Professionismo politico, classe dirigente, militanza: facciamo un po’ di chiarezza.

Uno dei miei articoli più recenti ha un po’ disorientato i lettori al punto che uno mi scrive:

Sono confuso..
prima malediciamo i professionisti della politica…causa principe dell’allontanamento dalla politica dai cittadini … gente che è stata in politica per decenni, produttrice di disastri, servi dei poteri forti e allergici alla democrazia….ora me ne si esce con la necessità di avere dei professionisti della politica, gente che conosce i meccanismi istituzionali ecc… Dunque: I politici di professione. No!  Allora cittadini impreparati ma onesti, No! Allora mettiamo dei Tecnici superspecializzati, No! sarebbe un altro Monti. Mi permetta una battuta di colore: Ma chi minchia ci dobbiamo mettere al Governo?
Vi ricordo che attualmente abbiamo Alfano …al ministero degli esteri …mi vorreste dire che un Di Battista o un Di Maio sarebbero peggio?? …. Mister Giannuli, questa volta mi ha proprio confuso le idee! Al che torniamo al punto di partenza…meglio un incompetente onesto alla Di battista che un incompetente ma “professionista della politica” come quel simpaticone di Alfano!

Insomma l’alternativa è fra politici di lungo corso, arraffoni ed incompetenti, oppure onesti sprovveduti o, al massimo tecnocrati alla Monti. Messa così, stiamo a posto.

Bene, allora è il caso di chiarirsi un po’ le idee. In primo luogo rassegniamoci all’idea che la politica è uno specialismo che, soprattutto ai livelli più alti, esige una preparazione di qualità corrispondente. Non c’è motivo per ritenere che la politica sia una cosa più semplice della medicina, dell’informatica, del diritto o dell’economia, che richiedono una preparazione specifica: o voi vi fareste operare da una persona onestissima, ma che confonde il polmone il pancreas e non sa leggere una analisi?

Certo l’onestà è una qualità importante in un politico ma ricordiamoci che ricoprire un’importante carica dello Stato senza essere all’altezza del compito è l’atto più disonesto che si possa fare. Il guaio è che gli ominicchi della seconda repubblica –salvo rarissime eccezioni su cui potremmo discutere- non sono affatto politici, ma volgari politicanti, che hanno come unica competenza quella di arrampicarsi nel sistema sino alla poltrona più alta possibile. E questo ha caratterizzato la grande maggioranza di parlamentari, ministri e sottosegretari di questo quarto di secolo di tutti i partiti: da An al Pds-Ds-Pd, da Rifondazione Comunista (che esprimeva gruppi parlamentari imbarazzanti) a Forza Italia, dalla Lega alla Margherita.

Il ceto politico della Seconda Repubblica, prodotto dal sistema elettorale maggioritario, non sarà mai abbastanza maledetto per aver distrutto la stessa idea di politica ed averla avvilita al livello del peggiore politicantismo e, se un cittadino vede un personaggio come Alfano ministro di Grazia e Giustizia, poi dell’Interno, poi degli Esteri, giustamente pensa: “Ma perché non lo posso fare io? Cosa sa più di me?”.

E qui c’è un altro chiarimento necessario: ma in cosa consiste questo specialismo e come deve prepararsi un politico vero?

Al politico si chiede soprattutto di saper assumere decisioni adeguate ai problemi da affrontare: concludere un trattato commerciale, fare una legge per il contrasto alla corruzione, introdurre o abolire una tassa, affrontare il problema delle ondate di immigrati, modificare o meno il testo della Costituzione, progettare una riforma della scuola o della sanità sono tutte decisioni che presuppongono una preparazione in merito, e non solo sul singolo problema, ma capace di individuare gli effetti imprevisti.

Ad esempio, se decidi di obbligare i medici a denunciare l’immigrato clandestino che cura, devi mettere in conto che questo potrebbe avere conseguenze molto pericolose nel caso di malattie contagiose. Se, per combattere il terrorismo decidi di autorizzare intercettazioni di massa, devi anche capire che questo comporta un giro di vite nei confronti della privacy di tanti cittadini che con il terrorismo non c’entrano nulla. Se aumenti le tasse devi prevedere una caduta del Pil. Se concedi il reddito di cittadinanza, poi devi prevedere che una intera generazione, fra 20 o 30 anni andrà in pensione con poche centinaia di euro al mese. E se ci sono dei tagli da fare alla spesa pubblica non è la stessa cosa se tagli su pensioni, sanità e istruzione o se tagli le super retribuzioni di manager e consulenti che lavorano per lo stato o sui lavori pubblici e quali, così come fare una patrimoniale è meno semplice di quel che si pensa, perché le soluzioni possibili sono molte e molto diverse fra loro.

Dunque, occorre che ogni singola politica di settore sia inquadrata in una linea politica generale che abbia caratteri di coerenza ed organicità. E neanche questo è sufficiente, perché ogni decisione lede interessi di alcuni e favorisce quelli di altri, per cui occorre poi saper mediare fra le parti sociali, cercando una composizione degli interessi che confermi e non minacci la coesione sociale.

Soprattutto, ad un politico si richiede di avere molta fantasia per trovare le soluzioni migliori, magari nuove, man mano che i problemi vengono avanti. Come si vede, un’attività piuttosto complessa, che non ammette semplificazioni arbitrarie e richiede conoscenze, decisione, fantasia, coraggio nell’affrontare le resistenze dei nemici più forti,

Ma come formare un uomo politico che sappia muoversi su un terreno così complesso? Ovviamente è necessario che ci sia una preparazione teorica di fondo: la politica è anche studiata da una scienza specifica, appunto la scienza della politica o politologia, ed è opportuno che ci sia una preparazione di questo tipo, così come è opportuno che chi si prepara alla carriera politica abbia nozioni di sociologia, di diritto ma, soprattutto di economia (ed io direi anche storia). Poi è necessario avere competenze specifiche nel settore in cui vuoi operare: se vuoi fare il ministro degli esteri, magari è bene che tu sappia qualcosa di relazioni internazionali, geopolitica, diritto internazionale eccetera.

Detto questo, dovremmo concludere che un buon politico debba necessariamente essere laureato in Scienze Politiche? No direi di no, anche perché un laureato in qualsiasi altra disciplina, o anche un non laureato, può benissimo apprendere queste cose con studi personali o, magari, attraverso le scuole di politica che ogni partito dovrebbe organizzare.

Poi la lettura dei giornali e delle riviste specializzate, la partecipazione a convegni e le conversazioni con i colleghi sono altri veicoli di formazione.

Ma questo non basta: una formazione puramente teorica può produrre un buon accademico (forse) ma non è sufficiente per un politico. Neanche il governatore di una banca centrale può basarsi solo sulla sua formazione universitaria: una preparazione teorica è necessaria, ma non basta, a meno di non avere un approccio tutto libresco ai problemi. Poi quello che conta è la prassi: si impara a far politica facendola. La formazione di base serve a capire e valutare le proprie esperienze nel bene e nel male. Un eccesso di teoria porta ad un approccio dogmatico e sterile, ma l’assenza di una formazione di base precipita poi nell’empiria più pura, che impedisce di capire quello che si sta facendo. Dunque, la pratica è la seconda metà della mela, ugualmente necessaria quanto la prima. Ma, ovviamente si tratta di una pratica che ha un valore se è costruita nel tempo: nessuno “nasce imparato” si dice nella mia città d’origine, e la pratica politica è formativa se avviene in un periodo abbastanza lungo.

L’idea che si ottenga un personale di governo con, al massimo, cinque anni di partecipazione istituzionale, per poi congedarlo dopo altri cinque anni, è un’idea semplicemente delirante, scusatemi. Ovviamente, un simile specialismo non si costruisce in tre o quattro anni, ma esige un tempo necessario di maturazione. Però non è affatto vero il contrario: cioè che un personaggio politico che sta sulla scena da 20 anni sia anche un politico preparato, anzi è possibile che sia una capra assoluta. Durata non significa competenza, ma soprattutto, occorre non confondere un decisore politico vero con un volgare politicante.

La politique politicienne (come dicono i francesi) è cosa deteriore da non confondere con la politica e non tutti i politici professionali sono politicanti: Nenni, De Gasperi, Togliatti, Berlinguer, Lombardi, Moro, Fanfani e dico anche Almirante o Romualdi hanno fatto politica per tutta la vita, ma non erano affatto politicanti, erano politici di notevole livello ed alcuni di loro veri statisti. Ovviamente c’è un rischio: che a furia di metter radici nel Palazzo (quello con la P maiuscola) un politico anche di buona stoffa, un po’ alla volta, si affezioni troppo al ruolo e diventi un politicante. E’ un rischio molto forte, con il quale occorre misurarsi.

La classe dirigente va formata (possibilmente dal basso se crediamo nella democrazia), va selezionata con cura, badando tanto al disinteresse personale quanto alla preparazione e capacità, poi va responsabilizzata, controllata, periodicamente “potata” almeno in parte, quindi vigilata nei comportamenti, interrogata normalmente sui propri atti e decisioni, trattata con parsimonia quanto a incentivi selettivi, costantemente obbligata al confronto con possibili successori.

Anche le classi dirigenti prodotte dal basso, magari da una rivoluzione (e il caso Russo mi pare abbastanza istruttivo) fanno presto ad abituarsi alle soffici poltrone del potere: meglio delle poltrone sono le sedie, possibilmente dure e scomode…

Il punto debole più pericoloso del M5s non è quello di non avere una classe dirigente, ma di non aver fatto assolutamente nulla per formarsela. Cari amici ricordatevi di aver avuto successo perché avevate come pietra di paragone i cialtroni della Seconda Repubblica, ma la gente ora vuole di più.

Non basta che Di Maio o Di Battista non facciano peggio di Alfano o Del Rio: devono fare di meglio e di molto meglio. Pensateci.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (98)

  • Professore, mi permetta una domandina oziosa pure filosofica. So che non sia proprio il campo della sua scienza nemmeno il mio, ma siamo qui per dilettarci, salvo l’onorevole Allora ditelo che è disceso su di noi per insegnarci dilettando… Insomma, tra Politico e Protagora, quale dialogo preferisce?

