Referendum: ma quale rottamazione e cambiamento?

Torna a farci visita Lucio Mamone, sempre ospite graditissimo e studioso brillante e approfondito. Buona lettura! A.G.

Sin dal suo esordio sulla scena politica nazionale il renzismo ha cercato di proporsi, prima ancora che come portatore di un programma politico determinato, come immediata espressione del “nuovo”. Che non fossero le proposte ad essere inedite non è peraltro mai stato nascosto dagli stessi renziani, i quali hanno piuttosto rivendicato a sé la volontà di cambiare. L’idea-guida della rottamazione esprime questo: la sostituzione del ceto politico per realizzare quelle promesse che lo stesso ha sempre propagandato senza avere però il coraggio di rispettare.  Da una parte troviamo quindi un progetto che esplicitamente si pone in continuità con l’evoluzione del pensiero dei gruppi dirigenti europei, ed in particolare con la trasformazione blariana della socialdemocrazia, dall’altra un forte richiamo ad una costellazione motivazionale fatta di passione per il futuro, fiducia verso i giovani, desiderio di movimento. Una sorta di legame mitico-emotivo con il cambiamento insomma, che non si lascia ridurre all’effettiva novità dei singoli atti.

In modo del tutto naturale la campagna per il Sì ha fatto suo il linguaggio degli artefici della riforma, puntando tutto sulla caratterizzazione del referendum del 4 dicembre come “occasione per cambiare”. Di reazione il fronte del No ha posto l’accento sul fatto che il “cambiamento” non rappresenta un valore in sé, potendo essere a sua volta tanto migliorativo quanto peggiorativo, come nel caso in questione. Ma una strategia difensivista di questo tipo nuota contro la corrente dello spirito del tempo, in cui tutto e tutti professano la necessità di cambiare, anche le pubblicità dei frigoriferi. È dunque il caso di porre la questione in termini più radicali e chiederci innanzitutto: in che termini possiamo intendere la riforma Renzi-Boschi come un cambiamento?

Ad interpretare quanto dichiarato dai sostenitori del Sì, di cambiamento si tratterebbe essenzialmente per due ragioni: in primo luogo per la lapalissiana constatazione che una nuova legge andrebbe a sostituirne una vecchia; in secondo luogo perché le modifiche introdotte promuoverebbero un processo decisionale più rapido, permettendo alle forze politiche di maggioranza, qualora lo volessero, di poter modernizzare il Paese senza lasciarsi imbrigliare da inutili lungaggini.

Il primo argomento si fonda su una premessa errata, poiché né ogni novità comporta un cambiamento né ogni cambiamento rappresenta una novità. Quando nell’estate del 2015 il governo greco firmò l’accordo punitivo per il rifinanziamento del proprio debito, certamente il fatto rappresentò una novità, perché nuove erano le condizioni contenute nel patto appena siglato; tuttavia difficilmente si potrebbe sostenere in buona coscienza che l’accordo segnasse anche un cambiamento, non essendo altro che la prosecuzione della vecchia politica di austerità; dall’esempio possiamo concludere che una novità per costituire anche un cambiamento deve presentare un carattere anti-ciclico, ossia deve invertire una tendenza in atto, altrimenti siamo di fronte alla semplice persistenza dell’esistente in altre forme. Allo stesso modo il Concilio di Vienna del 1815 segnò certamente un cambiamento rispetto alla configurazione politica europea dell’immediato passato napoleonico, ma l’ordine istituito mostrava ben pochi elementi di novità e segnava più che altro la restaurazione dell’ancien regime; pertanto il cambiamento per non essere un ritorno al passato, deve segnare un progresso nella realizzazione dei principi ideali di un certo sistema di riferimento (come ad esempio la democrazia). Senza anti-ciclicità e progresso, la novità può essere conservatrice e il cambiamento può essere reazionario.

Lasciamo dunque da parte giudizi à la “almeno questa riforma è qualcosa” e concentriamoci unicamente sui suoi contenuti, per capire questo “qualcosa” che direzione dà alla vita politica del nostro Paese. Si è detto che la nuova legge costituzionale sgraverebbe il Parlamento dai rischi di congestione insiti nel bicameralismo perfetto, fra i quali di particolare rilievo sarebbero la possibilità di maggioranze diverse nei due rami del Parlamento e, per dirla con Renzi, “l’estenuante ping-pong fra Camera e Senato”. È davvero così?

