
Riflessioni sui ballottaggi. Una premessa di metodo per capirci qualcosa.
Per capire la linea di tendenza tracciata da questo voto, occorre familiarizzarsi con due concetti connessi e non tenuti minimamente presenti dalla stragrande maggioranza dei commentatori: “voto in libertà” e “Quarto polo”. Per voto in libertà intendo quei comportamento non riducibili allo schema dei due o tre poli principali e cioè, essenzialmente, astensione e liste civiche distinte dai tre partiti maggiori.
L’astensione ha superato la soglia critica del 50% e, per di più, appare segnata da un grande nervosismo di flussi in entrata ed in uscita. Al primo turno di queste amministrative ha votato meno del 60% (cinque punti in meno delle amministrative precedenti), al secondo turno i votanti sono stati il 46%, cioè circa un 12% è andato ad aggiungersi a quelli che si erano già astenuti (14% in meno delle precedenti amministrative). Il che sindica almeno due tendenze: la crescente insoddisfazione degli italiani per l’offerta politica precedente e la tendenza degli “esclusi” dai ballottaggi a preferire l’astensione al voto fra uno dei due competitori finali. Altro che ritorno al bipolarismo classico! Questo inganno ottico è dovuto all’ortopedia del sistema elettorale che “forza” il comportamento riducendo a competizione bipolare quello che nella società dimostra molteplici tendenze centrifughe. Siamo di fronte ad un mega parcheggio elettorale dal quale in ogni momento possono partire flussi di rientro che non è affatto detto si dirigano verso i due o tre partiti maggiori, né che lo facciano in modo proporzionale. Può accadere che premino uno solo di essi o nessuno dirigendosi piuttosto verso formazioni minori o anche verso nuove proposte politiche. Ed il sospetto si accentua ove consideriamo quel 10-15% di consenso raccolti dalle liste civiche extra partiti che non si sa bene come si distribuiranno alle successive elezioni politiche: è questo il fenomeno del voto in libertà. E quando hai una bolla del 60-65% di voti in libertà, è quasi matematico che si approssimi una scossa che terremoterà l’attuale geografia elettorale. Può accadere che questo accada a vantaggio di uno dei competitori ormai classici (centro destra, centro sinistra, M5s), ma potrebbe venir fuori qualsiasi altra cosa. Ad esempio un fenomeno macroniano o simili. Faccio un esempio di totale fantasia (non prendetemi alla lettera): immaginiamo che, magari non alle prossime politiche, ma per esempio alle europee del 2019, i vari personaggi outsider di centro o comunque meno riducibili alle coalizioni classiche (Parisi, Calenda, Tremonti, Quagliariello, Tosi, Fitto, Marchini, Letta) facciano un a lista comune con a capo un nome di grande attrattività, ad esempio Mario Draghi (sempre che l’interessato ci stia): pensate che la geografia elettorale resti la stessa? Quanti voti perderebbero Fi e Pd verso il nuovo arrivato? E quanto voto in libertà si dirigerebbe verso questa nuova offerta politica? Un risultato superiore al 20% non sarebbe assolutamente fuori della realtà.
Oppure, a sinistra si forma un polo con Landini, De Magistris, pezzi di Arci e Cgil (sul modello dei comitati per il No al referendum) e che magari aggrega anche Pizzarotti o simili, trovando un leader nazionale che non sia già logorato: quanti voti potrebbe sottrarre al Pd? E quanti al M5s? E quanto voto il libertà pescherebbe? Anche qui una previsione a due cifre non sarebbe eccessiva (magari un 15%). E’ ovvio che anche solo uno di questi due esempi cambierebbe la geografia del sistema dei partiti.
