Riflessioni sulla campagna del NO e sulle prospettive della Sinistra in Italia.
A mente fredda possiamo fare qualche riflessione sulla campagna referendaria, in particolare in riferimento allo stato della sinistra italiana.
La prima considerazione riguarda la consistenza della sinistra in Italia. I NO, come si sa, sono stati circa 19 milioni e, stando alle valutazioni degli analisti, quelli provenienti dal Pd dovrebbero essere stati circa un milione o poco più, che vanno a sommarsi ai 7-800 mila riferibili a Sel, ai 5-600 mila di Rifondazione-Pdci (oggi Pci) ed ai circa 200.000 di altre piccole formazioni di sinistra. Quindi, in totale un po’ più di 2 milioni cui andrebbero sommati una parte dei voti provenienti dall’astensione orientati a sinistra, ma qui le valutazioni sono impossibili.
Comunque, non è esagerato valutare un apporto pari al 12% circa dei voti del No. Certo: si tratta solo di una somma aritmetica visto che non ha molto senso sommare un elettore del Pd con uno del partito di Ferrando, di Civati o di Rifondazione. Ma indica comunque che c’è un’area non piccola, pari ad un 6-7% del corpo elettorale, il che non è poco come terreno su cui lavorare.
La seconda considerazione riguarda il modo con cui è stata condotta la campagna del No che, diciamocelo francamente, è stata un vero disastro per quanto riguarda le componenti organizzate:
– il comitato Nazionale del no non è stato in grado neppure di curare decentemente il sito che faceva piangere, ed è stato pesantemente egemonizzato dai soloni del diritto (Zagrebelski, Rodotà, Onida ecc ecc) che non hanno dimostrato alcuna sensibilità politica e sociale, rivelandosi una palla al piede
– la Cgil non ha fatto praticamente nulla
– la sinistra Pd (i soli bersaniani, visto che Cuperlo è andato a consegnarsi al padrone) si è decisa all’ultimo (giusto due o tre settimane prima del voto) ed ha fatto poche iniziative
– Sel, Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista, Possibile sono state voci flebilissime, quasi impercettibili, persino sul web
Gli unici a muoversi seriamente sono stati l’Anpi, i comitati della sinistra per il No di D’Alema, un po’ di Fiom e diversi circoli Arci. E se si fosse trattato solo di questo, i consensi sarebbero stati molti meno di quelli che sono stati.
La vera risorsa è stata un’altra: la mobilitazione spontanea di decine di migliaia di militanti di sinistra “cani sciolti” (come si diceva un tempo). Non è esagerato valutare che a mobilitarsi siano state circa centomila persone, in gran parte senza alcuna tessera (o al massimo quella dell’Anpi) e spesso gente che da tempo non faceva più politica o addirittura si asteneva nelle elezioni, ma che è scattata percependo chiaramente la minaccia alla democrazia operata dal Pd renziano.
Girando per iniziatine, o presentando il mio libro ne ho avuto una percezione nettissima, così come seguendo i social in questi tre mesi: ho riconosciuto decine e decine di compagni conosciuti personalmente e spariti da tempi lontani, ridiventati attivissimi su fb o twitter. Anzi, se sulle iniziative sul territorio l’Anpi o altre organizzazioni hanno avuto un ruolo preminente (spesso ho anche trovato singoli militanti di sinistra che si appoggiavano a gruppi del M5s), sul web la presenza preminente è stata nettamente dei “cani sciolti”.
E’ un segnale che non va assolutamente sottovalutato: significa che c’è molta gente insoddisfatta dell’attuale offerta organizzativa della sinistra, ma che è pronta a tornare nella mischia solo che gli si offra qualcosa di decente.
Terza riflessione: il Pd è un partito molto più “mediatico” che reale: se considera il fiume di soldi speso nelle più diverse forme di propaganda (sfilano ancora per Milano i tram con la pubblicità “Basta un Si” ed ogni volta che li vedo non riesco a trattenere un sogghigno di piacere), l’appoggio compatto del 90% dei quotidiani, il coro unanime delle televisioni (comprese quelle del Cavaliere), la pioggia di appelli di attori, scrittori, ballerini, cantanti, ecc., il risultato è sorprendentemente basso. Ogni SI è costato realisticamente dalle 15 alle 20 volte quello che è costato ogni NO.
