La proposta di riforma elettorale del M5s: quantomeno discutibile. Ecco perchè.

In forma non ufficiale, il M5s ha avanzato una proposta di mediazione sulla riforma elettorale, per bocca del vice Presidente della Camera Luigi di Maio, poi parzialmente rettificata da Danilo Toninelli. Sostanzialmente si tratterebbe di un rifacimento dell’”Italicum” renziano rispetto al quale si operano queste variazioni:


a.    abolizione dei capilista bloccati
b.    aumento della soglia di sbarramento al 5%
c.    abbassamento del limite per ottenere il premio di maggioranza, dal 40 al 35%

La prima misura è decisamente condivisibile: i capilista bloccati sono una bruttura. Però si tratta di un passo insufficiente, perché, bloccati o no, i capilista hanno sempre un vantaggio sugli altri, perché sono invitati più spesso in Tv o sui giornali, godono del vantaggio di immagine di “rappresentare il partito”, o anche semplicemente di avere il numero 1 che diversi elettori votano in automatico. Per cui, se non si mette mano all’assurda divisione del territorio in 100 circoscrizioni di 5/7 candidati l’una, si ha lo stesso un Parlamento in larga parte di “nominati” che hanno avuto il posto di capolista per grazia ricevuta. Quindi la misura va bene, ma occorre ridurre il numero delle circoscrizioni a circa un terzo per avere qualche effetto reale sulla composizione del Parlamento.

Più discutibile è la seconda misura: aumentare il livello della clausola di sbarramento e per diverse ragioni. In primo luogo perché questo significa un elevato rischio di dispersione, con conseguente aumento di disrappresentatività del sistema elettorale: a rischio sarebbero almeno 4 liste nazionali (Fratelli d’Italia, Nuovo centro destra/Ala/casiniani, Mdp e Sinistra Italiana) senza contare le piccole liste che si presentano sempre e che spesso ottengono complessivamente il 6-7% dei voti.

Insomma, in totale rischieremmo di lasciar senza rappresentanza oltre il 20% dell’elettorato (che non mi pare una cosa granché democratica) o più probabilmente di spingere ad entrare nei listoni di Pd, Forza Italia e Lega (ovviamente non M5s che non fa accordi con nessuno).

Peraltro una simile misura avrebbe un effetto sistemico non particolarmente desiderabile: di fatto sancirebbe il monopolio di rappresentanza dei primi 3-4 partiti (Pd, M5s, Forza Italia e Lega). Cioè l’accordo spartitorio della grande partitocrazia (ma è questo che il M5s vuole?). Come abbiamo detto, le liste minori sarebbero indotte a entrare nella lista del vicino più forte (FdI nella Lega, centristi in Forza Italia o Pd, Mdp-Campo progressista e Sinistra italiana nel Pd) dunque un favore a Forza Italia e, soprattutto al Pd che potrebbe assorbire o decretare la morte per soffocamento dei suoi vicini di sinistra, con la solita solfa del “voto utile” e fermare così la sua emorragia.

Al contrario, il M5s non avrebbe alcun vantaggio da questa mossa, non avendo, almeno per ora, piccoli sfidanti da azzerare o assorbire. Anzi, il M5s avrebbe interesse a garantire la presenza dei piccoli per erodere i suoi concorrenti di centro destra e “centrosinistra”, e sfruttare al massimo la sua posizione di preferito nei sondaggi. Per cui non si capisce che senso abbia questa proposta da parte del M5s.

E neppure si può dire che questo favorisca la governabilità, visto il vero problema, in questo senso è prodotto dalla tri-quadri partizione del corpo elettorale rispetto al quale, la presenza di forze minori (nel caso nessuno ottenga il premio di maggioranza) potrebbe essere utile alla formazione di una maggioranza che non sia un accordo fra due dei poli maggiori, coalizione di durata presumibilmente breve.

Dunque, proprio non si capisce il perché il M5s faccia sua questa proposta autolesionistica, a meno che non ci siano già mezzi accordi sotto banco con il Pd, cui si concede questo regalo, in cambio della modifica del punto successivo (soglia per il premio di maggioranza). Ma questo non lo credo: significherebbe l’omologazione del M5s al sistema di partiti esistenti, facendone uno dei tre soci di riferimento della nuova partitocrazia, quel che Grillo e Casaleggio, ne sono convinto, non permetterebbero.