E di esempi di questo genere se ne possono fare anche altri, ipotizzando unificazioni dei piccoli o scissioni dei partiti maggiori. E qui siamo al discorso del “quarto polo” che un pero e proprio polo, almeno per ora, non è, ma solo una somma astratta. Attualmente, i quattro principali partiti (Lega, Fi, Pd, M5s) assommano a circa l’85% del corpo elettorale, il che significa che l’area dei partiti minori (Fd’I, Si, Mdp, minutaglia centrista ecc.) assommano a circa il 15%. Occorre tenere presente, però, cheì, con l’eccezione della Lega, tutti i maggiori partiti perdono in voti assoluti (per effetto della crescente astensione) rispetto ai voti ottenuti nel 2013. Ad esempio, il Pdl ottenne 7.332.000 voti. il Pd 8.646.000 voti ed il M5s 8. 691.000 su 34.000.000 di voti validi (su 50. 450.000 aventi diritto) per un totale di circa il 73% sul totale. Proiettando i risultati delle attuali amministrative (è solo una ipotesi, tanto per capirci), avremmo circa 29,6 milioni di voti validi (arrotondati per comodità a 30.000.000) e queste percentuali molto approssimative: Fi 14,5%, Pd 24,5%, M5s 15 44%.
Quindi,
Fi, 4.350.000 ( meno 4.296.000 voti rispetto al 2013 )
Pd 7.350.000 (meno 1.296.000 voti rispetto al 2013)
M5s 4.500.00 ( meno 4. 200.000 voti rispetto al 2013).
E’ però evidente che tutti questi partiti recupereranno in misura più o meno vistosa in caso di elezioni politiche: sappiamo che alcune civiche (oltre quelle considerate “in libertà”) erano liste Pd più o meno travestito, che il m5s alle amministrative di solito va male, che una parte degli astenuti rientreranno verso di loto, quindi è ovvio che i risultati finali saranno molto più favorevoli a questi tre partiti. Però gli “ammanchi” sono decisamente vistosi: per ritornare alle quote del 2013, il Pd deve recuperare circa il 15% del suo elettorato del 2013, il M5s il 48,3%, e Forza Italia ben il 58,5%. Quindi una quota decisamente non piccola ma con diverso peso per ciascun partito. Il Pd è quello che vede recuperare meno e potrebbe farcela senza troppo sforzo se la tendenza al calo non proseguisse, ma registrerebbe l’azzeramento di tutto il terreno conquistato in epoca renziana, per tornare quasi ai livelli del Pd di Bersani, cioè una fortissima sconfitta politica.
Simile è il giudizio sul M5s: considerato il consueto divario politiche amministrative, è realistico che recupererà gran parte del terreno perso, ma considerate le aspettative, se si attestasse intorno al 25, il livello del 2013, sarebbe una cocente sconfitta politica (ed un disastro se andasse anche uno 0,5% sotto quel livello) ed il tramonto di qualsiasi speranza di andare al governo da soli, Al massimo potrebbe aspirare a superare di un soffio il Pd conquistando il posto di partito di maggioranza relativo in un “sorpasso in discesa”.
Diverso il discorso per Fi, che, considerata la forte parabola discendente di questi anni (in cui ha rischiato di scendere sotto il 10%) potrebbe anche accontentarsi di un 16-17% e di considerare un clamoroso successo tornare sopra il 20% anche di un pelo.
In ogni caso, la tendenza del termometro non è favorevole ai tre partiti “massimi” che devono vedersela con il perverso intreccio fra la bolla del voto in libertà ed il “quarto polo”, quella sommatoria che non esporime in positivo una nuova offerta politica ma contribuisce ad indebolire quelle maggiori esistenti.
Questa storia ha tre morali:
1. E’ possibile che il risultato delle prossime politiche possa essere favorevole ad uno dei tre partiti maggiori, più difficilmente a due di loro, mentre è quasi impossibile che lo sia a tutti tre
2. ”Quota 40” ciascuno dei tre contendenti maggiori possono contemplarla con il cannocchiale
3. Se stai con la melma alla bocca, non cantare vittoria se il tuo vicino ha la melma al naso e cerca di non fare onde!
Aldo Giannuli
aldo giannuli, analisi amministrative 2017

Antonio
Chi vota 5 stelle non votera’ piu’ un’altro partito.
Aldo S. Giannuli
sembra una frase dei baci perugina
mirko g. s.
Te ne porto (purtroppo) quanti ne vuoi…
Svero0
Tifo calcistico.
Paolo
io alle elezioni nazionali avevo votato M5s…alle europee Lega Nord (una candidata per il sud.) ..al referendum per il NO…in queste elezioni ho votato Fratelli d’Italia …alle prossime voterò chi è più radicalmente e chiaramente contro l’ UE e l’euro…(cioè probabilmente Fratelli d’Italia o Lega Nord..pur essendo del centro sud ). E quasi certo che non rivoterò M5s…e sono non felice ma strafelice delle legnate che si son presi. Spero che ne prendano altre.