Se i problemi che la riforma intende risolvere corrispondono a quelli sopraelencati, risulta chiaro che il nuovo impianto istituzionale è pensato per funzionare in modo selettivo, a favore delle formazioni politiche più tradizionali e conservatrici ed a danno di quelle più recenti e riformiste. È cioè assai probabile che solo nel caso in cui a vincere le elezioni politiche sia un partito del primo tipo, esso godrebbe dei vantaggi di un processo decisionale privo di intoppi, mentre se a vincere fosse un partito nuovo o meno allineato, le problematiche, reali o presunte, dell’attuale Costituzione risulterebbero addirittura moltiplicate. Vediamo perché.

Innanzitutto la riforma Renzi-Boschi incrementa l’eterogeneità nel metodo di selezione dei membri delle due Camere, i quali non solo verrebbero scelti con sistemi elettorali diversi (di primo grado su base nazionale per la Camera dei Deputati, di secondo grado su base regionale per il Senato), ma anche in occasioni diverse (con le politiche per la Camera e con le varie amministrative per il Senato). Dunque nulla impedisce la formazione di maggioranze difformi, anzi la nuova soluzione sembrerebbe addirittura favorirla, come ad esempio dimostrano le elezioni di medio termine americane, pensate proprio come strumento di contro-bilanciamento del potere presidenziale. Sembrerebbe, appunto.

Ma le elezioni amministrative non si differenziano dalle politiche esclusivamente per la distanza temporale in cui si svolgono, quanto piuttosto per ragioni di ordine qualitativo. Il ceto politico locale rappresenta infatti una sorta di punto di congiunzione tra la politica e l’apparato burocratico, di fatti i suoi esponenti sono chiamati “amministratori”. La funzione di questi si concretizza essenzialmente nella gestione delle risorse dello Stato e quindi nella relazione con le varie realtà locali come imprese e cooperative, organizzazioni no-profit, istituzioni culturali, ecc. Tutto ciò in sede elettorale si traduce in un discreto vantaggio per le formazioni politiche più radicate nel territorio, solitamente quelle presenti da più tempo e che hanno già governato in passato. Sia beninteso che non si sta insinuando che il ceto politico locale sia strutturalmente condannato al clientelismo più o meno criminale, non perché i nostri Consigli regionali e comunali abbiano fatto sfoggio in questi anni di prodigiose virtù morali, ma perché valutazioni di questo tipo risultano pressoché superflue. Prescindendo da quelle che comunemente si intendono come anomalie italiane, è del tutto sufficiente osservare come, a livello europeo, in occasione delle amministrative difficilmente si assiste ad imprevisti stravolgimenti dei rapporti di forza, ma al contrario rispetto alle elezioni politiche immediatamente precedenti o successive i partiti tradizionali “tengono”, anche quando sono in crisi, mentre le formazioni più recenti vengono contenute, anche quando sono in ascesa. Proprio il caso italiano, che vede attualmente ben quindici regioni su venti controllate dal PD ed il M5S puntualmente su percentuali assai più basse rispetto a quelle ottenute nelle consultazioni nazionali, è da questo punto di vista particolarmente esemplificativo. Il nuovo Parlamento è dunque pensato per avere maggioranze tendenzialmente omogenee, qualora a governare sia il PD o forse anche una qualche riproposizione del centro-destra, e maggioranze fortemente disomogenee, se la Camera dovesse essere conquistata dalle forze cosiddette “antisistema” come il M5S o un’ipotetica nuova sinistra alternativa all’attuale.

Si dirà tuttavia che, anche nell’ultimo scenario proposto, l’azione di governo non sarebbe più di tanto rallentata, poiché la fiducia sarà prerogativa della sola Camera e il Senato disporrà di poteri limitati. La prima obiezione è palesemente falsa, in quanto il ricorso alla fiducia è stato utilizzato in questi anni come ricatto da parte del Governo verso il Parlamento ed ha quindi avuto un effetto accelerante e non frenante dell’iter legislativo. La seconda obiezione sarebbe in certa misura plausibile, se non fosse che le discipline di competenza del nuovo Senato, per quanto limitate, restano amplissime e soprattutto differenziate da quelle della Camera solamente per via contenutistica e non formale. Che quindi una legge sia di competenza di una sola camera o di entrambe, sarà nella gran parte dei casi una questione aperta, dal momento che è alquanto probabile che un disegno di legge tocchi in almeno un suo punto il rapporto tra Stato e Comuni, l’attuazione di normative e politiche dell’Unione europea o un altro campo di competenza del Senato. È quindi lecito presumere che il Senato potrà virtualmente motivare il proprio diritto di intervento su pressoché qualsiasi legge e che sarà proprio una tale tendenza a verificarsi nel caso di maggioranze di colore diverso nei due rami del Parlamento. Anche se le continue richieste d’esame da parte del Senato dovessero essere puntualmente contrastate dalla Camera e i conseguenti conflitti di attribuzione si risolvessero per la gran parte a favore della seconda, ne risulterebbe in ogni caso un sistema istituzionale nel complesso più disfunzionale e paralizzato di quello attuale, dove, come è noto, solo il 17% delle leggi viene approvato in più di due letture.

