Napolitano nel processo sulla trattativa: il tabù infranto.
Come si sa, la Corte d’Assise di Palermo ha deciso di ammettere la testimonianza del Presidente della Repubblica sulla questione della trattativa Stato-Mafia. La cosa sta passando come poco più di una notizia di cronaca un po’ piccante, ma qui la portata è ben altra ed investe proprio gli assetti costituzionali. Per capirci, vale la pena di fare un ragionamento un po’ articolato, che spero avrete la pazienza di seguire.
Sino alla Presidenza Pertini, il Capo dello Stato ha goduto di un rispetto abbastanza diffuso per la sua funzione e, anche se questo non escludeva polemiche molto aspre (come quelle delle sinistre contro Segni, Saragat e Leone), la magistratura ebbe sempre un ruolo di tutela della funzione del Colle e non sarebbe venuto in testa a nessuno di immischiare un Presidente in una vicenda penale, anche solo come teste. Persino le Commissioni Parlamentari sul caso Sifar, sul Caso Moro, sulla P2, sulle Stragi, non audirono gli ex Presidenti della Repubblica (ed, a maggior ragione, quelli in carica).
Con Pertini prima e Cossiga subito dopo, iniziò un processo di monumentalizzazione del Presidente della Repubblica cui non poteva essere rivolta la benché minima critica. Cossiga fece passare un’ interpretazione dell’irresponsabilità Presidenziale come insindacabilità dei suoi atti ed esternazioni e la cosa venne digerita da tutti, stampa, partiti, magistratura. Nei confronti della magistratura, anzi, ci fu un vero atto intimidatorio nel 1986, quando, di fronte all’autoconvocazione del Csm, seguita alla disdetta della riunione da parte del Presidente, Cossiga reagì minacciando di far sgomberare i reprobi dai carabinieri. E la magistratura incassò. Anche per quell’episodio, ma non solo, l’allora Pds abbozzò la richiesta di una messa in stato d’accusa che però non ebbe mai il coraggio di formalizzare, sinché la legislatura non ebbe termine e tutto finì a tarallucci e vino. Da allora, complici le trasformazioni istituzionali (legge elettorale, modifiche marginali della Costituzione ecc.) il Quirinale è diventato la “Città Proibita” della politica italiana. Per dare una idea, ricordo un episodio di cui ho memoria personale: durante l’inchiesta del dott. Salvini, un teste riferì che, nel corso del golpe Borghese, Licio Gelli, abituale frequentatore del salotto presidenziale, avrebbe dovuto arrestare il Presidente Saragat. Trattandosi di una ipotesi di reato contro un organo costituzionale, la notizia venne inviata per competenza alla Procura di Roma che, per avviare le indagini, si pose il problema di verificare sul registro degli ospiti del Presidente se e quante volte Gelli fosse stato ricevuto. Trattandosi del Colle, la Procura ebbe l’accortezza di non chiedere direttamente il registro, ma di interpellare la Presidenza, chiedendo quale avrebbe potuto essere la risposta se avessero avanzato la richiesta in questione. La cortesissima e formalissima risposta giunse a stretto giro: toglietevelo dalla testa!
Né migliore fortuna ebbe un cautissimo ed indiretto sondaggio della procura bresciana, per poter vedere una parte della documentazione d‘archivio: niente da fare. E stiamo parlando non della persona del Presidente ma dell’archivio storico della Presidenza.
Ma questo rapporto prono della magistratura verso il Colle ha iniziato ad incrinarsi proprio a proposito dell’inchiesta sulla trattativa: già due anni fa, Napolitano fu costretto a sollevare conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato davanti alla Corte Costituzionale per resistere all’acquisizione dei nastri delle telefonate fra lui e Mancino. Il ricorso lo vinse, ma era la prima volta di un così plateale conflitto fra la Presidenza ed un organo giudiziario che osava resistergli.