Ma veniamo al punto più importante: l’abbassamento al 35% della soglia per il premio di maggioranza che, peraltro, era la proposta di Alfano (insieme al ritorno delle coalizioni).

La prima obiezione è che in questo modo si accentua la disrappresentatività del sistema, dato che il premio passerebbe dall’attuale limite del 14% (40% di voti contro il 54% di seggi) al 19% (35% di voti e 54% di seggi). E già qui siamo in limiti che potrebbero portare ad una nuova declaratoria di incostituzionalità, ma se poi ci sommiamo quel possibile 15-20% di voti non rappresentati in Parlamento, porterebbe a risultati di non rappresentatività fra il 35 ed il 40%. Complimenti!

E ci voleva il M5s per fare una porcheria del genere? Per di più, se per il Porcellum e l’Italicum le sentenze di incostituzionalità hanno colpito Pd e Forza Italia che li avevano voluti, adesso una pronuncia di incostituzionalità colpirebbe anche il M5s che sarebbe stato fra i proponenti: bravi!

Mi piacerebbe avere un confronto pubblico con il genio che ha avuto questa pensata. Capisco che il M5s sappia di avere pochissime probabilità di raggiungere il 40%, e mediti di abbassare la soglia di 5 punti per avere più probabilità di arrivarci ed avere una maggioranza parlamentare che consenta di governare senza alleanze, ma:
 1.    le leggi elettorali non si fanno per far vincere qualcuno, per di più su calcoli momentanei, ma per assicurare un buon funzionamento delle istituzioni (lo abbiamo dimenticato?) per cui non si può essere proporzionalisti o maggioritari a corrente alterna, in base alla convenienza del momento
2.    in questa maniera (e peggio se aggiungiamo le considerazioni già fatte prima sulla clausola di sbarramento al 5%) si rendono più competitivi gli altri: il polo di destra che, se trova un accordo fra Lega e Forza Italia, oggi è vicino al 35% più di quanto non lo sia il M5s (Lega 14%, Fi 15%, Fdi 4% fa già 33% cui potrebbe aggiungersi qualche pezzo di centro) e, quindi, il rischio è quello di lavorare per il Re di Prussia.
3.    Una simile riforma rimetterebbe in gioco anche il Pd che, fermando l’emorragia attuale di consensi con il solito ricatto del “Voto utile” ed aggiungendo qualche pezzo di centro, potrebbe ridiventare competitivo ai fini del premio di maggioranza soprattutto per la tornata successiva (qualora nessuno prenda il 35% in queste politiche e la legislatura si sciolga dopo un paio di anni ). Bel capolavoro!
4.    come sempre, con le manipolazioni di tipo maggioritario, quel che ti avvantaggia oggi, ti svantaggerà domani e, forse, sarebbe il caso di abbandonare questa insana usanza di cambiare sistema elettorale ad ogni tornata elettorale
5.    questo significa tornare a dare impulso al principio maggioritario, mentre lasciare le cose come stanno va nel senso della trasformazione in senso proporzionale che era quello che il Movimento aveva scelto tre anni fa con la consultazione, come sua filosofia di fondo. Vero è che è sempre possibile modificare le proprie posizioni, ma questo presuppone che lo faccia chi ha deciso la posizione precedente. In altri termini, non si può disinvoltamente passare da una cosa all’altra senza interpellare nuovamente la base in una consultazione on line.
6.    Una simile capriola espone il M5s ad un forte danno di immagine, dato che sarebbe facile dipingere il M5s come proporzionalista quando era in posizione minoritaria, e maggioritario quando gli conviene. Cioè il classico comportamento opportunista di tutti i partiti che dice di combattere.

Ma io non credo che questa sia davvero la posizione del M5s: penso piuttosto che sia stato un balon d’essai non particolarmente meditato e sul quale il movimento avrà modo di tornare a riflettere. Però, amici, attenti a non fare errori in una fase così delicata e non facciamo regali al Pd.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (25)

  • Con l’astensione sfiora il 50 percento una premio fissato al 35% dei voti implicherebbe un consenso reale del 17% e rotti dell’elettorato.

