Etica del lavoro: una risposta necessaria.

A proposito del mio pezzo “Non c’è sinistra senza etica del lavoro” (nel quale accennavo alla questione delle molestie telefoniche per promozioni commerciali) una lettrice mi scrive:
<<Caro Professore,
sono una di quelle ragazze che purtroppo “le rompe le scatole ad ogni ora con annunci commerciali”, lavorando io in un call center per 7,20 euro l’ora netti… mi dispiace averLe arrecato tanto disturbo. Mi rendo conto di aver cosi’ disturbato il suo duro lavoro usurante di docente universitario, che, mi illumini, e’ composto di quante ore in aula ad anno accademico (8 mesi) ? 80? 60?  Vero poi le tesi (di cui si occupano gli assistenti) e le faticosissime due ore di ricevimento a settimana (con magari un faticosissimo cartello da scrivere sulla porta “il docente sospende il ricevimento per motivi accademici fino al 2019”), e le durisdime sessioni d’ esame… come vede l’universita’ la frequento un po’. Sa com’e’ i soldi guadagnati al call center mi servono per pagarmi gli studi. A 25 anni vivo ancora con i miei genitori (un operaio ed una casalinga). Prima di parlare di lavoro, cominci a lavorare…>>

Trattandosi di un intervento di particolare maleducazione (come spiego più avanti) avrei potuto semplicemente cancellarlo, ma ho preferito tenerlo e commentarlo, perché mi sembra un interessante documento di costume, che dice cosa hanno in testa una parte dei giovani di cui la nostra arrogante signorina può essere ritenuta un interessante esemplare.

Si tratta di un intervento disinformato, di rara ignoranza e  ineducazione. Vengo al merito:

La disinformazione: la signorina ignora quali siano gli obblighi di un docente universitario che non sono solo quelli delle ore del corso o le tesi,  ma includono anche la preparazione delle lezioni, le riunioni degli organi accademici, gli adempimenti burocratici che sono molti di più di quelle che lei immagina, i laboratori, esami, sedute di laurea (ora ci sono solo quelle di biennale), il ricevimento degli studenti, la risposta alle loro eventuali mail che, nel periodo del corso, sono quasi quotidiane e poi, scrivere libri e saggi, organizzare o partecipare a convegni e seminari eccetera. Poi forse, alla signorina, che tradisce una cultura di tipo para leghista, scrivere libri e saggi o partecipare a convegni ecc. può sembrare che non sia un lavoro, o un lavoro degno di questo nome: ogni bifolco lo pensa.

Poi ovviamente, c’è chi ottempera agli obblighi e chi non lo fa, c’è chi scrive e chi non scrive, chi prepara la lezione e chi non la prepara, chi fa ricevimento e chi mette il cartello “ricevimento sospeso per i prossimi tre anni”, chi risponde alle mail degli studenti e chi nemmeno le legge, c’è chi studia e chi non studia. Tutto vero e spesso ho denunciato, anche su queste pagine, i troppi abusi dei miei colleghi e il livello deplorevole della didattica, ma questo non significa che siamo tutti uguali, mentre la signorina non distingue affatto fra chi lavora e chi no, facendo, in questo modo, il gioco di quelli che non lavorano. Il guaio è che non solo la signorina generalizza, ma attribuisce a me personalmente certi comportamenti invitandomi “a cominciare a lavorare”. Come si permette? E qui c’è la maleducazione.

Cosa ne sa di come e quanto lavoro? Che ne sa del mio passato per cui mi tratta come un parassita che non ha mai lavorato? Io posso dire (e credo che i miei studenti possono attestarlo) che:
1.    faccio regolarmente lezione preparandola sempre
2.    partecipo spesso a laboratori organizzati da altri colleghi o da gruppi studenteschi
3.    mi faccio un obbligo di rispondere alle mail degli studenti entro le 24 ore
4.    sono uno dei docenti che dà più tesi, di cui seguo personalmente più della metà e, quando ciò sia necessario, ricevo il tesista anche di domenica a casa mettendogli a disposizione i miei libri personali e la mia fotocopiatrice
5.    ogni qual volta me lo chiedono concedo appelli straordinari
6.    sono piuttosto attivo in materia di convegni, libri e saggi (ho pubblicato circa 4.000 pagine negli ultimo 10 anni, come si evince facilmente dagli stessi dati su questo Blog)
7.    la mia media di lavoro (documentabile) annua è di circa 1.800-1.900 (senza contare il blog)
8.    che forse il mio è un lavoro qualificato.

Posso aggiungere di essermi schierato con gli studenti in ogni occasione, di aver sempre lavorato in vita mia facendo anche diversi lavori precari, di aver lavorato gratis per l’università dal 1980 al 1992, per cui, andrò fra breve in pensione con circa 1.000 euro al mese). Ragion per cui non consento alla prima oca di passaggio di dirmi che devo “cominciare a lavorare”.

Quanto poi al carattere usurante del mio lavoro (quello del call center certamente non lo è, come quello in miniera) posso dire che in genere non lo è, anche perché mi piace farlo, ma che può esser decisamente usurante se si incrocia uno studente con una testa come quella di chi ha scritto queste righe.