  • Concordo sostanzialmente con le argomentazioni proposte ma penso che il discorso compiuto non possa prescindere da considerazioni sull’elettorato per risolvere l’implicito problema insito nella delega.

    Non sono solo i dirigenti a necessitare di strumenti e competenze per svolgere il lavoro loro delegato ma anche gli elettori dovrebbero essere intesi come “potenzialmente” interessati a non fidarsi ciecamente e dunque ad individuare una “domanda potenziale” di strumenti e competenze (o euristiche) che consentano ai cittadini “già indaffarati” di valutare l’operato dei propri delegati in modo efficiente e non dispendioso (in termini di tempo e denaro).

    Posto che l’elettorato debba avere una reale facoltà di determinare la prosecuzione della carriera politica dei candidato pertinenti (in un sistema elettorale rappresentativo e proporzionale), i politici di lungo corso non potrebbero che essere quelli che non abbiano perso la fiducia dei propri elettori.

    La scuola dell’obbligo sarebbe fondamentale per fornire tutti gli strumenti necessari ad una cittadinanza “potenziata” ma non sembra ci sia un interesse per riformare i curricoli in tal senso.

    Quali siano gli strumenti necessari non saprei bene, visto che la scuola non vi provvede:
    andare per tentativi ed errori pone in una condizione di svantaggio rispetto a coloro che siano stati “ben consigliati” (incrementare il gap tra scuole pubbliche e private potrebbe accentuare queste dinamiche).

    Esistono modi per identificare chi menta? Per stabilire se un politico sia affidabile?

    Fare in modo che ogni elettore sia in grado di determinare autonomamente se un politico sia narcisista o machiavellico avrebbe un qualche valore o sarebbe “abuso politico di psichiatria”?

    • Un dì tempestoso, bigio e piovoso, tra lampi e fulmini, la congregazione dei politici di professione fu condotta nei sotterranei del Liceo Sparta, per essere interrogata dai maturandi e stabilire se concedere loro di vivere nelle Istituzioni o di morire con tutti gli onori.
      Fu allestito un palco in legno con una botola azionata da uno studente anziano pluriripentente.
      Ogni candidato fu interrogato sullo scibile umano, da Talete al relativismo. Inesorabilmente sotto i piedi di ciascuno la botola si aprì, tranne che nel caso del rag. Fantuzz.
      Alla fine del certame cultural politico il presidente della commissione esaminatrice proclamò
      il rag. Fantuzz gran cul, on. assass. corr. etc. etc. , membro supremo del gran consiglio elitario dell’ordine mannaro.
      Appena la notizia giunse alle orecchie di Cetrio La qualunque, fratello a piede libero del più noto Cetto, costui non esitò a inondare il Liceo Sparta di pilù, onde strappare a Fantuzz gli onori ricevuti.

      • «tre quarti scorrano nel nuovo letto del fiume, mentre i tre quarti del rimanente nel vecchio, cosicché ognuno abbia tre quarti» — Don Circostanza da Fontamara conosciuto come “amico del popolo”

        • Lasciando da parte la pertinenza o l’accidentalità dell’attack del post … tra il grande repertorio proprio proprio Silone ?

          • Si tratta di una risposta ad una “interrogazione”; Solo la narrativa avrebbe potuto creare una così limpida battuta da tragicommedia.

    • francesco cimino

      Classico dilemma: la caslinga di Voghera, si dice, non comprende certi le questioni pubbliche, quindi deve affidarsi al politico. Ma se non comprende nulla di questioni politiche, perché dovrebbe saper valutare i candidati con i loro programmi? quando Montesqiueu scriveva a favore della rappresentanza, argomentava che il popolo poteva conoscere gli uomini più che le questioni di Stato, ma nei vasti Stati moderni non direi sia vero…attendiamo un articolo di Giannuli sul tema, probabilmente all’insegna del “il popolo, sebbene ignorante, è capace della verità”( Machiavelli ) soprattutto nel senso del “non è necessario esser calzolai per valutare una scarpa”( Aristotele nella Politica: queste o equivalenti parole )

  • Professore, buonasera!
    Concordo pienamente. Soprattutto sulle ultime legislature di RC e alcuni suoi deputati… errori pagati caro, in tutti i sensi. Mi hai fatto venire in mente un’immagine: mio padre che la domenica leggeva i giornali della settimana, quelli che dal lunedì al venerdì accantonava in un cesto, ne strappava pagine, articoli da conservare e riprendere per prepararsi a un incontro, a un dibattito. Poi, ogni mese più o meno, entrava in casa un libro nuovo, di cui magari aveva letto la recensione o sentito parlare. E quel libro, nel giro di un mese, lo ritrovavo in equilibrio precario su uno scaffale, tutto spiegazzato o sottolineato. Mio padre era ed è aclista, di quelli entrati nel movimento negli anni Settanta convinti di andare “verso il socialismo”, così come recitava una delle tessere dell’epoca. Ma la stessa procedura l’ho vista tantissime volte replicata metodicamente, rigorosamente, da compagni della “vecchia scuola”, piuttosto che da altri militanti di partiti e sindacati. Metodo che si è rivenduto in tutta la sua vita: lasciato a casa negli Ottanta dalla ditta di trasporti (deve essere il destino dei Selmi…) presso cui lavorava, si era messo a quarant’anni a studiare alle serali inglese – e mi faceva una testa tanta perché lo imparassi anch’io, all’epoca in prima media – insieme a “linguaggi di programmazione”, come si diceva allora, cose astruse che servivano a interagire con schede perforate e bobine di nastri magnetici dal nome evocativo di Cobol e Fortran. Ancora oggi sostiene che, anche se non ne fece nulla, tuttavia quei corsi gli servirono ad aprire la mente su determinati aspetti della mondialità e della tecnologia fino ad allora a lui ignoti. E la casa si riempiva di “corsi pratici”, di manuali con cassette, ecc: dispense settimanali per ammortizzare la botta e che poi rilegavi a tue spese. Oggi ai mercatini dell’usato te le tirano dietro, mentre le case editrici storiche del settore o sono fallite, o pubblicano gadgets di plastica made in china. Non c’era internet e le sue formidabili potenzialità ma, paradossalmente, c’era molta più attenzione verso la preparazione teorico-politica, verso uno studio attento e rigoroso, verso la ricerca, fatta con mezzi molto più poveri, ma fatta con la consapevolezza che non fosse tempo perso, ma guadagnato. Questo vale per il M5S che, a detta di Grillo, assume la vox populi come criterio di verità: “Stadio si stadio no lo decidono i romani” (bellissimo…), ma vale anche per i piddini. Il mondo, caro Renzi, non corre: gira sempre intorno al sole come girava millenni addietro; e chi corre, chi mette il turbo, spesso fugge (magari in California), o vuole coprire strumentalmente le proprie magagne. Me lo diceva sempre un signore azero che cercava, con scarso successo, di consigliarmi sul russo: bystro! bystro! diceva, veloce! veloce! se parli veloce, gli strafalcioni si notano meno.
    Un caro saluto.
    Paolo

  • O.T.
    Oggi l’ex primo ministro britannico John Major ha criticato la Brexit in se e il modo in cui il governo May la sta conducendo, sulla base di analisi di impatto.
    Sorprendentemente la May non replica, non scopre le sue carte.
    Non è pensabile che a Downing Street non abbiano idee sul da farsi, anzi pare possibile il contrario, ovvero che abbiano più livelli di negoziazione, alcuni dei quali sottotraccia, al fine di scegliere fior da fiore per le loro convenienze.
    Tra una Danimarca che piange soldi, una Germania che presenta il conto e un’Irlanda che mostra i denti a Londra piacerebbe sovvertire lo stato delle cose, ovvero una Danimarca che mostra i denti, una Germania che piange soldi e un’Irlanda che mostra il conto.
    Ci stanno provando, altrimenti il silenzio serbato dal governo sarebbe difficile da giustificare.
    Hanno scelto la strada della segretezza anche per non dovere condividere le decisioni sulla Brexit con la Scozia, Ulster, e Galles: è il metodo migliore per spuntare accordi nell’interesse della sola Inghilterra.
    E’ una sorta di colonialismo domestico da tenere celato.
    Ad Edimburgo si ricordano del Darien Disaster ?

    • John Major critica la Brexit e la May in base a serie analisi di impatto, è un uomo che mostra di conoscere i meccanismi della politica. In Italia quando i ministri vogliono un’analisi di impatto la chiedono ai loro capi di gabinetto o ai consiglieri.
      Tranne che nel ministero degli esteri e della difesa, quei posti sono occupati da Consiglieri di Stato, più raramente della Corte dei conti, che per forza di cose hanno una visione derivante e coerente con la loro professionalità … ma non è proprio quel di cui un alto decisore ha bisogno. Purtroppo il politico non sa elaborarla da se.

      • Qualcuno peserà che io critichi soltanto la folk singer Virgin Rays.
        Non è vero. Virgin è una seria professionista. Sceglie con cura le canzoni da interpretare. E’ maniacale durante le prove. Il perfezionismo è la sua cifra musicale ed artistica. Ha orecchio per sentire se i Fives, la band di supporto, vanno a tempo.
        Dimenticavo. Tutto questo accadeva però negli Stati Uniti.

  • Venceslao di Spilimbergo

    BRAVISSIMO!!
    Assolutamente d’accordo!!