Nel quarto capitolo del suo “Da Gelli a Renzi (passando per Berlusconi)” Giannuli nota come il nuovo Senato soffrirebbe di un deficit di legittimazione rispetto alla Camera, vista l’elezione indiretta dei suoi componenti e vista la sproporzione tra i 630 Deputati e gli appena 100 Senatori. Ciò dovrebbe tutelare il partito di governo da eventuali abusi ostruzionistici della camera alta e non nutriamo dubbi che con maggioranze omogenee, o addirittura nel caso remoto di un partito tradizionale in maggioranza nella sola Camera, il Senato, per questa ed altre ragioni, limiterà effettivamente il proprio intervento in materia legislativa. Diverso scenario potrebbe però profilarsi se una formazione progressista o antisistema salisse al governo trovandosi però di fronte un Senato di segno politico opposto. Diciamo questo perché in tal caso il Senato potrebbe sopperire al proprio deficit di legittimità appellandosi ad un principio diverso da quello della rappresentanza popolare. Potrebbe cioè ricorrere a quel principio di legittimazione che sta conoscendo recentemente una crescente fortuna e che da noi si è soliti indicare come “responsabilità”, “attenzione ai mercati” o “fedeltà al sogno europeo”. In presenza di un governo non allineato, l’ostruzionismo del Senato potrebbe essere dunque legittimato fattualmente da un’ ostilità diplomatico-finanziaria a livello internazionale e giuridicamente dalla funzione, riconosciutagli a più riprese dalla nuova Carta, di raccordo tra Stato ed Unione europea. In nome della “salvezza dell’Eurozona”, “del rischio default” o “della tutela di risparmi e pensioni” ogni strumento diventerebbe lecito per arginare l’irresponsabilità del governo, scoprendo magari, come d’incanto, la scarsa rappresentatività di una forza politica inattaccabile  tra i banchi della Camera dei Deputati, ma minoranza nel Paese.

Questo insieme di argomenti ci porta a condividere la definizione data da Giannuli della riforma Renzi-Boschi come “costituzione di partito”, funzionale cioè per determinati scopi e soggetti politici, ma non per altri. Si illudono dunque quegli elettori che coltivano il sogno proibito della vittoria del Sì al referendum per poter poi rivolgere contro Renzi la sua creatura, immaginando un governo pentastellato o di altro colore in grado di realizzare in tempi brevi il proprio programma.

Se ritorniamo alla nostra domanda iniziale, possiamo concludere come questa riforma riduca ulteriormente le possibilità di rinnovamento del ceto politico, schermandolo rispetto al potere di condizionamento dei partiti di minoranza e della società civile, danneggi la funzionalità delle istituzioni rappresentative, aumentandone peraltro la subalternità rispetto alle organizzazioni internazionali, limiti la capacità decisionale della politica e con essa le libertà democratiche dei cittadini. Un cambiamento quindi che, nella misura in cui può essere definito tale, presenta un carattere tra il conservatore e il reazionario.

Lucio Mamone

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Aldo Giannuli

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Comments (43)

  • L’articolo è condivisibile, ma avrei un appunto.
    Dubito che chi voterà Sì lo farà con lo spirito con cui si sono votati Syriza o Brexit.

    E infatti la prospettiva di governo tecnico evocata da R. in caso di sconfitta vuole portare alle urne chi ha paura della “instabilità”.

    • Lo dubito anch’io, Herr Lampe. Ma Renzi non si è mai sognato di accomunarsi alla Brexit. Il suo voto di “rinnovamento” è sempre stato
      1. contro la “casta” (sic!)
      2. per la “semplificazione”
      così ha, inizialmente, cercato di vendere il suo bidone. ha visto che non funzionava… ed è passato
      1. contro “l’accozzaglia”
      2. per evitare di tornare “indietro di trent’anni”
      infine, è passato alle minacce catastrofiche, alle intimidazioni in ben altro stile (e così prof abbiamo evitato querele al sito! :-)) e ai regali per tutti. bastone e carota, dispotismo e paternalismo, hanno accompagnato a ogni fase il suo tandem di idiozie, dette però seriamente in doppio petto o in manica di camicia e amplificate da una fitta schiera di automi al suo servizio (dicono tanto dei grillini… ma ieri in pausa pranzo la picerno su la7 faceva veramente pietà… e questo sarebbe il “nuovo” che “rottama” il “vecchio”!)

