Reazioni alla globalizzazione

La globalizzazione neo liberista ha spiccato il volo nei primi anni novanta fra gioiosi inni alle sue sorti magnifiche e progressive come attestavano i non dimenticati libri di Francis Fukuyama sulla fine della storia e di Toni Negri sull’Impero. Si prometteva la fine della nazioni e dello Stato nazione, rottame del passato, di conseguenza dell’ordine westfalico sostituito da una governance mondiale fortemente integrata che avrebbe abolito il “fuori” e trasformato ogni crisi locale in un caso di “insorgenza” da curare con “interventi di polizia internazionale”.

Si prometteva uno sviluppo mondiale, che avrebbe riscattato i paesi arretrati, ed il benessere generalizzato attraverso la “democratizzazione della finanza” assistita da nuovi strumenti matematici che avrebbero posto fine alle grandi crisi. Sarebbe sorto un mondo “piatto” e simmetrico.

Ogni promessa colpiva un suo particolare target: il benessere generalizzato e lo sviluppo attraeva i paesi arretrati, la “democratizzazione della finanza” i precari delle società metropolitane, la promessa di una governance mondiale in grado di mediare i conflitti seduceva i fautori dell’internazionalismo ecc.

Poi le cose sono andate molto diversamente: la governance mondiale si è ridotta ad un concerto molto instabile fra vecchi imperi e potenze emergenti, i conflitti non sono affatto diminuiti e le operazioni di polizia internazionale non hanno dato i risultati voluti, vecchie asimmetrie si sono attenuate o scomparse, ma solo per essere sostituite da nuove. Soprattutto, il sogni di una finanza sempre espansiva ed al sicuro da grandi crisi è stato impietosamente spazzato via da una crisi che è già la peggiore dopo quella del 1929 e non accenna a passare.

Quello attuale è un mondo segnato da asimmetrie diverse e più aspre di quelle passate, con ragioni di conflitto più insidiose, profondamente instabile nel quale si avverte chiaramente il rischio di uno sbocco caotico e ingovernabile.

Ed ora siamo ad una crisi di rigetto della globalizzazione che ha assunto forme assai diverse e per questo non viene riconosciuta (o lo è molto a fatica) come fenomeno unitario.

La sensazione è quella di un “nuovo disordine mondiale” che assomma fenomeni assai diversi fra loro: ricolte urbane e guerriglie rurali, crisi finanziarie e crisi dell’economia reale, instabilità politica e reazioni culturali. E proprio sulle reazioni culturali vorremmo soffermarci.

Con grande sicumera, l’Occidente ha intrapreso la via della globalizzazione come processo di assimilazione a sé del resto del mondo. La “grande Europa” (quella che, oltre che all’Europa propriamente detta, comprende anche le Americhe e l’Oceania, continenti cristiani e dove si parlano lingue europee) ha pensato di poter parlare al Mondo senza ascoltare, di poter insegnare la via della modernità e del progresso e che gli altri dovessero limitarsi a copiare il perfetto modello della “Grande Europa”. Ci sono stati due grandi monumenti intellettuali a questa insipienza eurocentrica: “La fine della storia e l’ultimo uomo” di Francis Fukuyama e “L’Impero” di Toni Negri. Già Samuel Huntington fu più accorto e comprese subito che, per gli altri, “modernizzazione” non faceva rima con “Occidentalizzazione”  ed abbozzò una strategia che, pur sempre funzionale al dominio americano, aveva però il pregio di un maggiore realismo.

Oggi siamo di fronte ad una rivolta contro la globalizzazione neo liberista che assume forme diversissime fra loro ma che, alla base, esprime lo stesso rigetto nei confronti di questo progetto di appiattimento universale:

-le proteste nelle metropoli capitalistiche, o nelle loro immediate periferie, (da Ows ad Atene, dagli indignados alla rivolta elettorale “populista” che si avvicina, dal malessere dei ceti medi alle rivolte degli immigrati) contestano l’ipercapitalismo finanziario che è il motore di questo progetto

-le rivolte arabe ed il parallelo fenomeno fondamentalista descrivono una dialettica diversa ma comunque di resistenza all’invasività del modello occidentale

-i massacri di cristiani segnalano l’odio verso quella religione che è vista come propria dell’occidente e della sua volontà di annientare le altre culture

-la violenta campagna anti gay in Russia, in Africa in alcuni paesi asiatici, proprio nel momento in cui in occidente si parla di matrimoni gay ecc sembra una aperta rivolta contro un modello culturale che va molto al di là della specifica questione gay

-l’evoluzione aggressiva della politica estera cinese che manifesta una crescente insofferenza verso il predominio occidentale negli organismi internazionali

-persino nella singola vicenda dei marò italiani in India è difficile non scorgere un certo livore antieuropeo.