    Ancora mi chiedo come mai si riesca a sdoganare simili volgarità ma è chiaro che per molti si possa fare a meno del consenso della stragrande maggioranza della popolazione appiccicando a qualunque porcata il termine “democrazia”.

    Più autoreferenziale di una pseudo-maggioranza “mandata a questo Paese” da una quota irrisoria dell’elettorato cosa potrà mai essere?

  • “le leggi elettorali non si fanno per far vincere qualcuno”
    Perfettamente d’accordo su un piano ideale, Aldo. Ma facciamo un po’ di realpolitik:

    1) con il plebiscito per Renzi di ieri, sia pure abbondantemente manovrato, si è definitivamente sdoganato il Partito della Nazione, che sarà il vero antagonista del M5S.
    2) il 35% è un risultato ragionevolmente possibile per il M5S, oltre quello è abbastanza difficile immaginare di andare; l’affluenza alle primarie PD di ieri è un chiaro segnale, per chi lo vuole vedere. Se le Primarie le facesse il M5S, dubito che riuscirebbe a portare 2 milioni di persone ai gazebo, perfino gratis, tantomeno a pagamento.
    3) il M5S non è e sopratutto non vuole essere un partito di opposizione. Lo testimonia l’originaria dichiarazione di volere il 51%, un risultato da ottenersi alla prima botta, non in un ballottaggio. Le prossime elezioni saranno decisive: o il M5S va al governo, oppure prenderà la strada del vecchio PCI, quello di prima di Berlinguer, confinato al ruolo di opposizione senza alcuna possibilità contro una squallida riedizione in salsa Renzusconi della Vecchia DC. Unica speranza di andare al governo, una riedizione del compromesso storico, cioè la trasformazione del Movimento in Partito tradizionale, e tutto ricomincerebbe daccapo. A quel punto, chi si illude sperando in una sollevazione popolare, una rivoluzione bianca senza nessun vero riferimento, non ideale, non politico, non una avanguardia culturale, si illude, appunto. Grecia docet. L’Italia scivolerà sempre più nell’irrilevanza, schiacciata dall’esterno e mantenuta tale all’interno da una casta indifferente alle sorti del Paese e preoccupata solo di conservare i propri privilegi. E le elezioni successive saranno nel 2023: altri 6 anni così, logorerebbero qualsiasi velleità e per il M5S funzionerebbe alla perfezione la teoria Andreottiana sul potere.
    4) last but not least, in una trattativa ci sono casi in cui si propone qualcosa che si sa già che non sarà accettata, per usarla come merce di scambio per ottenere che ne passi un’altra.

    • Volere il 51% delle poltrone senza avere il consenso di pari quota dell’elettorato né dei sempre meno votanti? Vestire l’opportunismo di buone intenzioni è un cliché vecchissimo.

  • Professore buongiorno!
    Più che un balon d’essai, mi sembra un segno abbastanza rivelatore dell’attuale politica dei pentastellati, come del resto ammette anche Roberto B nell’intervento qui sopra e Grillo nel suo mirabile scritto che equipara democrazia, pagliacciata delle primarie e pagliacciata del voto online. E’ una tendenza che li accomuna ai piddini, che con poco più di un milione di voti (70% di un totale di 1850000 voti definitivi, come scorgevo ieri dal rullo di rainews, di italiani e non, ripetuti e non) sentono ormai il loro capo investito del mandato celeste a governare il mondo: e le rane si gonfiano, si gonfiano, si gonfiano, mentre i buoi di oltre oceano e oltremuraglia li guardano bonariamente in attesa di capire chi delle due scoppierà per prima. Il fine giustifica i mezzi o, vista la situazione attuale, i mezzucci.
    Un caro saluto.
    Paolo

    PS Vista la simpatia di esponenti storici di sinistra per i M5S, non escluderei che alzare lo sbarramento al 5% favorirebbe meccanismi di “voto utile” verso i M5S da parte di chi non voterebbe mai il PD di renzi neppure sotto tortura, ma neanche destra, con buona pace di chi sostiene che i pentastellati non siano né né, ma poi ciucciano amabilmente a destra e a manca.