      Probabilmente, non abbiamo neppure idea di cosa significhi consegnare il potere a questa marmaglia, a questi accattoni ipocriti, a questi mentecatti arraffoni, in caso di vittoria del si… non gliene fregherebbe niente di ingorghi istituzionali da loro stessi creati con questo cesso di riforma, di conflitti di poteri fra stato e regioni, o fra diverse istituzioni, nel dubbio… arraffo, poi si vedrà… tanto se qualcuno è inquisito lo metto a mollo in senato dove c’è pure l’immunità, cambio il presidente della repubblica e, se mi gira, tutta la corte costituzionale.

      Teniamo duro.
      buona giornata!
      paolo

      • Tenerone Dolcissimo

        Probabilmente, non abbiamo neppure idea di cosa significhi consegnare il potere a questa marmaglia,
        ** *** *****
        Io un vaga idea ce l’ho. Il buco di Deutsche Bank ammonta a 19 miliardi (fonte Sole 24 ore il che vuole dire che sono almeno 25). Poi c’è il maltimultone USA. Insomma a Deutsche Bank servono alcune decine di miliardi di euro. Deutsche Bank ha preparato un progetto per introdurre un’imposta patrimoniale in Italia.
        ESTOTE PARATI FRATRES
        et in primis parate chiappas et stringite dentes

        • miliardi e miliardi di euro… buttati. spero proprio che, fra una settimana, quanto meno questa prima emergenza rientri. Grazie, anzi, Prodi, esperienza vivente di incoerenza, tipico esempio di “casta”, una delle migliori propagande per il NO insieme al faccione di Renzi che ormai, spudoratamente, appare in tutti i tg come prima notizia.

        • L’enorme ricchezza privata degli italiani è stata costruita emettendo debito pubblico. In molti credevano fosse denaro quando in realtà erano stati pagati con cambiali. (cfr saldi settoriali)

          Fortunatamente, per la progressività della tassazione l’inevitabile “socializzazione delle perdite” potrebbe essere fatta pesare di meno a chi meno ha giovato dell’andazzo. (cfr art 53 Cost. che taluni in TV vogliono abrogare)

          La maggior parte del debito pubblico è in mano ad italiani:
          http://www.businessinsider.com.au/ecb-government-debt-holders-2015-1

    • Caro Herr Lampe,
      la sua osservazione è corretta e rilevante, perché contribuisce a mettere in luce l’ambiguità del cambiamento renziano. Un cambiamento visto con favore dall’intero apparato di potere, quindi non solo politico, occidentale. Un cambiamento desiderato dall’elettorato sono nella misura in cui esso sia assolutamente rassicurante, senza imprevisti o bisogno di impegno politico attivo.
      Per questo ritengo che il Sì è sostanzialmente sostenuto da 3 gruppi: una piccola parte che non è attratta tanto dalla retorica del cambiamento, quanto da altre questioni; una consistente parte che, per dirla alla vecchia maniera, sostiene interessi di classe e sa che il cambiamento renziano è la rivoluzione degli Jun(c)ker; una maggioranza che mantiene un rapporto del tutto apolitico con l’idea di cambiamento (nell’articolo parlo di “legame mitico-emotivo”) e sta, per dirla in metafora, aspettando l’uscita del nuovo i-phone.

  • Vorrei aggiungere due considerazioni mie personali.
    Primo ci viene detto che se vince il NO in realtà vince il mai cioè non si farà mai una riforma in Italia. Sarebbe vero solo se non fosse che negli ultimi 20 anni circa abbiamo avuto la riforma del servizio militare, la rifoma delle pensioni, la riforma del canone radiotelevisivo, le varie periodiche riforme del codice della strada, la riforma della scuola(una per ogni stagione politica dagli anni 90 ad oggi) la riforma del titolo V della Costituzione, le leggi elettorali cambiate negli ultimi 20 anni, le riforme(se non ricordo male 2) del mercato del lavoro, l’istituzione del voto all’estero, la progressiva privatizzazione della Sanità, il passaggio dalla Lira all’Euro, il passaggio dall’analogico al digitale terrestre, i vari tentativi più o meno in progress di riforma della P.A. . Ora è lecito domandarsi quale sia la soglia di riforme minima per soddisfare il bisogno di cambiamento dei mercati e di Bruxelles(cioè sempre dei mercati).
    Seconda considerazione. Leggevo poco fa un interessante interpretazione della situazione che si è creata in India dopo la bizzarra(apparentemente) mossa del governo di abolire i tagli da 500 e 1000 rupìe. Secondo l’articolista questa mossa sarebbe legata ad un esperimento sociale che vede l’India come banco di prova, l’esperimento consisterebbe nel tentare di comprimere il mercato dell’oro che minaccia di fare concorrenza al sistema monetario basato sul dollaro, e in seconda battuta vuole verificare quale sia la risposta di una popolazione delle dimensioni di quella indiana ad una decisione calata dal giorno alla notte d’imperio. Insomma ingegneria sociale su scala continentale. La mia opinione è che la situazione Italiana sia per certi versi un altro esperimento connesso con quello indiano, e connesso con quello inglese della legge sul controllo di internet e via dicendo. Tutti esperimenti di ingegneria sociale, tutti stress-test eseguiti sulla popolazione per testare la tenuta di nervi e verificare se e come procedere più speditamente(cioè se sia il caso di usare il pugno di ferro) verso la globalizzazione che ormai dovrebbe cambiare nome ed essere chiamata per quello che è, ovvero governo mondiale. E magari con un senato mondiale di sindaci di New York, Londra, Berlino, Tokio,…