Aggiungo poi due cose:
che anche se uno non sta lavorando ma sta scrivendo, riposando, cucinando, leggendo o innaffiando le piante, ha diritto a non essere molestato dalla invadenza delle promozioni commerciali. Ragion per cui credo che proibire o tassare queste telefonate sia una battaglia di civiltà.  Infatti, e siamo al secondo punto, quello di telefonare, per le promozioni commerciali, non è un lavoro, ma solo una “attività retribuita” e se la differenza non è chiara la spiegherò in un prossimo pezzo. Anzi, per la precisione, quella dei call center è una attività socialmente inutile e non di rado dannosa, perché spesso  veicolo di truffe, come quelle telefoniche o di altro genere o copre attività propriamente criminali come la ricerca di dati personali delicati (come si legge a proposito di casalinghe o pensionati indotti con inganno a dare  i propri dati anagrafici, bancari, eccetera poi utilizzati a fini illegali). Per questo “lavoro”, la signorina, che evidentemente si sente una sfruttata, dichiara di ricevere netti 7 euro e mezzo all’ora, il che, considerato il livello intellettivo che dimostra, direi che rivela come, a volte, il capitalismo abbia livelli di generosità eccessivi. Quanto al fatto che questo denaro viene investito negli studi universitari, voglio dare un consiglio: risparmi quel denaro e lasci perdere: non è roba per lei.  Se poi la signorina dovesse trovare troppo pesanti alcuni miei apprezzamenti, tenga presente che, essendosi permessa di darmi del parassita, senza sapere nulla di me (“cominci a lavorare”) non può attendersi una risposta particolarmente delicata. E impari a vivere.

Aldo Giannuli

aldo giannuli


Aldo Giannuli

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Comments (45)

  • Non c’entra con la lettera della telefonista: vorrei cogliere l’occasione per tornare su alcune considerazioni del pezzo sull’etica del lavoro. In quell’articolo, si denuncia il ” reddito minimo garantito ” come una compensazione offerta a molti cittadini affinché si rassegnino ad accettare lavori precari e mal pagati o la disoccupazione. Certamente può essere usato in questo modo. Ma per quanto si possa cercare di promuovere l’occupazione resteranno persone da essa escluse per periodi più o meno lunghi: non credo sia giusto lasciare che si affidino all’assistenza ecclesiastica o familiare per vivere. Poi, il reddito minimo garantito potrebbe funzionare proprio come un rafforzamento della posizione contrattuale dei lavoratori: dipende da quali condizioni sono poste per poterlo ricevere e dal contesto generale. In breve, forse Giannuli, che pure riconosce sempre l’importanza dell’aprirsi alle novità, su questo tema è rimasto attaccato a una concezione un poco retrò della sinistra. Forse…

  • “Qualcuno li ha ribattezzati i “braccianti del terzo millennio”. E la definizione non si discosta di molto dalla realtà”.

    http://espresso.repubblica.it/inchieste/2016/03/17/news/minacce-pressioni-e-voucher-ecco-come-lavorano-gli-schiavi-dei-call-center-1.253263

    Non credo troverà reportage del genere sui poveri, bistrattati, schiavizzati, sfruttati…professori universitari…

    ah se non va bene l’Espresso, può sempre scaricarsi gratuitamente un libro inchiesta sugli schiavi dei call center di un certo Beppe Grillo (forse lo conosce)
    http://www.zeusnews.it/n.php?c=5819

    Aldo! la ragazza sarà stata anche maleducata, ma proviamo a capirla, visto che si vuole parlare di precariato, giovani e lavori… è questa la realtà, purtroppo.

    Marco Giusti

    • Che si tratti di un lavoro di tipo schiavistico non mi pare dubbio, visto che una delle caratteristiche di quest’ultimo è la disorganizzazione, (o l’organizzazione ridotta al minimo ), per risparmiare sui costi . Un esempio – e non credo di essere il solo – di tipo personale è la frequenza incredibilmente alta delle chiamate da parte di una società di telecomunicazione, che non nomino ma che molti individueranno, che continua imperterrita nonostante risposte sempre più rapide e violente da parte mia. Negli ultimi due mesi al ritmo di almeno due al giorno. Si potrebbe pensare che sperino di prenderti per sfinimento. Ma presumo che ciò avvenga per un verso perché il clima interno, tra colleghi/schiavi che cercano di strapparsi l’un l’altro i possibili clienti deve essere avvelenato. e questo induce a compassione più che a disprezzo. Per l’altro, e soprattutto, per l’assenza di qualsivoglia coordinamento centrale delle informazioni che comporterebbe un costo aggiuntivo. In ogni caso è chiaro che il messaggio salviniano che il lavoro intellettuale non sia un lavoro è facilmente recepito da una massa giovanile che considera , indotta da un sistema mediatico/propagandistico molto più raffinato di quanto sembri, il proprio analfabetismo funzionale come un pregio anziché un handicap.

      • Sbagliato.
        Le chiamate sono automatizzate e continuano fin quando un operatore non segnala che il contattato ha aderito all’offerta. I computer formano i numeri di telefono presi da una lista e passano automaticamente la chiamata al primo operatore disponibile. La riprova è che spesso quando si risponde per alcuni istanti si sente il segnale che avvisa l’operatore di una chiamata in arrivo.
        Tutto il contrario della disorganizzazione, perciò. Rassegnamoci.