Inutile dire che se per ipotesi assurda immaginaria .. spuntasse che so… un partito di sinistra magari violentemente stalinista però anti UE euro ..e non ci fossero alternative lo voterei senza pensarci due volte.
Che bello veder i grillini pestati di brutto: bellissimo ;-))))))…lo avevo auspicato dopo la vicenda Alde e altre vicenduole….però pareva che dai sondaggi le vicenduole non avessero inciso più di tanto….invece le hanno buscate..(anche se alle nazionali è diverso: auspico e spero che ne escano ripestati ben bene…tanto non servono a nulla….son degli scimuniti inutili (non che gli altri servano a qualcosa…)
avevo voglia di dire delle cazzate e le ho dette …sono soddisfatto. Bye. Vado al mare….
Gaz
Da Porto Azzurro, i fratelli 2 C. Laqualunque hanno fatto sapere di essere disposti a mettere a disposizione le loro expertice elettorali (pacchetti di voti inclusi) … decisive per la vittoria.
Salvatore D'Angelo
Tutto è possibile per gli italioti grazie anche alla mistificazione dei media. Il calo dei votanti non è un problema, quello che si evince è che i partiti sono una istituzione superata e la democrazia parlamentare non esprime la sovranità popolare e quindi non può essere considerata una democrazia. Occorre sperimentare la democrazia diretta. Caro professore, come tutto il vetero sinistrume, rappresenta qualcosa che prima o poi verrà superato, speriamo prima per il bene degli italiani e della democrazia.
Venceslao di Spilimbergo
Buonasera Esimio signor D’Angelo
Mi permetta di porgerle le mie più sincere scuse per questa mia inopportuna intromissione nello scambio di opinioni che Lei e il Chiarissimo professore stavate tenendo, ma… come si suol dire, non sono stato capace di trattenermi dal partecipare anche io a questa interessante potenziale discussione. In particolare sono rimasto singolarmente colpito da alcune sue parole Esimio, per l’esattezza quelle riportate qui di seguito: “… i partiti sono una istituzione superata e la democrazia parlamentare non esprime la sovranità popolare e quindi non può essere considerata una democrazia. Occorre sperimentare la democrazia diretta…”. Pur avendo già letto in più occasioni simili pareri da parte di altri Esimi ospiti di questo sito (che approfitto di salutare) devo confessare di non essermi ancora assuefatto a questi pensieri, anzi! Rimango da essi ancora profondamente colpito e incuriosito poiché, da vecchio Conservatore quale sono (quindi Cattolico da un lato e Liberale dal altro), non sono mai stato in grado di comprendere fino in fondo cosa essi intendano; come si può considerare la nostra Democrazia “Liberale” (ovvero Parlamentare) una Democrazia “falsa”? Come potrebbe essere quest’ultima modificata, sostituita da una diversa forma di Democrazia più efficiente e funzionale? Come potrebbe materialmente esistere una democrazia cosiddetta “diretta” in una società tanto ampia e tanto complessa come quella attuale? Forse Lei Esimio potrebbe finalmente riuscire a dare ad un “vecchio residuato bellico” quale sono io un risposta a questi interrogativi.
Ringraziandola per la sua cortese attenzione e scusandomi nuovamente per la mia inopportuna intrusione, la saluto augurandole ogni bene e una buona serata
Eduardo D'Errico
Non so se lei si sia spinto fino al 15° commento del post precedente, che riproduce il famoso discorso del “quarto partito”, che De Gasperi utilizzo’ alla fine degli anni quaranta per motivare la sua sterzata ulteriore contro le sinistre ; egli, certo non sospettabile di antidemocraticità, afferma però che il partito del denaro e del potere economico può tranquillamente far cadere i governi che non gli piacciono, a prescindere dal fatto che siano o meno sostenuti dal voto popolare. Non è un grande elogio della democrazia rappresentativa; e, paradossalmente, pare avvicinarsi all’atteggiamento sprezzante con cui a quest’ultima guarda(va)no i marxisti ortodossi, che la consideravano poco più che una farsa sovrastrutturale, (pur se talvolta conveniva parteciparvi) di fronte alla cruda realtà dei rapporti di produzione e al dominio della struttura economica. Mi pare che oggi la realtà abbia superato ampiamente il pessimismo degasperiano.