    • Tenerone Dolcissimo

      Non a caso da noi si stanno eliminando le banconote da 500 euro e facendo enormi difficoltà alla circolazione di quelle da 200 e anche da 100

    • Caro Emiliano,

      lei si chiede qual’è la soglia minima di riforme per soddisfare i mercati? Penso che sappia già la risposta: non c’è. Il sogno è quello della “costituzione in revisione permanente” e alcune avvisaglie ci sono state proprio in questa campagna referendaria con argomenti propagandistici inquietanti. Quale che sia l’esito del referendum, penso sia un concetto sul quale sarà utile tornare.

      • Tenerone Dolcissimo

        Finiamola di parlare di mercati in casi come questi
        Il mercato siamo tutti, anche quelli che quando vanno a prendere il caffé scelgono di berlo nel bar che lo fa meglio.
        Qui siamo davanti ad istituzioni che si assicurano fette di economia in esclusiva. E questo si chiama feudalesimo

          • Tenerone Dolcissimo

            Nome moderno di feudalesimo, epoca in cui il signore feudale aveva il POSSESSO (non la PROPRIETA’) di tutti i mezzi di produzione e della stessa vita dei cittadini
            In ogni caso, chiamatelo come volete, con questo schifo noi liberali non abbiamo nulla a che fare.

          • quello può essere capitalismo monopolistico di stato secondoalcuni, una definizione imperfetta secondo me, ma il capitalismomonopolistico esiste e non è feudalesimo

          • Un economia con un mix di libera iniziativa e monopolio statale non è feudalesimo ..è il più funzionale ed efficace sistema economico. Un sistema economico invece con uno “stato minimo” e piena libertà economica (Hayek) si traduce in “darwinismo” economico ove il più forte mangia sempre il più debole—>>> peggio del feudalesimo.In tal sistema i più forti finiscono per manipolare anche lo Stato a loro vantaggio ..e si traduce in una tragedia economica e sociale: quello che sta succedendo con il liberismo attuale…

          • La presenza dello Stato in Economia è fondamentale…non per nulla i sistemi Keynesiani (morti e sepolti da un ondata di neoliberismo dagli anni ottanta in poi con Reagan e Theatcher ) son quelli che hanno prodotto più benessere e sviluppo sociale …come non ce ne mai stato nella storia dell’umanità. Eliminato Keynes…si sta arrivando velocemente ad una sorta di situazione socio economica ottocentesca post moderna. Keynes è l’intervento statale se applicato nel giusto modo non esclude la “liberalità” in senso economico.

          • Tenerone Dolcissimo

            Caro Paolo, anche la UE è un entità socialista e statalista e dirigista che tutela entità pseudoprivate che collaborano con essa cui gira i proventi della predazione.
            INCIDENTALMENTE se passa il SI ci ritroveremo con l’imposta patrimoniale e il conseguente deprezzamento delle case e le immobiliari tedesche che faranno incetta di case svendute per un piatto di lenticchie. Il piano è già pronto da un pezzo. Basta che i coglioni italiani approvino la deforma.
            Vedi il guaio dello statalismo è che per un MATTEI che produce ricchezza con mezzi statali ci sono 100 RENZI che usano quei mezzi statali per beneficare gli amici degli amici.

      • Lo penso anch’io; così come è stata teorizzata la “guerra infinita al terrorismo” adesso abbiamo la “riforma infinita” che va intesa in senso orwelliano di riprogettazione continua della realtà in funzione delle esigenze di un gruppo dominante(elìte come parola non la voglio più usare perchè ha una sfumatura di significato intellettuale che la classe politica occidentale non pare possieda).
        P.S. Ho appena ricevuto il famigerato volantino che mi incita al Sì, leggerlo è spassoso perchè è strutturato come un Bolèro raveliano, con un crescendo continuo e iperbolico fino allo scoppio finale delle percussioni e dei fiati. Fiati sprecati per quanto mi riguarda.

