Una proposta molto semplice sulla questione dei vitalizi parlamentari.

Come si sa, il M5s ha proposto l’abolizione dei vitalizi per i parlamentari definiti “privilegio medievale” (medievale? Ma nel Medio Evo non c’era il parlamento o sbaglio?). Il Pd ha annunciato una sua proposta ed Emiliano si è lanciato in una spericolata proposta di abolire lo stipensio parlamentare. 

A proposito della proposta di Emiliano, vorrei ricordare che la sua non è una proposta nuovissima: ci pensò già Tucidide (mio storico amatissimo, ma politicamente fautore del partito aristocratico) ottenendo in questo modo, l’espulsione dalle magistrature cittadine di chi non fosse appartenente alle classi nobili. E la stessa cosa accadeva nel Parlamento dell’Italia Liberale (nella quale lo Statuto escludeva perentoriamente che la carica di deputato potesse essere retribuita). Questi populisti credono di aver scoperto chissà quale cosa nuova, ma in realtà scoprono sempre l’acqua calda.

Partiamo da una idea: il lavoro si paga, anche perché, se faccio una cosa non ne faccio un’altra e, a meno di essere il figlio di Gianni Agnelli, per vivere ho bisogno di un salario, o chiamatelo come volete. Quello di parlamentare è un lavoro (quando viene fatto decentemente) ed anche non semplice, per cui, allo stesso modo in cui il direttore di una fabbrica prende più di un operaio (da almeno 20 anni stiamo esagerando con i differenziali retributivi, ma in sé pare giusto che chi svolge un lavoro con maggiori responsabilità, riceva una paga adeguata ad esse) è giusto che un parlamentare riceva una retribuzione a livello del suo lavoro (poi in una occasione diversa torneremo di quale possa essere una giusta retribuzione per un parlamentare, e sui criteri per formarla, mentre è palese che attualmente si tratta di cifre esagerate).

Poi va tenuto presente che quello di parlamentare è un impiego che comporta molte spese, perché devi vivere fuori casa, perché spesso ti capita di offrire un pranzo o una cena a chi viene a trovarti a Roma, perché devi leggere una certa quantità di libri e giornali, perché devi viaggiare per andare a fare comizi o presiedere convegni eccetera eccetera. Ma questo aspetto consideriamolo a parte nella voce dei rimborsi e ne parleremo. E lasciamo anche da parte la questione di quanti possano continuare a ricevere lo stipendio del lavoro precedente mentre sono in aspettativa o situazioni simili.

Per ora fissiamo un punto: che è giusto che ci sia una retribuzione parlamentare dignitosa, al livello del posto ricoperto, ma che, ovviamente, sia tassata come quella di qualsiasi cittadino. Almeno su questo siamo d’accordo?

Il vitalizio o, se preferiamo, la pensione non è altro che salario differito, per cui si accantona una parte della retribuzione per il momento in cui si uscirà dall’attività produttiva. Ed allora, nulla di strano che anche un parlamentare sia trattato in questo modo. In sé mi pare che non si tratti di alcun privilegio. Al solito il problema è del quanto ed a quali condizioni.

Qui però è sorta una questione da anni: perché il parlamentare possa godere della pensione, occorre che la legislatura abbia avuto una certa durata (attualmente 4 anni 6 mesi ed un giorno). E questo scatena uno psicodramma ogni volta che si renda necessario sciogliere anticipatamente le Camere, mentre, all’opposto, c’è chi pretende di sciogliere il Parlamento prima proprio per non far scattare il vitalizio il che è una scemenza come l’altra.

Ma allora come se ne esce? Io penso ad una cosa molto semplice: tenendo conto che con la riforma Fornero siamo passati da metodo retributivo a quello contributivo, allo stato attuale tutti i lavoratori dipendenti hanno una partita pensionistica aperta, mentre quelli autonomi spesso, ma non sempre la hanno e disoccupati e precari non la hanno affatto. La cosa più semplice è che i contributi detratti dalla paga dei parlamentari, vengano versati sulla posizione pensionistica di ciascuno e, se qualcuno non ha una partita, la si crei. Per cui un giorno o 5 anni, non ha importanza, i contributi vanno a sommarsi al resto in proporzione ai versamenti e vengono considerati ai fini della pensione globale. Non mi sembra né una cosa scandalosa né una cosa difficile da fare ed, in questo modo, toglieremmo per sempre di torno la noiosissima questione del termine da raggiungere per poter sciogliere le Camere.