Ora veniamo alla convocazione attuale. Già in precedenza, era partita una lettera in cui Napolitano (all’epoca Presidente della Camera) si diceva all’oscuro di ogni cosa, non essendo stato messo a parte da nessuno. Niente da fare: la Corte ha risposto che la differenza la fanno le domande, non quello che un teste “crede” di sapere. Tradotto:
“Signor Presidente è inutile che vengo tanto non so niente”
“Si va bene, cammina: voglio sentirti lo stesso”.
Vi sembra sia rimasta l’ ombra del timor reverenziale della magistratura verso il supremo Magistrato della Repubblica?
Certo, come Presidente della Camera, può sostenere di non essere stato informato dei fatti in corso (anche se è difficile crederci, ma proprio molto difficile). Però, la trattativa non è finita nel 1993-94, ma è andata avanti ambiguamente e con cenni d’intesa per alcuni anni ed in quegli anni lui era Ministro dell’Interno e, più o meno nello stesso periodo, partivano le prime inchieste sui fatti del 1993-94. Se anche da Ministro dell’interno non gli hanno detto nulla, vuol dire che non è che valesse molto come ministro: un semaforo avrebbe fatto di meglio.
Dunque l’interrogatorio può spaziare liberamente su ambiti molto vasti e lui è bene che pesi ogni singola parola d’ogni singola frase. E non solo perché sarebbe molto imbarazzante trovarsi davanti ad una accusa di testimonianza reticente, ma perché deve stare sul chi vive su quel che diranno tutti gli altri testi. Ad esempio, ve l’immaginate, se un particolare della sua deposizione dovesse essere smentito da altro teste, cosa significherebbe per il Presidente essere costretto ad un umiliante confronto con un Massimo Ciancimino qualsiasi? Le istituzioni sono anche simboli e vivono di incanti che, una volta spezzati, non si ricostruiscono.
Questa volta l’uscita di scena potrebbe non essere una scelta dell’interessato, ma l’esito di una Caporetto giudiziaria.
Napolitano con il suo interventismo incontinente, con la sua sfacciata parzialità, con il suo operato contro la Costituzione e, diciamolo pure, con le sue manovre di Palazzo, ha logorato l’immagina dell’istituzione che occupa. Questo ha infranto quel tabù inaugurato da Pertini e Cossiga (e questo è solo un fatto positivo), ma ha anche trascinato anche questa istituzione al livello della decadenza da basso impero che ormai affligge la Repubblica. E questo non è positivo.
Aldo Giannuli
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lorenzi paolo
era ora che cantasse napolitano staremo a sentire se stona
Ian
Caro prof.Giannulli,
la colpa non è sicuramente di Napolitano che ha continuato a ricoprire le stesse funzioni dei suoi predecessori. Nessuno degli inquilini del Quirinale fu un santo eppur nessuno si è mai permesso di mettere in dubbio le loro azioni. Se oggi Napolitano è stato messo in mezzo a questo processo mediatico è perché evidentemente non sta rispettando le direttive che arrivano da un fantomatico iperuranio di cui il demiurgo è sempre sconosciuto. Successe lo stesso iter anche nel periodo della staffetta Letta-Renzi quando iniziarono a girare voci sulle ‘chiamate internazionali’ per far cadere il governo Berlusconi. La colpa di Nap era quella di non essere abbastanza a favore della staffetta di palazzo Chigi e quindi un po’ di vociferio mediatico avrebbe spinto Nap a velocizzare l’entrata di Renzi a palazzo Chigi..
Credo che il punto centrale è riuscire a decifrare cosa si nasconde dietro questo ‘avvertimento mediatico’ a Napolitano.
Caruto
Nel merito della vicenda storico-giuziaria mi affido al mio viaggio nell’aldila’ (quando sara’) per avere ragguagli credibili da fonti autorevoli.