    Gentile professore, in queste poche righe, Lei ha espresso delle verità troppe volte dimenticate e/o taciute… o per singoli interessi personali o per ragioni che non esagero a definire ideologiche (nel senso ormai degenerato del termine). Assolutamente: a parte la questione riguardante il sistema elettorale maggioritario (che personalmente considero senza colpa, in quanto per sua natura neutro come tutti gli strumenti), per il resto condivido al 100% quanto da Lei esposto. La politica, la politica vera, non è e non può, non deve essere, in alcuna maniera, frutto dell’improvvisazione; la politica deve necessariamente essere svolta da persone che ne abbiano le capacità, sia teoriche che pratiche: le prime quali conseguenza dei propri studi, compiuti sia individualmente sia all’interno di organizzazioni, associazioni, scuole di partito che forniscano un’istruzione approfondita riguardo a campi del sapere quali l’antropologia, la sociologia, la storia, la geografia, la geopolitica, il diritto, l’economia, ecc… le seconde, invece, frutto della propria esperienza personale nel fare politica attiva, sul territorio, fra la gente… ascoltando i cittadini, vedendo e constatando in prima persona i loro problemi, parlando con loro, dialogando con loro, confrontandosi con loro, con gli elettori. Pronti, se necessario, anche ad opporsi alla gente, se essa sta sbagliando! E per fare questo, per farlo bene in termini qualitativi, non bastano 5 o 10 anni. Ne servono molti di più! Già ai tempi dell’antica Roma era emerso il concetto, tragicamente perduto oggigiorno, di “cursus honorum”, per Diana! Se questa sciagurata idea del “Movimento 5 Stelle” fosse esistita nel passato “recente”, noi Italiani non avremmo mai avuto il Conte di Cavour, Sella, Minghetti, Crispi, Zanardelli, Giolitti, Degasperi, solo per fare qualche esempio di nome fra le fila dei Conservatori! Come non avremmo avuto Turati, Matteotti, Togliatti, Di VIttorio, Amendola, per enunciare alcuni esponenti celebri del mondo della sinistra nazionale. Bravo pertanto professore, bravo!! Cerchi di spiegare a queste persone, che aspirano a essere la nuova classe dirigente del Paese (e non so se questo sia un bene o un male), quanto stiano sbagliando nel tentare di mettere in pratica questa loro idea! Sarebbe il suicidio definitivo della politica italiana… e di conseguenza, direttamente o indirettamente, il suicidio della Nazione.
    P.S.
    Spero non me ne vorrà, esimio professore, se mi son lasciato prendere un poco dall’emozione e, così facendo, non ho composto questo mio piccolo scritto nella forma doverosa cui son solito esprimermi… ma quando si toccano certe questioni, purtroppo, la ragione sfugge e lascia il posto all’irruenza del sentimento. Le chiedo pertanto perdono e le porgo le mie più sentite scuse. La saluto augurandole ogni bene e una buona serata

    • Il maggioritario non è “neutro” ma è uno strumento che le cui proprietà implicano una volontà precisa come desumibile dalle origini anti-democratiche:

      «The anti-democratic origins of single-member constituencies, first as a means to limit the power of the ‘Celtic Fringe’ and then of ‘the masses’, should at least make us pause and question whether they ought to have a place in a modern democracy. Add to this the criticisms that have been leveled at them from the time of the Third Reform Act through to the present day – that they prevent minorities from gaining representation; that they concentrate power in the hands of party managers; that they can discourage people from voting who believe that their vote will not count – then we really do have to ask why Britain has remained one of the few developed democracies to use a voting system based solely on single-member constituencies.

      Part of the answer has to be that Britain’s transformation into a democracy has been gradual and uneven, almost always resisted by the political elite and when finally conceded, carefully controlled to ensure that as much of the old regime as possible was salvaged.» — http://www.historyandpolicy.org/policy-papers/papers/electoral-reform-dilemmas-are-single-member-constituencies-out-of-date

  • Per parte mia, sono fiducioso; lo sono per natura, può essere un difetto o un pregio, a seconda dei punti di vista e delle situazioni. Ma guai se mi rendo conto di avere a che fare con un bugiardo, cioè uno che mi vuole fregare!
    Ciò premesso, concordo specialmente con tre affermazioni:
    1) “Poi quello che conta è la prassi: si impara a far politica facendola”: non saprei dirlo meglio.
    2) “Anche le classi dirigenti prodotte dal basso,… omissis … fanno presto ad abituarsi alle soffici poltrone del potere”: molto molto molto d’accordo. Faccio notare però che poiché “un simile specialismo non si costruisce in tre o quattro anni, ma esige un tempo necessario di maturazione” e “cinque anni di partecipazione istituzionale, per poi congedarlo dopo altri cinque anni, è un’idea semplicemente delirante”, ne consegue che per avere un buon politico, trattandosi di un mestiere come un’altro, occorre formarlo in tempi lunghi e rassegnarsi all’idea di tenerselo per un tempo indefinito, mettendo in conto che dopo tanti anni di onorata carriera, non sapendo cos’altro fare per sbarcare il lunario, chiunque, prima o poi, anche il più disinteressato, metterà la conservazione del posto di lavoro in cima alle sue priorità.
    3) “Non basta che Di Maio o Di Battista non facciano peggio di Alfano o Del Rio: devono fare di meglio e di molto meglio”: anche qui, approvo convinto senza se se senza ma; tuttavia, come ho detto, sono fiducioso.
    Rilevo infine una certa confusione, per lo meno a me pare tale, nel considerare quasi sinonimi i termini “politico” e “amministratore della cosa pubblica”; per come la vedo io, il politico è come un imprenditore: deve avere amore ed entusiasmo e, soprattutto, sapersi scegliere i migliori collaboratori, che saranno poi coloro che che opereranno, cioè amministreranno. Ma forse semplifico troppo.

    • Che ne pensa “dell’esimente politica” in questioni di danno erariale?
      Ci sono parallelismi con l’accountability fiscale nell’imprenditoria?

        • @Allora ditelo.
          Conoscendo qualcosina del settore, i permetto di risponderti.
          Come vivevano gli amministratori locali quando la responsabilità amministrativa era intesa in senso formale e a livello locale politica e amministrazione era in capo agli stessi soggetti?
          Siamo in mano ad una massa di incompetenti .. e non resta che prenderne atto e trattarli come tali.
          Ci sarebbe da aprire il discorso sulle professionalità nella corte dei conti … ma questo ci porterebbe lontano dal topic.

          • @Gaz
            «Faresti amministrare i tuoi beni da un amministratore che nel passato non ha dato prove di capacità, che addirittura si è reso responsabile di gravi fatti di cattiva gestione?raquo; —
            Amministratori pubblici condannati dalla Corte dei conti, che fare’

            Se non erro il danno erariale non è ancora stato incluso tra le cause di ineleggibilità.

            Eleggere un “non addetto ai lavori” che non sia responsabile “amministrativamente” di salvaguardare l’interesse collettivo da danno erariale, implicherebbe che alcune funzioni cruciali siano fuori il già labile controllo elettorale.

            Un po’ come la questione del limite di mandato ove si generassero consulenti non elettivi permanenti (ed esperti) e mutassero solo i “nomi politici” inesperti da consigliare.

          • @ Allora ditelo.
            Un atleta si prepara per gareggiare. Perchè in politica non vale la stessa regola?
            Il problema non è a valle: quando si sanziona il sistema ha fallito. E’ semmai a monte che bisogna curare la cultura politica e amministrativa di un ceto che attualmente è a dir poco criticabile.
            Il mercato, il supermercato, la borsa e (l’assucurazione sulla) morte non sono luoghi di cultura politica. Prima di tutto viene la Politica.

          • «Il problema non è a valle: quando si sanziona il sistema ha fallito. » —
            @Gaz

            Non è che la “prevenzione” costituisca un argomentazione solida a sfavore di altri approcci complementari.

            O crede che si faccia una campagna vaccinale e poi se qualcuno si ammala si dica: il suo sistema ha già fallito, che dunque riposi in pace.

            Se Cetrio non si ammala mai ce l’avrà di ferro il sistema immunitario, a furia d infezioni. 😛

          • 🙂 Quisque suo. Che i magistrati facciano i magistrati e i politici facciano i politici.
            Di fulgidi esempi di magistrati passati alla politica, non ne ricordo, anzi …

          • Dunque, rebus sic stantibus, il sistema non può limitarsi al solo livello culturale, ma deve tutelare gli interessi collettivi agendo su più livelli, sia a monte che a valle migliorando requisiti di candidabilità come la Costituzione concede.

            Ed il danno erariale non può essere ignorato.

  • se il politico deve essere considerato un professionista dovrebbe anche essere inquadrato nell’ordinamento giuridico per quanto riguarda la responsabilità civile Invece sembra che il politico sfugga come una biscia a qualsiasi tipo di definizione e non sembra avere alcuna responsabilità tra quel che dice e quel che fa

    • Mooolto giusto.
      Ed infatti non è per caso che nel M5S gli eletti a cariche pubbliche sono chiamati portavoce, cioè persone che rappresentano chi li ha eletti nelle istituzioni. e sono tenuti a parlare a suo nome in coerenza a quanto dichiarato in campagna elettorale ed a quelli che sono i principi del Movimento.
      Da noi, viceversa, grazie alla pervasività dei partiti, complice l’art. 67 della Costituzione, interpretato in senso letterale senza tenere in alcun conto l’autentico spirito che l’ebbe ispirato, il politico è colui che porta avanti gli interessi, nell’ordine, suoi personali, della sua corrente politica e, in prossimità di elezioni, dei vertici del suo partito (se non vuole rischiare di non essere espunto dalla lista dei papabili).
      Null’altro gli viene richiesto e di null’altro è ritenuto responsabile.
      Inoltre, non essendoci vincoli di mandato e limiti di tempo allo svolgimento dell’attività di politico, coloro che meglio interpretano il ruolo nel rispetto di quelle regole, più a lungo sono impegnati e più divengono inamovibili, in quanto garanzia di fedeltà e continuità.

      • Se crede di interpretare “l’autentico spirito” della Costituzione ricordi che per decerebrare la deliberazione parlamentare sarebbe bastato mandare in Parlamento solo i segretari con voto plurimo proporzionale ai consensi elettorali ed anche in quel caso avrebbero potuto fare il c. loro.

        L’art 67 NON è stato interpretato in senso letterale ma è stato ammorbidito sfruttando la terra franca dell’autodichia parlamentare ed altri meccanismi di “persuasione”

        https://en.wikipedia.org/wiki/Deliberative_democracy#Cohen.27s_outline
        https://en.wikipedia.org/wiki/Groupthink#Prevention
        https://en.wikipedia.org/wiki/Condorcet's_jury_theorem

        • “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
          Più semplice e chiaro di così….: 16 parole che riassumono un mondo.
          Quale mondo?
          Non ho evidenza di cosa passasse nella testa dei Costituenti e quali erano le intenzioni di ciascuno di loro al momento di approvare questo articolo.
          Sono però convinto che non hanno voluto coartare il libero arbitrio del parlamentare, ma neppure immaginavano un emiciclo in cui, durante i primi due anni nella medesima legislatura, più della metà dei parlamentari cambiasse schieramento, addirittura passando dalla destra alla sinistra e viceversa, indifferentemente.
          Ma forse Lei pensa che intendessero tutelare anche queste che io definisco storture.