  • Recentemente l’autorevole Anchorage Tribune ha stilato una classifica relativa all’Italia con questi piazzamenti:
    1. Napo
    2. Ciampo
    3. Bomba
    Fuori concorso è stata data una speciale menzione a Micio Ligio.
    Sapete dirmi di che classifica si tratta?

  • @ Matteo Renzio, duca di Palazzo Chigi, marchese del Partido Democratico, Langravio di Rinhao ao ao,
    Illustrissima Eccellenza Vostra Assai,
    porchè il Partido Democratico si predica tale e, oltre che votar SI con Vostra Signoria, et No con il disarcionato Bersani, non concede anche magnanimamente la permissione di astenersi, talchè si predichi veramente democratico?

  • Ultime notizie
    OFFRO IL CAFFè A TUTTI.
    Emissari di Palazzo Kygy a tre giorni dal silenzio elettorale hanno contattato riservatamente Gaz su iniziativa della minoranza dem per risparmiare sulle spese da sostenere per il referendum.
    Il giglio magico ha deciso di accogliere la vantaggiosa proposta di Gaz di guidare il marketing politico del referendum.
    Al riguardo è stato decisivo il saggio culinario offerto dallo stesso Gaz nel far roteare la frittata in aria con andata e ritorno nella padella.
    Big Jim l’ha presa molto male, ma se ne farà una ragione.

  • Provo a spruzzare un po’ di ottimismo nella conversazione, almeno dal mio punto di vista.
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    (A proposito, un inciso: in queste nostre chiacchierate mi manca un minimo di contraddittorio, tanto per non dovermi dire da solo che ce la suoniamo e ce la cantiamo. Ormai è tardi, e poi nel caso del referendum forse non era neppure il caso, ma suggerirei di accogliere ogni tanto anche qualche contributo meno “allineato”, purchè non becero, tanto per non darci troppe pacche sulle spalle. Ci sono persone intelligenti anche tra chi non la pensa come noi.)
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    Torno a bomba (a bomba, neh, non al Bomba!).
    I proverbi sono in genere stucchevoli ma spesso ci azzeccano: penso in questo momento al detto “il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi”.
    Ordunque:
    1) giorno dopo giorno, il M5S sta occupando il territorio: già in altre occasioni ho fatto rilevare questo fatto, molto evidente a chi come me frequenta attivamente il Movimento.
    Questa è una realtà che alle ultime amministrative ha dato già i suoi frutti e messo bene in evidenza. Saranno sempre di più le amministrazioni locali che cambieranno colore e ciò avverrà con tanta maggiore velocità quanto più il potere si accentrerà nell’amministrazione centrale. Molte amministrazioni locali sono assai scontente del trattamento che i vari governi dell’austerirà gli hanno riservato. Ed i cittadini con loro.
    Bisogna non farsi confondere dal fatto che se passasse questa schiforma il nuovo Senato sarebbe composto da Presidenti di Regione e sindaci di città metropolitane, cioè da amministratori locali: costoro sarebbero sempre al servizio dei partiti e sotto schiaffo del governo. In prospettiva, perciò, i nostri accentratori potrebbero avere amare sorprese, sopratutto dalle elezioni Regionali, che ancora non sono state toccate dal fenomeno M5S.
    2) non sono sicuro che il “NO” prevarrà. Tuttavia sono d’accordo con Giannuli che questo Referendum sta spaccando in due il Paese, perchè se anche dovesse prevalere il “SI” mezza Italia non sarà contenta: ma quella mezza Italia è il nuovo che avanza e l’altra metà è invece il vecchio che può solo diminuire col tempo, elezione dopo elezione. E più metteranno paletti, ostacoli, Leggi elettorali addomesticate, più il Movimento diverrà forte; quasi quasi mi verrebbe da ringraziarli, perchè sono le difficoltà che fanno crescere e maturare, anche in politica (ma non lo faccio, non sono così masochista!). C’è poi da considerare che anche se i quesiti sono nel merito poco comprensibili per la maggior parte delle persone, questo referendum ha la stessa valenza di quello sull’aborto, tanto per fare un paragone: si toccano argomenti che non sono solo tecnici, tipo il nucleare, o l’acqua pubblica, ma che incidono pesantemente sulla vita dei cittadini perchè modellano una diversa organizzazione dello Stato. Se dovesse prevalere il “SI”, i promotori e chi ha voluto e sostenuto queste modifiche ne dovranno rispondere: e se è vero che le cose peggioreranno, loro saranno visti come i maggiori responsabili. Se invece prevarrà il “NO”, tutto rimarrà come prima e se le cose dovessero continuare ad andare male saranno i governi ad esserne responsabili.
    In conclusione, cito anch’io il detto di Mao: “Grande è la confusione sotto il cielo, perciò la situazione è favorevole”. In fondo, la vita non finirà il 5 dicembre, qualsiasi sia l’esito del referendum.

