Rifondazione Comunista dopo le elezioni europee.

Rifondazione Comunista dopo le elezioni europee.


Inutile nascondere che questa nuova sconfitta rappresenta per Rifondazione il campanello d’allarme immediatamente prima della sconfitta finale.

Fra circa 10 mesi ci saranno le elezioni regionali, nelle quali la soglia per accedere alla rappresentanza è il 3%. La lista comunista ed anticapitalista ha raccolto a livello nazionale qualcosina in più del 3%, ma in alcune regioni (fra cui la Lombardia!) è al di sotto. Dunque i comunisti rischiano in diverse regioni di non raggiungere il quoziente, anche se per pochi decimali.

Occorre anche tenere presenti altri fattori che fanno presagire una strada in salita:
1- non è detto che tutti gli elettori torneranno a scommettere per una terza volta sullo stesso cavallo che ha perso per due volte la corsa
2- nei prossimi turni ci sarà il richiamo del “voto utile” -che questa volta non c’era- e sarà più faticoso sia mantenere i voti già acquisiti sia, ancor più, conquistarne di nuovi.
3- la lista comunista avrà sempre meno denaro per mantenere le proprie strutture e fare le campagne elettorali. Per effetto della perdita della rappresentanza, i fondi sono già stati dimezzati nel 2009, saranno ulteriormente dimezzati nell’anno prossimo, per precipitare a quote risibili nel 2011.
4- Se il gruppo vendoliano dovesse raggiungere qualche accordo con il Pd o con quel che ne residuerà, ciò potrebbe esercitare un richiamo su quella parte della seconda mozione che, sin qui, non ha seguito la scissione.
Per di più, se la soglia per la rappresentanza questa volta è il 3%, l’obiettivo politico per Rifondazione  ed alleati è il 4% e qualcosa in più.

Questo è il punto più delicato. Se i comunisti aumentassero i loro consensi, ma si fermassero, ad esempio, al 3,8% e la legge elettorale dovesse restare quella attuale, in caso di elezioni politiche avrebbero due scelte: o presentarsi in coalizione con il Pd (la soglia scenderebbe al 2%), sempre che il Pd accetti ed, ovviamente, alle condizioni fissate dall’alleato più forte; oppure presentarsi da soli ma correndo il rischio di diventare definitivamente un gruppo extraparlamentare.
Nel primo caso, la lista comunista si ridurrebbe ad un gruppetto di vassalli privi di ogni autonomia e senso politico. Inutile dire che scomparirebbero in pochissimo tempo.
Nel secondo caso, restare sotto quoziente significherebbe quasi automaticamente lo scioglimento. Rifondazione ed i comunisti italiani non sono formazioni che possano sopravvivere fuori dalle istituzioni e per diversi ottimi motivi:
a- Se sommiamo i funzionari di partito veri e propri, l’apparato tecnico, i rappresentanti istituzionali, i dipendenti dei gruppi consiliari, le redazioni dei rispettivi giornali otteniamo un totale di parecchie centinaia di persone, che si sommano a quelle di quanti hanno già perso il loro stipendio, ma sperano di riaverlo in qualche modo (parlamentari nazionali ed europei e relativo personale di segreteria). Tutta gente che molto difficilmente si acconcerebbe a trovarsi un lavoro come tutti i comuni mortali e continuare la militanza gratuitamente. La fedeltà retribuita non è mai molto affidabile.

Non è difficile immaginare che una parte di questo ceto politico cercherebbe sbocco nel Pd o nell’Idv – se anche questo mercato non sia già iniziato sottobanco- per ottenere qualcosa.
b- senza il finanziamento pubblico sarebbe inevitabile la chiusura del giornale e non sarebbe possibile sovvenzionare le federazioni, per cui la maggior parte delle sedi chiuderebbe.
c- i gruppi extraparlamentari, per esistere, chiedono forti tassi di  militanza il che presuppone una larga presenza di giovani che, invece, scarseggiano da queste parti. Non è probabile che un partito con una età media fra i 55 ed i 60 anni riesca agevolmente a mettere insieme le firme per un referendum, organizzare cortei e manifestazioni pubbliche, fare volantinaggi ecc.
d- la maggioranza degli iscritti a Rifondazioni –ed ancor più di quelli iscritti al PdCI- provengono dal Pci ed hanno una concezione della politica inseparabile dalla pratica istituzionale. Difficilmente si adatterebbero a forme di militanza extraparlamentare.

Tutto ciò considerato, non ci vuol molto a dedurre che, in caso di nuovo fallimento del quoziente alle politiche, quello che resterebbe delle due attuali formazioni sarebbe un gruppo più piccolo del Pcl di Ferrando.
Dunque, occorre rendersi conto che Rifondazione ed alleati hanno solo 10 mesi di tempo per rimontare la china. Dopo, tutto sarà sempre più difficile.

Aldo Giannuli, 13 luglio ’09

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Aldo Giannuli

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Comments (2)

  • mi chiedo, ma perche’ e’ cosi’ difficile chiudere l’esperienza comunista cosi’ come tante altre si sono chiuse nella storia? I tempi cambiano e bisogna trovare altre strade, tutto qui – e’ un fatto naturale. In quanto a confluire nel partito di un ex-magistrato (IdV) a cui si sono uniti anche altri della stessa categoria, io l’ho gia’ fatto da mo’, anche se doveva essere un passo temporaneo, che sentivo obbligatorio, visto l’alta percentuale di condannati e farabutti in Parlamento e continuero’ a votarlo finche’ quell’attuale simulacro di democrazia non sara’ ripulito a dovere.

  • Credo che chiudere “cosi'” una pagina importante della storia del nostro paese sia difficile oltre che sbagliato, per quanto mi riguarda. Io a differenza di Ivo, mi sono “rassegnato” all’extra-parlamentarietà di Ferrando, perchè non riesco proprio a rinunciare a 50 anni di conquiste sociali avvenute con scontri e lotte anche dure, ma che avevano portato “gli operai” ad avere un tenore di vita buono, tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80 (i miei genitori erano entrambe operai ed a casa mia si viveva benissimo). Questi valori non li trovo piu’ da nessuna parte e proprio non riesco a liberarmene cosi’ a cuor leggero… spero sinceramente che si riesca a trovare la via per rimettere insieme i vari cocci comunisti e cosi’ tornare ad un 6/7% che possa farsi sentire forte anche in Parlamento… lo spero vivamente, anche se so che conciliare le teste dure che girano nelle varie segreterie è cosa improba…

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