          • SE l’art 67 Cost fosse stato interpretato alla lettera (come Lei sosteneva) non ci sarebbe stato “trasformismo” né quella che gli inglesi chiamano FRUSTA (quella usata sui cani)
            https://en.wikipedia.org/wiki/Whip_(politics)

            Negare totalmente l’art67 Cost. peggiorerebbe ulteriormente la situazione che lei lo creda o no.

            Ci sono evidenze che quanto fosse inteso sia l’opposto di quanto certi interessi intendono realizzare oggi (le tesi che ripete sono state diffuse dai MEDIA per anni)

            Ci sono tre articoli in fila sul tema qualora interessasse perché fosse necessario il rispetto di tale articolo.

            C’è inoltre un argomento per assurdo che parte dal presupposto che si intendesse che parlamentari non dovessero essere dotati di autonomia decisionale ma dovessero essere cloni decerebrati dei Segretari custodi del Sacro programma.

            La moda malsana di interpretare i consensi come se fossero “proprietà” di BRAND-manager col potere di derogare al 67 Cost. è stortura che i Costituenti non intendevano avvallare

            Se vuole le reperirò (con link) tra i verbali della costituente qualche affermazione che mostri che non avessero il desidero di fare del parlamento un luogo pieno di lacché di partito.

            Persino esaminando la questione del trasformismo e tenendo conto che questo sia cresciuto a dismisura nel corso delle variazioni tipiche della II Repubblica, potrebbe desumere che sia stato un fenomeno incentivato da distorsioni del progetto veteroscostituzionale anche in riferimento alle peculiarità con cui è stato ammorbidito il 67 Cost.

            Col proporzionale il trasformismo non aveva ragione di esistere, perché non esistendo soglie elettorali elevate la riconferma (anche da indipendente) dipendeva essenzialmente dagli elettori (40000-80000 elettori avevano l potere di decidere se l’operato di un parlamentare potesse continuare senza necessitare l’approvazione di chicchessia)

            Con la II repubblica le uniche “tesi consentite” ai parlamentari sarebbero proprio quelle a discrezione dei “BRAND.manager capibastone” a cui è dato il potere di censura politica in uno spazio politico alienato a migliaia di elettori.

            E giacché in politica non ci sono PAPI capaci di consultare in ogni momento la volontà degli elettori come se fosse disceso lo “spirito santo”, si praticano disinvoltamente censure alimentando l’illusione i capibastone esprimano realmente il volere dell’elettore.

            In realtà si vuole limitare il controllo dell’elettore che non è tenuto a subire un programma ma dovrebbe essere MOTORE DI TRASFORMAZIONE e ci sono sistemi elettorali che rendono la linea elettorale malleabile dall’elettorato a seconda dei candidati scelti.

            http://blogs.lse.ac.uk/politicsandpolicy/the-effect-of-changing-the-electoral-system-in-european-parliament-elections/

          • Un altro dettaglio:

            Interpretare il “programma” come un contratto è contro l’art 67 (quello che ritiene interpretato alla lettera)

            Solo nel contesto della deliberazione parlamentare (in una assemblea realmente rappresentativa) si può aspirare di rappresentare la Nazione, dunque pervenendo ad un consenso collegiale sovraordinato alla parti.

            Quello che dovrebbe essere concesso di scegliere (perché non lo è) sono le tesi che debbano essere poste in Parlamento anche se in alcuni punti difformi dal “programma” e (col voto di preferenza) anche le persone più idonee a sostenerle.

            Impedire la frammentazione partitica è semplicemente censura con la quale si impedisce che nel Parlamento siano presenti raggruppamenti di tesi politiche su vari temi per il solo fatto che specifiche “combinazioni” siano portate da gruppi minoritari.

            Poiché le leggi si varano tema per tema la censura politica preventiva di piccoli gruppi può distorcere il risultato legislativo (specie se cumulativamente equiparabili ai livelli dell’astensione odierna)

          • Non ho parlato di abolizione dell’art. 67, argomento sul quale peraltro si potrebbe anche discutere, se non per abolirlo del tutto, almeno per prevedere alcune specificità.
            Ho solo fatto riferimento all’interpretazione comune che si da’ al testo, cioè che nell’attività politica il parlamentare non deve essere aver limitazione alcuna che sia contraria al proprio libero convincimento.
            Ma insisto nel convincimento che i Costituenti volessero salvaguardare (come mi pare giusto!), quei parlamentari colpiti da pochi ed eccezionali casi di coscienza originati per lo più da possibili derive programmatiche del partito per il quale erano stati eletti. Certo non contemplavano il mercato delle vacche attuale.

          • Lei insiste su una cosa che aveva detto di non riuscire ad immaginare, anche dopo aver visionato parte dei verbali della Costituente.

            Però usare eufemismi per minimizzare la sua volontà di incidere ulteriormente sulla natura dell’art 67, mai veramente rispettata in questo paese, non cambia la sostanza delle sue intenzioni.

            Sottrarre il deputato alla rappresentanza di interessi particolari significa che esso non rappresenta il suo partito

            Un parlamentare che non rappresenta il partito non potrebbe “trasformarsi”.

            Il giudizio sull’operato dei parlamentari, in un sistema elettorale realmente equo, spetterebbe agli elettori.

            Solo quel giudizio potrebbe stabilire chi abbia fatto il “mercato delle vacche” (per es. tra chi espelle e chi fuoriesce) ed in tal caso nessuno potrà ragionare artificiosamente come se fosse esistito un “pensiero unico” tra gli elettori (come da groupthink) .

            il “mercato delle vacche” lo attua anche una ulteriore (perché già non rispettato alla lettera) manipolazione lesiva di tale principio costituzionale perché il potenziale di abuso è probabilmente maggiore di quanto la propaganda (con la comparsa del fenomeno alla II repubblica) proponga “nell’interesse degli elettori”.

            L’intenzione è sempre stata decerebrare la deliberazione SENZA renderlo esplicito in modo palese come nell’argomento per assurdo precedentemente menzionato: trasformando il parlamento in un direttorio di segretari che sarebbero gli unici legittimati a decidere.

            Tripartitismo = tre segretari eniente “trasformismo” (che sarebbe impossibile per architettura istituzionale)

            Ovviamente i segretari poi potrebbero assumere con contatto privato un certo numero di lacché (pagati anche a voucher) a cui delegare determinate attività con mandato imperativo.

            I risparmi ci sarebbero e si metterebbe fine alle ipocrisie perché anche in quel caso si dovrebbe scegliere tra un proporzionale (puro) che non ostacoli la frammentazione politica ed un maggioritario che riduca ulteriormente le opzioni (non marcherebbe chi invocherebbe TRIUMVIRATO per l’appeal storico dell’antica roma).

  • ACME NEWS
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    • francesco cimino

      io mi precipito, per vedere l’effetto che fa. Ho solo un dubbio. Non resisto alle lunghe riunioni, quelle dove parlano molte persone, dopo un’ora comincio a sentirmi privo di risorse mentali e pessimista verso l’umano genere. Potrò mai fare il politico? ma poi, alle lunghe riunioni, i politici davvero ascoltano gli altri o fanno finta?

  • Quella dei 5S di avere un ceto politico dilettantesco e transeunte è un’idea che non consente di affrontare di petto i tanti problemi che abbiamo.
    Mi guardo bene dal dire che è la stessa cosa, ma quanto agli effetti è identica a quelle bande di assassini che negli anni settanta e ottanta hanno eliminato manu militari una classe politica, di cui Moro è stata la mente più lucida, per far prendere all’Italia una strada diversa.

  • La Seconda Repubblica è figlia della rivoluzione neoconservatrice. In effetti, il testo di Fukuyama è stato letto poco e capito anche meno.
    A cosa serve mettere al governo politici preparati e formati, quando il mercato è in grado di allocare le risorse più efficacemente, velocemente, razionalmente. Basta metterci dei politici che assecondino il mercato e tutto andrà per il meglio.
    E, infatti, questa è anche l’idea politica che muove la Casaleggio & associati: metterci chiunque arrivi da ovunque, purché si dimostri un pupazzo ubbidiente (meglio ancora se poco competente).

      • Tenerone Dolcissimo

        Per onestà intellettuale si dovrebbe anche riferire che spesso quel che viene contrabbandato come mercato col mercato vero nulla ha a che vedere.
        Quando si tenta di indebolire un paese per depredarlo delle proprie ricchezze e mettere le mani su aziende produttive, questo si chiama MAFIA
        Quando si tenta di indebolire un paese per depredarlo delle proprie ricchezze mettendo l’imposta patrimoniale per poi trasferire i proventi a entità sovranazionali molto umbratili, questo si chiama GUERRA
        Quindi, diamo a Cesira quel che è di Cesira

        • A quanto mi è dato capire la rivoluzione dei prezzi del s.XVI è stata spiegata con un’inflazione da espansione della base monetaria o un livello produttivo lievemente sottodimensionato rispetto all’incremento della popolazione.

          Se non erro, la sanità assicurativa-privata americana è invece un esempio di fallimento di mercato con un’inflazione diproporzionale (rispetto ad altri settori) presumibilmente dovuta alla domanda inelastica (di cure mediche).

          Notizie di medicinali con aumenti del 1000% con tanto di dichiarazioni ufficiali che sottolineano che i prezzi sarebbero assorbiti dalle polizie assicurative e non sarebbero stati pagati in contanti dai pazienti illustrano perfettamente il concetto.

          • Mi permetto di ricordarla che il livello generale dei prezzi dipende anche, in non poca misura, della velocità di circolazione della moneta, direttamente collegata al numero di transazioni (nel s.XVI ad esempio non c’era l’internet). D’altra parte, non so di sicuro se a quei tempi esistesse il concetto fiscale di denaro sporco, perlomeno come viene definito oggigiorno, ma do por scontato che viene considerato nel argomento.