    • Domandina: quali altri partiti, movimenti, associazioni, ecc., riuscirebbero a mobilitare 1.850.000 persone per una consultazione simile, per di più paganti.
      Ribadisco: se il M5S non andrà al governo nel 2018, ci aspettano altri 6 anni di governo Renzi o similRenzi. Alla fine, dell’Italia ci saranno rimaste davvero solo le briciole e il M5S sarà divenuto giocoforza un partito come gli altri, con un peso elettorale simile al vecchio PSI di Craxi, ma a differenza di quello, senza alcuna possibilità di essere accettato come alleato da chicchessia.
      Ma consoliamoci, anche nel 2023 sentiremo parlare di come deve essere una democrazia per essere tale, come deve essere il sistema elettorale perfetto per essere realmente democratico, eccetera.
      Insomma, Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur.
      Un caro saluto a te, Paolo.

      • Caro Roberto,
        l’Italia uscirà fuori dalla crisi quando non vedrò più servizi come quello di oggi dei dati Istat sull’occupazione. Quando non vedrò più ditte come la K-Flex di Brescia chiudere lasciando a terra 187 famiglie per riaprire in Polonia. Quando non vedrò più colleghi che lavorano come e più di me assunti con contratti da fame. Quando non vedrò gente lasciata a casa dopo dieci anni con una scusa qualsiasi, che non sia quella vera “mi costa meno prendere uno stagista”. Quando vedrò le cooperative distribuire gli utili fra tutti i soci. Quando vedrò di nuovo un meccanismo che colleghi automaticamente salari e costo della vita. Quando vedrò i padroni e i loro lacché percepire redditi che siano al massimo 1x volte il mio, non di più (e mi sembra già di diventare troppo permissivo con l’età). Quando non vedrò più mulettisti tirare sotto in retromarcia e ridurre in fin di vita un autista che aveva l’unica colpa di trovarsi alle quattro del mattino su una rampa. Quando vedrò il resto reinvestito per raddrizzare il coefficiente di Gini che, nel nostro Belpaese, fa spavento. Ma questo interessa a voi, a Renzi, a Berlusconi, o a Salvini come a me potrebbe interessare la futura campagna acquisti delle squadre di serie A di calcio. E su questo, caro mio, c’è differenza fra destra e sinistra. Vedi, qualche giorno fa mi trovavo per caso nelle mie terre, ancora più per caso sulla cosiddetta Linea Gotica, con un rullino bianconero, la mia Praktica MTL3, nessuno intorno e quegli alberi e quelle alture piene di Storia e di storie da raccontare: storie di gente semplice, con a malapena la quinta elementare, ma infinitamente più saggia di quei capi di partito che, sapendo di non reggere al confronto, dicono di essere aldilà, oltre, il nuovo che avanza, eccetera eccetera…
        “E la rana si gonfia e gonfia e gonfia
        infin che scoppia come una vescica.
        Borghesi, ch’è più il fumo che l’arrosto,
        signori ambiziosi e senza testa,
        o gente a cui ripugna stare a posto,
        quante sono le rane come questa!”
        Un caro saluto
        Paolo

      • Nel Palmento non dovrebbero sedere individui che sono lì solo perché sono state manipolate le leggi elettorali per censurare il voto di chi li considera emeriti CIALTRONI.

        Ove RENZI apparisse credibile quanto GRILLO ed i suoi amici avrebbe una quota di voti simile.

        MA se la stragrande maggioranza degli italiani non ne ha fiducia nessuna delle due fazione dovrebbe avere la capacità di legiferare unilateralmente.

        Dovrebbe essere semplice da capire ove si gettasse nelle fogne la propaganda.

  • In effetti la proposta di Di Maio mi è sembrata più una provocazione per stanare Renzi sulla sua tentazione di maggioritario, per annettere elettoralmente FI.

    Lo sbarramento del 5% infatti non innalza automaticamente il M5S al 35%, a meno che non si intenda attribuire il premio di maggioranza non ha chi ha superato il 35% dei voti, ma il 35% dei seggi.

    In quest’ultimo caso, se si votasse oggi, la media dei sondaggi attuali al 29% per il M5S e a meno del 5% per tutte le forze minori, garantirebbe al M5S quasi il 36% dei seggi e quindi la possibilità di avere in premio il 18% dei seggi.

    Resta il fatto che si tratterebbe di un premio abnorme, pari al 25% dei voti e quindi a forte rischio di incostituzionalità.