Circa il Napolitano ministro dell’interno osservo che cerco’, senza riuscirci, di ricondurre il Ros sotto il controllo del potere giudiziario, provincializzandolo e annullando la sua autonomia di organizzazione nazionale.
Circa il Napolitano presidente della Repubblica ho espresso altre volte la mia opinione (“ha cercato di limitare i danni”).
Pero’, non essendo un onnisciente indovino, aspetto di vedere cosa’ succedera’ con il suo successore.
Se le cose andranno meglio dal punto di vista della democrazia, della giustizia sociale e del rapporto con i nostri partners internazionali, mi saro’ sbagliato.
giandavide
per quanto condivido molti dei pareri su napolitano, trovo giusto considerare che la sua seconda elezione è nata dai veti incrociati di parte del pd e di tutto il m5s nei confronti di prodi. se non avessero eletto napolitano, avrebbero eletto un amato qualsiasi che avrebbe fatto più o meno lo stesso schifo. la decandenza della politica italiana non si spiega solo con napolitano che viene dal nulla e fa il re. la seconda elezione di napolitano è un effetto dovuto ad inciuci che vanno dal pd al pdl al m5s, tre partiti che sono accomunati da una strana opacità al vertice. non so se è lo stesso odore di massoneria di cui parlava de bortoli, ma il genere di odore è lo stesso
Angelo Falsace
D’accordo con Ian.
Credo che sia in atto almeno un depistaggio contro le indagini sulla cosiddetta “trattativa” (argomento peraltro complesso).
A partire dallo spazio dato dalle grandi testate alle ultime “notizie” riciclate riguardanti la sottrazione dell’ “agenda rossa” , passando alle “esternazioni” registrate di Totò Riina, pare si sia messo in moto un meccanismo che cerca di distrarre e far focalizzare su fatti minori l’opinione pubblica.
In particolare credo questa sia stata una trappola tesa Napolitano (che non difendo) e in cui lui è caduto rovinosamente.
Ma credo non sia quello il punto.
Luigi Pigoli
Io penso che sappia molto…e non lo dica, se non avesse avuto nulla da nascondere non si sarebbe adoperato per far distruggere i nastri delle telefonate tra lui e Mancino. Per quanto mi riguarda io non ho bisogno di prove per sapere che la vera mafia é lo stato italiano. Quella delle cosche é un fenomeno quasi di folklore.
Caruto
Bolzoni (Repubblica) da qualche mese dice che dai mafiosi abbiamo saputo piu’ o meno tutto quello che era possibile sapere e che ora aspetta un “pentito delle istituzioni e della politica”, altrimenti non sapremo mai quello che e’ successo.
Ora i magistrati hanno tirato fuori il passato di Mori (era gia’ chiaro il ruolo di Subranni, il suo predecessore a capo del Ros) a mezza strada tra P2, strategia della tensione, mafia.
L’area di indagine e’ quella: tutto maledettamente complicato da chiarire nei dettagli in sede giudiziaria.
Sul piano storico il quadro generale e’ chiaro.
Manca, come dice Bolzoni, una verita’ istituzionale che darebbe dignita’ e credibilita’ alle istituzioni italiane ed al suo sistema politico.
alberto
l’italia è un paese che non può e non deve essere trasparente.
ergo, anche i suoi politici, la stampa, i poteri indistriali e finanziari devono essere posti nelle condizioni di non nuocere alle potenze di ordine superiore.
l’italia ha perso la guerra(40-45), è un alleato NATO di sicura affidabilità, i suoi dirigenti industriali di grandi idee sono stati eliminati(mattei ed olivetti), quelli di rapina e di sicura affidabilità USA sono stati premiati(agnelli-de benedetti), il settore finanziario è in mani mafiose e piduiste e vaticane e quindi controllato dai poteri finanziari che contano, militarmente siamo meno di niente, innovativamente abbiamo i migliori scienziati ma che regolarmente vengono acquisiti all’estero; insomma siamo un paese a destabilizzazione costante, facciamocene una ragione, no?