    • Ciao Roberto!
      Attenzione che il detto cinese, non di Mao antecedente oltre duemila anni (nella forma scritta, e oltre tremila nella forma orale) proseguiva parlando di Grande Ordine sotto il Cielo. Ci ho scritto qualcosa alle pp. 268-270 della mia tesi di dottorato (https://www.academia.edu/3394081/Il_substrato_confuciano_e_tradizionale_del_marxismo_di_Mao_Zedong). Tesi tanto inutile all’atto pratico quanto utile a raccogliere i frutti di vent’anni di lavoro, così da non dover tribolare sempre a cercare dove li avevo messi. In sostanza, attenzione quando dici che, in caso di vittoria del si, i promotori ne risponderanno. Ne risponderemo noi, perché con una forma istituzionale così distorta, con uno squilibrio di poteri tanto evidente quanto inefficace all’atto pratico (governabilità effettiva ridotta dalla sovrapposizione di competenze, dalla possibilità di mettere i bastoni tra le ruote a qualsiasi livello,e quant’altro così bene esposto in questi ultimi giorni su queste pagine), assisteremo, questa volta totalmente impotenti, alla rappresentazione drammatica dell’eroe solo contro tutti, del paladino del popolo che lotta contro la casta, del tribuno della plebe che, mentre occuperà i gangli del potere in sede stabile, darà la colpa delle SUE inefficienze al vecchio e, intanto, completerà la riforma dello stato come cinghia di trasmissione di bruxelles e berlino (si pigliava tanto per il sedere il ruolo dei sindacati in Urss e non ci si rende conto che, con questa riforma, diventiamo definitivamente PEGGIO di quella cinghia di trasmissione). In altre parole, non sottovalutiamo i cambiamenti nelle regole del gioco fondamentali: è un tipico caso dove la sovrastruttura influisce e influirà sulla struttura, modificandola in maniera irreparabile.
      Teniamo duro!
      Ciao
      Paolo

      • Cari Paolo e Roberto,

        purtroppo ritengo più probabile la previsione pessimistica del primo.

        Fa bene Roberto ad immaginare, anche con la vittoria del Sì, come le cose possano volgere per il meglio. Su questo possiamo chiamo in supporto un autore più tradizionale di Mao:

        Socrate: “non si è convenuto che coloro che detengono il potere, imponendo ai sudditi di eseguire certe disposizioni, talvolta si ingannano su ciò che è meglio per sé, ma che è giusto per i sudditi eseguire le disposizioni di chi ha il potere? Non si era d’accordo su questo?” (La Repubblica, 339d)

        Detto facile-facile: è vero che la giustizia è l’utile del più forte, ma ogni tanto il più forte ci capisce pochissimo. Vedi l’Italicum, aggiungiamo noi.

        Purtroppo però mi sembra che la riforma costituzionale l’abbiano pensata un po’ meglio della legge elettorale, scrivendola peraltro male così da disporre di un certo potere discrezionale. E come scrive Giannuli, e riporto poi io nell’articolo, questa è una costituzione di partito.

        Roberto vede il M5S in avanzata anche a livello territoriale. Bene, ma consideriamo che si voterà probabilmente entro un anno, dunque non credo che vi sarà tempo sufficiente per grandi sorprese. Aggiungiamo poi che quello degli amministratori locali è il ceto meno politicizzato, per cui il PD potrebbe contare non solo sui suoi, ma su una buona parte di Senatori di provenienza varia dal centro-destra, mentre i 5 stelle per ovvie ragioni no. Insomma, credo che se vince il Sì, diventa molto probabile che il PD alle prossime elezioni riesca prendere la maggioranza di Camera e Senato e, come sostiene Paolo, con una costituzione così di cose in 5 anni se ne fanno. Tante.

