Poteri deboli: chi comanda in Italia?

Propongo oggi l’articolo che ho curato per l’ultimo numero della rivista “Formiche”, che volentieri segnalo e consiglio ai miei lettori.

Qualche settimana fa, l’Epresso titolava il copertina “Qui non comanda più nessuno” e l’articolo correlato partiva dalla constatazione del declino di tutti quei soggetti che per decenni hanno retto il potere in Italia (Vaticano, partiti, Sindacati, Confindustria, la grande finanza, le imprese multinazionali con targa tricolore, la massoneria…). Soggetti che ancora esistono, ma assai rimpiccioliti ed in via di ulteriore ridimensionamento. Donde la diagnosi di alcuni intervistati riflessi nel titolo di copertina: il potere in questo paese si sta polverizzando, siamo all’entropia di sistema. È una analisi giusta?

In parte si, ma si trascura che parallelamente al declino dei poteri tradizionali ed autoctoni ne stanno subentrando di nuovi e di esterni: se Unicredit ed Intesa declinano, oggi un ruolo di punta lo sta rivestendo la Cassa Depositi e Prestiti, se Governo e Parlamento si stanno riducendo ai minimi termini, c’è una ipertrofia della Presidenza della Repubblica, se il potere politico declina, da venti anni, quello giudiziario, la Banca d’Italia o la Consob occupano uno spazio maggiore. Ma soprattutto pesano sempre più poteri esterni come la Bce, la Nato, le agenzie di rating,  il governo tedesco ecce ecc.

Siamo di fronte ad un processo storico di vasta portata che sta trasformando radicalmente il potere nel nostro paese, rendendolo meno indipendente, meno capace di autodeterminazione.

In qualche modo è un effetto del processo di globalizzazione che mina il potere degli stati nazionali, ma solo di quelli più deboli, come storicamente è il nostro nel quale è endemica la tentazione a risolvere i problemi di casa chiamando in soccorso qualche straniero. Già negli anni settanta, fu evidente il fallimento (se si preferisce: il successo solo parziale) del tentativo di Cuccia di costruire attraverso il “salotto buono” di Medio banca un capitalismo “nazionale”. Figurarsi oggi che le frontiere nazionali non esistono più, quantomeno in campo finanziario. Molti soggetti “forti” si svincolano dal cortile di casa per guardare alle vaste praterie del mondo globalizzato: la Fiat veleggia oltre oceano, le Assicurazioni Generali guardano all’Est europeo, la Telecom (con il tacito consenso del governo) finisce in mani spagnole, prima di finire a chissà chi.

Questo è il secondo urto della globalizzazione: il primo mandò in frantumi la prima Repubblica, il secondo manda in pezzi la seconda Repubblica, ma questa volta non sappiamo se ce ne sarà una terza e che caratteri avrà.

Questa “evaporazione” dei poteri nazionali registra il fallimento senza scusanti delle classi dirigenti italiane, che si sono rivelata palesemente inferiori al loro compito. Il cuore di questo è stato tutto politico: alla classe politica della prima repubblica se ne sostituì una nuova portata sugli scudi dalla (pur comprensibile) rivolta populista contro la corruzione e che venne irresponsabilmente indirizzata dal Pds nel devastante referendum contro la proporzionale. Da quello sciagurato evento presero il volo tanto il processo di de-costituzionalizzazione dell’ordinamento, quanto l’affermazione di una classe politica nella stragrande maggioranza populista ed impreparata.

Fini, Bossi, Berlusconi, Di Pietro ed il Pds incarnarono forme diverse di populismo che, in tutte le sue manifestazioni, non si sottrasse a quella straccioneria culturale e politica che è la sigla stilistica di ogni populismo. Una classe politica sempre più becera ed impreparata si impossessò del potere gestendolo nel peggiore dei modi e con un tasso di moralità pubblica anche inferiore a quello dei propri predecessori. Tutto venne centrato sulle “caratteristiche del leader”, sullo spirito di appartenenza che non aveva più il legante ideologico di prima, ma solo lo spirito gregario e la tifoseria da stadio sostituì il dibattito politico. Le posizioni istituzionali vennero occupate e gestire come armi da brandire contro il “nemico”: il governo serviva a fare favori agli amici, il Parlamento a fare leggi ad personam, le nomine negli enti –more solito- servirono a collocare gli amici, la Rai era preda del vincitore di turno. Le privatizzazioni dovevano servire ad abbattere il debito statale, servirono solo a fare qualche favore ad amici degli amici, vennero svendute ed il debito, non solo non venne decurtato che in misura insignificante, ma riprese a crescere allegramente.