Considerando che c’è una quota di voti di destra (Alfano, Verdini, ma anche un bel pezzo di Fi e qualche voto del M5s) si ricava che il voto Pd è stato pari a circa i 2/3 del totale, cioè circa 8 milioni di voti, in buona parte raccolti grazie al seguito d’opinione più che quello organizzato.
Adesso è possibile che, per reazione, quanto per l’approssimarsi del congresso ci sia una impennata nel tesseramento, ma va detto che sino a qualche mese fa, i tesserati al Pd superavano di poco i centomila, cioè uno ogni 80-90 elettori circa.
Quarta considerazione, molti del Pd stanno facendo una valutazione assolutamente fantasiosa circa i voti che il loro partito avrebbe preso: il 40% come alle europee, per cui si conferma partito di maggioranza relativa. Qualcuno, addirittura, somma i voti Pd andati al No e dice che oggi il Pd è al 45%. Insisto: con una buona bottiglia di amarone a 16 gradi si vede il Pd al 55%.
Vorrei ricordare che nel 1983 il Pci prese il 29,9% dei voti, poi, nel 1985, organizzò in perfetta solitudine lo sfortunato referendum sui punti di contingenza che, comunque, raccolse il 45% dei Si, ma due anni dopo, nelle politiche del 1987, il Pci non prese il 45% e neppure il 29,9% di quattro anni prima, ma scese al 27,1%. Mai confondere i voti dei referendum con quelli delle politiche.
E veniamo a quello che deve fare la sinistra (quella vera). Quello che paralizza la situazione italiana è che un partito sostanzialmente di destra, come il Pd, che però si regge su una base, per quanto illusoriamente, di sinistra. Questa è in parte fatta, fra gli iscritti, da vecchi fossili pronti ad eseguire ogni ordine del gruppo dirigente anche se gli ordinasse di andare in processione a Predappio a portare i fiori (questo in particolare fra gli iscritti), e nell’elettorato da un seguito di opinione che non approva affatto tutte le scelte del Pd, ma che fa il solito ragionamento del “voto utile”, per cui alla fine vota per il “partito più forte della sinistra”.
Se vogliamo che torni una vera presenza di sinistra in questo paese occorre sfatare questa truffa e sottrarre l’elettorato di sinistra al Pd (i fossili possiamo pure lasciarglieli, tanto è solo un problema demografico). Questo significa presentarsi decisamente come alternativi e nemici del Pd, senza fare tanti giri di parole. Se aspiri a soppiantare un partito e, per di più intendi denunciarne il raggiro propagandistico significa che assumi quel partito come nemico, ma con i nemici non ci si allea. Mai.
Per cui, prima indicazione: disfarsi immediatamente di chi ritenga anche solo possibile una intesa elettorale con il Pd: chi lo pensa vada a fare il cespuglio con Pisapia, saranno quattro gatti aspiranti a qualche assessorato e penso non raggiungeranno nemmeno l’1,5% dei voti. Gli altri abbiano chiara l’idea che si lavora a qualcosa che sostituisca il Pd.
Seconda riflessione: proprio il fatto che l’anima della campagna sono stati i cani sciolti dice che è ora di piantarla con le fusioni a freddo di apparati burocratici di capi e capetti che non hanno dietro niente. La via giusta è quella degli “stati generali” della sinistra, città per città, basati sui comitati per il No (ovviamente quelli orientati a sinistra) che confluiscano in una costituente nazionale. La costituenda Sinistra Italiana può avere una funzione servente di questo processo ma non può assolutamente pensare di essere il vero partito della sinistra in Italia che deve essere una cosa ben più ampia.