La “grande Europa” (o meglio, l’asse euro-americano) non è più in grado di dettare legge al mondo, ma non lo ha ancora capito. Intanto monta una rivolta dai mille volti che presto potrebbe diventare una tempesta senza precedenti.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (22)

  • Tenerone Dolcissimo

    Non so chi Le abbia promesso la “fine delle crisi” e una “governance mondiale”. Ma sicuramente non era un liberale.

  • credo che la trattazione dovrebbe essere ampliata e mi permetto questa piccola divagazione:

    Douglas Adams nella “Guida galattica per gli autostoppisti” parla dei viaggi nel tempo il cui risultato sarà una totale scomparsa della storia, ma il ceto dominante occidentale preferisce le illusioni hollywoodiane create su una ironia di godel intorno al concetto della relatività del tempo.
    In egitto ai tempi dei faraoni le donne godevano di una certa autonomia, che faceva inorridire i greci. Oggi la vendita dei foulard in egitto ha ottimi profitti, costumi? forse!?!
    Le culture si scontrano e si seminano a vicenda, l’evoluzione progredisce o arretra a seconda dei dominanti sociali. Oggi in italia politici e imprese preferiscono avere una infinita riserva di disocupazione per orientalizzare il costo del lavoro, meglio un disoccupato che uno stipendio che genera mercato. Ecco perché i disoccupati si stimano nelle statistiche, invece di contarli attraverso i 730 a zero contributi o altro sitema (il codice fiscale col suo redito fa più paura di una manifestazione o di uno stadio che fischia).

  • le categorie sociali disagiate non vengono aggregate. né qui né altrove perché sarebbero problemi, ad esemio le rivolte arabe rispondono a esigenze locali speso manipolate dall’esterno, come speso analizzate in questo blog.

  • mi sembrano righe scritte da uno che tony negri o non lo ha letto, o non lo ha capito. posso capire che i titoli dei libri sembra che descrivano lo stesso oggetto, ma basta leggere oltre la copertina per capire che non c’è solo una immensa distanza ideologica tra i due: la sproporzione sta proprio nella differenza degli strumenti culturali messi in gioco (negri fa un analisi genealogica, fukuyama liquida nietzsche come una “radicalizzazione dello storicismo hegeliano” frustrata dal desiderio di riconoscimento (pp.328-329). ma è proprio l’argomento che è diverso: per fukuyama si tratta di descrivere la cosiddetta condizione post storica ritenendola come un dato di fatto. tony negri descrive il progressivo abbandono della dimensione trascendente dei fondamenti ontologici dell’ordine politico, e il suo impero è costituito da assetti variabili (e non identificabili con soggetti politici contestualmente dominanti) e da valori fuori misura (p. 331), mentre fukuyama non si pone certo questi problemi, dato che considera il concetto di neoliberismo in un ottica talmente essenzialista da rendere fuori luogo qualsiasi considerazione sull’ordine valoriale. posso capire che il prof considerei oggigiorno un nemico tony negri dato che appoggi tzipras e chi non appoggia il movimento 5 stelle è notoriamente un nemico del popolo, ma accostarlo a fukuyama è assolutamente ridicolo. come è ridicolo non avere capito che il libro di negri non tratta in alcun modo della sostanza concreta del potere americano, dato che il libro parla di un potere che si è instaurato in ogni tipo di interazione sociale a prescindere da chi contestualmente minaccia con bombe terrore o crisi: è un pò come dire che un libro di fisica quantistica serve a fare andare avanti una caldaia: forse in qualche modo è utile, ma prendere in mano un libro di fisica quantistica e credere di stare affrontando un trattato sulle caldaie è una strategia sicuramente perdente.

    senza contare che il concetto di neoliberismo è sicuramente molto più rilevante del concetto di globalizzazione, che è una configurazione particolare del neoliberismo: anche sotto questo aspetto sarebbe utile al prof leggersi un poco nietzche e foucault (visto che negri gli sta sulle palle) in modo che possa capire che la genealogia non si basa sulle essenze e la stasi ma cerca di capire il divenire, sennò si sta allo stesso livello di fukuyama.