L’adesione all’Euro venne fatta senza calcolarne le conseguenze, ma, almeno offrì una occasione con i bassissimi tassi di interesse sul debito per almeno sei-sette anni. Occasione persa dall’allegra gestione della finanza che vedeva gonfiare i costi della politica, gli stipendi dei manager pubblici, le opere pubbliche sbagliate. Si accrebbe il decentramento regionale, con il risultato della disastrosa gestione della Sanità in Lazio, Lombardia, Calabria…

Della prima repubblica si era ereditato il malcostume, ma s’era persa quella “professionalità politica” che, pure con i suoi difetti, aveva assicurato un minimo di capacità strategica. Oggi, come ammette uno degli intervistati dell’Espresso, si fa fatica a trovare un parlamentare in grado di scrivere da solo un emendamento.

Dopo venti anni di un simile esercizio del potere politico c’è da meravigliarsi del fatto che ci sia ancora qualcosa in piedi. Ma la classe politica non è la sola che meriterebbe di sedere sul banco degli imputati di un tribunale popolare. Anche il ceto manageriale (pubblico e privato senza distinzioni) non ha scherzato ed i casi Alitalia e Telecom ne sono prova troppo eloquente perché se ne debba dire.

Delle responsabilità del ceto intellettuale ed accademico non dico neppure perché non è elegante sparare addosso alla croce rossa, ricordo solo che, quando ci fu l’esigenza di un “governo dei tecnici” che mettesse insieme “la crema” dell’intellettualità del paese, quello che venne fuori fu quell’Armata Brancaleone del governo Monti.

Ora la seconda ondata della globalizzazione, indotta dalla crisi, manda tutto in pezzi: non ci sottrarremo al destino di decadenza e di servaggio se prima non daremo luogo ad un processo alle classi dominanti nazionali. Metaforicamente parlando, un processo severo al limite della ferocia.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (18)

  • “L’adesione all’Euro venne fatta senza calcolarne le conseguenze, ma, almeno offrì una occasione con i bassissimi tassi di interesse sul debito per almeno sei-sette anni. Occasione persa …”
    Non direi. I tassi di interesse sul debito pubblico erano bassi già al momento dell’ingresso nell’euro, e negli anni successivi le variazioni sono state piuttosto contenute. L’euro non ha abbassato i tassi, ma l’abbassamento dei tassi ha permesso all’Italia (e ad altri) di entrare nell’euro. In compenso proprio l’euro con i suoi vincoli è causa (non unica) dell’innalzamento dei tassi nei paesi periferici dell’Europa.
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/03/quelli-che-abbiamo-sprecato-dividendo-dell%E2%80%99euro/341311/

  • Mi pare corretto affermare che l’Italia è il grande malato dell’occidente, come la Sublime Porta nel secolo scorso. Le spoglie del Paese sono contese da potenze e potentati vari esteri. Non vedo spazi per una rinascita nazionale, nel senso che non ci sono forze sane da coagulare, come fecero i giovani turchi.
    L’impressione, poi, è che la riforma del Titolo V abbia prodotto una spinta a coagulare mini potentati locali, interessati a spartirsi le risorse rese disponibili dall’afflusso di capitali esteri conseguenti all’adesione all’euro. Oggi nessuno ha il coraggio di affrontare queste mini lobby, imponendo rinunce che, in ultima analisi, sono nel loro stesso interesse, posto che i capitali, da un paio d’anni, tendono a defluire dal Paese esponendolo al default. Il ridimensionamento di queste lobby (straccione) dovrebbe passare da una stagione di accentramento del potere, che forse solo i militari, forti dei loro servizi di sicurezza, potrebbero realizzare (sempre ammesso che siano autonomi dai politici). Un forte ridimensionamento delle spese militari, per perseguire le politiche di bilancio, potrebbe portare a quest’urto. Arrivano i colonnelli?

  • Le parità sull’euro sono state definite a fine ’98. Mentre la moneta ha iniziato a circolare nel ’01. Il crollo dei tassi o l’afflusso di capitali esteri, rigorosamente sprecati si registrano a fine ’98.