Ultima raccomandazione: la sinistra deve riflettere sulle ragioni della sua sconfitta negli anni scorsi, la principale delle quali è stata l’assenza di iniziativa politica. Ma su questo torneremo.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, anpi, arci, cgil, comitati per il NO, futuro della sinistra, la sinistra dopo il referendum, sinistra, sinistra alternativa a renzi, sinistra pd
Allora ditelo
È più facile che il M5S butti fuori Grillo e si organizzi secondo i criteri partecipativi (non limitate alle interpretazioni del “garante”) che il gotha dei media agevoli qualche nuova sinistra contraria alle riforme che si è intestate il PD.
Il proporzionale puro sarebbe molto utile per fare pulizia dei consensi “gonfiati” ma la popolazione sembra largamente suggestionata da interessi che non si fanno remore di abusare i canali di massa.
La Lega si è concretizzata con un procedimento federativo di piccole realtà regionali.
Emiliano
D’accordo su tutto però quale sarebbe il programma di questa sinistra. Io credo che al referendum abbiamo avuto quelle cifre perché in fondo il quesito era un simbolico programma politico a cui aderire oppure no: Volete voi abolire un sistema e sostituirlo con un altro? Questa era la sostanza, e questa sostanza ha mobilitato così tanta gente per l’uno e per l’altro schieramento.
Quando invece si parla di fare un nuovo partito a sinistra(ma vale anche a destra) si parla sempre di come incastrare le varie anime perché non si sbranino tra loro. Ma non sarebbe ora di cambiare approccio e presentare subito un programma e non un programma diviso a punti(non si tratta di comprare il latte, le uova e due chili di patate) ma un programma di sistema.
Vogliamo dire ad esempio che il nuovo partito sarà europeista, ma non accetterà più di sottomettere la sovranità nazionale all’Eurocrazia di Bruxelles se non entro i limiti in cui non venga violata la “nuova” Costituzione Italiana, cioè quella uscita dal referendum? Vogliamo un partito di sinistra, che abbia nello statuto l’imperativo di tentare di attuare la Costituzione invece di cercare di riformarla? Vogliamo insomma non un partito della nazione, ma un partito della Costituzione?
Anzi non c’è nemmeno bisogno di un programma, c’è la Costituzione,che è un programma semplice e lo capiscono tutti e potrebbe piacere persino all’elettorato che non vota più da anni.
Ci vuole un nuovo simbolico quesito referendario: volete voi una sinistra ispirata alla Costituzione e alla sua attuazione?
Avremo ne sono sicuro una valanga di SI e magari con questo partito costituzionale il m5s sarà persino invogliato a fare una coalizione.
Marcello Romagnoli
Concordo. Aggiungo però che la Costituzione Italiana è antitetica e non può andare d’accordo con la UE così com’è oggi. Siccome è irriformabile, la UE, perché il progetto era di andare dove siamo oggi, l’unica cosa che ci impone la Costituzione è uscire. Non lasciamoci ingannare dall’interpretazione che viene data dell’art.11 .
Ripartiamo dalla Costituzione. Sono con lei.
Paolo Selmi
Professore, buongiorno!
E’ un lavoro, questo tuo ultimo, che si presta tantissimo a una discussione infinita, magari in un giorno da Giannuli, con fuoco acceso, tante caldarroste e tanto vin brulè. Cercherò solo di limitarmi a tre punti, che mi sono venuti in mente nel percorso casa-lavoro, tra una pedalata e l’altra.
1. Estrema dinamicità della situazione attuale. Senza scendere nei dettagli di un’inchiesta operaia, di cui si avvertirebbe invece l’estrema necessità, almeno dal punto di vista di una prospettiva di sinistra, mi sembra davvero che il coefficiente di Gini parli da solo, così come i giochini Istat su quanto detiene il 10% più ricco della popolazione, e via discorrendo. In linea teorica, l’elettorato di un partito di sinistra credibile andrebbe ben oltre i sei-sette milioni di elettori: misuro le parole e non dico marxista, anticapitalista, comunista, socialista, ma mi spiegherò meglio nel terzo punto. Lo stesso discorso vale anche per i piddini: allo stato attuale, per farli andare oltre il trenta percento non basterebbe neppure l’assenzio; e, aggiungo, basta un passo falso dell’attuale clone al governo (clone anch’esso), per far crollare quel castello di carte surreale, di cui la pagliacciata di ieri sera rappresentava la degna sigla di apertura.