          • La teoria quantitativa è stata infatti formulata intorno al s.XVI nell’ambito della Scuola di Salamanca, il che costituisce, a detta di Schumpeter, la nascita dell’economia come scienza.

            https://it.wikipedia.org/wiki/Mart%C3%ADn_de_Azpilcueta

            Non intendevo certo fare nessun paragone tra modelli irriducibili, soltanto sottolineare che la validità dell’analisi di qualsiasi processo, anche inflazionistico, dipende in larga misura dalla scelta di variabili rilevanti, a parità di altre condizioni.

            Del resto, la mia passione per Platone è, come si conviene, puramente platonica e ritengo anche che non fai mai male certo ossequio, ancor meno nell’esercizio di faccenda così delicata com’è l’ostetricia (sia pure mentale), sempre all’azzardo di tanti imponderabili talvolta fatali, ma ciò non sembra essere il caso… 🙂

  • Condivido l’analisi, ma credo che fra le cause del notevole divario fra questa classe politica e quella della Prima Repubblica vi sia sopratutto la perdita di rilevanza di Parlamento e Governo, ridotti ormai a meri esecutori delle politiche dettate dalla Commisione europea e dalla BCE. Da anni il Parlamento non conta più nulla, mentre lo stesso Governo viene giudicato essenzialmente per il grado di efficacia e tempestività con il quale adotta i provvedimenti imposti dalla Unione europea. Non a caso Berlusconi è stato sfiduciato dall’Europa (mediante artificiose manovre sullo spread) proprio per la lentezza con la quale si muoveva sulle famose ‘riforme’. I margini di manovra del ministro dell’economia si riducono alla negoziazione sui tempi della prossima manovra (aprile o ottobre), ma per il resto ci sono il fiscal compact, il limite del 3% del deficit, insomma c’è il noto pilota automatico spesso citato da Draghi. E anche la politica estera viene sostanzialmente decisa a Bruxelles, sicchè cambia poco se a fare il ministro ci sia Alfano o Mario Rossi. Nel momento in cui si rinuncia alla sovranità, il ceto politico perde ogni reale funzione decisionale, e i suoi rappresentanti cercano disperatamente una sopravvivenza, fra comparsate televisive e interventi sui social, consapevoli che ormai i contenuti politici non contano più nulla, mentre la presenza mediatica è ultima risorsa su cui possono contare.

  • Verissimo. Da incorniciare.
    Per una volta vorrei spezzare una lancia a favore del M5S che nel suo sito Rousseau ha iniziato un corso di eLearning:
    “E-learning è un supporto a chi per la prima volta entra in una istituzione per fornirgli indicazioni su come operare. Ad esempio, sul funzionamento di una commissione parlamentare o di un consiglio regionale.”

    https://rousseau.movimento5stelle.it/elearning_course.php?id=1

    Troppo poco, sicuramente. Troppo tardi, anche. Però meglio che niente e può sempre crescere. Se si vuole seguire la via della Democrazia partecipativa ci vuole un’educazione di chi partecipa.

  • Tenerone Dolcissimo

    Che significa che il sistema maggioritario ha rovinato la classe politica? Quando c’era l uninominale la seconda repubblica ha prodotto un personale egregio: in FI per esempio sono entrati Martino e Vertone, persone di elevata levatura.
    Pi l uninominale ha lasciato il campo ai listoni bloccati che sono anche essi maggioritario ma ben diversi dall’uninominale. E con i listoni è arrivato il casino.

    • Non saprei che dire a coloro che così entusiasticamente consiglierebbero un sistema per cui un cittadino debba rinunciare ad una possibilità di rappresentanza proporzionale verso una in cui una parte rilevante della popolazione è privata della possibilità di determinare quali rappresentanti debbano contribuire alla determinazione della politica nazionale.

      L’uninominale è una lista bloccata con una sola persona: In ogni circoscrizione con l’uninominale secco è certo che più della metà non sceglierà un beneamato pilu.

      Il torto più grande però è quelli dare in mano il Paese ad una fazione che abbia a stento il 35% del dei votanti (in presenza di rilevante astensione come in Inghilterra).

      Normative nate da un sostegno effettivo tra parti politiche rappresentative sono idonee a creare una “reale stabilità” ed evitare la la compulsione a “cambiare verso” alle normative ad ogni legislatura.

      Per non parlare delle altre peculiarità come il gerrymandering, l’incremento del”astensione oppure il fatto che favorisca posizioni di rendita a vantaggio di alcuni gruppi con un CALO PROPROZIONALE delle poltrone rispetto ai consensi.

      PS: Nel caso si voglia cambiare argomento sarebbe gradito un suggerimento su quali liberali accetterebbero un incremento della tassazione a svantaggio dei prodotti commerciali meno diffusi per diminuire la tassazione solo ad alcune aziende di maggioranza relativa sul mercato (per continuare poi a discettare di concorrenza).

      • Tenerone Dolcissimo

        Infatti, in un paese come il nostro l’uninominale all’inglese non funziona. Occorre quello alla francese a due turni.
        Inoltre, Lei non considera che l’uninominale consentirebbe la candidatura di cani sciolti figli di nessuno.

        • L’articolo 3 della Costituzione tra le altre cose dispone che si rimuovano gli ostacoli nella partecipazione all’organizzazione politica.

          Il maggioritario uninominale è fuffa antica con cui si lede il diritto di rappresentanza distraendo l’attenzione da fatti sostanziali come nei giochi di prestigio.

          Il doppio turno non eliminerebbe il “voto non rappresentato” in ogni circoscrizione, per cui una moltitudine di cittadini che col proporzionale (e voto di preferenza) avrebbe avuto la possibilità di eleggere un candidato si vedrebbe turlupinata di questa possibilità.

          Nel 1946 il partito di Piero Calamandrei (padre costituente) ebbe poco più dell’1,45% (e 7 eletti ed una media di 60000 voti ciascuno), , se non erro.

          Non riesco a capire come qualcuno possa rinunciare ad un diritto concreto per creare maggioranze non fondate su un effettivo consenso maggioritario (in più incentivando l’astensione).

          Una falsa maggioranza non è realmente in grado di varare normative che sopravvivano alla propria legislatura proprio perché ha l’opportunità di legiferare ignorando numerose “parti rappresentative” attraverso una forma di censura politica preventiva camuffata da legge elettorale.

      • Tenerone Dolcissimo

        La invito a riflettere su una cosa. Se l’uninominale fosse stato cosi’ funzionale agli interessi dei capibastone come Berlusconi e Renzi, i quali avevano bisogni di controllare i propri parlamentari e consentire l’accesso al parlamento solamente a servi sciocchi e sempre pronti a ubbidire, se l’uninominale fosse quindi una fucina di schiavi pronti a tutto come mai i suddetti capibastone si sarebbero inventati sistemi elettorali basati su listoni bloccati?????

        • Aldo S. Giannuli

          tenerone se mi spiega la differenza fra votare per un solo candidato non modificabile, fra una lista bloccata di 6 candidati o su una ugualmente bloccata di 30 candidati le mando un vassoio di bignè

  • Ed io invece assieme a circa il 25-30% degli Italiani non mi rassegno e continuero a votare M5S fino a quando questo falso dogma non verra’ rimosso dal cervello degli Italiani. Le % di elettori M5S sotto i 30 mi danno la speranza ed anche un po l’arroganza di dire che sono quelli che la pensano come le i che si devono rassegnare.

    Il confronto con la medicina specialistica e di basso livello logico, una cosa rara nei suoi articoli . La differenziazione tra politici di prima e seconda repubblica e’ equalmente deludente specialmente per uno che come me viene da un posto dove i politici preparati ed esperti si chiamavano Lima e Ciancimino.

    • a parte la banalità su Lima e ciancimino che faccio conto di non aver letto. Ti spiace spiegarmi perchè il paragone con la medicina ti sembra di basso livello? Forse la politiva ti sembra più semplice?

      • Basso livello in termini di dimostrazione logica in quanto equipara una disciplina specialistica con una generalista. Non credo ci sia bisogno di un decennio di studi specialistici e di migliaia di ore di pratica clinica per contribuire alla definizione e all’ implementazione, (nel caso dei rappresentanti eletti), di programmi di amministrazione locale o di politiche nazionali/europee.

        Un bagaglio culturale di un certo spessore quello si, magari accompagnato da passione civica e dalla voglia di contribuire al miglioramento della societa’.

        Ammetto che il riferimento a Lima e Ciancimino fosse un po’ estremo ma era per evidenziare che il controllo del potere politico non puo’ che attrarre il peggio della feccia per cui visto la bassissima resistenza immunitaria ( per non dire diffusa connivenza) della societa Italiana alla corruzione, la regola massimalista di imporre un limite di due mandati o 10 anni come rappresentante eletto ad ogni livello politico/ amministrativo rappresenta per me (e per tanti altri) non solo l’unica soluzione ma anche il fattore determinante nella scelta del M5S nonostante le tante contraddizioni che lei tanto bene evidenzia nei suoi articoli

        Le propongo allora come esempio opposto la figura di Rosario Crocetta, una persona che quando si impose nello scenario politico ha rappresentato per tanti siciliani di sinistra come me la speranza di una politica nuova. Con l’imposizione di un limite massimo dei due mandati la sua esperienza politica al termine del difficilissimo compito come sindaco di Gela sarebbe stato un esempio di societa’ civile che finalmente alza la testa. Invece quell’esperienza e’ stata offuscata in parte dai compromessi fatti negli ultimi 5 anni per rimanere attacato al potere e da quelli che continuera’ a fare vista l’intenzione di ricandidarsi.