        • Ringrazio per la precisazione. Resto però convinto che si tratti di un sistema disfunzionale, perché induce la “vittima” a rifiutare in blocco i contatti, compromettendo così l’esito anche di un’eventuale offerta conveniente.

  • Dunque:
    “disinformato, di rara ignoranza e ineducazione”
    “prima oca di passaggio”
    “e si incrocia uno studente con una testa come quella di chi ha scritto queste righe.”
    “considerato il livello intellettivo che dimostra”
    “risparmi quel denaro e lasci perdere: non è roba per lei.”
    “E impari a vivere.”

    Stai parlando di Renzi?
    No di una ragazza di 25 anni, che ha parlato della sua vita.

  • Io avrei forse deciso di non rispondere, o forse di rispondere privatamente; è chiaro che si tratta di una bifolca, come hai giustamente osservato, e di una bifolca provocatrice.
    Tuttavia, è sociologicamente interessante, perchè rivela in pieno quella che è purtroppo una mentalità molto diffusa, non solo tra i giovani.
    L’idea che chi fa un lavoro intellettuale, chi ha a che fare con la cultura, sia di fatto un nullafacente, nel migliore dei casi un privilegiato. E’ anche diffuso mettere a confronto diverse categorie di lavori e lavoratori, misurare l’apporto che una persona da’ alla società in base al tempo che la vede materialmente impegnata, alla retribuzione (più è alta è, più è chiaro sintomo di parassitismo), alla fatica fisica ed alla percentuale di soddisfazione nel lavoro (più è bassa, più qualifica il VERO lavoratore). In fondo ci sei cascato anche tu, sentendoti in obbligo di da conto di come e quanto sei impegnato.
    Inevitabilmente, si finisce al paradigma del minatore, il lavoratore per eccellenza, al cui confronto tutti gli altri diventano dei lavoratori di serie B, quando non degli scansafatiche.
    D’altra parte, che ci possiamo attendere quando un ministro della repubblica dichiara che con la cultura non si mangia (concetto ribadito ultimamente anche da Obama) e purtroppo l’organizzazione monetaristica della società gli da’ completamente ragione.
    Tuttavia in quella lettera ci leggo anche tanta amarezza, rabbia ed impotenza, sentimenti espressi in modo maleducato, con la foga tipica giovanile, da comprendere e anche rispettare.
    E pensare poi che i lavori VERI, quelli usuranti che ha in mente la ragazza e tantissime altre persone come lei, sono destinati a diminuire sempre di più, sostituiti dalla robotica: spariranno quasi completamente gli operai, come pure quelli che una volta erano chiamati impiegati di concetto.
    Per conseguenza, anche se l’idea non ti piace, in un futuro non molto lontano (a meno di una guerra che dimezzi in breve tempo la popolazione mondiale), sarà inevitabile dare ai milioni di disoccupati che non avranno nessuna possibilità di trovare un lavoro, quel reddito di cittadinanza che a quel punto sarà divenuto reddito di sopravvivenza.
    Tutte cose che gli scienziati che hanno scritto di fantascienza negli anni ’50-’60 del secolo scorso , hanno prefigurato in modo preciso.
    E per favore, finiamola con la favoletta dell’Uomo liberato dal lavoro manuale che finalmente potrà dedicare tutte le sue energie a pensare, al lavoro intellettuale, per il bene ed il progresso dell’umanità!

    • sapevo di suscitare reazioni “misericordiose” verso la ragazza, ma ho deciso di pubblicare la risposta in pubblica perchè, al di là della personale tangheraggine della summentovata, quello è un documento di costume che esprime, come tu stesso noti, idee diffuse fra i nostri giovani che vanno corrette anche con durezza se necessario
      Stare dalla parte dei ragazzi (cosa moralmente giusta) non significa assecondarne ogni errore o sciocchezza, ma, al contrario segnalarla senza lfalse pietà. Quello che scrive la sconsiderata oca (lo ripeto) è il modo più sicuro di fare il gioco degli avversari. Poi magari nella prossima settimana apriamo il discorso su cosa è il lavoro e sul fatto che la disoccupazione sia una calamità naturale cui rassegnarsi

  • Il problema di fondo è il pensiero per cui io sono lavoro seriamente e con impegno (e magari sono uno dei pochi) e gli altri sono parassiti o comunque fanno un lavoro che non serve o non ha valore.
    Il commento della signorina rispecchia perfettamente questo approccio. E purtroppo anche la risposta di Aldo cade in questo schema.
    Tristezza…

    • mica vero: io rispetto il lavoro degli altri,e non faccio colpa ai ragazzi che svolgono questa che non è un lavoro ma solo una attività retribuita. Attenti a non ritenere qualsiasi attività un lavoro

      • Appunto: considerare una qualsiasi attività retribuita (peraltro regolare) un non-lavoro è forse la più grave forma di mancanza di rispetto. Ti sei messo allo stesso livello della ragazza.
        Ma attendo con ansia la definizione dei “diversamente lavoratori”.