Venceslao di Spilimbergo
Buonasera Esimio signor D’Errico
La ringrazio per la cortese risposta che ha voluto concedere al mio scritto di ieri. Certamente, ho letto con interesse il commento dell’Esimio signor Valerio (che approfitto rispettosamente di salutare) contenente parte di un discorso che, a detta del fu dottor E. Sereni, Degasperi avrebbe tenuto nel 1947 durante un Consiglio dei Ministri ; testo oltremodo famoso e avente ancora oggi ampia diffusione, soprattutto su internet… non fosse però che esso è un falso storico. Il fu dottor Sereni, forse per ragioni politiche (vista la sua posizione ideologica e la sua attività parlamentare), sbagliò nell’attribuire quelle parole all’allora Presidente del Consiglio: infatti lo statista Trentino, durante la seduta pomeridiana dell’Assemblea Costituente di Venerdì 19 Dicembre del 1947, smentì categoricamente di aver mai pronunciato quel discorso… rivendicò invece di aver ripetuto in più occasioni, comprese alcune sedute del Consiglio dei Ministri (in particolare quella del 30 Aprile del 1947), che il cosiddetto “quarto partito” esisteva in quanto “partito dei risparmiatori”, ovvero in quanto partito del “ceto medio”… il quale, essendo per sua natura non- ideologico, era alla pragmatica ricerca di una forza politica a cui affidarsi per poter assicurare propri beni (ruolo che Degasperi riteneva dovesse venire svolto dalla DC , in particolare dopo la rottura con il Fronte Popolare avvenuto proprio in quei mesi). Vera è però l’osservazione che, implicitamente, lo statista fece riguardo il potere della cosiddetta “classe media” di determinare l’ascesa e/o la caduta dei governi se non addirittura dei regimi democratici (da qui la necessità di una alleanza tra essa e la Democrazia Cristiana): la Democrazia, come più volte hanno ripetuto insigni studiosi (anche di “provenienza” Marxista, come il professor Canfora) non è un sistema politico in cui tutto il potere appartiene al Popolo; la Democrazia è piuttosto un complicato e precario equilibrio, basato sui rapporti di forza, tra le elite da un lato e le classi popolari dall’altro. Se l’equilibrio riesce a sussistere (anche se conflittualmente) allora solitamente si riscontra la formazione di una fascia di persone non appartenente alle due classi originarie e costituente una terza classe che, non agiata come la prima, si colloca però per benessere al di sopra della seconda… la classe media per l’appunto. E non potendo essa esistere al di fuori del sistema Democratico, per mere ragioni di sopravvivenza, diventa storicamente la principale difenditrice del regime sopra citato… e conseguentemente il principale bacino elettorale dei partiti Conservatori. L’esistenza pertanto di un cosiddetto ceto medio, la sua espansione, nonché la presenza di una forza politica Conservatrice “moderata” quale espressione della maggioranza del ceto appena rammentato sono elementi basilari ed essenziali per un regime Democratico… tanto più per un sistema Democratico Liberale come il nostro.
Ringraziandola nuovamente per la sua cortese risposta, la saluto augurandole ogni bene e una buona serata
Salvatore D'Angelo
Sig. Venceslao, le preannuncio subito che i salamelecchi non fanno per me, la democrazia diretta (e partecipata) va intesa come un percorso graduale che può essere affrontato speditamente se c’è la volontà dei governanti e dei cittadini.
Intanto si potrebbe partire dall’introduzione degli strumenti già ampiamente utilizzati in Svizzera (che le ricordo è una nazione reale per giunta con noi confinante e non un paese fantastico uscito dalla penna di Italo Calvino).
Poi che la sua democrazia liberale, altro non è che una cripto-dittatura l’hanno scritto grandi studiosi già in passato, uno su tutti, Rousseau: “L’unico modo per formare correttamente la volontà generale è quello della partecipazione all’attività legislativa di tutti i cittadini, come accadeva nella polis greca: l’idea che un popolo si dia rappresentanti che poi legiferano in suo nome è la negazione stessa della libertà.”