        Visto che sono emigrato da circa venti anni non potro’ votare ma se potessi non avrei dubbi nel scegliere il geometra Giancarlo Cancelleri

        Best Regards

        • Aldo S. Giannuli

          Lei è di una innocenza culturale disarmante. La politicaè una materia generalista? Non c’è bisogno di una preparazione specifica per la politica internazionale? Ma cosa dice? Io poi non dico che civogliano decenni di studio, ma di una preparazione specifica fatta in parte a monte ma in gran parte nella pratica politica. Le verrebbe mai in testa di dire che l’economia non abbia bisogno di una preparazione specifica? Cpollegare il cervello prima di azionalre la tastiera

          • Riguardo all’economia diceva Joan Robinson che il fine dello studio dell’economia non è acquisire una serie di soluzioni bell’e pronte per i problemi economici, ma imparare a non lasciarsi ingannare dagli economisti, allora…

          • Visto che cita la politica internazonale, le rispondo dicendo che ho avuto il piacere di conoscere la hostess di compagnia aerea Maria Edera Spadoni di cui le suggerisco di leggere/guardare gli interventi fatti in materia di trasparenza negli aiuti allo sviluppo internazionale.

            Oppure rimanendo nel suo campo le dico che la mia innocenza culturale mi porta ad avere piena fiducia nelle capacita’dell ispettore tecnico assicurativo Danilo Toninelli.

            E se potessi ….. voterei il geometra Cancelleri

            Alla fine saranno quelli come lei a rassegnarsi o magari ad accettare l’evidenza

            Best Regards

          • Aldo S. Giannuli

            secondo lei l’analisi, peraltro meritoria, degli aiuti internazionali sono una linea di politica estera? Guardi che poi al potere ci può andare anche uno come Salvini ma bisogna vedere cosa combina. Mi stia a sentorre legga qualche buon testo su cosa è la politica di cui lei non ha la più pallida idea

  • Salve Proff…è uno stimolante piacere dialogare con lei…
    La sua risposta è, in un ottica da “Scienze Politiche”, ineccepibile.
    Ed è pure indubbio che un politico si giudica dai fatti, cioe’ da come propone soluzioni e risolve i problemi, il resto è propaganda.
    Abbiamo esempi nella storia di “principianti” che hanno cambiato la politica, o che vale la pena ricordare? Decisamente NO. Dai rivoluzionari alla Fidel Castro agli ultraconservatori alla Bush, passando per Kennedy, Mao, Peron, Moro, Koll, Andreotti, de Gaulle, Roosvelt, Putin, Eltsin, Gorbaciov, Lula, Chavez (giusto per rimanere negli ultimi 60 anni)….tutti leader e politici di razza (intesa come gente istruita, iniziati alla politica da giovanissimi, spesso con carriere militari o da guerriero alle spalle, ideologicamente formati, con forte carisma).
    Se ne deduce che un bravo o grande politico debba avere un retro-bagaglio culturale e ideologico (oltre che esperienzale) ben solido per poter aspirare a cariche importanti. Dunque l’analisi del proff. Giannulli sembra fondata.
    Peraltro mi mette a disagio il suo paragonare il mestiere di politico a quello di altri mestieri. Oserei dire un azzardo. Qualsiasi mestiere ha come fine quello di fare le cose (cotruire una casa, difendere un imputato in tribunale, curare un malato, servire un gelato, coltivare la terra), la Politica è l’unico mestiere tra tutti che invece decide se, quando e come farle. Se un bravissimo chirurgo dopo il suo lavoro va a fare orgie senza limiti in qualche privè, sono fatti suoi. Se lo fa un politico è la fine della sua carriera (Chiedete a Marrazzo). Se il mio ottico dopo il lavoro partecipa a messe nere in suffragio di satana, chi se ne frega. Se lo fa il mio Presidente del Consiglio, mi preoccupo un pò (vedete cosa succede in korea). Io penso che dovremmo fermarci un attimo e definire bene cosa vuol dire Politico, i suoi doveri e privilegi, i suoi limiti, i suoi diritti. Una carriera che possibilmente non sia a vita ma neanche limitata a 4 anni di mandato. Che abbia un congruo stipendio ma niente vitalizi o privilegi “medievali”. E’ difficile trovare una “formula” ideale.
    Per quanto riguarda i cinque stelle (dato che, gira è rigira, l'”anomalia” che fa saltare tutto e ci fa parlare di questi argomenti sono loro) mi permetta di contraddirla sulla loro immaturità politica. I ragazzi di Grillo hanno avuto uno strabiliante e rapidissimo successo elettorale che forse li ha presi in controtempo. Ma stanno facendo la loro gavetta. Imparano. Si prendono le loro bastonate sui denti. Ed imparano. Sfido chiunque a passare un anno sotto i “bombardamenti” come lo ha passato la Raggi. Roba da esaurimento nervoso. Eppure è ancora la. E ha fatto un primo goal, con la storia dello stadio dando l’autorizazzione ma pretendendo un ridimensionamento delle cubature e del progetto ora più ECO. Dimostrando che non è necessario genuflettersi davanti a finanzieri e costruttori come fanno gli altri politici, ma affrontarli sul merito per raggiungere un obbiettivo comune.
    Questa si che è Politica!
    Grazie.

    • francesco cimino

      ” la retorica è l’arte della persuasione, la strategia militare è l’arte dell’usare la forza…e quell’arte che decide quando usare la persuasione e quando la forza, come la chiameremo?
      questo non sarà altro, a mio avviso, che il mestiere del politico” ( Platone, “Politico” )
      il che concorda con quanto scrivi sulla natura particolare della politica, mentre suscita un interrogativo sui militari o ex militari in politica. Di per sé, la loro attività non dovrebbe predisporre alla politica, a meno che non la sappiano e possano svolgere considerando gli aspetti “politici” della guerra…più in generale, la predisposizione alla politica che possono o non possono avere gli alti funzionari pubblici sarebbe un bel tema

  • Osservazioni interessanti (anche se un po’ prolisse) sotto il profilo strutturale.

    Esiste poi il versante storico, e questo ci insegna che un ceto politico è il riflesso della società che lo esprime. Se dalle istruzioni operative impartite ai 5S passiamo al piano storiografico dobbiamo chiederci perché la seconda repubblica abbia espresso classi dirigenziali di così basso livello; e la risposta potrebbe indurci a dubitare che i nuovi arrivati riescano ad esprimerne di migliori.

    E’ pensabile (lascio perdere la prosecuzione: pensabile e desiderabile) che le plutocrazie riescano ad emendarsi dal proprio interno?

    • Forse bisognerebbe non dare per scontato che il ceto politico della Prima Repubblica fosse compattamente di livello così eccelso. Qualcuno forse, ma non sufficiente ad elevare tutta la categoria.
      E poi, se davvero quei politici sono stati di così alto livello, considerato il livello medio culturale e di istruzione del popolo italiano di quegli anni, non certo eccezionale, entrerebbe in contraddizione con l’osservazione che il “ceto politico è il riflesso della società che lo esprime”.

      • Il livello di un ceto politico tende ad essere inversamente (non direttamente) proporzionale ai livelli d’istruzione dell’elettorato che lo esprime. Coll’istruzione sale il livello di consapevolezza e quindi tendono a disgregarsi i “pregiudizi utili” (de Maistre), le regole del vivere sociale, su cui si fonda qualsiasi società organizzata.

        Ogni civiltà fiorisce come Kultur e muore come Zivilisation.

        • Se fosse davvero così, allora l’Italia sarebbe piena di geniacci.
          Purtroppo, invece, c’è talmente tanta ignoranza e scarsa cultura in giro, che la situazione paradossalmente è paragonabile a quella degli anni ’60 del secolo scorso.
          A quanto pare, siamo pieni di scrittori, ma i lettori diminuiscono di giorno in giorno: e le librerie chiudono.

  • O.T.
    Non ci posso credere ! Niente poco di meno che il ministro che va a negoziare la Brexit, David Davis, conferma quanto pensa Gaz.
    Le parole più usate in questi giorni per la Brexit sono a bit (fare un tenetativo) e bluff, che non ha bisogno di speigazioni.
    Theresa May ha fatto trapelare la notizia secondo cui avrebbe chiesto ai suoi ministri di preparare i piani per una uscita dalla EU in contrasto. Si tratta di grandi spot commerciali sul sistema paese.
    Una fonte interna anonima ha dichiarato “It’s going to be a very intense two year game of bluff.” (ci si avvia a due anni di continui bluff), ovviamente per ottenere clausole a loro favore, facendo balenare l’importanza del surplus commerciale verso la Gran Bretagna.
    In altri termini ci stanno dicendo che il piano A è tutt’ora segreto e che stanno negoziando sotto banco, onde tirare a fregare il prossimo.
    P.s. Quella del surplus commerciale fa sorridere: se vogliono inserirlo nei negoziati, gli si può rispondere che sono liberi di farlo aumentare …

  • Meglio un competente Di Battista che un incompetente Alfano.
    Non ci sarebbe un modo per avere la botte piena e la moglie ubriaca?

    Da Treccani:
    specialismo s. m. [der. di speciale, prob. sul modello dell’ingl. specialism]. – Concentrazione dei proprî interessi e delle proprie attività su un ristretto ambito, spec. di ricerca e di studio; anche, area specializzata di conoscenze teoriche o tecnico-professionali; il termine è entrato in uso, per lo più con riferimento al mondo accademico, per connotare, in genere polemicamente (rispetto al più neutro specializzazione), l’eccessiva tendenza a specializzarsi e la conseguente parcellizzazione delle competenze in campo scientifico.

    E aggiungo io che “Un essere umano deve essere in grado di cambiare un pannolino, pianificare un’invasione, macellare un maiale, guidare una nave, progettare un edificio, scrivere un sonetto, tenere la contabilità, costruire un muro, aggiustare un osso rotto, confortare i moribondi, prendere ordini, dare ordini, collaborare, agire da solo, risolvere equazioni, analizzare un problema nuovo, raccogliere il letame, programmare un computer, cucinare un pasto saporito, battersi con efficienza, morire valorosamente. La specializzazione va bene per gli insetti.”

    E questo riporta il problema: appurato che nessun partito in Italia ha formato una classe politica decente come fare a formarla? E se io volessi fare il politico con un mio partito come dovrei fare a formarmi? Davvero me la cavo con quattro dispense di scienze politiche, un manualetto di sindaco/parlamentare e poi tante nuove esperienze sul campo? E chi lo dice che sono preparato? un cittadino che non ha neanche la più pallida idea di cosa vuol dire essere preparato??