      • Caro Paolo,
        accolgo la correzione su Mao, per quanto quel detto sia ascrivibile più a lui che lo ha fatto conoscere, piuttosto che a qualche sconosciuto saggio cinese di 4.000 anni fa.
        Nel merito delle altre tue osservazioni, dico anzitutto che se hai usato l’espressione “ne risponderemo noi” volendo intendere in realtà che “ne porteremo noi le conseguenze”, non posso che essere d’accordo, sia con te sia con Lucio. Almeno per il futuro prossimo, che stimo in una decina di anni.
        Ma io cerco di guardare un po’ più lontano del referendum e delle prossime elezioni. Ma io cerco di guardare un po’ più lontano del referendum e delle prossime elezioni.
        Ora, mettiamoci nell’ipotesi più negativa: vince il “SI”, Renzi se ne esce fuori ad annunciare al mondo di aver finalmente ricevuto l’investitura dal popolo di “Uomo della Provvidenza” solo al comando, chi è dietro di lui avrà buon gioco per chiedere ed ottenere altre schiforme che portino a compimento tutte le peggiori condizioni anti-democratiche possibili.
        Si danno due possibilità:
        1) le cose per il Paese andranno meglio, si avrà la tanto sospirata ripresa, ricomparirà il ceto medio, rifiorirà il commercio e le PMI rifiateranno dopo anni di apnea, avremo la piena occupazione e via sognando di questo passo: in questo caso, tutti noi contrari a questa schiforma, a Renzi ed all’anti-sistema che ci sta ammorbando da troppo tempo (quello si che è davvero un anti-sistema!), dovremo ammettere di aver preso una topica colossale e non potremo fare altro che chiedere venia, tacere e gioire di cotante meraviglie.
        2) si avrà un progressivo e inarrestabile peggioramento nelle condizioni di vita dei cittadini, peggioramento che andrà ad aumentare sempre più man mano che le varie schiforme produrranno i loro venefici effetti. Questo non potrà che provocare sempre più scontento e ribellione nella cittadinanza, con esiti prevedibili sulle future elezioni. Fino a quale livello di scontento l’anti-sistema potrà resistere, mantenere una sufficiente coesione sociale e contenere la ribellione, anche con la violenza? Si hanno due sottocasi:
        a) salta non solo formalmente l’ordinamento democratico: si perviene ad una dittatura di tipo cileno o dei colonnelli greci. In Italia questo significherebbe guerra civile, morte e distruzione di beni pubblici. Forse non sarebbe così facile ridurre il Paese alle condizioni della Grecia, non prima comunque di averlo dissanguato perbene, distrutto definitivamente il sistema produttivo e quello creditizio, il tutto con l’assenso e la partecipazione dell’UE, destinata però a saltare proprio a causa di quelle condizioni. E nonostante tutto ci vorrebbero parecchi anni.
        b) persiste la democrazia, i governi nascono (male magari, ma nascono), da libere elezioni e accordi tra le forze politiche. Cari Paolo e Lucio, chi pensate che potrà avvantaggiarsene nel tempo? Per rispondere in coscienza a questa semplice domanda, tutto sta ad avere una effettiva confidenza nella effettiva capacità del Movimento a prendere in mano le redini del Paese.
        Continuo nella risposta a Lucio Mamone. Ciao!

      • Caro Lucio Mamone, grazie per la risposta.
        oltre a quanto ho detto nella risposta a Paolo (vedi sopra), posso solo ribadire che il mio orizzonte temporale va oltre l’immediato.
        E’ probabile, anzi credo che sia sicuro, che le nostre condizioni peggioreranno da subito in caso di vittoria del “SI”. Aggiungo anche che ritengo molto probabile che Renzi resterà in sella solo per il tempo necessario a stabilizzare e portare a compimento quanto ha seminato; poi sarà senz’altro giubilato da chi lo ha sostenuto finora, perchè ormai troppo consumato (e poi, dovesse finire per crederci davvero di essere l’Uomo Solo al Comando!), e sostituito con qualche altro Monti, più defilato e meno esposto di lui.
        Ma non sarà senza conseguenze in una prospettiva appena più lunga dei prossimo 5 anni, a meno beninteso dell’istaurazione di un vero regime dittatoriale e la cessazione delle garanzie di libertà democratiche.
        Un saluto cordiale.

        • Mi accorgo ora di aver dimenticato una cosa fondamentale; il M5S è oggi l’unica organizzazione politica attivamente presente sul territorio coinvolgendo i semplici cittadini, spesso mettendoli a diretto contatto anche fisicamente con gli eletti. Non è un dettaglio da poco, direi.

    • aspettiamo il suo pezzo su Fidel…(Edoardo )

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      Fidel? quell’imbroglione ???…maledette ideologie che offuscano la capacità di discernere…(tutte… non solo la comunista )….in molti articoli ho letto descrizioni del Fidel…come di un “grande”….: …si …sono d’accordo—->>> un gran cialtrone, un gran dittatore, un gran imbroglione , un gran lestofante ….e anche un criminale. Però Hasta la Vista Siempre…of course ;-))

  • Signori cari ieri ho fatto un pò di telefonate random e ho incontrato un fiume di indecisi e pro-sì… ne ho convinti 4 o 5 senza grossi problemi. Invito tutti a fare lo stesso e a farlo fare a quanti più è possibile. Se c’è lo scarto è minimo ce la possiamo fare.

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