Rivoluzione araba: qualche ipotesi sul caso libico (terza parte)
A più di tre mesi di distanza dall’inizio dell’intervento aereo occidentale, la situazione è tutt’altro che chiusa; sembra (ma la cosa è tutt’alttro che certa) che Gheddafi sia alle corde, ma è così? La stessa proposta del comitato di Bengasi di negoziare il suo ritiro offrendogli la possibilità di restare in Libia, fa pensare che le cose siano tutt’altro che scontate.
Che ci sia molta “nebbia di guerra” nella comunicazione lo conferma anche un esame rapido dei titoli dei giornali che un giorno danno per imminente la sconfitta del Rais e due giorni dopo riportano le valutazioni dello stato maggiore inglese che ritiene insostenibile economicamente l’intervento oltre settembre (e dunque, il tracollo di Gheddafi è tutt’altro che scontato).
Infatti, contro le previsioni prevalenti, l’esercito del Rais ha retto l’urto riuscendo a rallentare l’attacco dei bengazini.
A quanto pare, questa particolare resistenza è stata il frutto di una tattica messa a punto dopo l’osservazione della guerra del Kosovo: anche in quella occasione l’intervento delle potenze occidentali ebbe carattere di intervento esclusivamente aereo, che bastò alle truppe dell’Uck per sconfiggere i serbi. Forti di quella esperienza, i gheddafiani hanno messo a punto una tattica basata sulla dispersione ed occultamento delle forze sul territorio e sulla loro rapida concentrazione in determinati punti, per poi tornare a disperdersi prima che l’aviazione nemica arrivi in forze. Spesso le truppe operano in borghese e raggiungono il posto in mezzi di trasporto civili (auto, pullman, camion privi di insegne militari) e che vengono poi coadiuvate dai mezzi blindati nascosti in determinati punti. I blindati si sposterebbero gradualmente da nascondiglio a nascondiglio, muovendosi prevalentemente di notte, per percorsi relativamente brevi e nascondendosi in centri abitati o nei loro pressi.
Una modalità di combattimento che unifica quelle tipiche di un esercito regolare (uso di armi pesanti, controllo del territorio che consente disponibilità di basi per il deposito di artiglieria e carri e per il munizionamento ecc.) con una tattica di tipo guerrigliero (il continuo moto di concentramento/dispersione delle forze, la scarsa identificabilità dei combattenti ecc).
Dal punto di vista polemologico, il caso libico è molto particolare ed è destinato ad essere studiato a lungo, ma qui non ci interessa più di tanto esaminarlo. Il punto è capire quale sia il potenziale di resistenza dell’esercito di Gheddafi e quali siano le strategie in atto.
I ribelli e gli alleati puntano alla sconfitta definitiva del Rais e contano di arrivarci per due strade: o l’ urto frontale vincente oppure la tattica di logoramento economico dell’avversario.
Gheddafi punta a resistere, calcolando che oltre un certo limite, l’intervento aereo occidentale non può andare e valutando poco realistico un loro impiego a terra per le considerazioni che faremo poco oltre.
Il calcolo degli occidentali e dei ribelli è che, privo della possibilità di vendere petrolio (la maggior parte dei pozzi – ma non dei porti di imbarco del greggio- sono nelle mani di Bengasi) e con il fondo sovrano congelato dalle banche occidentali, Gheddafi esaurirà in breve le risorse necessarie a reclutare nuovi mercenari e sostenere la guerra. Calcolo realistico che, però, trascura due fattori:
a- che nessuno sa con esattezza quali, quante e dove siano le riserve finanziarie del Rais
b- che egli possa trovare una fonte di credito in qualcuno che scommetta su di lui o che abbia semplicemente interesse ad una sorta di “somalizzazione” della Libia. E questo potrebbe significare un logoramento in tempo lunghi, troppo lunghi.
Infatti, anche il rais punta su una strategia del logoramento dei suoi avversari: sino a quando l’aviazione occidentale sarà presente, sa di non avere alcuna possibilità di abbattere i suoi avversari e può solo pensare di resistere. Ma quanto ancora può durare l’intervento aereo occidentale? Siamo già ben oltre la durata della guerra aerea del Kosovo, ogni missione ha un costo molto elevato (e sinora se ne sono contate circa 12.000) e, per di più, la situazione economica internazionale è tutt’altro che florida. Italia ed Usa sono già nell’ordine di idee di ridurre la propria presenza, lo stato maggiore inglese (come si è detto) ha avvertito che oltre settembre sarebbe difficile una prosecuzione, la Francia da sola difficilmente potrebbe risolvere la questione.