Che ne pensate? Troppo semplice? Se poi vogliamo parlare dell’entità delle retribuzioni dei parlamentari, delle condizioni di versamento eccetera va benissimo ma è una cosa diversa che potremmo affrontare separatamente.

Aldo Giannuli

abolizione del vitalizio, aldo giannuli, emiliano, m5s, pensione parlamentari, tucidide, vitalizio parlamentari


Aldo Giannuli

Storico, è il promotore di questo, che da blog, tenta di diventare sito. Seguitemi su Twitter o su Facebook.

Comments (13)

  • Professore buongiorno!
    Proposta talmente semplice (sia nel senso della sua formulazione, sia in quello – altrettanto importante – della sua attuazione) ed efficace da chiedersi perché non sia venuta in mente a nessuno dei 945 deputati e senatori. Torniamo all’argomento di ieri: la politica ha bisogno di “ri-educarsi”, termine che nella letteratura anglofona era reso con un più significativo “re-mould”. Non scomodiamo sempre Mao o i gulag: non serve. Tutte le culture in tutte le epoche storiche presentano ciclicamente istanze di rinnovamento, di “rivoluzione culturale”, di fine di un ciclo di crisi: dal “ritorno” israelitico alla “conversione” cristiana, al Mappō o Mofa (末法) buddhistico. Ri-educarsi significa, quindi, rendersi conto che non può essere la politica a rincorrere il populismo dei media, che fanno il loro mestiere con programmi insulsi (dai tg ai rotocalchi) dove la prima notizia è il vitalizio o lo stipendio, da alternare allo sbarco dei clandestini, al furbetto del cartellino, o al delitto del momento come se, risolti questi problemi, l’Italia tornerebbe a PIL cinesi e a piena occupazione svedese. Il populismo è loro necessario in quanto tv commerciale (tutta o quasi, purtroppo ormai): con gente che urla e con belle curve (donne e motori) si vende bene. La politica deve essere capace di andare oltre, non “vendere” ma “convincere”, “appassionare”, “attrarre”, “coinvolgere”, e quanti altri verbi gratuiti uno possa immaginare. E’ parte dell’egemonia culturale, anche a sinistra purtroppo, che la politica sia diventata marketing, ovvero che tutto sia marketing, nel senso che le migliori strategie comunicative siano quelle dei venditori di pentole d’oltreoceano: studia trump o obama che a loro volta hanno studiato le strategie dei venditori di pentole. Uno a un “corso di formazione” obbligatorio per dipendenti ha avuto il coraggio di dirmi: anche il neonato quando piange “vende” il suo prodotto. No, caro: il neonato quando piange “esprime un bisogno”! La politica deve essere in grado di ragionare diversamente dai venditori di pentole.
    Un caro saluto
    Paolo

  • E’ talmente semplice e ovvio che se non ci fosse da una parte malafede dall’altra ignoranza (non sto parlando di te ovviamente) si farebbe senza neanche bisogno di parlarne.
    Ma il sistema pensionistico è talmente (e volutamente) incasinato che si presta a queste e tante altre storture. Come quella per cui, anche per i comuni mortali, se i versamenti in una cassa non sono durati almeno X anni non prendi niente. Un furto.

    • Vero! Che puoi anche perdere quanto versato… Versamenti dal 69 al 91, valore totale aggiornato circa 500.000 euro. Pensione ZERO.
      Colombia (terzo mondo?) versamenti OBBLIGATORI ad una cassa pensionistica privata (una di molte, con rendimenti minimi di gestione controllati dal governo); dal 2.000 al 10. Valore totale versato circa 80.000 euro, ritenuto insufficente a creare un trattamento pensionistico. Mi hanno devoluto il totale…
      Credo che la proposta del professore sia totalmente logica; ma, forse, si chiede troppo

  • PS La mancata rilettura dovuta a uscita forzata da casa ha mietuto almeno 3 vittime:
    1. errori di grammatica (anche gravi)
    2. espressione poco chiara dell’ultimo concetto: in sostanza, ciò che critico è l’estensione a livello quasi di Dharma (direbbero gli amici induisti e buddhisti) della legge M-D-M: in ogni sfera della vita sociale tutto, dalla politica al pianto di un neonato, è interpretato secondo principi di compravendita, di scambio monetario, che Marx due secoli fa confinava alle “sole” (si fa per dire!) sfere produttiva e lavorativa (alienazione, feticismo della merce, reificazione).
    3. auguri di lotta a tutte le donne!
    ciao
    paolo

  • Differentemente dai manager d’azienda le “responsabilità” dei parlamentari poi sono regolate dall’articolo 68 Cost. (in virtù dell’autodichia i parlamentari non sono perseguibili penalmente neanche per il fenomeno dei pianisti in virtù della sentenza N. 379/1996 C. Cost.).