Verifichi questa affermazione pensando a quanti referendum costituzionali sono stati elusi in Italia con raggiri parlamentari, oppure pensi a quante situazioni legislative vigenti siano palesemente contro la volontà popolare (della maggioranza), mi permetto di suggerirle una su tutte: pensa che se i cittadini fossero chiamati ad esprimersi sarebbero favorevoli all’attuale gestione dei migranti?
Le ho solo dato degli spunti di riflessione, per ulteriori approfondimenti, dobbiamo convenire un sistema che mi permetta la remunerazione del tempo speso.
Venceslao di Spilimbergo
Buonasera Esimio signor D’Angelo
La ringrazio sinceramente per avermi concesso un po’ del suo tempo, rispondendo al mio scritto di due giorni fa. Prendo atto anche in questo caso del suo interessante punto di vista e personalmente posso comprendere come a Lei, al pari di molti altri, il sistema Democratico Liberale vigente possa non piacere a causa dei suoi limiti e delle sue imperfezioni… tanto più evidenti e difficilmente accettabili in tempi difficili come quelli attuali. A mio modesto parere però il problema è che, a fronte delle sue pur interessanti critiche, non appaiono altrettanto “solide” le alternative che Lei propone al regime vigente: sorvolando sull’esempio da Lei portato (le posso assicurare che il sistema di governo Svizzero, per quanto apprezzabile e funzionante in quel paese alpino, non è assolutamente replicabile in nessun altro luogo di questo mondo… fortunatamente), mi permetta di rammentarle come lo stesso Rousseau ritenesse che una Democrazia cosiddetta “diretta”, sul modello delle antiche polis Elleniche, non potesse funzionare al di fuori di ambiti molto ristretti sia dal punto di vista dello spazio sia sotto l’aspetto demografico. Certo, Lei potrebbe giustamente farmi notare come vi siano oggigiorno strumenti che permetterebbero di aggirare questi limiti naturali/ antropologici, quali Internet; ma la sua osservazione sarebbe corretta solo ed esclusivamente se questo mezzo fosse ideologicamente e politicamente neutro, ovvero al di fuori del controllo di tutto e tutti… cosa che assolutamente non è (Internet è una creazione Americana, utilizzabile per concessione interessata degli USA. Mai dimenticarlo!). Riguardo invece al caso Italiano da Lei sollevato, mi permetta solamente di esprimere il mio dissenso dalla sua opinione: se per Lei Esimio è un fatto negativo che il Popolo Italiano non abbia potuto esprimersi in diverse occasioni mediante i referendum (o abbia visto la propria volontà “edulcorata” dal Parlamento in uno secondo momento), per me invece è stata piuttosto una “benedizione” (i Popoli, per quanto non gradiscano che gli venga ricordato, sbagliano spesso…).
Ringraziandola nuovamente per la sua squisita cortesia, la saluto augurandole ogni bene e una buona serata
francesco cimino
le rispondo per il nome che ha scelto e per la rilevanza delle domande.
a mio giudizio, le asserzioni di D’Angelo sono illusorie e rivelatrici. si può considerare falsa l’attuale democrazia, ma non perché rappresentativa; è falsa in quanto la possibilità di scegliere tra politiche differenti è drasticamente limitata dalla così detta “globalizzazione liberista”: se la comunità politica è territorialmente circoscritta mentre l’economia non lo è per nulla, la politica è impotente; se chi gestisce capitali può reagire alle politiche sgradite trasferendo a piacimento posti di lavoro o introiti fiscali, detterà le sue condizioni agli Stati.
Aggiungiamo che le organizzazioni sovranazionali che dovrebbero affrontare o gestire la globalizzazione, come l’Unione europea, hanno sminuito il ruolo dei parlamenti a favore di organi esecutivi o tecnici.
manca così la corrispondenza tra le richieste di molti cittadini e le scelte politiche.
un’illusione ottica induce alcuni a credere che sia colpa della “rappresentanza”; il che per certi versi o in certi casi può esser vero, ma non coglie il punto decisivo.