  • Prof Giannuli lei scrive alla fine : “ma forse
    non lo ha capito”.
    Non sono d’accordo.Soprattutto gli USA lo
    hanno capito benissimo solo che ormai il processo che cercavano di dominare si è tramutato nel caos, ma tornare indietro significherebbe la fine dell’ “Impero Americano”
    Gli USA resterebbero una grande potenza che deve
    però prendere atto che il suo agire in modo unilaterale è finito.

    Cordiali Saluti.

  • Con il Titanic nel 1912 è affondata l’Europa, anche se il decesso vero è proprio è stato dichiarato nel 1945. Il settembre di 13 anni fa è paragonabile al Titanic? Se si, quando verrà redatto il certificato di morte? E’ questa l’ultima domanda. Dopo di che si aprirà una nuova era. Ci sarà un nuovo concerto delle potenze in attesa della nuova superpotenza? Gli strascichi della globalizzazione produranno nuovi conflitti che ci porteranno alla fine di tutto oppure saranno di monito per costruire qualcosa di nuovo? Il superamento della globalizzazione come la conosciamo sarà il banco di prova della politica mondiale. Se prevarrà una visione di stampo keynesiano e quindi collaborativo forse ci sarà speranza, ma se le logiche saranno come quelle delle potenze europee e di come hanno gestito anche ultimamente le cose loro c’è poco da stare allegri.

  • Prof. Giannuli lei pensa, usando un paradosso, che se si “imponesse” un ritorno degli Stati nazionali, a Cina, India, Brasile etc… gli importerebbe qualcosa? Mi lasci fare una provocazione: il nemico l’Europa, in termini di superamento del modello occidentale, basato sullo Stato-nazione l’ha avuto per prima ad Ovest (Stati Uniti). Quest’idea di associare il liberismo all’Occidente, comprendendovi in tale ambito anche l’Europa, la trovo profondamente sbagliata. L’Europa la globalizzazione l’ha solo patita, non l’ha di certo gestita o lanciata. Nel XX secolo é stata colonizzata solo perché l’accesso agli scambi commerciali in altre aree era più difficile. Nelle mie riflessioni, ritengo sempre più che lo “Stato – nazione” sia stata una pregevolissima “finzione-politica”, che ha funzionato e potrà funzionare finché regge lo Stato. In questo sono d’accordo con lei: chi parla di globalizzazione, aldilà del fenomeno economico, dovrebbe però spiegare come si gestisce, con quali regole di governance. Noi umani, per ora, conosciamo solo lo Stato, cioé uno strumento di gestione sociale che necessita di un territorio, di una struttura politico ed amministrativa che abbia una sovranità, oltre che di un gruppo di individui che riconoscano la sovranità di tale struttura (popolo, o per alcuni la nazione). Lo Stato nazionale é senza dubbio la miglior struttura politico – amministrativa che sia stata realizzata per garantire il benessere di coloro che vi nascono o che possano permanere sul territorio.
    Condivido altresì il primo commento fatto al post: chi ha raccontato che la globalizzazione é liberale, nel senso comune e storico del termine, racconta una fesseria. La globalizzazione, almeno nella forma che noi intendiamo, é caratterizzata dall’implementazione degli scambi, dalla monetizzazione degli stessi. Non sono certo le teorie liberali ad essere ossessionate dall’homo oeconomicus. Credo che ci siano altre dottrine, con elementi analitici anche corretti, che hanno proposto il superamento di ogni forma di Stato, anche nazionale, e la creazione di strutture di governance sovranazionali, per poter riaffermare poi dopo un lungo periodo (nel quale saremo ovviamente tutti morti) “Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”.

    P.S. Quando tra il 600 ed il 700 gli Stati nazionali hanno voluto colonizzare i mercati mondiali, non si sono presentati come Francia, Olanda, Regno Unito etc…ma nella veste di strutture amministrative di tipo commerciale, in qualche modo riferibili agli Stati nazionali. I Fondi sovrani ante-litteram.