    Personalmente ribadisco che la scelta più democratica è far scegliere agli elettori al secondo turno la coalizione di governo. Soluzione che massimizza la rappresentatività costituzionale al primo turno e la governabilità al secondo turno.

    • PE mancanza di tempi tecnici l’incostituzionalità presunta potrebbe essere giudicata dalla Corte Cost. solo dopo le prossime elezioni e secondo precedenti noti non influirebbe sul risultato elettorale sopraggiunto anche se la legge elettorale fosse giudicata incostituzionale.

      Ma la C.Cost. potrebbe rispolverare la formuletta odiosa della sentenza sull’italicum e abbonare il premio al 35%.

      La Costituzione andrebbe modificata per impedire che si prosegua su tale filone “interpretativo” dalle conseguenze particolarmente incresciose giacché non individuando la necessità di riferire le soglie in base all’intero elettorato si incide pesantemente sulla tutela della rappresentatività pur essa essendo un PRINCIPIO COSTITUZIONALE e non un mero “obiettivo” maldestramente calato sulla Costituzione.

      &laquo:Al cospetto della discrezionalità spettante in materia al legislatore, sfugge dunque, in linea di principio, al sindacato di legittimità costituzionale una valutazione sull’entità della soglia minima in concreto prescelta dal legislatore (attualmente pari al 40 per cento dei voti validi, e del resto progressivamente innalzata nel corso dei lavori parlamentari che hanno condotto all’approvazione della legge n. 52 del 2015). Ma resta salvo il controllo di proporzionalità riferito alle ipotesi in cui la previsione di una soglia irragionevolmente bassa di voti per l’attribuzione di un premio di maggioranza determini una tale distorsione della rappresentatività da comportarne un sacrificio sproporzionato, rispetto al legittimo obbiettivo di garantire la stabilità del governo del Paese e di favorire il processo decisionale.

      L’esito dello scrutinio fin qui condotto non è inficiato dalla circostanza, messa criticamente in luce dal giudice a quo, per cui la soglia del 40 per cento è calcolata sui voti validi espressi, anziché sul complesso degli aventi diritto al voto. Pur non potendosi in astratto escludere che, in periodi di forte astensione dal voto, l’attribuzione del premio avvenga a favore di una lista che dispone di un’esigua rappresentatività reale, condizionare il premio al raggiungimento di una soglia calcolata sui voti validi espressi ovvero sugli aventi diritto costituisce oggetto di una delicata scelta politica, demandata alla discrezionalità del legislatore e non certo soluzione costituzionalmente obbligata (sentenza n. 173 del 2005).» — 35/2017 C. Cost.

      Le maggioranze parlamentari contingenti,agendo sulle leggi elettorali, hanno la possibilità di incentivare l’astensione, di censurare “politicamente” alternative che possano eroderne i consensi (e rinnovare un ecosistema politico squallido) e dunque avrebbero l’opportunità di decidere arbitrariamente di regalare la maggioranza delle poltrone in Parlamento a «favore di una lista che dispone di un’esigua rappresentatività reale»

      La scia di opportunismo nella revisione delle leggi elettorali dal 1992 ad oggi dovrebbe essere abbastanza evidente.

      Visto il numero di revisioni delle leggi elettorali e la “qualità” delle stesse.

        • Purtroppo è un meccanismo autoalimentante e data la massiva azione di propaganda ventennale sussiste oramai un livello di indottrinamento che consente di sostenere con poco sforzo la falsa ideologia della disrappresentatività sotto il falso nome della governabilità.

          Il ballottaggio che sembra piacere tanto è anche un tentativo di forzare la mano agli astensionisti costringendoli a subire una falsa dicotomia per indurli a partecipare contro il candidato peggiore.

          In realtà si tratta di istituzionalizzazione del groupthink ed a furia di costringere le persone al “voto utile” c’è stata una inflazione di cialtroni e dell’astensione.

    • ” la scelta più democratica è far scegliere agli elettori al secondo turno la coalizione di governo. Soluzione che massimizza la rappresentatività costituzionale al primo turno e la governabilità al secondo turno. ”
      Assolutamente d’accordo; senza alcun sbarramento al primo turno e con la “sfida” tra due coalizioni + primo ministro al secondo.