2. “Cani sciolti” e “ronin”. Esiste un termine giapponese molto noto, sin dai tempi dei film in bianco e nero di Kurosawa, per designare gli “uomini-onda”, ovvero i rōnin (浪人). Io lo applicherei, nel caso italico, per quel particolare tipo di “cane sciolto” che, come sottolineavi nel tuo lavoro, in passato erano quadri, militanti con un ruolo qualificato e qualificante all’interno delle organizzazioni politico-sindacali della sinistra e che oggi, anziché intrupparsi nel piddì, o in un comodo ufficio di rappresentanza di Corso di Porta Vittoria, in attesa magari di candidarsi alle europee, fanno altro. A differenza dei “cani sciolti” quali potrei essere io, per esempio, i rōnin sanno usare la katana, fuor di metafora sono organizzatori, sanno come far girare attivamente un circolo, una sezione, una cellula sul posto di lavoro, sia dal punto di vista rappresentativo che dal punto di vista di azione politica: dal mero permesso al comune o in questura per mettere un gazebo o per fare una manifestazione, a un’esperienza maturata in decenni di barricate che, in questo frangente, potrebbe rivelarsi preziosa: non possiamo permetterci di scoprire nuovamente l’acqua calda, il tempo a disposizione è troppo poco. Oltre, inoltre, a questi rōnin tradizionali, esistono poi quelli “di nuova concezione”: mi riferisco agli specialisti della rete, e mi fermo qui perché sappiamo tutti di chi stiamo parlando. Una sinergia fra questi due tipi di rōnin, all’interno di un percorso politico condiviso ed entro un’unica struttura organizzativa, consapevolmente dotata di obbiettivi tattici e strategici di breve, medio e lungo periodo, non potrebbe che dare, a mio modesto parere buoni, ottimi, frutti.
3. Esistenza (meglio, difficile coabitazione) in Italia di diversi socialismi di diverso “rito”. E’ una terminologia, questa, che mi ha suggerito un compagno di Genova con cui sto collaborando per la stesura di biografie dei membri cinesi del Comintern. Per farmi capire come andavano stilate, mi ha mandato un suo libro (Emilio Gianni
Un socialismo di rito Ambrosiano-Emiliano. congressi costituenti del Partito Socialista Italiano. 1891-1893; http://www.archiviobiograficomovimentooperaio.org/index.php?option=com_content&view=article&id=173:un-socialismo-di-rito-ambrosiano-emiliano&catid=95&Itemid=490&lang=it).
E da lì l’input sul “rito”, per l’appunto. Dico un’ovvietà, me ne rendo conto, ma forse non abbiamo prestato mai grande attenzione a come teorie, ideologie, prassi, indicazioni operative, o semplici slogan abbiano attecchito sulle variegate realtà regionali che compongono il nostro Belpaese. Il mio essere “geneticamente” meticcio mi ha fatto spesso cogliere le differenze fra i socialismi di rito ambrosiano, piuttosto che tosco-emiliano. Me lo faceva notare anche un mio prof delle superiori, compagno anche lui, che aveva insegnato per anni in Emilia e che poi era rientrato. Che dire poi del socialismo di rito trentino, figlio di un certo sessantotto che, per certi versi, si è prolungato fino a oggi, solo nella testa, ovviamente? E lo stesso potrei dire dei compagni di Lecce che conosco ormai da oltre dieci anni, o dei veneziani, con ancora nelle orecchie le sirene di Porto Marghera, che ho conosciuto all’Università, o dei napoletani, fra cui ho tantissimi amici. E ho solo 42 anni: tu, certamente, su questo potresti scrivere libri interi! In altre, parole, E’ NECESSARIO individuare una matrice comune ideologica AL NETTO delle differenze regionali e dei diversi “riti”: una matrice che sia sintesi e, in quanto sintesi, superamento dei diversi substrati, in modo da trasformarsi OVUNQUE, sul territorio nazionale, in iniziativa politico-sociale comune e coordinata, in messaggio politico chiaro e comprensibile, locale e, al tempo stesso, unitario; un marxismo di nuova concezione, perché proiettato nelle battaglie politiche del presente e del futuro, che lasci a un pur importante, acceso, appassionato al punto giusto, dibattito storiografico le passate vicende e i nodi irrisolti delle innumerevoli divisioni del movimento operaio novecentesco, ma che dia assolutamente priorità a battaglie e a progetti di trasformazione politica e sociale radicati nel presente e che parlino delle questioni di oggi.
