso alle voci della BCE e della finanza. Un presidente pro euro tanto per intenderci, sempre meno garante della costituzione e delle libertà interne.

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