    Io mi accontenterei di politici che non facciano peggio di quelli precedenti (meglio ancora che non facciano proprio nulla) ma questo forse dipende dalla mia percezione di politica troppo plutocratica.

  • francesco cimino

    Tutto vero, solo che i critici del politico di professione continueranno a replicare che tale soggetto sarà propenso a qualsiasi inganno e poco pulita manovra pur di conservare una carica.
    Per accontentarli e per non perdere il brivido dell’imprevisto, propongo: sorteggiamo parte dei deputati. Il sorteggio evita la rigida contrapposizione in partiti, che spesso induce a rifiutare una proposta per pura faziosità. Il sorteggio offre una possibilità a tutti e, per la legge dei grandi numeri, alla lunga fa in modo che le varie categorie della popolazione siano rappresentate in modo più o meno proporzionale al loro peso percentuale. Il sorteggio ha un’illustre storia, nelle repubbliche di Atene, Venezia e così via. Il sorteggio libera dall’eccessivo peso di fatali scelte, alleggerendo la tensione.
    Ci vogliamo pensare?

    • francesco cimino

      ( contrapposizione “tra” partiti )
      anche gli aristocratici di un tempo, con le loro belle rendite che consentivano di dedicarsi alla politica senza esser troppo attaccati alla carica, non erano male come soluzione. Ma oggi, dove li trovi dei colti e disnteressati rentier, per di più tollerabili agli occhi del demos? Si vedono in giro solo meschini affaristi, gente con la mania dell’esaltazione del presunto “lavoro produttivo”…quante vacanze si concedeva Otto von Bismarck? Più di quelle degli attuali governanti, sospetto. e magari anche per questo ragionava meglio.

    • Nonostante la demarchia sia stata proposta astrattamente sulla base argomenti razionali il sorteggio è il metodo di selezione più opaco che esista: essendo imputato al caso bisogna essere molto dettagliati sull’implementazione per fugare il rischio di brogli altrimenti si ritroverebbe tra le mani una strada creativa verso la dittatura.

  • Tenerone Dolcissimo

    Caro Giannuli, prima di tutto mi sembra che ci davamo del tu. Continuiamo? Allora…..
    —-
    “guardi che l’uninominale a due turni è stato sperimentato in Italia e senza grandi risultati”
    Non ne ero a conoscenza. Io ricordo solamente l’uninominale degli anni 90 che era a un turno. Se mi sono perso qualcosa dimmelo.
    —-
    “tenerone se mi spiega la differenza fra votare per un solo candidato non modificabile, fra una lista bloccata di 6 candidati o su una ugualmente bloccata di 30 candidati le mando un vassoio di bignè”
    1) con l’uninominale scegli fra Barabba e Gesu’ che sono persone concrete. Coi listoni si vota un partito.
    2) Coi listoni non si sceglie. Anche se si ricorre alle preferenze non cambia molto: se un candidato naif viene eletto a scapito di un notabile poco dopo il naif si dimette e diventa presidente di un ente pubblico lasciando il posto in parlamento al notabile. Con l’uninominale tu scegli Gesu’ e se Gesu’ viene eletto e si dimette si rifanno le elezioni.
    3) Votando in un collegio molto limitato il candidato uninominale incontra di persona i propri elettori. Se tu Giannuli ti presenti a Sesto san giovanni devi andare casa per casa e presentarti. Coi listoni si vota a livello di provincia come minimo o regione o gruppo di regioni, i candidati perdono il contatto con l’elettorato.
    4) Conseguenza del n. 3): il candidato uninominale si assume la responsabilità personale di quel che fa. Con i listoni tutto si stempera. Se tu ti presenti a Sesto con l’uninominale e prometti guerra a Renzi e poi con Renzi ti ci allei, la volta dopo tornerai a chiedere il voto casa per casa ai compagni di Sesto incazzati come linci siberiane? Se vieni eletto in un listone te ne puoi sbattere dell’opinione dell’elettorato.
    5) Con l’uninominale si presentano anche i casi sciolti. Esempio: tu Giannuli a Sesto sei molto noto per le conferenze che fai al circolo Bakunin. Tutti ti conoscono e ti stimano e ti invitano a presentarti.
    Come prima cosa devi trovare un partito che ti metta in lista. Diciamo che chiedi al PD di candidarti. Per questo ti presenti al Nazareno per impetrare la candidatura. Ovviamente appena entri al nazareno ti riconoscono e avvertono Renzi, il quale memore dei tuoi articoli ordina di sciogliere i cani. Dopo dieci giorni di ospedale, provi con SEL e li’ Vendola si dichiara disposto a candidarti purche’ ti occupi solamente dei diritti dei gay e te ne sbatti degli operai disoccupati: naturalmente tu non sei disposto a fregare gli operai di Sesto i quali hanno capito che dietro questa fiammata di diritti degli omosessuali c’è’ la fregatura ben descritta da Bagnai, il quale dice che la UE ti affama ma ti permette di sposarti col tuo fidanzato gay. Purtroppo -continua Bagnai- anche le nozze gay vengono male se fatte con i fichi secchi.
    A questo punto coi listoni tu rinunci alla candidatura e torni a fare il conferienziere stimato, ma impotente.
    Se c’è l’uninominale tu telefoni a una decina di amici di Sesto che si mettono in moto e ti candidi come indipendente. Certo farai una fatica belluina, ma hai buone possibilità di essere eletto. Con fatica ma eletto. E dopo? Dopo in parlamento potrai unirti a qualche altro cane sciolto magari eletto nelle liste della Lega o Forza Italia, ma che come te vogliono uscire dall’euro. L’asse Trump – Sanders puo’ funzionare anche da noi.
    CONCLUSIONE I listoni sono stati inventati proprio per impedire ai cani sciolti di fare strada e all’elettorato di esprimersi sulla persona, perché con l’uninomnale i compagni di Sesto possono dire: VOGLIAMO GIANNULI E SOLO GIANNULI.

    • Aldo S. Giannuli

      certo continuiamo con il tu, ma un po’ di rimbambimento alle 5 o alle 6 è comprensibile per cui scusami l’errore

      Il tuo ragionamento non farebbe una grinza (ma questo non vuol dire che l’uninominale andrebbe bene) se fossero candidature individuali come era nell’ottocento e non di partito, dove la gente vota i partiti che hanno i loro apparati e tutto il resto. In questo caso non voti affatto la persona, ma il simbolo con quello che la direzione del partito ti manda

      • Tenerone Dolcissimo

        Oh bene un primo risultato lo abbiamo raggiunto: quello di stabilire che maggioritario uninominale e maggioritario a listoni sono profondamente diversi.
        Possono convergere verso un unico risultato ma solo per la forza attrattiva delle grandi organizzazioni partitocratiche che erano tipiche del 900. Certo nell’800, quando quelle grandi organizzazioni non vi erano l’uninominale dispiegava la propria efficacia di dare al cittadino la possibilità di scegliere fra Gesu’ o Barabba, insomma un potere enorme.
        Ma siamo sicuri che quei tempi non possano tornare mutatis mutandis?
        IN PRIMIS Le grandi organizzazioni partitocratiche sono tali solo sulla carta. Non vi è piu’ una organizzazione stabile e finalizzata a penetrare capillarmente nella società. Dove sono le sezioni di base: una per quartiere o al massimo una ogni due o tre quartieri???? Le organizzazioni partitocratiche sono ORA basate sul potere del capo e bastano un paio di Lotti al gabbio e si sciolgono o perlomeno perdono potere.
        Senza contare poi che il substrato ideologico su cui i partiti si basavano è finito in gran parte. Ci sono Sanders che si alleano con Trump anche da noi.
        IN SECUNDIS ti chiedi mai quanto potere ti sta dando questo blog in cambio di spese miserabili? Quanti Giannuli ci sono in Italia noti per le proprie pagine web? Perché secondo te vogliono chiudere i siti di informazione della rete? Hai mai pensato che questa fama così accumulata potrebbe diventare una base di lancio politica senza andare col piattino in una sede di partito?
        Senza contare poi che per la sopra ricordata fine delle ideologie l’elettore cerca qualcuno che abbia un progetto credibile.
        Ti faccio un esempio: se nel mio collegio uninominale ti presentassi tu contro Martino -liberale senza se e senza ma e noto bastonatore della UE- io sicuramente voterei per Martino. Ma se il tuo avversario fosse Tajani -che si proclama liberale anche se non si capisce che liberale possa essere uno che striscia fra le burocrazie UE- non ho remore a dirti che io voterei per te che sei contro l’euro.
        QUINDI PRIMA DI ROTTAMARE L’UNINOMINALE E ANCHE DI CRITICARLO PENSIAMOCI BENE
        MA SOPRATTUTTO FINIAMOLA DI METTERLO ALLA PARI DEI LISTONI CON LA SCUSA CHE SONO MAGGIORITARI ENTRAMBI

        • Aldo S. Giannuli

          non ci siamo capiti: uninominale e listoni non sono affatto diversi se c’è il vincolo di partito, lo sono se negli uninominali ci sono solo candidature indivuduali. Come peraltro sarebbe anche se ci fossero liste bloccate locali non collegate nazionalmente.
          Quanto al potere del blog, sarà ma non è che me ne stia accorgendo granchè personalmente. Mentre riconosco che il fenomeno nel suo complesso ha cambiato la comunicazione politica

          • Tenerone Dolcissimo

            E le candidature individuali possono crescere per i motivi che ho detto.
            Senza contare poi che i partiti un po’ di selezione la devono fare se c’è l uninominale. Un Razzi può anche essere occultato un listone ma prova a mandarlo ad affrontare gli elettori casa per casa. Ai tempi dell’uninominale ricordo che si facevano incontri in cui il candidato affittava una sala e li’ riceveva gli elettori arringando loro a distanza di un metro dalla prima fila.