Alla fine… mi sono accorto che un kg di castagne e mezzo litro di vin brulè l’avrei già fatto fuori… chiedo scusa per la lungaggine.
Paolo
Enskilda Skandinaviska
Pur essendo ideologicamnte anticomunista ho apprezzato la lucida analisi fatta in questo post che evidenzia la coerenza della vera sinistra che ritengo pertanto apprezzabile e degna di rispetto politico. Coloro che hanno preso il potere e lo stanno mantenendo in quest’Italia sempre piú invasa da migranti di ogni genere, che potrebbero essere aiutati in ben altro modo, e da problemi economici sempre piú gravi che stanno impoverendo fasce sempre piú ampie di popolazione, invece sono succubi dei diktat degli euroburocrati e delle lobbies economico-finanziarie cui sono funzionali. É la politica dell’apparire rispetto a quella del fare: hanno presentato e continuano a presentare la realtà di un paese che non esiste se non nella loro immaginazione; in quest’ottica è inevitabile che si ritengano titolari di un 40% di consensi che non è loro.
Giovanni Talpone
Negli ultimi anni sono tornato a incuriosirmi delle vicende delle formazioni politiche di sinistra, e ho anche aderito a una di esse (Possibile). Qualche osservazione senza pretesa di profondità: 1) C’è una straordinaria indifferenza alla strategia di lungo termine. Tutti si concentrano sulle “emergenze” da gestire (elezioni, referendum, crisi varie…) e quindi ogni volta “non è il momento”, “non c’è tempo” per riflessioni e proposte che non abbiano un riscontro immediato. 2) I media “sociali” e l’invidiato successo del M5S portano a soluzioni organizzative in cui un piccolo gruppo di dirigenti di professione si rivolge una base appiattita su tematiche locali e immediate; è vista con sospetto qualsiasi struttura intermedia di raccordo (questa soluzione è facilitata dal fatto che, essendo i militanti di base ormai pochissimi, si possono tenere assemblee in locali abbastanza modesti). 3) L’effetto Facebook-blog-twitter porta a trascurare completamente qualsiasi accumulo di memoria storica, e quindi qualsiasi esigenza di coerenza nel tempo delle posizioni politiche 4) Poi ci sono i “cani sciolti”, molto più numerosi degli aderenti a qualche formazione; sono molto importanti nelle grandi mobilitazioni, ma devo dire che spesso manifestano un primitivismo politico ancora maggiore: si va dalla nostalgia del grande partito che ha sempre ragione all’anarchismo più irrazionale, a un’assoluta incoerenza di posizioni (si può votare No, apprezzare Hillary Clinton e Pisapia, non volere gli F35.. o qualsiasi altra combinazione di opinioni). Molti sono alla ricerca di un’organizzazione che la pensi esattamente come loro, ma già pronta bella e grande, perché se è ancora piccola non va bene. Insomma, secondo me o si ricostruisce una cultura diffusa di sinistra, che contenga anche cose “difficili”, oppure si rimane ai partitini da prefisso telefonico internazionale (00…)
Allora ditelo
Partitini da prefisso che -ad esempio- vogliano il proporzionale puro non ne vedo. Non lo sono neanche i “radicali” che pure al contrario dei “paladini” che abbondano oggi hanno contribuito utilmente (cose come il centro d’ascolto televisivo o il sito radioradicale con le interviste e dattiloscritti) grazie a fondi pubblici e donazioni (stendiamo un velo pietoso sugli altri).