  • L’Europa è finita con l’esito finale del secondo conflitto mondiale, altro che Titanic.Ripetere è pesante ma alle volte serve:la terza guerra mondiale a differenza degli altri due conflitti precedenti, sarà di carattere razziale. La divisa del soldato della prossima e imminente guerra di razze, sarà il colore della pelle del combattente.Telesio Interlandi negli anni trenta, tentò di realizzare una pellicola da girare a Cinecittà,la trama era profetica per quegli anni.Interlandi nel film progettato, profetizzò che nel duemila, era previsto che orde di centinaia di migliaia di africani, sarebbero sbarcati in Italia, dilagando poi per l’Europa intera. Furti saccheggi, stupri delle bianche all’ordine del giorno,un pò come fecero i mongoli dell’armata rossa nella Germania sconfitta del 1945 (che secondo alcune stime furono circa due milioni le donne tedesche stuprate) sarebbe stata la tragica fine della civiltà europea. Poi una volgare questioni di soldi non reperiti, fece fallire il progetto. Chiedo a voi tutti, anche alla luce che secondo proiezioni e calcoli demografici, il continente africano, in pieno boom demografico, conterà entro qualche decennio un miliardo di abitanti,quello di Interlandi, era uno scenario beceramente razzista, oppure la tragica imminente realtà odierna o comunque prossima futura?

  • Caro @GermanoGermani, il razzismo non esiste, o almeno non esiste nel senso come comunemente inteso.

    Esiste l’elitarismo, la lotta per il conflitto redistributivo ed il relativo controllo delle istituzioni sociali e politiche.

    E’ l’imperialismo (nelle sue forme neo-coloniali e neo-liberiste) che porta ai flussi migratori e, dopo la rivoluzione industriale e la nascita dell’economia capitalistica, non esitono (o meglio non avrebbero più ragione di esistere) “migrazioni”.

    Le moderne “crisi economiche” sono crisi di *** DOMANDA *** , non sono crisi di “offerta”: quindi le migrazioni per “cause naturali” dovrebbero essere eccezioni che confermano una regola di equilibrato localismo ed equilibrata demografia.

    Ovvero il problema è ESCLUSIVAMENTE un problema di tipo REDISTRIBUTIVO che i programmi costituzionali moderni stavano risolvendo incredibilmente bene. (No, durantre il fascismo, espressione anch’esso della finanza apolide, anche se intermediato da figure politicamente responsabili e paludato da patriottismo e socialismo cosmetizzante, la forbice tra produttiviatà e salari era abnorme, anche dopo gli interventi post ’29 – sì, lo so, oggi manco quello…)

    Le guerre etniche e le politiche razziali sono sempre e solo strumenti di feroce controllo sociale: il “razzismo antropologico” NON ESISTE: non esiste né nelle scienze etologiche né in quelle antropologiche. L’Uomo è un animale naturalmente sociale: l’elitarismo è comununemente riscontrabile nei disturbi relazionali, è infatti “sociopatia” di cui è pacifica la genesi nevrotica.

    E’ il cancro dell’umanità: una malattia da debellare.

    L’unica medicina è l’istruzione, la cultura e le DEMOCRAZIE COSTITUZIONALI. (No, la magistratura cura i sintomi, non le cause)

    http://www.ilmoralista.it/2014/05/09/8420-per-una-democrazia-planetaria
    _________

    P.S.
    @Professore, ci tengo che si ritagli qualche minuto per leggere il link…

  • Santi Numi, leggo sempre con piacere i tuoi interventi; francamente affermare come fai te, che le razze umane non esistono,mi sconcerta assai. Mi sembra più un dogma di fede dell’attuale religione imposta dal pensiero unico dominante, frutto della millenaria cultura giudeo-cristiana, che una riflessione ponderata. Torniamo ai numeri:nel 2050 il continente africano conterà, secondo calcoli demografici, la bella cifra di due miliardi e mezzo di africani.L’Europa sta conoscendo un declino demografico terrificante, detto anche la “peste bianca”.Moriremo di democrazia,di antifascismo,di marxismo, di psicanalisi, di parlamentarismo,di partitismo,di femminismo sterile e criminale, di aborti, di divorzi di massa.L’arma di distruzione di massa degli europei, sarà il ventre fecondo delle femmine africane!Questo grazie anche al debellamento dell’AIDS (il nostro miglior alleato per stabilizzare l’equilibrio demografico in Africa)ai “medici senza frontiere”, alle campagne di pietismo fradicio di umanitarismo.La storia ci insegna, che chi spreme il liquido lacrimale in suo possesso per le altrui disgrazie più o meno meritate, perirà.Guai ai pietosi!