          • Aldo S. Giannuli

            solo che il mattarellum proibiva candidature fuori partito e nulla impedisce che la nuova legge ripeta il divieto

          • Tenerone Dolcissimo

            Preciso. Certa gente puo’ anche farla franca in TV di fronte a giornalisti servili, ma verrebbe fatta a pezzi da un uditorio di un centinaio di elettori, fra cui7/8 svegli ci sarebbero.
            Esempio: marattin a La7 spadroneggia, ma giorni fa ha fatto un’affermazione inesatta e io gli ho mandato una mail in cui gli ho depilato le chiappe. Pensa ad un comizio di marattin

          • Tenerone Dolcissimo

            Infatti occorre vedere come l’uninominale è fatto. Puo’ essere un sistema libertario o oppressivo.
            I listoni invece sono sempre sempre sempre una schifezza e in questo concordo con te

          • Aldo S. Giannuli

            io non sarei convinto che l’uninominale, anche a candidature singole e non di partito, possa devinirsi libertario.

    • Il fulcro della questione sono le aspettative illusorie generate nei cittadini distraendoli dalle questioni sostanziali.

      Se Tenerone immagina di essere tra il 50% e più di uno in una circoscrizione uninominale nello scegliere il suo candidato non significa possa ignorare nel suo discorso le preferenze elettorali della quota a doppia cifra di cittadini rimanenti.

      I fatti storici e le analisi tecniche mostrano che l’uninominale sia nato per privare milioni di cittadini della possibilità di scegliere persone che possano determinare la politica nazionale.

      Quello che Tenerone non vuole ammettere è che egli voglia negare la possibilità dei cittadini rimanenti (“voto non rappresentato” in ogni circoscrizione nominale) di eleggere candidati che a Lui dispiacciano.

      SI capisce che tra questi ci potrebbero essere anche candidati pessimi ma gli “scarti politici” di Tenerone non necessariamente devono essere pessimi politici.

      Nelle liste aperte l’ordine dei candidati dipende dalle preferenze ed il numero di eletti in una lista dalla cifra elettorale, dunque candidati meno preferiti avrebbero meno possibilità di essere eletti e se qualcun altro li preferisce Tenerone dovrebbe farsene una ragione.

      Ammettendo per ipotesi che candidati pessimi possano eletti comunque, si può desumere che dipenda verosimilmente dalla scarsa disponibilità di alternative (sia all’atto di compilazione della lista e sia tra le liste avversarie).

      Anche in quel caso l’alternativa sarebbe tra il ripiegare su una pessima scelta INVECE di essere totalmente privato di una opportunità rappresentanza.

      Sapendo che i candidati del proporzionale operino localmente (non da meno del candidato “immaginato” vincente nel maggioritario), Tenerone dovrebbe anche immaginare che, nella sua bella circoscrizione uninominale, il candidato che preferisca perda vedendosi negata la possibilità di contribuire alle deliberazioni parlamentari cosa che sarebbe stata possibile ove si fosse usato il proporzionale puro.

      Col proporzionale PURO il candidato ideale di Tenerone potrebbe essere messo in condizione di candidarsi da solo ed essere eletto (con un listone enorme contenente solo il suo nome) qualora un numero sufficiente di cittadini voglia sostenerlo.

      Finiamola di creare confusione e tacere quante persone vengano private della possibilità di scegliere con l’uninominale maggioritario.

      • Come suggerisce Tenerone, con un blog adesso i candidati possono evitare di anare casa per casa (destando sospetti) e rivolgersi a tutti gli elettori di una circoscrizione elettorale in modo da ricevere il consenso di quei 40000 80000 elettori che un tempo erano sufficienti a garantire l’elezione.

        D’altronde che aveva fissato che una proposta di legge di iniziativa popolare richiedesse 50000 firme fece in modo che un simile numero di elettori potesse anche scegliere chi dovesse partecipare all’assemblea parlamentare.

        Sappiamo che le proposte di origine parlamentare oggigiorno abbiano solo l’uno per cento di possibilità di venire approvate suppongo sia un altro effetto dei maggioritari (uninominali o meno) che consentendo artificiosamente il raggiungimento delle soglie deliberative impedisce una effettiva partecipazione delle minoranze relative (e questa è una ulteriore distorsione).

  • Ma insomma, ridotta all’osso la questione si pone in questi termini:
    1) O si pongono limiti di tempo all’attività di politico eletto, per cui dopo un certo numero di anni e/o di legislature, ammesso che venga rieletto, costui dovrà lasciare il campo ad altri, magari più giovani e meno logorati di lui.
    Vantaggi? Una maggiore libertà e responsabilità conseguenti al fatto che quello NON è il suo lavoro, minore disponibilità all’inciucio specialmente durante il suo ultimo mandato: stessa regola che vige nel paese democratico per antonomasia, gli USA, dove il Presidente ha due soli mandati.
    Svantaggi? Un periodo più o meno lungo di “rodaggio” durante il quale il politico eletto dovrà imparare sul campo a fare politica: quella che ai miei tempi si chiamava “education on the job”, pratica benedetta oggi sparita nelle aziende, insieme all’apprendistato nei mestieri. Altro svantaggio, la possibilità che in prossimità della scadenza dell’ultimo mandato, il tizio si affaccendi a trovare “amici” e collocazioni per il dopo, in modo da non rimanere con il cerino in mano.
    2) Oppure si riconosce l’attività di “politico di professione” e la si tratta come tale, quindi con la necessità che la professione venga regolamentata al pari delle altre, magari con l’istituzione dell’ennesimo Albo, quello dei Politici, per chi voglia fare la professione libera. I Partiti dovrebbero divenire aziende a tutti gli effetti (qualcuno ricorda Berlusconi ed il suo progetto di “Partito-Azienda?), operare come tali, assumere e formare i futuri politici PRIMA di presentarli per essere eletti a cariche pubbliche, il politico abbia una posizione INPS al pari degli altri lavoratori, possa essere licenziato e/o sanzionato se è un dipendente, eccetera.
    Vantaggi? Chiarezza degli scopi e migliore preparazione teorica (ma a vantaggio di chi?).
    Svantaggi? Beh, fate voi, troppo lunga la lista, non vale la pena di annoiare chi legge.

    • La pratica delle “teste di legno” induce ad andarci cauti sul considerare il limite di mandato una garanzia.

      Pur volendo tentare la sorte con “facce nuove” non si può pensare che questi facciano da soli: CHI “eleggerebbe” i professionisti che li “consiglieranno”? Saranno resi noti anche prima delle elezioni? (evito di menzionare fatti recenti)

      • Ma Signori cari, “LA PERFEZIONE NON ESISTE!”.
        Qualsiasi scelta per concedere certi vantaggi impone di accollarsi anche certi svantaggi, oltre a rinunciare ad alcuni dei vantaggi che si sarebbero ottenuti optando per altre soluzioni.
        Inoltre, qualsiasi sistema ha in se i germi della corruzione ed è suscettibile di essere male interpretato, più o meno volontariamente.
        Infine, quello che io posso considerare un vantaggio, per Allora Ditelo potrebbe invece non esserlo, o esserlo in modo trascurabile, o addirittura essere uno svantaggio. E viceversa, naturalmente.
        Ne consegue che in una democrazia ideale ciascuno dovrebbe formarsi una opinione su un determinato argomento e poi, tutti insieme, si dovrebbe decidere votando per scegliere la soluzione che ha convinto più cittadini, un metodo impossibile da praticare nel passato, ma possibile (ed auspicabile) oggi: e speriamo che, con o senza il M5S, un giorno ci si arrivi davvero, perlomeno per le questioni più importanti.
        Ma naturalmente questo auspicio non è condiviso dalla persona di Destra, convinto della necessità del “Uomo solo al comando”, e neppure da quella di Sinistra, convinto della superiorità dell’Elite culturale; entrambi , sia pure con percorsi e motivazioni diverse, giungono alla stessa conclusione: il popolo non è in grado, perciò lasciate fare a noi.

        • Sostanzialmente la questione è che il proposito del limite di mandato è puramente velleitario perché porterebbe il “professionismo” fuori dal controllo elettorale lasciando che neofiti ci “mettano la faccia”.

          Senza limite di mandato e con un sistema elettorale che porti la scelta all’elettore sarebbe possibile scegliere direttamente chi dia i “consigli”, sempre che i consigli siano buoni.

          Diciamo che la scelta vari anche in considerazione di fattori concreti come le leggi elettorali.

          PS: Ha mai pensato cosa succederebbe se i cinquanta milioni di elettori avessero la possibilità di partecipare alla attività legislativa e presentare emendamenti alle leggi? O che il “popolo” possa avere altro da fare e non abbia il tempo di approfondire i dossier o che non abbia sufficienti risorse per accedere ad informazioni di elevata qualità? Pensi al perché, pur avendo tutti i cittadini la possibilità potenziale di formulare referendum abrogativi solo raramente si eserciti tale possibilità a fronte di continue lagnanze.

          • Siamo seri e concreti, per favore!
            A parte che le consultazioni popolari online dovrebbero avvenire sui questioni di particolare rilievo e su principi, e non direttamente sui testi delle proposte di legge, sappiamo bene che, a parte casi molto particolari assimilabili a referendum, coloro che risponderebbero sarebbero una esigua minoranza di cittadini, quelli più attivi ed informati.
            E’ quello che accade anche nella piattaforma Rousseau: se Lei si prende la briga di vederne il funzionamento, scoprirà che gli iscritti al M5S possono proporre delle leggi sotto forma di enunciati. Poi, per quelle proposte che trovano il maggior numero di consensi, ci sarà chi si incaricherà di scrivere il testo da presentare in Parlamento.
            Per la stesura formale di un testo di legge ci vogliono competenze specifiche.
            Ma poi, perchè tutta questa paura per una cosa che avviene così normalmente nelle piccole comunità?

  • Marcello Romagnoli

    Mi trovo totalmente d’accordo con la sua analisi che è la mia da molti anni. Dire tutto ciò è andare oggi contro la corrente che demonizza e condanna la Politica. Le stesse persone che lo fanno poi non hanno soluzioni alternative valide.

    Vorrei però aggiungere un pezzo alla sua analisi. Perché i partiti politici dovrebbero riaprire le loro scuole di formazione, selezionare le persone più preparate e capaci se non c’è una forte richiesta e controllo da parte dei cittadini elettori? Per migliorare la politica occorre un corpo elettorale migliore, capace di leggere la storia è l’economia e capire se questa o quella forza politica stanno facendo proposte serie e valide oppure no.

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