Raffica di attentati Isis: che sta succedendo?

Al momento le notizie sono scarne e possiamo riassumerle così:
a- raffica di tre attentati contemporanei (nei pressi di Lione, a Sousse in Tunisia ed in Kwuait)
b- rivendicazione Isis per Sousse, e drappo Isis lasciato sul posto nell’attentato francese, mentre per ora nulla per il Kwait
c- appello di due giorni fa dell’Isis a moltiplicare gli attentati in occasione del Ramadan
cui dobbiamo aggiungere due eventi contemporanei:
d- perdita della città di Derna capitale delle forze filo Isis in Libia
e- nuova offensiva Isis contro Kobane in Kudistan.

Ovviamente la coincidenza fra i tre attentati non può essere casuale ed è chiaro che si tratta di azioni coordinate. La prontezza con cui hanno fatto seguito all’appello per il Ramadan fa capire che ci sono cellule pronte ad agire e con piani già predisposti, che si sono immediatamente attivate appena è partito l’ordine. E’ ragionevole ipotizzare che possano seguire altri attentati a catena nei prossimi giorni.

Nessuno di questi attentati ha avuto caratteri particolarmente spettacolari o una gravità paragonabili all’11 settembre o alla strage di Atocha, ma l’effetto mediatico è garantito dalla simultaneità delle azioni, che lascia capire le dimensioni internazionali della rete di appoggio all’Isis. Anzi, a questo punto è lecito prendere in considerazione l’ipotesi che possa essere intervenuto un accordo con Al Quaeda per azioni congiunte.

Che tipo di strategia configura questa nuova tappa della jihad? La caduta di Derna probabilmente è in coincidenza casuale, mentre è più verosimile che l’offensiva su Kobane sia da mettere in relazione agli attentati odierni.

Ormai è passato un anno dalla proclamazione del Califfato e Al Baghdadi governa stabilmente su una area territoriale che è grande quasi quanto il Texas. L’Isis ha subito dei rovesci, le sue offensive non sono più travolgenti come un anno fa e, dal punto di vista territoriale, la situazione sembra essersi relativamente assestata salvo zone periferiche del conflitto.

L’offensiva all’estero ha un probabile scopo di alleggerimento della pressione sul teatro principale, costringendo occidentali e stati nazionali arabi sulla difensiva. Ma probabilmente si tratta anche di altro: mantenere alta la pressione mediatica sulle masse arabe (come già si era intravisto per la strage di Charlie Hebdo), chiamando a una rivolta generalizzata, quello che forse è il vero obiettivo dell’Isis: una sorta di contro-primavera jihadista che travolga i regimi nazionali o almeno qualcuno di essi.

E’ interessante constatare come, per ora, l’offensiva non abbia toccato né Quatar, né Iran né, soprattutto, Arabia Saudita, il che, sempre per ora, lascia immaginare che con questi paesi prevalga altro tipo di valutazioni. Di Quatar ed Arabia Saudita è lecito pensare che questa omissione sia dovuta in parte all’assenza di movimenti di opposizione paragonabili alle primavere di quattro anni fa, ma anche un qualche rapporto sotterraneo che collega ambiguamente le due monarchie all’Isis. Per l’Iran forse la valutazione è quella di non scatenare una reazione militare sul teatro principale più decisa e pensante di quanto sia accaduto sin qui.

Gli attentati avranno anche notevoli effetti economici: ad esempio affondando la stagione turistica in Tunisia e forse agevolando il rialzo dei prezzi petroliferi.

Il senso complessivo è quello di porre il Califfato come realtà operante ad ampio raggio e rappresentativa di tutto il mondo jihadista.

C’è da chiedersi, però, come mai sia possibile una offensiva di queste proporzioni che non è mai stata consentita ad Al Quaeda, così come ad essa non è stato mai concesso di mettere radici in un possedimento territoriale.

Questo, in parte, si spiega con una evidente maggiore forza militare dell’Isis rispetto ad Al Quaeda che era un organismo più elitario; ma questo non basta.