    L’esercizio di attività decisionali e d’inchiesta autonoma richiede anche l’allocazione di sufficienti risorse (per consulenze ed altre pertinenze) e non potrebbe accettarsi un salario troppo basso tale da causare squilibri in funzione della classe socioeconomica di appartenenza (a meno che non si miri al modello Cubano in cui presumo le differenze salariari tra un magistrato in aspettativa ed un operaio non siano plateali)

    Se il vitalizio è un salario differito è anche vero che in vecchiaia non si debba svolgere lo stesso tenore di vita del parlamentare a carico dello Stato (includendo le cene di rappresentanza e gli affitti esorbitanti per necessità di lavoro).

    Ricordo a tutti l’episodio fallito della spending review della commissione Giovannini che si proponeva di confrontare l’infrastruttura amministrativa italiana e quelle estere (si ricavo almeno la certezza che per esercitare le stesse “responsabilità” in Italia avessimo più enti rispetto agli stranieri) e la prassi di “rinuncia volontaria” di molti parlamentari a cominciare da quelli PD)

    Direi ce ne sia abbastanza per ridiscutere alcuni assunti e dubitare delle modalità con cui sono stati decisi gli emolumenti.

    Credo sia ragionevole determinare se qualche partito abbia contribuito con sue prassi a “trasferire indirettamente dei costi” e interrogarci sui limiti imposti alla precedente commissione e che ne intralciarono il lavoro.

    Le questioni di salario sono influenzate dal potere contrattuale che ha conseguenze pesanti per la wage ratio (rapporto retributivo).

    Dunque avendo i parlamentari potere contrattuale illimitato verso i propri emolumenti qualsiasi misura potrebbe essere “ritoccata” in modo soggettivo.

    La Costituzione non ammette referendum abrogativi su materie di bilancio però sarebbe opportuno chiedersi se i cittadini possano costituire un contrappeso ideale a tale potere contrattuale incontrollato.

    Dopo tutto sarebbero loro i datori di lavoro interessati a vegliare contro azzardi morali nel rapporto principale-agente.

    Se avessero la facoltà di negare eventuali rimodulazioni degli emolumenti (con quorum strutturale del 50%+1 degli elettori) sarebbero obbligati alla responsabilità di fornire valide motivazioni invece che risposte piccate.

    «The ratio of CEO-to-worker pay has increased 1,000 percent since 1950, according to data from Bloomberg. Today Fortune 500 CEOs make 204 times regular workers on average, Bloomberg found. The ratio is up from 120-to-1 in 2000, 42-to-1 in 1980 and 20-to-1 in 1950.» — http://www.huffingtonpost.com/2013/04/30/ceo-to-worker-pay-ratio_n_3184623.html

    Secondo dati sul tema, la wage ratio ha avuto un incremento esponenziale. Ne dedurrei una componente di psicologia percettiva che impedisce di percepire incrementi “meramente” proporzionali.

    I “fenomeni” possono andare a lavorare all’estero o nelle aziende che amano le “porte girevoli” se non riescono più a percepire quanto il proprio tenore di vita sia “sproporzionato” rispetto alla maggioranza della popolazione.

  • Sono in totale e netto disaccordo sulla forma. Una solenne sciocchezza è tale indipendentemente dalla bocca di chi la profferisce o la infarcisce, tanto più se è strumentale e diretta a regalare un quarto d’ora di notorietà sui media locali e nazionali .. e a raschiare qualche volto. La sciocchezzuola se poi ha il sigillo dell’incostituzionalità, assurge quasi ad anti notizia nel segno del politicamente scorretto.
    Una fesseria, lanciata da un soggetto che ha dato la migliore definizione di se, non ha nessun diritto costituzionale di ricevere una risposta. La puzza di confezionamento ad hoc da parte dell’ufficio stampa si sente lontana. Serve solo a far gigioneggiare della propria foto sulle prime pagine e a dimostrare agli altri la propria esistenza mediatica in vita.
    Certo, in giro ci sono i pesci che abboccano all’amo, senza i quali non si avrebbe la creazione dell’aurea del personaggio.
    Basterebbe accertarsi di come il medesimo problema viene trattato nella propria periferia politica e se ne scoprirebbe la doppiezza del fate come dico io, ma non fate come faccio io.
    L’elenco a costo zero delle castronerie contro la Costituzione è notevole: pena di morte, doppio della pena, castrazione chimica, deliberazione dello stato di guerra … vittoria della monarchia al referendum istituzionale.
    Di fronte certe fenomenologie ci si convince dell’esistenza di Dio,in quanto presuppongo miracoli in grado di convincere il più ostinato degli gnostici.
    Per il resto non si può essere che in accordo con quanto scrive il Professor Giannuli.