        • hsi msi letto Marx? Mai sentito parlare di lavoro fittizio? Il che non significa che quella attivita non sia faticosa, ma che è socialmente inutile

          • No, non ho mai letto Marx, e non so cosa intenda per “lavoro fittizio”.
            Ma non mi sono mai permesso di considerare l’attività altrui un non-lavoro.

          • allora ne parliamo in un prossimo pezzo. Però dire che un impiego non sia necessariamente un lavoro non è un insulto ma una considerazione sociologica. Ne riparleremo

  • Intervento inutilmente duro il suo professore, anche considerato il giusto disappunto di chi si sente definito un parassita. Il lavoro dei call center professore E’ USURANTE. Non è usurante come il lavoro in miniera, ma la miniera, l’agricoltura etc non esauriscono certo il campo dei lavori disumanizzanti. Io li conosco bene i call center, per lavoro ne ho affrontati molti e i discorsi che fanno i dipendenti sono da cinema dell’orrore. Vero anche che come in tutte le categorie i telefonisti a volte o spesso pur di portar a casa la soglia prefissata commette autentiche truffe, ma usando il suo stesso ragionamento, non si può fare di tutta l’erba un fascio e includere anche l’oca in questione, che quand’anche tale, anche se usando modi eccessivamente censori verso di lei, ha raccontato una parte del mondo accademico che, come lei giustamente ha sempre riconosciuto, purtroppo è davvero pessima. E anche le oche hanno il diritto di farsi una cultura, laurearsi e rendersi più competitive per il mercato del lavoro, perchè la cultura è tanto più importante quanto meno le persone sono intelligenti. Vedendo poi il mondo che hanno creato le persone intelligenti… cosa dire…

    • 1. la signorina se l’è andata a cercare perchè non ha rispetto degli altri
      2. che fra i docenti universitari ci sia una bella fetta di fior di farabutti nullafacenti l’ho sempre detto e scritto attirandomi molte “simpatie” fra i colleghi
      3. quello dei call center non è un lavoro anche se è ha un certo tasso di faticosità (usurante mi semnra eccessivo: c’è di molto peggio
      4. sulle truffe telefoniche riparleremo

      • Professore, si figuri, conosco bene la sua posizione sui docenti, la leggo oramai da qualche anno, però sebbene la ragazza abbia cercato lo scontro e sia stata accontentata lei ha calcato un pò troppo la mano, quantunque comprendo bene lo stato d’animo di chi dopo aver lavorato seriamente si veda svilito al livello delle persone non serie. Io le faccio notare che call center dove ti vietano ti fare amicizia, ti controllano se la sera esci coi colleghi, ti costringono a dare le dimissioni se ti fidanzi con un/a collega, ti costringono ad andare a lavoro anche colla febbre a 39°, ti costringono a portarti la carta igienica da casa, ti costringono a turni lavorativi non retribuiti, ti costringono ad aprirti una partita IVA per essere assunto e via di questo passo rappresentano la norma. Anzi, non ho ancora visto a tutt’oggi un call center non dico addirittura pulito ma almeno diverso da quest’affresco. Mi permetta, so di cosa stiamo parlando, e le dico di più: spesso il penale sta dietro la dirigenza di queste società e non riguarda i telefonisti. Se consideriamo quello che quotidianamente la ragazza è costretta ad ingoiare non crede che uno sfogo come quello che ha avuto nei suoi confronti meriti oltre ad una giusta reprimenda la dovuta comprensione? Sulle truffe telefoniche sfonda come ho già detto una porta aperta, però attenzione, ci sono dei profili penalmente rilevanti molto più seri delle truffe degli operatori (bisognerebbe anche distinguere il tipo di attività dei call center perchè non tutti consumano truffe) che si trovano nella dirigenza di queste società.

        • capiamoci: so benissimo che le condizioni di lavoro dei call center sono indecenti e che i dipendenti ricevono un trattemento semi schiavile
          e so anche che i poveri ragazzi che accettano un impiego infame del genere lo fanno per necessità e non hanno alcuna reponsabilità delle truffe di cui sono veicolo incolpevole. Sin qui nessun problema e sono incondizionatamente dalla loro parte. Solo che quello non è un laqvoro (sul punto tornerò in un pezzo su cosa è lavoro e cosa no) e sarebbe auspicabile che facessero altro e qui molto dipende dalla nostra incapacità di produrre un cambiamento reale che offra migliori condizioni di lavoro.
          Quanto alla signorina, se l’è andata a cercare. Poi penso che se un giovane dice castronerie, è arrogante e stupido bosogna trattarlo come merita, ma, badi bene, nel suo interesse: diversamente non cambierà mai

  • Professor Giannuli, devo rivolgerle una critica: Lei è troppo buono. Io, al posto Suo, a quella signorina avrei risposto (facendo anche ricorso al turpiloquio e ad un po’ di sano sessismo) che è una serva dei padroni, talmente abituata ad accettare di essere sfruttata e ad amare chi la sfrutta, proprio come fanno gli schiavi, da proiettare la propria meschina frustrazione su chi, invece, questo sfruttamento legalizzato lo denuncia. Come Lei, Professore, mi insegna, la schiavitù esiste finchè gli schiavi accettano la propria condizione e amano chi li vi sottopone, per cui, la signorina, se, comprensibilmente, non ama la vita che fa, imparasse a ribellarsi contro i diretti colpevoli, anzichè rompere gli attributi (eufemismo che uso per autocensurarmi) a chi, questo malsano sistema, lo descrive e lo ritrae per quello che è. Ecco, Professore, con il rispetto che Le è dovuto, mi permetta di consigliarle di rispondere così, alla prossima signorina che pretende di identificare in Lei la causa di tutti i propri disagi. E non sia più così buono nelle sue risposte.