L’assortimento dei cleavage implicherebbe un numero elevatissimo di partiti che nella storia della Repubblica non si è mai concretizzato tenga presente invece che la riduzione dei partiti implica semplicemente una analisi incompleta delle opzioni politiche. https://en.wikipedia.org/wiki/Cleavage_(politics)
Il maggioritario ha incentivato l’involuzione della politica e i pessimi politici di oggi grazie alla selezione della tivvù stanno già formando quelli “telegenici” di domani.
Io preferirei votare un partitino da prefisso piuttosto che essere ridotto alla compiacenza verso i condizionamenti filomaggioritari (e sovra-rappresentare dirigenti che non conoscono il valore del consenso) oppure essere indotto all’astensione.
Tenerone Dolcissimo
Siamo chiari e precisi.
Il maggioritario BASATO SULLE LISTE (TIPO PORCELLUM, ED ITALICUM) ha incentivato l’involuzione della politica e i pessimi politici di oggi
Infatti il maggioritario fatto con l’uninominale avrebbe evitato certi problemi costringendo i politici ad andare porta a porta come è avvenuto per un breve periodo negli anni 90
Ve lo figurate un parlamentare presentatosi come antirenziano e come tale eletto e che dopo è passato a Renzi che si presenta per la rielezione ai suoi elettori???
Allora ditelo
me cojoni? #cambiareverso non va bene.
Non fa alcuna differenza il tipo di maggioritario.
Per essere chiari e precisi non si sarebbe dovuto dimenticare che leggi come il porcellum non sarebbero state possibili se il mattarellum non avesse “corretto” la rappresentatività del Parlamento in senso maggioritario.
Non serve usare l’immaginazione e buttarla sul trasformismo (sul quale fanno il lavaggio del cervello da quando e “sbocciato” con il maggioritario)
Interferire con la rappresentatività (con soglie di sbarramento) e fare di una minoranza una maggioranza per consentirle di fregarsene di trovare soluzioni condivise ha accelerato l’involuzione della politica.
Pensi un po’ che Einaudi diceva di come il proporzionale svantaggiasse i “piccoli” nello stesso testo in cui paragonava cittadini a PECORE.
L’uninominale secco -ad esempio- ha una soglia di sbarramento implicita almeno del 35% (cioè distrugge i voti al di sotto di tale soglia) e questo Einaudi non poteva non saperlo.
Quello che appare è che abbia detto del proporzionale quello che sarebbe da dirsi del maggioritario (ed il “voto utile” non a piccoli, ecc).
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Il maggioritario è roba di secoli addietro e rispondeva ad esigenze conservatrici.
http://www.historyandpolicy.org/policy-papers/papers/electoral-reform-dilemmas-are-single-member-constituencies-out-of-date
Con il maggioritario è un segretario laqualunque, affittuario di spazio politico (espropriato ad altri), a decidere chi si “trasforma” ; con il proporzionale puro (e liste aperte) invece sono un numero “proporzionale” di cittadini (nella I repubblica erano circa 80000 i voti necessari per un seggio) che scelgono se riconfermare un parlamentare che ha rigettato qualche legge demenziale.
Perché tecnicamente il divieto di mandato imperativo servirebbe per consentire valutazioni di merito e senza condizionamenti.
Se gli unici “intrasformabili” (per definizione) sono i segretari che si lasci solo quelli (ed a loro discrezione un numero di portaborse da gestire a comando)
Tenerone Dolcissimo
Allora ditelo deve avere un conto aperto con l’espressione “ordine del giorno”. Come un fiume in piena se ne frega degli argini e straripa inondando la campagna. Lo immagino al liceo che prendeva due in italiano perché scriveva temi bellissimi ma regolarmente fuori argomento. Tremo per chi deve partecipare alle assemblee di condominio del suo palazzo. Lo vediamo qui: si tratta dei risultati economici del governo Renzi e come per miracolo Allora ditelo riesce a parlare della sessualità degli eschimesi passando per la gastronomia cinese.