Dunque, la strategia del logoramento può rivelarsi un boomerang per gli occidentali. Nel momento in cui la pressione aerea occidentale calasse o si esaurisse, Gheddafi potrebbe anche pensare ad un contrattacco con discrete probabilità di vittoria: sinora gli occidentali non hanno armato seriamente i bengazini i quali, da parte loro, sembrano un po’scombinati militarmente. D’altra parte un intervento a terra occidentale, è poco probabile sia per ragioni di ordine economico che di ordine politico e militare. Infatti, sarebbe molto complicato farlo accettare all’Onu ed alla Lega araba, andrebbe incontro all’ostilità di Bengazi (che ha sempre respinto questa possibilità), provocherebbe proteste popolari molto forti nei paesi europei anche a causa della situazione economica che renderebbe indigeribile un impegno di quelle dimensioni. Insomma (e per fortuna!) questa possibilità sembra assai improbabile.
Anche la caduta di Tripoli sotto l’urto dei bengazini non sembra probabilissimo per quello che dicevamo prima, anche se è un po’ più credibile dell’ipotesi dell’intervento a terra degli occidentali.
Potrebbe verificarsi una sollevazione delle popolazioni della Libia occidentale (ad esempio dei Warfalla) ma non abbiamo informazioni che autorizzino a pensare ad una prossima evenienza del genere.
Il punto più problematico è il carattere troppo composito del comitato di Bengazi, che appare un interlocutore poco affidabile ed insieme troppo “indipendente” agli occidentali che, anche per questo, non lo armano come potrebbero. Peraltro, i bengazini non sono entusiasmanti anche per ragioni opposte a quelle delle potenze occidentali: troppo peso di componenti conservatrici e conseguente troppa ambiguità su molte questioni decisive.
L’intervento occidentali a marzo è stato utile a mantenere aperta la situazione evitando una rapida disfatta dei bengazini. Quella disfatta avrebbe avuto effetti molto negativi anche sulla generalizzazione delle rivolte arabe: i successivi sviluppi in Siria e Yemen sono stati anche il prodotto della situazione che si è determinata dopo quel’intervento. Da questo punto di vista non mi pento affatto della posizione assunta a marzo.
Ora, però, l’intervento ha esaurito quella funzione e, tutto sommato ha effetti prevalentemente negativi sugli sviluppi della rivolta araba: ad esempio mettendo in ombra l’azione controrivoluzionaria dei sauditi. D’altra parte, se è concepibile un appoggio limitato nel tempo e nelle modalità ad un processo rivoluzionario, non è nè auspicabile nè utile che qualcuno si sostituisca ad un popolo: creare una Libia diversa spetta al popolo libico e non a qualche supplente.
Dunque, la situazione è più che matura per una fine dell’intervento occidentale.
Si aprono tre strade: quella di un definitivo rovesciamento di Gheddafi a seguito di una insurrezione della Libia occidentale e dell’azione militare dei bengazini, quella di un negoziato politico fra le parti che porti ad una soluzione mediata del conflitto, quella di una “somalizzazione” della Libia. La prima soluzione può apparire più auspicabile –salvo poi vedere quale accordo troverebbe la complicatissima coalizione dei vincitori e quale Libia ne verrebbe fuori- ma non è affatto scontata ed, in questo caso non c’è dubbio che una soluzione negoziale sarebbe di gran lunga preferibile a quella di un conflitto endemico e devastante.
Aldo Giannuli
Per chi abbia voglia e tempo, qualche lettura utile:
“Limes” quaderno speciale “La guerra di Libia” anno 3 n 2 aprile 2011
“Limes” “controrivoluzioni in corso” n 3 luglio 2011
“Aspenia” “Le rivoluzioni a metà” “morte e vita dei regimi arabi” n 52 marzo 2011
“Rivista Italiana Difesa” Andrea NATIVI “Libia la guerra che nessuno voleva fare” n 5 maggio 2011
“Raids” maggio 2011
“Panorama Difesa” n 297 maggio 2011 Riccardo FERRETTI “La guerra di Libia”
“Panorama Difesa” n 298 giugno 2011 Andrea TANI “La crisi libica, gli Usa e l’Iraq”
“Reset” n Maggio-Giugno 2011 “Nomi ed idee del nuovo Islam
“Foreign Affairs” maggio-giugno 2011 “The new arab revolt”
“The american Interest” Maggio-giugno 2011 “Tremors of the arab spring. What Just happenned?”
“The Atlantic” giugno 2011 “Is this the face of Arab Democracy?”
“Courier International” 9-15 juin 2011 “Emirats arabes unis. Des mercenaires colombiens au secours des royaumes petroliers du Golfe”
“Maniere de voir- <Le Monde diplomatique” n 117 Juin-Julliet 2011 “Comprendre le réveil arabe”
“Le Monde- Bilan Géostratégie” 2011 “Lwe revolutions du printenps arabe”.