    • che certi atteggiamenti servili facciano il gioco dei padroni è vero, ma il sessismo va sempre rifiutato, sia perchè le donne meritano rispetto sia perchè di schiavi volontari ce ne sono anxche di sesso maschile

    • Il punto è esattamente quello individuato da David Cardillo. La signorina in questione, al di là della maleducazione, rivela di essere totalmente asservita al sistema. E non parlo di asservimento nella pratica (non è colpa sua se deve lavorare nel call center) ma proprio nella mentalità. Se la prende con chi è stanco delle odiose telefonate dei call center invece di prendersela con chi ha creato un sistema economico in deflazione e senza lavoro dove il call center diventa uno sbocco di lavoro anche se viene pagato una miseria e viene svolte in condizioni pietose. La reazione rivela una mentalità ristretta da paura: quella dello schiavo che non si arrabbia coi suoi padroni ma con chi, non essendo schiavo, si permette di criticare la schiavitù. Che pena!

    • Qui mi pare che a differenza del professore che conosce come funziona un call center ed il mondo si viva in una dimensione parallela a quella reale!!! Ragazzi ma avete un minimo contezza del fenomeno dei finti co.co.pro., dei finti contratti di apprendistato, dei finti part-time, delle finte cooperative, delle finte partite IVA, dell’evasione contributiva e fiscale in generale? Ribellarsi ai padroni? Amare chi li sfrutta? La schiavitù esiste finchè gli schiavi accettano? Ma che c#### dite?!?!?!

  • Professore, buongiorno.
    Nel concreto, c’è qualche cosa che non mi convince: eur 7.2 netti, in un call center. Ho amiche che hanno lavorato in un call center, e pigliavano molto, ma molto di meno. Io, III livello CCNL commercio dopo 10 anni ed esauriti tutti gli scatti, prendo 0.7 eur in più (sempre al netto). La cosa mi puzza abbastanza. Sembra quasi una mail costruita per fare polemica. Ammesso però che sia tutto vero, concordo con Lei non solo sulla maleducazione, ma che quello non sia “lavoro”. Qualora non basti la visione del film di Virzì “Tutta la vita davanti”, diamoci pure una motivazione teorica. Torno al mio manualetto di politekonomija, per quanto datato (chiedo venia se urterò la sensibilità di qualcuno): “Il lavoro è qualsiasi attività utile dell’uomo, attraverso la quale egli adatta gli oggetti della natura per il soddisfacimento dei propri bisogni”. Ora c’è chi interviene nella produzione, chi nella distribuzione, chi nella creazione di servizi alla persona: gli ultimi due già si appropriano di una fetta di plusvalore che si crea durante la produzione nella differenza fra valore merce (capitale fisso + variabile) e plusvalore intascato durante la vendita. Anche il mio padrone, quindi, non crea valore, ma il mio stipendio lo tira fuori intascandosi la differenza fra il costo di un trasporto e a quanto lui lo riesce a vendere, al netto della poltrona in pelle umana nel suo salotto. Il tutto, però, è giustificato dal fatto che, senza giustificazione, i prodotti restano su un bancale fuori dalla fabbrica o dalla fattoria. Stesso discorso per i servizi alla persona, la cui giustificazione sociale consente di appropriarsi di una fetta di plusvalore (anche se questa fetta sta diventando sempre più grande, creando squilibri sistemici, almeno a mio avviso, ma questo è un altro discorso). Ora, l’articolo Suo precedente l’ho letto, e non si riferiva ai 187, per dirne uno, ovvero all’assistenza post-vendita, che svolgono comunque un ruolo sociale in quanto chiamati dagli utenti con problemi. Si riferiva alla fase promozionale, invece, di cui i call center sono parte costitutiva e che non ha nessuna giustificazione, se non entro logiche puramente capitalistiche, speculative e di mercato, spesso in modo mendace, o dicendo le cose a metà, pur di portare a casa il cliente: punto. Non è questione di esser pedanti o meno, è questione di chiamare le cose con il proprio nome. E non me ne abbiano i lavoratori del settore pubblicitario, settore che, in modo parassitario, assorbe una fetta sempre maggiore di plusvalore a causa delle distorsioni di questo modo di produzione. Anzi, se mi ostino a sperare in un mondo migliore è anche perché spero di vedere il giorno in cui, tutte le loro capacità creative, di comunicazione, di informazione, siano usate diversamente, per accrescere il benessere collettivo.
    Un caro saluto.
    Paolo Selmi