Ma veniamo a noi. Parlavamo del maggioritario, ma non dei suoi effetti su governabilità e rappresentitavitità, bensi’ del fatto che il maggioritario avrebbe portato ad un distacco dei politici dai loro elettori rappresentato dalla spia che la campagna elettorale del maggioritario si svolgerebbe in televisione. Io ho eccepito che ciò era vero solamente per il maggioritario fatto col porcellum o italicum e non per quello fatto con l’uninominale. Stop.
Se poi vogliamo parlare degli effetti del maggioritario su rappresentatività e governabilità io sono qui.
Come diceva lo pseudoZatterin nell’imitazione del compianto Noschese “io amo la disputa. Anzi ho un solo grande desiderio di_sputare” (per i piu’ giovani ricordo che Zatterin parlava con la zeppa e, quindi, tendeva a sputacchiare durante le discussioni)
Potrei iniziare dicendo che è vero quel che afferma Allora ditelo: l’uninominale distorce il risultato ma affida totalmente la scelta degli eletti agli elettori e quindi …. Cujus commoda ejue et incommoda
Gaz
Ragionamento sottile su una sinistra verticistica e antipopolare.
Lorenzo
Esiste una sinistra in Italia? Io non la vedo da nessuna parte, forse sotto il tappeto?
andrea z.
Il PD non è formato solo da “vecchi fossili” e fautori del “voto utile”, ma anche da quella moltitudine di persone che, soprattutto nelle regioni del centro Italia, sono parte integrante del sistema economico delle cooperative, sia direttamente, sia attraverso l’indotto.
E’ una massa notevole, che ha dimostrato la sua fedeltà al nuovo PD di destra, portando il sì alla vittoria in Emilia e Toscana.
Credo che sul futuro della sinistra pesi anche la forza e il ricatto di un’ Europa gestita da un’oligarchia estremamente conservatrice, a cui fa comodo un partito blairiano o clintoniano, asservito agli interessi finanziari.
Se si formasse un partito di sinistra in grado di vincere, da solo o con i movimenti “populisti”, la UE potrebbe correre in aiuto della falsa sinistra commissariando il Paese, dopo opportuno crollo azionario degli istituti bancari in crisi.
Aldo S. Giannuli
certo c’è anche qiella cpmèponente locale
david cardillo
Professor Giannuli, in passato ho già scritto un commento sul suo sito a proposito dello stato di salute della sinistra non solo italiana, e non voglio annoiarla riscrivendolo. Mi limito a dire che, quella che poteva essere l’opposizione di sinistra al PD è già stato inglobato dal Movimento 5 Stelle, e non sono pochi nella sinistra-sinistra, sia politica che “intellettuale”, a rimproverare ai pentastellati di aver in qualche modo occupato abusivamente quello che pretendevano essere il loro spazio politico. Prescindendo dalla fondatezza di questa tesi (che è chiaramente formulata pro domo loro, e che si ricollega al commento che diverse settimane fa avevo scritto), mi interesserebbe conoscere il suo punto di vista su quello che è l’ostacolo rappresentato dal Movimento 5 Stelle alla nascita e al consolidamento elettorale di Sinistra Italiana.
Gianluca
Prof, a proposito di flussi elettorali non so se ha avuto modo di leggere i dati presentati da ilvo diamanti su repubblica, che scorporano ulteriormente la famosa fascia d’età 18-34 espressasi per il no. Ne viene fuori che in realtà la fascia 18-24 ha votato no solo al 56%, sul livello dei 55-64enni, mentre i 25-34enni lo hanno votato al 72%. http://www.demos.it/a01332.php
Nel suo primo articolo di commento al risultato referendario lei ha scritto “Un grazie speciale lo dobbiamo all’elettorato giovanile (quello da 18 a 34 anni) che è quello che ha trainato il risultato con quasi un 70% di No. Da diversi anni ho la sensazione che questa generazione sia molto promettente e valga la pena di spendercisi per farla maturare”.