l’alternativa è la balcanizzazione dell’italia, non abbiamo scampo.
che volete che ci resti?
anche nel mondo del vino ci stanno declassando:abbiamo eccellenze come il barbaresco, il barolo, il brunello, ma pare che stia prendendo il largo nel mondo del vino il mediocre prosecco; ci stanno distruggendo con l’aiuto dei quisling di casa nostra i quali incassano lauti guadagni.
e noi siamo qui a parlare dei machiavellismi di napolitano!!
qui la casa brucia e noi stiamo misurando la temperature del fuoco che ci “incinerisce”!!
viva l’italia( non quella di marchionne-renzi)!!
saluti
alberto
Gabriella Codognotto
Condivido con Angelo e Ian e oso pensare che parte del depistaggio possa essere nel messaggio che la Magistratura vuol dare ,viste ultime proposte di legge circa la responsabilità e altro . Se i Magistrati chiameranno altre persone veramente fondamentali per il processo potrò ricredermi . Diversamente possiamo aver certezza che l’iperuranio e’ affollato e che siamo quasi cotti . Sono volutamente criptica ma ringrazio il Prof. Giannuli per l’opportunità di poter eventualmente approfondire .
Caruto
Ho letto un interessante articolo sull’Espresso in edicola (con data 02.10.2014) a pag. 54: “Che affari per Mister Slot”, di Paolo Biondani.
Lo consiglio vivamente.
Pare che Mori si sia fatto scappare il boss catanese Santapaola, tanto che si ipotizza un reato. L’articolo di cui sopra parla degli affari di Mr. Corallo jr., figlio di Corallo senior in ottimi rapporti con Santapaola.
Il junior e’ un imprenditore di grande successo nel settore del gioco d’azzardo. La governance del business avviene attraverso una serie di scatole cinesi che rendono anonimi i veri proprietari.
Corallino (nato nel 1960) sta passando indenne attraverso una serie di guai fiscali e giudiziari, sembra avere una tuta ignifuga che lo protegge ad ogni passaggio, compreso Consiglio di Stato, sparizione di reperti giudiziari, ecc. ecc.
E se fosse uno spaccato della Governace politico-mafiosa all’Italiana?
Paolo Federico
A Caruto
I così detti “pentiti di mafia” sono venuti fuori quando si è cominciata a fare una azione concreta contro la mafia stessa, perché accada la stessa cosa nelle istituzioni di questo stato mafioso è necessario fare delle azioni democratiche CONCRETE contro di esso.
Ad Alberto
Non accostare mai i vini rossi ai bianchi eppoi il prosecco io lo trovo più buono dello champagne (oltreché mooolto più economico), dai.
cinico senese
Facciamo cadere questa statua equestre.
Germano Germani
Non sono il difensore d’ufficio del compianto senatore Agnelli e della sua famiglia, ma affermare che Agnelli fosse gradito agli americani, mi sembra francamente una grave mancanza di verità, nei suoi confronti. Sicuramente gradito lo è il cosmopolita De Benedetti, detto anche De Maledetti,dai dipendenti della Olivetti,quando fu chiusa l’azienda. Ma dire che la famiglia Agnelli fosse gradita agli americani, mi sembra un azzardo. Gli Agnelli furono sicuramente graditi piuttosto nella defunta URSS, dove aprirono uno stabilimento, che mise in circolazione un modello di auto, che ebbe un discreto successo.E’ stata la famiglia dei cosmopoliti Elkan imparentati coi noti finanzieri parigini Rothschild, attuali nuovi padroni a delocalizzare a Detroit (USA) l’attuale FCA. Ciò è avvenuto dopo la morte misteriosa dell’erede Edoardo Agnelli, personaggio eccentrico, ma libero,costui fu anche in Iran ove conobbe personalmente l’Ajatollah Khomeini e sembra convertito alla religione islamica. Concordo invece quando si denuncia che l’Italia è in mano a finanzieri internazionali criminali,che ci hanno depredato dei gioielli di famiglia.Purtroppo la maggioranza degli italiani, non ha ancora individuato chi sono i manovratori occulti di chi tesse la tela ed è pubblicamente nemico del popolo.Ma da secoli non da ieri.Termino con una battuta del senatore Agnelli, fatta su misura per l’attuale governo Renzi:”In Italia per fare una politica di destra, ci vuole un governo di sinistra”.