        • Professore, non ricominciamo la polemica.

          La sentenza della Consulta sull’Italicum spiega benissimo che è incostituzionale il ballottaggio perché si prefigura come una continuazione del primo turno e ne altera il risultato, non rispettando quindi il principio di rappresentatività.

          La Consulta dice anche che la sentenza non può modificare il ballottaggio in doppio turno, perché questo spetta al legislatore.

          Se il secondo turno non altera in modo significativo la rappresentatività del primo turno, come del resto è ammesso per il premio di maggioranza che scatta oltre il 40%, non c’è alcun profilo di incostituzionalità.

          Semplicemente si chiede democraticamente agli elettori quale governo vogliono, dopo che le forze politiche di sono misurate al primo turno in modo proporzionale e senza coalizioni.

    • «Anche in questo caso, pertanto, si conclude negativamente lo scrutinio di proporzionalità e ragionevolezza (art. 3 Cost.), il quale impone di verificare – anche in ambiti, quale quello in esame, connotati da ampia discrezionalità legislativa – che il bilanciamento dei principi e degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalità tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva.

      Le disposizioni censurate producono una sproporzionata divaricazione tra la composizione di una delle due assemblee che compongono la rappresentanza politica nazionale, centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, da un lato, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, «che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare secondo l’art. 1 della Costituzione» (sentenza n. 1 del 2014), dall’altro. È vero che, all’esito del ballottaggio, il premio non è determinato artificialmente, conseguendo pur sempre ad un voto degli elettori, ma se il primo turno dimostra che nessuna lista, da sola, è in grado di conquistare il premio di maggioranza, soltanto le stringenti condizioni di accesso al turno di ballottaggio conducono, attraverso una radicale riduzione dell’offerta politica, alla sicura attribuzione di tale premio.

      È necessario sottolineare che non è il turno di ballottaggio fra liste in sé, in astratto considerato, a risultare costituzionalmente illegittimo, perché in radice incompatibile con i principi costituzionali evocati. In contrasto con gli artt. 1, secondo comma, 3 e 48, secondo comma, Cost. sono invece le specifiche disposizioni della legge n. 52 del 2015, per il modo in cui hanno concretamente disciplinato tale turno, in relazione all’elezione della Camera dei deputati.

      […]

      L’applicazione di un sistema con turno di ballottaggio risolutivo, a scrutinio di lista, dovrebbe necessariamente tenere conto della specifica funzione e posizione costituzionale di una tale assemblea, organo fondamentale nell’assetto democratico dell’intero ordinamento, considerando che, in una forma di governo parlamentare, ogni sistema elettorale, se pure deve favorire la formazione di un governo stabile, non può che esser primariamente destinato ad assicurare il valore costituzionale della rappresentatività.

      Le stringenti condizioni cui la legge n. 52 del 2015 sottopone l’accesso al ballottaggio non adempiono, si è detto, a tali compiti essenziali. Ma non potrebbe essere questa Corte a modificare, tramite interventi manipolativi o additivi, le concrete modalità attraverso le quali il premio viene assegnato all’esito del ballottaggio, inserendo alcuni, o tutti, i correttivi la cui assenza i giudici rimettenti lamentano.

      Ciò spetta all’ampia discrezionalità del legislatore (ad esempio, in relazione alla scelta se attribuire il premio ad una singola lista oppure ad una coalizione tra liste: sentenza n. 15 del 2008), al quale il giudice costituzionale, nel rigoroso rispetto dei propri limiti d’intervento, non può sostituirsi.» — C. Cost. 35/2017

      Si ricorda che per il Senato la Costituzione dispone ripartizione regionale: “proporzionalità e ragionevolezza” permettendo…

      Naturalmente “governabilità da DISrappresentatività” non ha alcuna tutela costituzionale.

      E il principio di “proporzionalità e ragionevolezza” fatto scaturire dall’art 3 Cost spazia sull’intero vulnus causato dalla rinuncia dei Costituenti a costituzionalizzare il sistema proporzionale puro.