Venceslao di Spilimbergo
Buonasera Esimio signor Cimino
Mi permetta come prima cosa di ringraziarla per il prezioso tempo che ha voluto concedere al mio scritto di due giorni fa; come seconda cosa, sperando che non me ne vorrà per questo, mi sia data facoltà di contraddirla; pur considerando interessanti le sue opinioni, personalmente, non le ritengo corrette: ogni “Libertà”, esistendo esclusivamente all’interno del sistema che l’ha generata, è necessariamente legata/ condizionata dal sistema cui appartiene. Questo comporta che, in un sistema Liberale (ergo Capitalistico, ovvero Americano) come quello vigente, la nostra “Libertà” sia per sua natura influenzata, limitata dai principi Liberali (e quindi Capitalistici) da cui è stata prodotta. Questo vale per le persone nella loro vita quotidiana, come altresì per le comunità nel loro insieme (e pertanto anche per i governi). Non confondiamo la parentesi storica vissuta durante la cosiddetta “Guerra Fredda”, quando gli Stati Uniti accettarono l’esistenza nei Paesi Europei di ideologie Non- Capitalistiche (o addirittura Anti- Capitalistiche) per ragioni geopolitiche, con il mondo precedente al 1945 e successivo al 1989/92… l’epoca dell’autonomia intellettuale che l’Impero aveva pragmaticamente e interessatamente dato ai propri vassalli è finita. E vivente nei sogni, alla ricerca di una “utopia”, è colui che desidera ricreare quell’esperienza.
Ringraziandola nuovamente per la sua gentilezza, la saluto augurandole ogni bene e una buona serata
P.S.
La ringrazio per le parole che ho ritenuto essere un implicito complimento al mio nome ma… la posso rassicurare Esimio… eventuali meriti non spettano certamente a me, bensì ai miei genitori che vollero assegnarmi anche questo nome, fra gli altri che possiedo.
Ringraziandola anche per questo, le porgo rispettosamente i miei ossequi
francesco cimino
Diciamo che frequentemente parziali ritorni al passato e novità s’intrecciano in modo indissolubile – anche perché le soluzioni a disposizione delle società umane non sono infinite, quindi è facile che qualcosa lo si sia già visto in passato. Pensi lei che, riguardo alla “mobilità dei capitali” e ai contratti di lavoro, le attuali politiche tornano all’Ottocento…Lei le approva, Venceslao; io approverei politiche che per determinati aspetti tornassero all’età detta “keynesiana”, pur senza ripeterla nell’insieme.
Certo, che avvenga o no, non può esser deciso solo da elezioni…emerge qui la questione di come considerare la “democrazia”: deve consentire di fare scelte differenti, anche in economia? Oppure non è mai stato così, e in fondo tutti vogliono promuovere o difendere l’assetto che prediligono come definitivo?….a rileggerci.
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francesco cimino
A integrazione della mia risposta alla sua replica, Venceslao: anche se in democrazia il modello economico non si può modificare a piacimento ed è in tal senso “definitivo”, fa differenza che a volerlo sia un’oligarchia o gran parte dei cittadini…e su chi approva o meno l’ordine attuale, su chi lo accetta con entusiasmo o con rassegnazione…credo non ci siano molti dubbi.
Fantax
“[…] Sono tanti anni che siamo abituati a veder usata questa parola in sensi assai diversi, come democrazia formale o sostanziale, politica o sociale, come metodo o come contenuto di una politica, e in tempi più recenti abbiamo imparato a conoscere anche una “democrazia protetta” e una “democrazia popolare” e finalmente, secondo la distinzione di un illustre studioso, una “democrazia governata” e una “democrazia governante”. Perciò è giusto che si mettan le carte in tavola e si dica chiaramente di quale democrazia si intende parlare.