  • Quanto lei espone mi sembra che sia una replica della proposta di Richetti: buona, ma si può fare di meglio.
    A mio avviso il trattamento pensionistico e/o i vitalizi dei parlamentari, in misura da stabilire, dovrebbero essere posti obbligatoriamente a carico dei professori universitari, specie quelli che scrivono libri, in modo da avere una categoria che abbia particolarmente il dente avvelenato nei confronti di costoro e che possa esercitare quindi, avendone ben donde, un controllo stringente e puntuale della attività parlamentare, nel senso più ampio del termine.
    Sarà (forse) penalizzante per qualcuno, ma vuoi mettere i benefici che ne avremmo a livello generale?

  • vinicio giuseppin

    Benissimo. Però è necessario considerare l’impegno parlamentare un lavoro come gli altri,nonostante la delicatezza ed importanza della funzione. In questo caso ,è obbligatorio aprire la partita pensionistica per il versamento dei contributi.
    Allora dove sta l’inghippo ? …Verosimile anche se surreale:il nodo sta nel non detto o che non si ha il coraggio di dirlo,sta nel fatto che si vuole differenziare astrattamente il lavoro parlamentare dagli altri ! Da ciò le varie differenze sia di trattamento fiscale sul versato sia il periodo dei quattro anni sei mesi ed un giorno…Perciò nasce il sospetto che fare il deputato sia più dignitoso di qualsiasi altro lavoro.Invece è simile agli altri e tutti dovrebbero avere una retribuzione dignitosa.

  • La proposta non va bene ..va benissimo. Ma a proposito: possibile che una cosa del genere non la abbia mai pensata nessuno ??? eppure è la soluzione più logica e semplice. (ma non credo che piaccia ai nostri politici…)

    • @ Non esattamente nei termini da te prospettati.
      23 DIC 2016, 11:29
      SULLA QUESTIONE INTERVIENE LA CONSIGLIERA DEL MOVIMENTO 5 STELLE ANTONELLA LARICCHIA
      “Emiliano boccia emendamenti per ridurre stipendi e abolire vitalizi”
      Tratto da: statoquotidiano.it

  • Ho sentito dire che nella semplicità si nasconde il divino, mi viene da dedurre che nella complicazione si nasconda il diabolico ma non saprei trovare un aggettivo qualificativo adatto su ciò che si nasconde attualmente, e nemmeno troppo bene, in parlamento…

  • Non sono d’accordo con il discorso del vitalizio o in genere con il considerare il lavoro connesso alla rappresentanza come un mestiere sottoposto idealmente alle stesse regole degli altri, salvo godere di privilegi stratosferici, con risultati che conosciamo fin troppo bene. D’accordo le responsabilità sono molte e ci dovrebbe essere un appannaggio all’altezza del compito, ma non un vero e proprio stipendio con le sue tasse e trattenute perché in questo modo si trasforma il servizio politico in un mestiere le cui necessità e logiche finiscono fatalmente per prevalere sulle idee, la coerenza, la correttezza. Dunque un semplice anche se ricco “rimborso spese”, magari collegato anno per anno ad indicatori economici, che non dà diritto a pensioni anche perché solo alcune fra le più lunghe carriere parlamentari giungono a un numero di anni paragonabile a quello cui è costretto un comune cittadino per avere il trattamento di quiescenza. Con tutto questo ritengo che il clamore attorno alla questione sia di lana caprina: una politica intelligente e sensata si occuperebbe di restituire ai pensionati quanto meno un po’ del mal tolto in questi anni, non soltanto quello di eliminare demagogicamente qualche privilegio che finirebbe poi in un modo o nell’altro per rientrare dalla finestra.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.