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Giovanni Talpone
C’è un punto che non mi è chiaro: le eventuali riserve finanziarie di Gheddafi servono se è possibile far arrivare fisicamente dei rifornimenti nell’area da lui controllata. Ma da dove passano? Dalla Tunisia, dall’Algeria, dall’Egitto, da sud, via mare? In teoria il blocco dei rifornimenti, anche solo con la forza aerea, dovrebbe essere facilissimo (radar e infrarossi dovrebbero permettere di controllare molto bene mare e deserto). Se invece Gheddafi non riceve niente e conta solo sui depositi (e in questo caso il ruolo delle eventuali riserve finanziarie sarebbe comunque nullo), perchè l’intelligence occidentale non è in grado di dare stime attendibili sulle sue riserve?
giandavide
condivido ogni parola
davide
La storia sarebbe perfetta,se non ci fossero gli storici.
davide
Volevo specificare la frase sopra che effettivamente suona decisamente polemica nei confronti degli storici.
In sostanza non è del tutto così,anzi…
Quale pensiero volevo esporre?Semplicemente che la Perfezione della Storia è legata al suo fatto di essere come un fiume in piena di eventi,corsi,tragedie e scoperte fondamentali.
Esente dalla morale pubblica, più descrivibile usando la morale politica.Per questo lo storico essendo un uomo non può che dare una visione imparziale del suo pensiero profondo,più che della Storia.Un documento in quanti modi può essere letto,un fatto da quanti punti di vista può essere raccontato?La debolezza travagliana del Fatto come ente supremo al di sopra di ogni ragionevole dubbio,si scontra già con la soggettività di tale pretesa.
Quindi anche i fatti delle rivoluzioni arabe mostrano in campo pensieri validissimi e rigorosi ma entrambi veritieri.C’è chi sostenendo il tracollo gheddafiano si pone difensore dell’occidente euroatlantista,con l’aggiunta di belle parole e ragionamenti armoniosi,chi invece vede l’avanzata del potere imperialista euroatlantista e sionista come qualcosa di terrificante e odioso.
Non c’è il torto da nesuna parte nella seconda ipotesi,c’è un colabrodo clamoroso nella prima,eppure la buona fede e il pensiero rigoroso non cambiano.
La Storia però procede con una perfezione che manca alle analisi dello studioso.(magara …tranne losurdo!^_^)
massimo
Io tifo per la resistenza lunga di Gheddafi; potrebbe essere un monito, specie in questi tempi critici economicamente, per gli occidentali a non intraprendere in futuro altre operazioni scellerate e illegali come questa.
davide
parole sante massimo!!!!!
Hai assolutamente totalmente ragione
massimo copetti
Dopo settimane di silenzio, scrivo per complimentarmi con Aldo per la profondità dell’analisi, veramente equilibrata e ben documentata.
Messo da parte il tono polemico dei miei primi interventi, pongo solo una domanda, un dubbio che avevo sin dai primi giorni della rivolta: è pensabile un più o meno dichiarato sostegno (economico e/o militare) dei russi al colonnello? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Aldo al proposito. Nei primi giorni della rivolta mi ricordo di reportage televisivi russi che sembravano provenire direttamente da Tripoli. La determinazione a resistere ad oltranza, in assenza di un appoggio esterno di un certo peso, non penso si addica molto a Gheddafi, che i suoi calcoli li ha sempre saputi fare (sebbene indossi da anni la maschera da buffone). A livello internazionale il caso libico mi sembra alquanto confuso: un’alleanza nata male e continuata peggio, l’astensione iniziale di pezzi grossi quali Russia, Germania e Cina, i continui cambiamenti di linea del governo italiano che sembra essere più in guerra con la Francia che con la Libia….insomma, è proprio da escludere che la sede delle principali trattative sia al di fuori della Libia e non abbia per protagonisti il regime da un lato e Bengasi dall’altro?
aldogiannuli
ro massimo sono convintissimo che russi e cinesi, pur per ragioni parzialmente diverse ( i russi per l’effetto che questo ha sul prezzo del gas, i cinesi per le loro strategie di penetrazione africana) hanno tutto l’interesse non tanto ad una vittoria di Gheddafi quanto al fatto che il conflitto perduri il piùà a lungo possibile. Dunque è perfettamente logico che si comportino di conseguenze, ma con molta cautela per evitare di poregiudicare i rapporti con le eventuali nouve leadership scaturite dalla rivolta araba. Morale: è plausibilissimo che ci sia un aiuto sottobanco a Tripoli, magari ne sapremo qualcisa in un futuro non lontanissimo