  • Professore, nel suo libro, Uscire dalla crisi, se non sbaglio parla della necessità per l’occidente di negoziare il debito che ha con i paesi emergenti concedendo, per esempio, quote di potere (rappresentanza e più peso politico nelle organizzazioni internazionali che governano le dinamiche economiche e politiche mondiali, es ONU, FMI, WTO…). In generale, insiste sul fatto che da questa crisi sistemica non si esce singolarmente, come nazione, ma è necessario concertare dei rimedi a livello globale e ripensare regole che valgano più o meno per tutti (accordi finanziari che permettano una più equa ridistribuzione delle ricchezze). Ora mi domando, con questa attuale classe politica dirigente come diavolo ne usciamo? Ci va Renzi a ridiscutere in commissione europea il fiscal compact? Ci vanno Tsipras o Grillo? Qua crolla tutto, chi ha una tale visione d’insieme tale da abbracciare il mondo?

  • @GermanoGermani

    In realtà faccio un discorso completamente diverso e mi agganciavo alla tua chiosa in cui compariva un «beceramente razzista»: propongo di individuare negli squilibri economici la radice del problema demografico e dei conflitti etnici. Quindi provo a fornirne una genesi che non sia di tipo “antropologico”.

    Infatti, le politiche razziali vere, anti-semitiche, apartheid, Tutsi, ecc.., non hanno origine antropologica ma ovvia genesi nelle politiche imperialiste, che hanno natura di classe, non prettamente etnica.

    Insomma, propongo la visione anti-malthusiana per cui il problema dell’Africa non si risolve con “l’AIDS”, si risolve permettendo che le civiltà autoctone si sviluppino acquisendo diritti sociali diffusi, che dovrebbero essere l’esito naturale del progresso scientifico e culturale.

    Figuriamoci se non ammetto l’esistenza delle “razze”! l’eterogeneità è valore, capacità di sopravvivenza della razza umana tutta intera, segreto rivelato a chi ha il dono della vista: ma che natura sarebbe una natura che prevede un solo tipo di fiore, una sola specie di pianta e via omlogando e morendo… la natura non è “comunista”! :o)

    L’eterogeneità è vita e, appunto, va tutelata!

    Per questo si aborrono concetti come la “grande società” multietnica o la “fusione forzata di razze” alla Kalergi…

    @Professore

    Qualcuno punta in grande, pare :o)

    Chi lo sa?

  • L’articolo di Giannulli descrive acutamente lo stato di cose, ma non coglie la struttura portante del problema, occultata per 25 anni da un pensiero politico e geopolitico egemonizzato dal neoliberismo da una parte, dalla ex-sinistra in corsa per mettersi sotto le alucce del vincitore di turno, dall’altra.

    L’elemento decisivo è che – scontati tutti gl’innumerevoli e sempre necessari distinguo – ‘globalizzazione’ è semplicemente un modo politically correct per descrivere l’impero mondiale statunitense formatosi a partire dallo (sventurato) tracollo dell’Unione sovietica. Il capitalismo di rapina e l’indifferenza verso ogni forma di organicismo culturale rispecchiano l’animus sradicato e l’approccio predatorio del pirata anglosassone; la dittatura delle corporations è sempre stata la forma normale di governo della plutocrazia transceanica.

    E’ questa la realtà che Negri, e con lui una sinistra alla rincorsa dei favori del vincitore, ha trasvalutato nei termini di abbandono della dimensione trascendente (come se la religione pezzente dei diritti umani e di proprietà non costituisse un nucleo di sacralità plebea quotidianamente inculcato dai media di regime nelle povere teste del gregge) e di una rete semiimpersonale di assetti variabili di potere (laddove l’unico elemento di impersonalità è dato dal carattere poco appariscente, e quindi squisitamente irresponsabile, della dominazione plutocratica).