      &laqup;Affermare nelle leggi che il 40% equivale a più del 50% è dire cosa contraria a verità e spinge istintivamente l’elettore a votare per i partiti o gruppi di partiti i quali si siano dichiarati contrari al sistema. Può darsi che l’elettore manifesti il suo sdegno astenendosi dall’andar e alle urne; ma il risultato è identico: rendere più facile la vittoria di coloro che si siano dichiarati contrari al sistema.»
      http://www.luigieinaudi.it/doc/osservazioni-sui-sistemi-elettorali-nellipotesi-che-la-scelta-cada/

      Finché ci sarà tale vulnus non si avrà certezza su quale sia il limite inferiore di DISRAPPRESENTATIVITÀ che differenti composizioni della Corte costituzionale in vari periodi storici avranno a riferimento.

      Leggi elettorali che inducano all’astensione “sarebbero” manifestamente irragionevoli se non abbondassero le persone che preferiscono fare finta di nulla.

      Invece ci si mantiene sul vago parlando di non eccessiva DISrappressentatività -come se ledere i diritti politici dei cittadini fosse estremamente “negoziabile”- e siamo arrivato con un astensione al 50% a prospettare di concedere la maggioranza assoluta del Parlamento a chi non raggiunga neanche il 20% dei consensi dell’intero elettorato.

      L’ipocrisia non è solo palpabile, si è proprio fatta uomo.

      Quale stabilità volete se proponete che si possa legiferare unilateralmente strafottendosene della MAGGIORANZA REALE dell’elettorato?

  • Edoardo Pellegrini

    Nell’italicum è stato dichiarato incostituzionale il ballottaggio, non in quanto tale ma per l’accesso senza una qualificazione, cioè il metodo col quale si arrivava ad esserne protagonisti non era costituzionale.
    Esempio: Le prime due liste che prendevano più voti andavano al ballottaggio. la prima prendeva il 25%, la seconda il 18% e via via tutte le altre per una larga frammentazione del voto. Al ballottaggio vinceva la seconda e pertanto solamente col 18% del primo turno si aggiudicava la maggioranza del 55% dei seggi. Tutto è risolvibile qualificando il ballottaggio che si realizza quando la somma delle prime due liste raggiunge almeno il 70%. Significherebbe, come esempio, che se la prima lista raggiunge il 38% e la seconda il 33% il totale fa 71% e quindi il ballottaggio si può fare perché l’accesso è qualificato. La seconda lista può vincere ma al primo turo non ha preso solo il 18% ma ben il 33%.

  • Salvatore Alfonso Germana'

    Scusate ma non si era parlato del Legalicum??
    Se non sbaglio non era cosi impostato anzi tutt’altro.
    Sono d’accordo con Aldo Giannuli , non si può togliere la democrazia alzando la soglia del 4% e nemmeno abbassando al 35% per il premio di maggioranza.
    Abbiamo lottato per raccogliere le firme contro l’italicum e adesso ne vogliamo una sorta di fotocopia al ribasso????

  • Giannuli, mi chiedo perché lei continui imperterrito a dare un tale credito di democrazia ed acume politico al 5S, o considerarla una forza di cambiamento. Va bene che di fronte a loro c’è di peggio, ma insomma, a tutto c’è un limite, e per conto mio è stato abbondantemente superato dopo la diffamazione delle Ong sostenuta da Di Maio.

  • cari 5 stelle, se volete che vada a votare mi dovete ridare il proporzionale puro senza sbarramenti di sorta… che non è Piazza dell’Ancora ma semplicemente il sistema che tranquillamente vigeva quando pure le piazze ribollivano di malcontento e si urlava contro la democrazia borghese non vera democrazia.
    ma se quella non era vera democrazia figuriamoci adesso con tutti questi artifizi, sbarramenti e premi o peggio ancora i collegi uninominali mai tornassero. DBattista non si è voluto pronunciare sul voto in Francia… io avrei risposto che col presidenzialismo o semi-presidenzialismo non vale proprio la pena andare a votare e uguale con premi e sbarramenti. Parlamentarismo, proporzionale puro senza premi e sbarramenti, questo è il meno peggio della democrazia rappresentativa.

  • Nell’immaginario collettivo far sparire i piccoli partiti equivale a mandare a casa dei parassiti.
    Nell’immaginario collettivo grillino equivale a mandare a casa i partiti cominciando dai più piccoli.
    Non so chi decida le proposte da fare, ma può essere che costoro abbiano una visione derivante dall’immaginario collettivo di provenienza?

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