Il punto è la debolissima azione di contrasto che il Califfato sta ricevendo: la coalizione islamica è inesistente e gli unici che combattono realmente sono curdi e siriani di Assad, Israele guarda più all’Iran che all’Isis, l’Europa, come al solito, non esiste ma, soprattutto, gli Usa hanno mollato la presa. Da un anno e mezzo Washington ha gli occhi puntati sullo scenario ucraino-baltico dove sta concentrando un impressionante spiegamento militare e ha lasciato perdere il Medio Oriente. Questo è stato percepito con nettezza da Al Baghdadi che ne ha immediatamente approfittato. L’assurdo conflitto politico (per ora solo politico) con la Russia ha squilibrato la situazione regalando un forte motivo di instabilità in tutto il Me-Na e che lambisce anche l’Europa. E ci chiediamo se l’improvvisa telefonata fra Putin ed Obama (che avrebbero parlato anche di Medio Oriente, da quel che leggiamo) non sia da mettere in relazione a quanto appena accaduto: ad esempio perché magari Putin può aver comunicato un qualche allarme giuntogli dalla sua intelligence.

E, a proposito di intelligence, non possiamo non notare come, anche su questo piamo, l’azione di contrasto all’Isis sia molto prossima allo zero: è impressionante come, a cinque mesi e mezzo da Charlie Hebdo, ci sia un altro attentato in Francia e senza che, nel frattempo, si sia avuta notizia di alcuna particolare azione di smantellamento delle reti Isis ed Al Quaeda in Francia. Hollande non ha una intelligenza particolarmente acuta, lo sappiamo, ed ogni giorno ce ne fornisce nuove prove, ma è incredibile come, dopo la strage di Charlie ed in totale assenza di risultati non proceda a defenestrare l’intero gruppo dirigente della Suretè e dello Sdec. Mi sembra troppo persino per lui. Una simile dimostrazione di inefficienza trasforma la gigantesca manifestazione parigina di alcuni mesi fa in una grottesca fiera dell’impotenza: un evento semplicemente irrilevante.

Fatte queste considerazioni, diventa evidente come diventi sempre meno evitabile un confronto sul terreno fra gli eserciti occidentali (ma meglio sarebbe un’azione Onu, con partecipazione anche di altri) ed Isis: la strategia aerea è evidentemente fallita (sempre che realmente ci sia stata). Questo, però, richiede in primo luogo un immediato cambio di rotta sulla questione ucraina per coinvolgere la Russia nell’operazione. In secondo luogo occorre che si inizia a pensare al dopo: quale assetti dare al Medio Oriente una volta sconfitto l’Isis? E, qui, parliamo del problema curdo, delle province sciite dell’Iraq orientale e si impone anche la questione palestinese, in attesa di soluzione.

Quel che non si fa oggi si sarà costretti a fare in condizioni peggiori domani e, peggio ancora, dopodomani.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (18)

  • siamo sicuri che l’isis sia completamente negativo? Come viene percepita l’abolizione della frontiera siro-iraquena nel mondo arabo? non è che il mediterraneo sta esplodendo tra trafficanti, povertà, e l’isis è un venticello che incrementa la brace?

  • Quale assetto dare al medio oriente lo devono decidere i mediorientali. Finché continueremo a pensare che tocca a noi dargli un ordine, otterremo solo disordine, a casa loro e nostra.