  • Caro Aldo, anche io sono contrario al “reddito di cittadinanza” perché rappresenta un’elemosina che vien data per tener buoni chi è fuori dal Lavoro Attivo. l’elemosina è reazionaria e spinge al parassitismo e al controllo sociale; lo diceva pure San Francesco che chi ha il controllo della carità ha il controllo delle persone.
    Non a caso mi pare che, a partire dagli anni ’80, i super-liberisti siano stati i primi a proporla o come diretta concessione di soldi o come indebitamento parossitico (vedi Mutui subprime).
    Persino la “sinistra” americana è contraria perché vede in questa un tentativo per diminuire il welfare (sanità pubblica, pensioni, assegno temporaneo di disoccupazione, ecc.), mentre, non a caso, pare che Trump si dica favorevole. Sui disastri che l’assistenza sociale in forma di elemosina ha prodotto basta vedere la condizione del sottoproletarito nero e bianco americano.
    Circa la distinzione tra “Lavoro Attivo” e “Attività Retribuita” penso che sia utile rileggere Marx quando distingueva tra Lavoro Alienato, “fittizio” (tipico dell’economia capitalista) e Lavoro “reale” come contributo di pensiero e forza fisica finalizzato a un prodotto del quale il lavoratore è consio del suo valore d’uso.
    Nelle società moderne in cui il lavoro fisico e intelletualmente poco qualificato tenderanno a scomparire del tutto, un Lavoro Attivo potrà essere un lavoro in cui la componente intellettuale, la conoscenza e la capacità di critica siano indispensabili. Purtroppo però non vedo nella Scuola e Università, come sono strutturate oggi, la capacità di formare queste figure, semmai formano ragazze come quella che ti ha scritto.

    • VA bene, il RdC sarà anche neoliberista e spingerà al parassitismo. Ma in attesa di uscire dall’euro e di fare politiche keynesiane (e ci vorranno anni), che si fa per chi non arriva a fine mese? Si presenti un’alternativa o si discuta sul RdC per renderlo uno strumento il meno possibile assistenzialista e deflattivo (per esempio accompagnandolo con un reddito minimo garantito), si lavori sulla proposta del M5S, ma si faccia qualcosa. Troppo facile fare filosofia su “eh ma lo voleva anche von Hajek” con la panza piena. Gente che non ce la fa veramente più ce n’è eh, anche se magari non la conoscete.

    • “Non a caso mi pare che, a partire dagli anni ’80, i super-liberisti siano stati i primi a proporla o come diretta concessione di soldi o come indebitamento parossitico”
      ____________________________________
      Argomento interessante, questo della ridistribuzione della ricchezza, di sfumatura socio-religiosa: controllo di una realtà vicina, sostanzialmente ingiusta, attraverso l’elemosina (o carità) vs. collettivizzazione della ‘colpa’ conseguenza di questa situazione di ingiustizia nel reparto (o solidarietà).

  • Tenerone Dolcissimo

    Caro Giannuli,
    Ho l’impressione che stavolta tu sia venuto pesantemente meno all’impegno assuntoti con il motto spinoziano che campeggia sul tuo blog. Cerchiamo di ragionare e di intelligere, guardando le cose sub specie aeternitatis e non sub specie Giannulis.
    1) Sono fermamente convinto che quel che dici di te sia vero dalla prima all’ultima parola. Non lo dico per piaggeria. Se non fossi perfettamente convinto della tua serietà non ti frequenterei (internettianamente parlando).
    2) La stragrande maggioranza dei tuoi colleghi però sono quelli descritti dalla ragazza che se l’e’ presa con te. Una casta di bramini arrivati lì senza merito [Mario M(bip) docet] perché asserviti a poteri forti e pronti a sdebitarsi con quei poteri forti [Mario M(bip) aridocet].
    3) Qual è il senso dell’intervento della ragazza? Eccolo: la ragazza è una schiava e se l’è presa con te in quanto esponente di una classe di privilegiati.
    4) A questo punto la tua difesa è impertinente (nel senso che non pertinet, non è coerente con la sostanza delle accuse, ma solamente con la forma). La schiava non ti ha portato in un tribunale dove si sarebbe giudicato Giannuli e solamente lui, ma ha esposto confusamente istanze rivoluzionarie che, per definizione, riguardano classi e relative responsabilità collettive e non individui.
    Non tutti i nobili finiti sulla ghigliottina erano carogne. Molti erano brave persone. Anzi ad un’analisi approfondita direi che i rivoluzionari erano spesso individui peggiori degli aristocratici.
    5) Lo sfogo della schiava va quindi considerato per quello che è. Un impulso di ribellione di chi appartiene ad una classe considerata inferiore e destinata, per le leggi italiane, a rimanere inferiore, perché in Italia esiste una legge che impone al figlio di restare nella stessa classe sociale del padre (o poco più su) e di fare lo stesso mestiere del padre (o poco di più).
    Questa legge è stata mirabilmente descritta da VERGA nel Mastro Don Gesualdo.
    La stessa legge è stata applicata al Berlusca, odiato non per le sue malefatte ma per essere venuto da posizioni basse anche se non bassissime ed arrivato in alto e per questo detestato dalla sinistra che è aristocratica da sempre e per questo onora Debenedetti che dovrebbe finire al muro e senza processo per quel che ha fatto.
    6) Che fare quindi?
    7) Prima di tutto alla schiava andava ricordato che spesso i lavoratori dei call center sono persone prive di qualifiche serie e provviste di lauree del cazzo. Pertanto, sono degli illusi o dei paraculi che giustamente vanno bastonati.
    8) La controobiezione è che spesso (rectius quasi sempre) i suddetti schiavi vedono i figli della casta arrivare in eccelse posizioni anche se privi di qualifiche serie e provvisti di lauree del cazzo.
    9) Controcontroobiezione: le classi sociali subalterne avrebbero dovuto gramscianamente prendere l’iniziativa di moralizzare la società ed educare le classi più elevate. Purtroppo si sono affidate ai comunisti (Gramsci non era comunista anche perché privo di spirito aristocratico) e si sono adagiate agli stessi vizi delle classi dominanti in Italia le quali sono d’altronde esse stesse comuniste e come tali sono prive di etica del lavoro.
    Con immutata stima