    La crisi della ‘globalizzazione’ non è dovuta all’intento di convertire il resto del mondo ai pezzenti valori dell’occidente giudeocristianizzato (come se l’articolazione di qualsiasi unità politica di vasta scala potesse prescindere dall’imposizione di ideologemi aggregativi). Va invece compresa, molto concretamente, come crisi dell’impero statunitense, che mentre dimette la propria egemonia economica tende a valersi delle due forme di egemonia che gli sono rimaste: il soft power mediatico e l’hard power militare.

    E’ attorno a questa griglia di potere asimmetrico che si offrono a mio avviso le migliori opportunità di comprendere le tendenze recenti della politica internazionale e la corsa verso una crescente conflittualità (implicita nella crisi di ogni egemonia transnazionale).

  • Santi Numi vedo che siamo d’accordo,le differenze biologiche tra le razze umane esistono;si può cambiare religione,cittadinanza,status sociale, in casi estremi perfino sesso, ma non si può cambiare la razza di appartenenza.Un boscimane australiano rimane tale, anche se indossa un tight con cilindro in capo.Ridurre il tutto a “homo eoconomicus” o peggio alla lotta di classe, è un errore.Nel bipide umano concorrono anche altri fattori a determinarne il proprio destino.Il fattore religioso, presente da sempre e in tutte le civiltà e in tutte le epoche storiche, il sesso ecco due realtà non riconducibili alla economia. Attualmente in occidente vige la dittatura del pensiero unico dominante frutto perverso del giudeo-cristianesimo, con i suoi cascami marxisteggianti.Il mondo moderno è puro spirito distillato dell’ebraismo; cristianesimo, marxismo,capitalismo,sono alcuni dei suoi sottoprodotti di cui conosciamo bene il risultato finale.Forse una singolare soluzione alla crisi attuale, può essere data dalla Cina “comunista” odierna; uno stato totalitario a partito unico, con una casta di politici burocrati ferocemente ancorata al potere.Subordinata la massa, la plebe,fatta di tubi digerenti, intenti solo a mangiare, defecare e riprodursi,ma con un prodotto interno lordo vertiginoso.Era ciò che sosteneva anche Platone nel suo modello di stato, una casta di asceti al comando, una plebe subordinata e in entrambi i casi la democrazia ecco il nemico!

  • @lorenzo: favori del vincitore a negri? ma che cazzo state a scrivere su questo blog ultimamente? state parlando di un filosofo che è stato proibito in italia fino a buona parte degli anni novanta, e oggi riscuote molto più successo all’estero.
    trovo abbastanza squallide queste uscite dettate dal più puro livore verso chi, al contrario di salvini e casaleggio, ha una visibilità internazionale. ma dato che il professore parla di negri come se prendesse fondi dal pentagono, è prevedibile che arrivi altra gente che non ha mai letto negri e pensi questa cosa. si chiama disinformazione.

  • @GermanoGermani

    Vedi, io osservo lo stesso mondo che osservi te, che il piddino si rifiuta di accettare, ma che elaboro con un sistema valoriale di segno opposto. Ne consegue che la sintesi politica che ne faccio è opposta.

    Proprio perché non sono falso come un Giuda, sono consapevole che un governo mondiale federalista sarebbe una creazione distopica in cui le classi sarebbero strutturate per etnia/religione, come in USA. Altro che pace.

    Non capisco, però, perché se credi alle leggi della natura come quelle descritte dalle scienze etologiche ed antropologiche, rifiuti quelle “economiche”. Scienze sociali che si avvalgono di potenti strumenti predittivi (astenersi luogocomunisti).

    Voglio dire, se non fosse come dico, non si capisce come mai da secoli poche famiglie di banchieri wasp ed ebrei controllino gran parte delle risorse mondiali.

    Essere nati in famiglie istruite e in Europa durante l’esplosione economica e coloniale è un indubbio vantaggio comparato: ma il problema è da imputarsi al fatto che costoro siano ebrei o protestanti o al fatto che monopolizzino il credito?

    “Datemi il controllo dell’emissione della moneta e non mi interesserà più chi sia il legislatore.”

    E’ l’economia il motore della storia, caro @GermanoGermani, e Marx, anche se con i limiti del suo tempo, lo espresse chiaramente “per la prima volta” in favore delle classi subalterne.