    • in teopria hai pienamente ragione, il guaio è che i mediorientali non hanno grande voglia di mettersi d’accordo. Forse una conferenza internazionale, ovviamente nella quela i mediorientali abbiamo un ruolo preminente, ma con l’Onu ed alcune grandi potenze a mediare è una soluzione più realistica.,. Sicuramente non penso che l’ordine debba venire dall’esterno, ma la vedo difficile come soluzione tutta interna

  • si e’ detto che l’ISIS ha trovato armi abbandonate dell’esercito irakeno , poi un altra volta ha trovato un mucchio di soldi nella banca di una citta abbandonata. E se fosse invece che queste cose gliele hanno fatte trovare? Di solito quando un esercito abbandona armi le rende inutilizzabili per non avvantaggiare possibili nemici. E se viene abbandonata una citta’ vi si lasciano i soldi? Sara’ ma non ci credo. Ma a chi fa comodo l’ISIS? Beh basta vedere contro chi combattono: l’Iran sciita. Ma mi risulta che c’e’ anche in atto un tentativo ISIS di fare fronte comune con i musulmani ceceni daghestani e inguscezi (coie’ antirussi). Aggiungo il fatto che neocons americani hanno piu volte affermato pubblicamente che l’ISIS non e’ una minaccia per gli interessi americani. E allora credo possiamo trarre delle conclusioni, fanno parte del piano di aggressione alla Russia che i guerrafondai del pentagono + i cretini europei stanno preparando. Ecco perche non vengono contrastati.
    Lei che ne pensa professore?

  • cito: “Fatte queste considerazioni, diventa evidente come diventi sempre meno evitabile un confronto sul terreno fra gli eserciti occidentali (ma meglio sarebbe un’azione Onu, con partecipazione anche di altri) ed Isis”.
    spiacente doverlo dire ma israele e usa ci fanno, con l’isis. hai dimenticato le foto di combattenti dell’isis negli ospedali israeliani? e ancora: la turchia li aiuta attivamente. e l’arabia saudita, e il qatar… ma la domanda principale rimane: ma questi chi li ha fatti diventare pericolosi? e perchè? la risposte esiste ed é chiara.
    franco valdes piccolo proletario di provincia

  • L’intervento di Benito contiene elementi di verita’. La scorsa settimana leggevo (Venerdi’ di Repubblica o L’Espresso) di un centro studi conservatore USA che attribuiva la responsabilita’ dell’Isis alle potenze del Golfo (Qatar, Arabia Saudita) e agli interessi occidentali (??).

    Si potrebbe anche dire che in assenza di azione da parte dell’esterno ne vengono avvantaggiati i nemici dell’Iran (per es. Israele, la Turchia, ecc.) nel senso che l’inazione puo’ essere voluta (il nemico del mio nemico…).

    Anch’io trovo assurda la prova di forza contro la Russia, ma pare che i russofobi USA siano in buona fede (cioe’ sono cretini sinceri).

    Piuttosto, mi ha colpito una dichiarazione di Hollande di poco fa: “Non tutti gli attentati di oggi hanno da essere ricondotti alla stessa matrice.”

    Quello francese per es. ha colpito una ditta USA che lavora in Francia e che sta per fare un lavoro importante in Arabia Saudita.

    PS: mi pare che ci sia stato un attentato grave anche in Somalia

  • Il Wall Street Journal ha accusato i servizi segreti turchi di curare il traffico d’armi e soldati a favore dell’ISIS con la supervisione della CIA.
    Secondo un rapporto dell’ONU Israele avrebbe curato nei propri ospedali ribelli anti-Assad feriti.
    Accuse di collaborazione tra servizi turchi e americani con l’ISIS sono state lanciate da parlamentari turchi e da ex agenti CIA intervistati da Newsweek.
    La domanda che dobbiamo porci non è se gli americani appoggiano l’ISIS, ma perchè.
    Vogliono destabilizzare il Medio Oriente per aiutare Israele? Per poter controllare le risorse energetiche? Vogliono creare le condizioni per favorire l’arrivo di un nuovo Bush, il giovane Jeb, alla Casa Bianca?
    Comunque sia, l’impressione è che le teorie complottiste in questo caso abbiano un fondamento di verità e che l’ISIS sia un nemico così comodo, che se non ci fosse stato bisognava inventarlo.