Lumumba
@Germani
Hai ricordato fatti veri e controversi. Ricordiamo pure la morte di “Giovannino” Agnelli per una forma rarissima di tumore all’intestino e che determinò la scomparsa dell’erede designato.
Mi sembra comunque difficile negare che gli Agnelli non fossero un punto di riferimento degli interessi USA in Italia. Meglio di me credo che lo possa spiegare bene un certo David Rockefeller, un “potere forte” che non è da meno dei Rotschild, credo…
http://www.repubblica.it/online/economia/agnellidue/rocke/rocke.html
Germano Germani
Lumumba, certamente la famiglia Agnelli aveva dei buoni rapporti, come la classe politica dirigente italiana (anche lo stesso “migliorista” Napolitano che ebbe il visto per entrare in USA, quando era ancora ufficialmente comunista) con gli americani.Lo stesso avvocato era amico personale di Kissinger, il noto “deus ex machina” della politica estera statunitense, il politico che instaurò, assieme a Nixon, il nuovo corso filo cinese in funzione anti URSS della Casa bianca.Ma certamente non delocalizzò a Detroit, negli USA,la FIAT, dando vita alla attuale FCA e portando la stessa direzione ex FIAT all’estero, come è accaduta ora con il duo Elkan Marchionne. Ricordo che il Senatore Agnelli (che durante il secondo conflitto mondiale fu in guerra in URSS) aprì a Togliattigrad, uno stabilimento per la produzione di un veicolo, che ebbe una discreta fortuna.Poi sui strani decessi con la liquidazione degli eredi designati alla guida della ex FIAT, di Giovannino poi di Edoardo, è calato un assordante silenzio. Qui ci vorrebbe un autorevole pezzo del professore Giannuli, sulle strane morti degli eredi Agnelli, con l’ingresso dei parenti acquisiti Elkan alla proprietà della ex-FIAT. Io nutro fiducia che la “liquidazione” degli eredi Agnelli, non venga archiviata. Probabilmente egregio Lumumba,siamo degli illusi.
Lumumba
@Germani
la verità è che viviamo tempi così grami da farci rimpiangere persino un Agnelli…io credo che si tratti di epoche diverse. Prima della caduta del Muro di Berlino credo che da parte USA si siano tollerati certe velleità autonomistiche dell’Italia; da qui (anche) l’impianto di Togliattigrad di cui parli, che però è tutto da vedere se non sia stato fatto non dico con l’accordo ma quantomeno con il benestare statunitense. Hai parlato dell’Olivetti, però non dimentichiamo il ruolo del “mondo” Fiat nella liquidazione della Divisione Elettronica Olivetti alla General Electric e quindi dell’opportunità di entrare nella branca produttiva dei Computer. Margini di “autonomia” sì, ma anche allora l’Italia non poteva certo permettersi iniziative come quella di investire nello strategico settore dell’informatica. Diciamo che in una certa epoca Gianni Agnelli è stato garante verso gli USA della tenuta di certi equilibri economici e geopolitici comunque penalizzanti nel complesso per l’Italia. Oggi viviamo in un’epoca di liquidazione che fa persino rimpiangere quegli equilibri, ed in cui certamente collochiamo la cessione Fiat agli USA, con l’interessato beneplacito credo della famiglia Agnelli-Elkann, che a me pare fungano sempre più da vera e propria quinta colonna USA in Italia. Saluti