Ebbene, per quel che ci riguarda, noi non abbiamo bisogno per questo di scomodare né gli immortali principi né le sacre tavole e neppure dobbiamo far ricorso a sottigliezze giuridiche. La democrazia per la quale ci battiamo oggi in Italia è semplicemente la democrazia contenuta nella Costituzione italiana. È cioè la democrazia fondata sulla sovranità (art.1) e sull’eguaglianza (art.3) dei cittadini, sul suffragio universale ed eguale e non truffaldino (art.48), sulla laicità dello Stato (artt.7-8), sul rispetto dei fondamentali diritti di libertà per tutti (art.13 e seguenti), sull’Indipendenza della Magistratura (art.104), sull’imparzialità della pubblica amministrazione (art.97); è una democrazia che postula, per diventare realtà, possibilità di lavoro (art.4) e di istruzione gratuita (art.34) per tutti, che prescrive per ogni lavoratore una retribuzione “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (art.36); che garantisce alla donna parità di retribuzione per parità di lavoro (art.37) e agli inabili un’adeguata assistenza (art. 38), che vuole l’attività economica sia pubblica sia privata indirizzata e coordinata a fini sociali (art.41) e la proprietà privata subordinata al rispetto della sua funzione sociale (art.42), che prevede limiti di estensione alla proprietà terriera privata (art.44) e vuole i lavoratori partecipi della gestione delle aziende (art.46). È, soprattutto, una democrazia conscia dei propri limiti, conscia di non potersi considerare come effettiva realtà finché permangono i gravi squilibri economici e sociali che angustiano il nostro Paese, e appunto perciò prescrive alla Repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art.3).
Dice, il testo della Costituzione proprio così: “la effettiva partecipazione di tutti i lavoratori”; ed è appunto dallo sforzo di tutti i lavoratori che noi attendiamo la costruzione dello Stato democratico, di uno Stato come quello prefigurato dalla Costituzione, da cui siano spariti in primo luogo l’analfabetismo, la disoccupazione e la miseria. Senza lo sforzo dei lavoratori, di tutti i lavoratori, questa democrazia non diventerà mai realtà, perché essa ha la ventura di non piacere a lor signori, di non piacere ai monopolisti, agli agrari, ai clericali, e anche di non piacere a Saragat che in tanti anni di governo non ha mosso un dito per attuarla, e si è accomodato così bene con la politica dell’immobilismo.
[…] Quanto all’altra democrazia, quella di lor signori, la democrazia fondata sulla disoccupazione, sulla miseria, sull’analfabetismo e sul semianalfabetismo, sulle discriminazioni, sulle violazioni della Costituzione, sulle leggi fasciste, sulle elezioni truffaldine, sul clericalismo, ecc., ci dispiace per tutti i nostri zelanti consiglieri: a questa democrazia non saremo mai ricuperati.”
Lelio Basso, “Democratici e no,” «Avanti!», 15 mag. 1957.
Paolo Selmi
Professore buonasera!
“Siamo di fronte ad un mega parcheggio elettorale dal quale in ogni momento possono partire flussi di rientro che non è affatto detto si dirigano verso i due o tre partiti maggiori, né che lo facciano in modo proporzionale.”
Frase da incorniciare. L’analisi che si sviluppa è parimenti impeccabile. Ora, però, a me sorge un dubbio. A prescindere dal fatto che il “mega parcheggio elettorale” E’, di fatto, FUNZIONALE al sistema vigente come ANTICAMERA AL DISIMPEGNO TOTALE, e che pertanto non scandalizza nessuno dei maggiori attori sulla scena politica, anzi, TUTTAVIA accadono dei riflussi, dei rigurgiti, mi verrebbe da dire, con sviluppi imprevedibili. In altre parole, il popolo italiano non ci sta a farsi mettere da parte dai quattro scalzacani che dominano la scena politica attuale. E cerca, in qualche modo, di farla pagare. La listadraghi, chiamiamola così, o la listalandini dall’altra parte, muoverebbero sicuramente le acque in maniera molto pericolosa per lorsignori. Alla sinistra di alternativa allora si pone il compito di entrarci, in questo parcheggio, e rimettere in moto i meccanismi sopra descritti in maniera continuativa, andando aldilà della semplice lista-personaggio e costruendo nuovamente quanto perduto in questi ultimi quindici anni. Davvero è e sarebbe interessante, a questo punto, studiare caso per caso, Paese per Paese, le dinamiche di massa, inquadrarle socialmente e storicamente, analizzarne i vari percorsi. Gramsci questo aveva MOLTO