quali prospettive per il PD…?
quali prospettive per il PD…?
In un fragore di candidature, polemiche, schermaglie, tessere inventate e tessere negate, elenchi spariti (esattamente come gli elettori), il Pd ha dato l’avvio alla sua consultazione interna, per arrivare all’elezione del nuovo gruppo dirigente. Tre candidati si contendono la segreteria.
Ma siamo sicuri che il gioco valga la candela?
Il partito è in caduta libera avendo perso 4 milioni di elettori su 12 nel giro di un anno ed, anche se una parte di essi tornerà dall’astensione nelle prossime elezioni, segnali di vera ripresa non se ne scorgono; le amministrazioni locali del Pd cadono come birilli e alle regionali dell’anno prossimo sono a rischio Piemonte, Liguria, Marche, Lazio, Puglia, Molise, Basilicata, Campania e Calabria: bene che vada, ne cadranno almeno 4. Inoltre, il rischio di scissioni è dietro l’angolo (la Binetti ed i teodem, ma anche Rutelli, Scalfarotto e Realacci manifestano qualche mal di pancia) e, inchiodato al 25%, il Pd è molto lontano dall’essere “autosufficiente ed a vocazione maggioritaria” come nei deliri di Veltroni.
D’altro canto gli alleati scarseggiano, salvo Nichi Vendola ed i suoi: con Di Pietro siamo alla rottura aperta, l’Udc non si sbilancia, la lista comunista appare lontana, i radicali hanno rancori recenti come anche i socialisti. Teoricamente, sommando tutti in un bel minestrone verrebbe fuori un blocco potenziale del 48% circa, ma come mettere insieme Casini, Rifondazione, Pannella, Di Pietro e Nencini?
Insomma, allo stato attuale, non si scorgono le più lontane premesse di una possibile vittoria elettorale del Pd.
Dunque, che prospettive concrete ha questo partito, sempre che non si sbricioli in quattro o cinque formazioni politiche? Insomma, ci sarà ancora un Pd di cui essere segretario?
Quella del Pd, diciamocelo francamente, è stata un’ idea poco intelligente sin dall’inizio (non a caso è venuta a Prodi): due partiti che erano il sia pur pallido riflesso di due culture politiche molto diverse fra loro, due apparati gelosi uno dell’altro, due elettorati difficilmente sommabili hanno dovuto sciogliersi per dar vita ad un solo partito che
– non è laico ma non è nemmeno cattolico, perchè ha dentro laici e cattolici che pensano le cose più diverse
– non è di sinistra ma non è neanche del tutto di centro e non è neppure di centro sinistra senza trattino o magari con il trattino
– sta a fianco del gruppo socialista europeo ma non è socialista, e nemmeno liberale o popolare e ha come suo motto un verso di Montale: “codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”
– si distingue poco -e non sempre- dal suo rivale di destra del quale condivide l’appassionata filosofia liberista
– che quando sta al governo non sa governare, ma, in compenso, quando sta all’opposizione non sa fare l’opposizione, perchè non sa se opporsi con durezza o cercare il dialogo, ma che non riesce a dialogare, sia perchè l’interlocutore non ha nessun voglia di sentirlo, sia perchè, in fin dei conti, non ha niente da dire.
Poniamoci una domanda: ma un partito così, a che serve?
Resta un problema: cosa far fare ad un ceto politico di decine di migliaia di amministratori locali, deputati, senatori, funzionari di partito, presidenti di enti, consulenti e sottopancia vari?
Nella vita, ci sono tante cose degnissime da fare: il giardinaggio, la devozione alla Madonna di Pompei, l’ippica, il bricolage, l’informatica, la scienza della divinazione, il tennis, fare footing, vedere film, leggere fumetti, il calciobalilla, la filatelia, il tango, compilare moduli, i pellegrinaggi, giocare a ruzzica, coltivare cipolle, lavare piatti….
Aldo Giannuli, 23 luglio ’09
aldo giannuli, bersani, congresso pd, franceschini, pd
Ivo
da veterano programmatore di computer quando in un programma ci han messo le mani in troppi e non gira piu’, si fa prima a buttarlo via e rifarlo che tentare di aggiustarlo – magari progettandolo un po meglio prima di incominciare a scriverlo.
attilio mangano
si sottovaluta, forse, una delle varianti possibili, quella del bipolarismo imperfetto, al governo il PDL, all’opposizione il PD, poi in ordine l’UDC al centro e l’IDV a sinistra (..?). Gli altri più o meno scomparsi sotto la soglia. Una variante in cui intanto si mantiene la dialettica governo-opposizione ( ma anche quella degli accordi sotto banco e delle scelte comuni sulle questioni internazionali e simili). Come ai tempi in cui c’erano socialisti e Pci, il Pd occupa lo spazio del centro sinistra ( con
possibili alleanze con l’UDC) e l’IDV quella di un Pci-Pds ridimensionato.
andrea echorn
la lista finale è poetica!