  • L’articolo e i commenti si muovono tutti su considerazioni, per così dire, classiche. Io resto colpito da una così estesa disponibilità al sacrificio supremo di tanti giovani terroristi. Agire da soli o come parte di piccolissime cellule, significa essere fuori dal sistema di comando-ubbidienza degli eserciti tradizionali (Resistenza inclusa, da questo punto di vista). Ma persino il temerario partigiano Visone (Giovanni Pesce), anche quando agiva da solo, si costituiva sempre una via di fuga (e così sopravvisse…). Il sacrificio estremo è sempre stato previsto solo quando assolutamente inevitabile a fronte di obiettivi importantissimi (es. attentati a Capi di Stato). Qui c’è qualcosa di diverso, qualcosa a cui ci rifiutiamo di guardare.

    • guarda che proprio su quello che dici ho scritto diversi pezzi fra gennaio e primi febbraio dopo la strage di Parigi, vatteli a vedere

    • Guarda Talpone che il temerario Visone, applicava la tattica terroristica di stampo marxista; tecnica appresa durante la guerra civile spagnola, messa in atto contro obiettivi facili che prevedevano sempre la fuga immediatamente dopo l’azione, mai il sacrificio estremo.Comunque gli obiettivi non erano quasi mai i capi di stato, ma semplici militari in libera uscita al cinema, nei ristoranti,per strada oppure dei singoli quadri intermedi.della RSI. Questo al fine di scatenare l’inevitabile rappresaglia germanica, onde coinvolgere e scatenare l’odio da parte dei civili.Ricorda molto il metodo dei killer mafiosi o comunque dei criminali comuni.Consiglio la lettura del recente libro di Pasi “Storia dei GAP”. Ciò che rende peculiare invece la tecnica dei mussulmani è simile a quella usata dai kamikaze giapponesi nell’ultima guerra mondiale, che da per scontato il sacrificio estremo mai la sopravvivenza del singolo. Ma per comprenderlo occorre una operazione di igiene mentale, partendo dal fatto che vi è una metafisica della guerra, che per un occidentale imbevuto di teorie razionali, marxiste,psicanaliste restano impossibili da capire.

  • L’attentato in Kuwait ci conferma che ISIS DAESH è un regolamento di conti tra sunniti e sciiti per il potere all’interno del mondo islamico. La religione è solo una scusa, come sempre nella storia. Al che si definisce il fronte di guerra: paesi islamisti sciiti vs. sunniti.

    Un problema grosso per noi occidentali è che non ci capiamo nulla di questa storia di sciiti sunniti wahabismo e islam. Io ho capito che da una parte c’è Iran Siria (antiUSA) e dall’altra Arabia Saudita (proUSA) culla dello wahabismo di Bin Laden. Ma ultimamente i bosso sauditi si sono riavvicinati a Putin. Sicchè?

    Altro mistero: come fanno 4 pezzenti a diventare esercito di migliaia di persone con armi equipaggiamento linee di rifornimento stipendiati? chi gli gira i soldi? boh…in giro su internet si dice che siano finanziati da Arabia Saudita, Israele e Turchia con gli USA che chiudono un occhio.

    Cioè la novità dei conflitti moderni è che sono un caos, non si capisce chi e dove sta il nemico. Nelle guerre classiche almeno si sapeva, e uno si schierava. Altra novità sembra che i servizi segreti non sappiano nulla. O sanno e non ce lo dicono contro il nostro interesse nazionale? cioè da che parte stanno? fanno strategie del terrore tipo Italia anni 70?

    A che servono sti attentati? a creare il consenso in EU per mandare eserciti in Siria e Iraq a fare guerra? ma se si, sarebbe contro gli interessi di ISIL, che sta già lì stabile. Per fare una jihad ed arrivare a Roma? ridicolo. Per destabilizzare tutto il magreb? probabile.

    Insomma, io non ci capisco più niente. Una cosa è certa. Se questi kamikaze diventeranno centinaia, a noi ci getteranno le terrore. Io confido nello spirito di sopravvivenza dell’essere umano.