più che abbozzato, nei suoi quaderni, fornendo spunti ancor oggi attuali, a partire dalla quistione meridionale per approdare all’americanismo e fordismo, alle concezioni di egemonia culturale e rivoluzione passiva, di intellettuale organico e di chierico. In un altro Paese, Vladimir Ilic Lenin aveva capito molto di più il popolo russo di quanti lo seguirono: i quattro anni successivi al Grande Ottobre, segnano un lungo percorso dialettico di adattamento del marxismo alla realtà concreta dei contadini e degli operai russi. Oggi, per fortuna, i quattro maggiori partiti leggono altro. Alcuni pensano che basti propinare due minestre simili per accendere gli animi dei fans e mandare in soffitta (o a mangiarsi il fegato) tutti gli altri; altri, invece, sono convinti di avere la scienza infusa e che basti tenere acceso il faro della rivoluzione, dando fuoco alle polveri di polemiche quotidiane su tutto e su tutti, perché il gregge disperso si riunisca sotto la loro bandiera. Perdere alle amministrative, in questo senso, restituisce la cifra di una concezione elitaria della politica dove la piccola città non interessa, dove non occorre farsi le ossa sul territorio, confrontandosi con le fabbriche che chiudono, con i centri commerciali che aprono, con operai e impiegati sempre più precari, con famiglie che non arrivano più a fine mese senza il contributo, ancora una volta, di genitori e nonni. Si aprono, quindi, dei piccoli spazi di manovra anche per chi non la pensa come chi oggi occupa la scena politica. Vedremo come andrà a finire, molto probabilmente non si farà nulla, ma almeno è confortante sapere che i nostri avversari non sono dei monoliti invincibili, anzi, a momenti si elidono a vicenda.
Un caro saluto.
Paolo
Herr Lampe
Noto di sfuggita che al referendum l’astensione fu molto bassa.
Della serie, se si ha un valido motivo per andare a votare lo si fa.
5uccinato
alcuni commentatori dicono che una forte astensione prolungata in un sistema elettorale apre una sponda per gruppi di dubbia associazione senza necessità di infiltrazione mafiosa. Personaggi come Del Utri possono pensionarsi e quelli come Mangano candidarsi, anche se la magistratura per un po’ porrebbe delle difficoltà. Non che la storia recente sia essente di casi passati in giudicato e parlamentari incarcerati. La società si connoterebbe di aspetti oscuri se non torbidi.
PIETRO
discorso molto teori che, secondo me, non può essere applicato in pieno ai 5*. almeno per quanto riguarda le elezioni politiche. potrà sembrare strano, ma il voto ai 5* è l’unico dettato da ragioni ideologiche, e questo conta molto alle elezioni politiche.
ilBuonPeppe
Chi sta nella melma fino al naso? Noi, non certo lorsignori.
Il sistema sta dimostrando di funzionare benissimo: meno gente vota, più è facile controllarne gli esiti. Quindi continueranno sulla strada che allontana le persone dalla politica e blocca sul nascere qualsiasi ipotesi di alternativa reale, perché gli conviene e perché è quello che sanno fare meglio.
Fino al momento in cui accadrà l’inevitabile. Auguri a tutti. Ne avremo bisogno.
Giovanni Talpone
Tutto vero, ma prima o poi bisognerà anche discutere della follia degli enti locali: ci sono Comuni che hanno meno abitanti di un condominio di Milano, strade conciate come in Siria che non si capisce più chi deve ripararle (e se ha i soldi per farlo), strade con limiti di velocità folli che cambiano ogni 100 metri, e autovelox fra i rovi o tarati per spillare soldi, strade deserte illuminate con migliaia di watt tutta la notte “perché la gente ha paura”, lavori in corso che non finiscono mai, siti Internet con informazioni aggiornate a cinque anni fa, trasporti locali con frequenze così basse da essere inutilizzabili…. i Partiti si vergognano di parlare di queste banalità, se non strumentalmente per qualche loro interesse immediato. Perché i cittadini dovrebbero votarli? E’ così strano che nascano tante liste civiche?
Roberto B.
“i quattro principali partiti (Lega, Fi, Pd, M5s) assommano a circa l’85% del corpo elettorale”.
Forse ho frainteso, ma credo che sarebbe più corretto dire che quella percentuale sia da riferirsi ai votanti e non all’intero corpo elettorale. Altrimenti è come dire che il 45% di astenuti si distribuisce a quei quattro soggetti secondo le rispettive percentuali di consensi ottenuti. Il che, evidentemente, non sarebbe corretto.