    • Il guaio è che io non sono affatto esponente di quella categoria di privilegiati ed i docenti universitari in quanto tali non lo sono affatto, dipende da come fanno il loro lavoro, non è questione di essere brave persone ma di essere o meno lavoratori della conoscenza e mi pare che io non ho mai lesinato critiche ai miei colleghi fancazzisti che non sono affatto pochi. Tutto il resto del ragionamento cade

      • Tenerone Dolcissimo

        LO so, ma il senso del mio intervento è che quando soffia il vento della rivoluzione meriti e colpe individuali passano fatalmente in secondo piano.
        Giusto o ingiusto che sia è cosi’.
        Per cui la schiava quando parla dei professori universitari ha in mente Mario M(bip) e questo fa comprendere la sua rabbia

        • si lo capisco, ma l’errore è pensare che tutti quelli che lavorano nell’università siano gentaglia come Monti, Sono lavoratori (quando lavorano naturalmente) come gli altri e questo atteggiamento serve solo la causa delle classi dominanti

          • Tenerone Dolcissimo

            Tutto ho visto nei giorni della mia vanità: perire il giusto nonostante la sua giustizia, vivere a lungo l’empio nonostante la sua iniquità.
            Ecclesiaste, 7, 15

  • Professore, facciamo un passo avanti.
    I docenti non sono tutti uguali e io, leggo spesso i suoi pezzi su sinistra in rete, non dubito che lei dica il vero. Ma e’ oggettivo che i docenti universitari (non ci sono solo i ricercatori come Lei) siano tra le categorie piu’ pagate e meno valutate di tutto il nostro Paese. Da pochi anni pero’ esistono sistemi di valutazione oggettivi che permettono di “misurare” anche il lavoro intellettuale in universita’ (VQR, CV dettagliato con pubblicazioni su riviste di settore/convegni per anno/mese, numero di citazioni in altri testi si puo’ anche usare google scholar…).

    Cominciamo quindi a smascherare questa piccola Casta, che tutti mettano i loro dati in rete! Cominci Lei che ne ha e forse smuovera’ anche i suoi colleghi (che non ne hanno)
    Che ne dice?

    • per carità , figuriamoci se non ci sto a smascherare la “cupola” accademica, univa precisazione: in termini di retribuzione non è vero che imdocenti universitari siano fra i più pagati, i veri guadagni vengono dalle attiovitàextraaccademiche dim molti di loro

      • Attività extra accademiche: verissimo!!! Infatti per i fancazzisti universitari la cattedra è solo un trampolino di lancio verso questo tipo di attività, come per i politici la carica lo è verso il latrocinio.

  • La generalizzazione è tipica di ogni forma di giudizio umano, e specialmente dei principi (leggi pregiudizi) aggregativi di ogni forma e colore. Qualsiasi sentimento collettivo procede da una reductio ad unum. L’opinione espressa dalla signorina non è diversa dalla convinzione, o meglio dal sentimento di Giannuli che ‘tutti’ debbano fare il proprio lavoro anziché essere parassiti (tutti chi? perché?).

    Tanto più forte il sentimento aggregativo, tanto più intensa la generalizzazione. Sta’ a vedere che quando una gurdia rossa faceva prigioniero un ufficiale bianco si interrogava sui suoi meriti e demeriti individuali anziché piantargli chiodi nel cervello in virtù della sua affiliazione politica.

    • Be’ anche il prof. per esempio nei confronti della magistratura ha un atteggiamento un pò “tutta l’erba un fascio”… ; )
      Devo dire che quest’articolo ha suscitato una discussione molto interessante (non che le altre volte non sia successo).

  • Ma come si può parlare di etica del lavoro se esiste gente come l’oca ggiuliache ha scritto quelle righe? Certa gente merita di vivere nel call-center a vita ! Concordo in tutto con te Aldo.

  • Nell’antica repubblica romana, dove la società era organizzata in modo semplice e comprensibile dalla maggior parte della popolazione, i plebei per ottenere sempre più diritti ricorrevano alla secessio plebis. Oggi, che i gruppi di potere utilizzano la manipolazione al posto della forza per dominare le masse, i nuovi plebei litigano e competo tra loro continuando a lavorare e combattere come schiavi per i loro padroni. Sono sicuro che la signorina del call center avrà votato Renzi come riconoscimento per gli ottanta euro.