    @Lorenzo

    Complimenti per il chiaro, sintetico e preciso quadro che, ricco di riferimenti, fotografa questo frangente storico.

  • @GermanoGermani

    Sull’insussitenza della questione antropologico-razziale (che comunque è “formale” e non biologico-sostanziale) nelle diversità di sviluppo economico-sociale ti prego vivamente di leggere Tha “Bad Samaritans” dell’economista Chang.

    Proteggere l’eterogeneità non significa cristallizzare i rapporti di forza con l’ingiustificata presunzione che ci siano razze che non possono fare altro che riprodursi come bestie…

    La possibilità di crescita vale sia quando il soggetto giuridico è l’uomo, sia quando è il popolo: per questo il concetto (rozzo per quanto vuoi) di lotta di classe è sempre comodamente esplicativo. Dove c’è oppressione c’è cristallizzazione dei rapporti.

    Ha-Joon-Chang, “Cattivi samaritani” (è un’economista ed è famosissimo come “STORICO dell’ economio”)

  • Trovo gli interventi interessanti, e forse ritornerò su altre questioni con un altro commento più avanti.
    Adesso mi limito ad una specifica osservazione riguardo al discorso che porta avanti con coerenza SantiNumi, che è in effetti tutto basato sul ruolo che l’economia gioca sull’umanità. Non v’è dubbio che oggi l’economia trionfa, che essa costituisca il criterio assoluto, anzi direi unico negli affari umani, e particolarmente si avverte la devastante influenza che essa esercita sulla politica, ormai divenuta una misera ancella dell’economia, in posizione del tutto subalterna ad essa. Il capitalismo, il liberalismo sono sistemi interamente basati su queste premesse di preminenza dell’economia, e purtroppo il sistema ideologico che più si è opposto nel recente passato a questo fronte, e cioè il marxismo, ha mutuato dal liberalismo questo elemento di preminenza dell’economia, seppure da un punto di vista opposto. Del resto, perfino il pensiero ambientalista ha sposato in fondo questa logica economicista (quantomeno così proponendosi, così facendo apparire), nello stesso momento in cui si è data una parola d’ordine come decrescita, anche qui cioè facendosi imporre dall’avversario il campo di scontro, un campo che rimane così di tipo economico.
    Il monopensiero in questo modo ha già egemonizzato e in qualche misura neutralizzato perfino le forze che più pericolosaamente le si sono opposte, raggiugendo così un trionfo completo.
    Eppure, le cose nella storia dell’umanità non sono sempre andate così. Bisognerebbe, io credo, allargare lo sgaurdo per non farsi accecare dall’attualità, anche quando questa attualità conta ormai secoli di predominio ideologico.
    Chi come me è più vecchio, ha potuto verificare nel corso della propria stessa vita quanto si sia evoluto il ruolo dell’economia, come essa abbia via via aumentato la sua incidenza sugli affari politici.
    Non sono del resto il solo (citerò il pensiero di Polanyi e quello di La Grassa, come esempi significativi), che insiste sulla sopravvalutazione contingente dell’economia, sostenendo che è solo una specifica ideologia che conferisce all’economia questa centralità, sostenendo che questa sua extra-importanza derivi dalla sua associazione, di origine appunto ideologica, al concetto di potere, chi tenta di arricchirsi, lo fa più o meno consapevolmente solo per diventare più potente. Nel medioevo, i feudatari erano persone potenti, ma non ricche, perchè il loro potere derivava invece dalle loro capacità militari. Allora, un feudatario era tanto più potente, quanto maggiori erano i cavalieri che riusciva a raccogliere, armare e comandare.
    L’uomo non ha avuto le stesse categorie di pensiero nella sua lunga storia, questo non va dimenticato.
    Naturalmente, sarebbe stupido non riconoscere l’importanza indubbia degli aspetti economici nella propria vita, nessuno può fare a meno di disporre delle risorse economiche necessarie per il sostentamento della propria famiglia, ma non bisogna trarre da questa constatazione abbastanza ovvia conclusioni affrettate: l’economia non può essere certo ignorata, ma va rimessa al suo posto, ridimensionata e posta al servizio della politica a cui tocca il seggio più alto.

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