Ricordo però che lei tempo fa scrisse di come i ventenni fossero un’ottima generazione, più disincantata dei trentenni che invece avendo preso in pieno gli anni del berlusconismo valevano poco. Io le dissi che in realtà a mio parere i ventenni avevano ancora meno sale in zucca dei trentenni, perché travolti da una spoliticizzazione ancora più radicale. Ebbene stando ai dati demos sono stati proprio i trentenni ( e forse proprio perché hanno conosciuto bene berlusconi), a mettere la mordacchia al nuovo berlusconi.
Tenerone Dolcissimo
Sono noioso ma ritengo utile ripetere NON SAREBBE IL CASO DI PENSARE AD UNA RIFORMA SERIA DELLA COSTITUZIONE CHE OLTRE A SUPERARE VECCHI PROBLEMI SOPPRIMA I RIFERIMENTI ALL’UNIONE EUROPEA ARTATAMENTE INSERITI NEL 2001?!?!?
Allora ditelo
Dire che si voglia “migliorare” la Costituzione non è sufficiente giacché verosimilmente c’è disomogeneità sui criteri alla base dei giudizi di valore.
Quando Berlusconi, Salvini (o Giordano giornalista) parlano della flat tax -ad esempio- intendono la necessità di una modifica costituzionale per eliminare il principio di progressività della tassazione.
Dopo lo smascheramento della farsa del “grasso che cola”, economisti come Piketty invece sembrano indicare (indirettamente) che il principio possa essere necessario per apportare un riequilibrio sistemico (globalizzasione/elusione fiscale permettendo)
Optimal Taxation of Top Labor Incomes: A Tale of Three Elasticities
http://www.nber.org/papers/w17616
PS: Il “grasso che cola” tra due fette di laffer non va a stimolare l’economia.
https://en.wikipedia.org/wiki/Trickle-down_economics#Criticisms
Tenerone Dolcissimo
Andiamo con ordine. Riforma costituzionale per
1) superare vecchi problemi. Ci sono opinioni differenti quindi parliamone.
2) sopprimere riferimenti sulla UE Mi sembra che siamo tutti d’accordo, quindi partiamo.
Gaz
O. T.
Silvio, ti vogliono togliere il giocattolo delle televisioni?
Se tu avessi letto la metà delle parole di Gaz dedicate
a quei colonialisti freconi, avresti capito per tempo tutto.
Bisogna essere molto bravi per pensare di mettersi in affari
con quelli li.
Non ci resta che organizzare una colletta per te e una festa.
Le donne le porti tu.
Riccardo M
Giannuli, per costruire in Italia la sinistra che lei auspica, bisogna prima toglierne gli elettori dalle grinfie del M5S, perchè è tutti lì che sono finiti.
giuseppe Del Zotto
GEntile Riccardo , sarebbe bene che le affermazioni di chi scrive qui fossero supportate d a elementi suficientemente oggettivi o fati informativi tali che esse possano essere ragionevolmente assunte dal lettore come veritiere. Ad esemoio : anch’io penso che ci siano molti elettori di sinistra nel M5S , ma è solo unacongettura. Tu hai elementi piu’ probatori ?
fabio
Tra quelli che si sono sbattuti per il no al referendum c’è stata anche l’USB Unione Sindacale di Base, che da mesi e per mesi aveva organizzato manifestazioni, incontri, assemblee, volantinaggi e altre iniziative. Perchè non ricordarlo? In Italia non esistono solo Cgil e Fiom e l’intoccabile e immarcescibile trimurti sindacale Cgil-Cisl-Uil, quindi aprite un po’ gli occhi, scollegatevi dai media cosiddetti “mainstream” e scoprirete così che ci sono realtà attive e in crescita, l’USB è una di queste, che rappresentano un punto di riferimento concreto per una bella fetta di persone ormai dimenticate a livello economico e sociale! http://www.usb.it/index.php?id=costituzione