  • Mi è sembrata davvero eccessiva la Sua risposta Prof., che forse è la reazione difensiva di chi un po’ sente uno scarso riconoscimento sociale per la posizione di dipendente pubblico che ricopre. Perché parliamoci chiaro lo stereotipo del lavoratore pubblico nullafacente è uno dei più pervicaci e lo è trasversalmente dai sessantenni ai ventenni, abbracciando sia l’insofferenza alle posizioni più elevate fino ai ruoli impiegatizi più esecutivi da livello contrattuale A-B, tendenza che aumenta con l’assottigliamento della possibilità di entrare a lavorare nel pubblico, per cui chi sta dentro è visto sempre più come una fortunatissima casta, rispetto a chi è fuori nelle grinfie del mercato. E credo il lavoratore pubblico un po’ questo stigma lo senti sulla pelle. Penso fosse questo il vero motivo dell’attacco della ragazza nei suoi confronti. Sono d’accordo che a rigore quello nei call center non è lavoro, pur rientrando in una taylorizzazione delle occupazioni del terziario piaga della modernità avanzata, ma per chi ci lavora in quei posti definirlo lavoro è una necessità psicologica di stabilità identitaria, altrimenti questi davvero si buttano con la testa nel muro. Ho letto i commenti, che parlano di odio per la cultura mostrato dalla ragazza e di una sorta di sindrome di stoccolma per i propri sfruttatori, ma ci si chiede mai il vuoto culturale, la spoliticizzazione totale, in cui sono cresciute le ultime generazioni? Che non sanno nemmeno cosa significhi criticare il sistema perché gli è stato insegnato che questo è l’unico mondo possibile e ognuno deve pensare a sé? Il gesto più rivoluzionario di queste generazioni è votare Grillo, ma molti commentatori di questo blog che ragionano con la testa degli anni ’70 sembrano non capirlo e forse anche per questo la sinistra è praticamente morta.
    Credo che l’accusa della maleducatissima ragazza (su questo siamo d’accordo) non fosse un attacco al lavoratore intellettuale (al massimo a quello pubblico) o a Giannuli o a pinco pallino, ma più che altro uno sfogo intergenerazionale, verso la generazione “dei padri” che ha avuto accesso a vantaggi e possibilità che la generazione della ragazza non vedrà mai, col rischio di andare in pensione a 75 anni, sempre se la vedrà mai una pensione… E poi anche alla possibilità di svolgere un lavoro gratificante, oggi sempre più privilegio di pochi, sentito come necessario con l’aumento delle aspettative procurate dalla crescita di titoli di studio elevati, ma frustrati dal mondo che abbiamo di fronte.

    Perciò avrebbe potuto comprendere di più questa ragazza, considerando anche la sproporzione di possibilità tra di voi, il ruolo, la posizione e la visibilità che ha Lei e lo status di donna qualunque della ragazza, la possibilità che aveva Lei di sputtanarla sul blog, come in effetti ha fatto, e l’assenza totale di armi in mano alla ragazza.

    Riguardo la storia del sessismo, una mia amica ultrafemminista e politicamente correttissima direbbe che anche dare dell’ “oca”a una donna poco intelligente è già offesa sessista, parlerebbe forse impropriamente di mitridizzazione. Io non sono d’accordo, ma nel mondo del politicamente corretto imperante fare sempre attenzione.

    • Mi scusi ma le sfugge il punto centrale: la signorina in questione mi ha rivolto un attacco personale senza conoscermi ed pretendendo di essere riconosciuta come una sorta di eroina perchè da tre o quattro anni svolge una attivit- come quella del call centee e dicendo “incominci a lavorare.. prima di”. Io sono un ultra sessantenne che ha sempre lavorato nella sua vuta e non sempre e solo nell’università, ho fatti i mestieri più diversi, continuo a lavorare con tutto l’impehgno nercessario e doveroso ed andrò in pensione con circa 1000 euro al mese perchè per circa 12 anni ho lavorato gratis per l’università. Una giovane oca non si può permettere di rivolgersi ad una persona che lavora da 40 anni in quel modo. Anche se una è giovane, studentessa e “lavoratrice” precaria ed è una imbecille resta solo una imbecille ed è giusto dirglielo. I giovani devomno imparare ad avere la responsabilità di quel che dicono e gli educatori “comprensivi” come lei fanno solo disastri. Avrei potuto semplicemente cancellare quell’insulso commento /come ne ho cancellati tre di suoi amici intervenuti in sua difesa) ma ho ritenuto giusto pubblicarlo e reagire adeguatamente perchè è necessario sottolineare quali aree di sottosvuluppo culturale ci sono fra i nostri giovani e dire come reagire. D’altra parte, dire a un cretino che è tale è riconoscere il suo diritto ad essere informato.

  • Signorina, lei segue poco questo blog. Qui ci si è chiesti con quali forze il Professor Giannuli riesca a svolgere l’enorme mole di lavoro che porta quotidianamente avanti. Qui sotto, tra i “miei libri” troverà opere imprescindibili per chi si occupa dei temi giannuiani. Le auguro buona lettura.

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