  • E’ verissimo. L’atteggiamento suicida dei kamikaze e’ roba seria, che sfugge a chi pensa in termini di razionalita’ moderna. Era peraltro una delle ragioni che mi facevano pensare all’inadeguatezza delle analisi occidentali sul cosiddetto terrorismo medio orientale negli ultimi decenni e sulle risposte dell’occidente (altre bombe).

    Pero’, secondo me, oltre alle analisi geopolitiche (che si ritengono insufficienti) e’ possibile utilizzare altre categorie che spostano su un terreno piu’ propriamente politico-economico, senza insistere troppo sulle spiegazioni soggettiviste.

    Mi spiego: l’elemento soggettivo che viene sottolieneato da tutti i commentatori che hanno trattato da vicino il fenomeno Isis (penso soprattutto a Quirico de La Stampa) e’ elemento importante di valutazione. Ne’ mi convincono quei commentatori arabi, penso a Tahar Ben Jelloun su Repubblica del 25.06.2015, che insistono sugli effetti psicotropi di droghe che annullano la paura e danno potenza sessuale: mi sembrano spiegazioni insufficienti e difensive.

    La mia idea e’ che si possa tenere dritta la barra di in approccio materialista o para-marxista e fare riferimento ad un mondo pre-industriale arabo e sub-sahariano che viene messo in discussione e potenzialmente distrutto da un modello di civilta’ economico che in occidedente ha vinto (ce ne ne lamentiamo anche noi in Italia).

    Utilizzando le categorie degli storici alla Bloch o alla Douglass North, potremmo dire che stanno emergendo i caratteri fondamentali o le Institutions di quei territori, che per loro sfortuna o fortuna sono molto ricchi di petrolio.

    L’Isis sarebbe il frutto di un sapere del passato che ripete se stesso e risponde come sa alla sfida “economica” e culturale dell’occidente.

    Ne conseguerebbe che il fenomeno delle migrazioni di massa attuali sono una conseguenza di uno scontro di culture e di civilta’ (purtroppo, l’ho detto) che ha tempi storici lunghi e lunghissimi.

    Ma ne conseguirebbe anche che l’Occidente sarebbe solo un obiettivo secondario e di riflesso: perche’ all’Isis importa (lo dicono tutti i commentatori) mantenere ed espandere il controllo dei territori africani e medio-orientali.

    Rimane il piccolo problema degli interessi occidentali in quelle aree.

    Pero’, rimane anche il problema delle alleanze geo-politiche che, anche a ragione, viene considerato argomento “classico” ma che costituisce parte del problema, se non altro perche’ mostra che la risposta dell’Isis e’ organica storicamente a quel terriorio, visto che si inserisce bene, a suo modo, nelle dinamiche degli interessi in gioco, anche con un suo modello organizzativo militare, economico, di governance della popolazione.

    La mia soluzione? Levategli il petrolio e le alleanze d’area. Voglio vedere come fanno poi a finanziarsi. Magari continueranno a suicidarsi ma appunto si estingueranno.

    Ovviamente rimane il piccolo problema demografico di centinaia di milioni di persone in cerca di una governance. Se non trovano risposte soddisfacenti nei loro territori si spostano, magari verso l”Europa, secondo una dinamica che l”Homo Sapiens ha seguito per centinaia di migliaia di anni.

  • Se Osama Bin Laden fosse stato processato forse saremmo venuti a sapere qualcosa di più sul terrorismo islamico internazionale.
    Ma lo hanno messo a tacere come Lee Oswald e come Milosevic.

  • Questo e’ il suo peggior articolo, egregio professore, e devo rilevarlo perche’ la stimo molto e mi ha sopreso. Ha dimenticato di chiedersi “cui prodest”, ragionando al livello superficiale dei maggiori media. Il terrorismo non e’ mai stato un sistema per trovare proseliti, avendo scarsa efficacia al di fuori dell’ambito degli squilibrati. Piuttosto, serve a generare paura, insicurezza. Dunque, a chi giova la paura? O, forse, si vuole indebolire economicamente la Tunisia e creare tensioni in Francia. La risposta arrivera’ nel giro di pochi mesi.

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