  • interessante come al solito, sebbene trovi il titolo dell’espresso da cui parte il tutto una scelta un pò infelice, anzi direi quasi un’inutile vattimata (non sono mai stato convinto da queste nozioni di debolezza). io comunque vedo un invariante che accomuna il passato dei poteri “forti” rispetto al presente dei poteri “deboli”: il corporativismo italiano: cambiano le corporazioni, ma l’impianto in cui operano tende comunque a conferire potere a conformazioni di stampo corporativo. che è una cosa che forse si potrebbe dire che accada anche nel “mondo civile” rappresentato dai paesi del resto d’europa. eppure non credo tanto a questa normalizzazione, ma penso piuttosto che l’anomalia italiana stia soprattutto qua: che non esistono paradigmi per aggregare gli interessi di determinate categorie e renderli un blocco di potere che non si traducano in una congiura nei confronti dei non aderenti: detto in parole povere, in italia ogni volta che si forma un gruppo influente, è quasi certo che questa influenza venga utilizzata per metterla in quel posto agli altri cittadini. e questo discorso vale per i tassisti come per magistrati notai, una buona parte degli imprenditori dei politici, ma non sono immuni da queste logiche neanche i sindacati. e agiscono tutti in un contesto in cui questi comportamenti vengono pienamente accettati. mi piacerebbe sapere da aldo se si possono intravedere dei legami tra il corporativismo italiano e la scarsa attenzione che ci fu nei confronti della burocrazia italiana da parte di pci e dc nel dopoguerra, oppure se si può parlare di “normalizzazione” dovuta ai processi di globalizzazione.

    p.s. sotto questo aspetto grillo si è rivelatouna grossissima delusione, dato che ricordo che ho al tempo nutrivo anche aspettative sulla possibilità di discussione di questi problemi

  • I vincoli esterni all’Italia hanno prodotto il bene e il male del paese. Negli ultimi 30 anni l’omologazione alla mediocrità umana e morale ha spento ogni possibilità di coscienza popolare, individuale o collettiva. Per arrivare ad un severo giuridizio sulle nostre colpevolessime classi dirigenti, prima gli italiani dovrebbero giudicare se stessi. Come nel Medio Evo ne verremo fuori dopo le prossime invasioni barbariche, ammesso che ci siano ancora dei “barbari” interessati all’Italia.

  • D’accordo su tutto: proporzionale, populismo, mancanza di visione strategica. Sei bravissimo come sempre, ma ti prego: processi basta! (neanche metaforici).

  • Questo è il secondo urto della globalizzazione: il primo mandò in frantumi la prima Repubblica

    dissento fortemente da quest’ affermazione
    la ricostruzione della fine della prima repubblica è tutta da scrivere e bisognerebbe
    chiedere a dipietro e al pool di ‘mani pulite’ oltre al procuratore borrelli …
    oltre a cirino pomicino amato e ai protagonisti di allora…
    Svalutazione del ’92 (post aggancio alla banda stretta dello sme) e conseguenti privatizzazioni selvagge (che erano gia’ state programmate dai politici 1’repubblica ma in un altro contesto e con altre finalita’) sono un buco nero dove non si vuole guardare eppure i dati ci sono…
    (certo -e lo dico polemicamente- per andare a indagare sul comportamento di ciampi in banca d’italia ci vuole un bel coraggio
    mentre per parlare delle puttane e delle puttanate di berlusconi si fa subito si prende l’applauso si guadagna in respettabilita’ magari aiuta a vendere i libri e/o ad andare in tv…e non mi riferisco esplicitamente ad aldo giannuli chiaramente )
    Quanto ai divendo dell’euro , i 600 o 900 miliardi di interessi risparmiati : è una leggenda metropolitana che non meriterebbe neppure risposta tanto è stata scredita
    Solo giannino e boldrin e qualche zelante dipendente di confindustria puo’ ancora parlarne…basta pensare che non esiste alcun controffattuale ad avvalorare la tesi
    Va inoltre ricordato che il debitopubblico
    fino alla crisi del 2008 era non solo stabilizzato ma diminuiva …a conferma dell’
    equilibrio e del rigore delle politiche di bilancio dei governi italiani (sia berlusconiani che prodiani…)
    Detto questo potremmo incomincaire a porci delle domande sull’operato della banca d’italia dato quello che è aumentato è il debito privato

  • devastante referendum contro la proporzionale

    Sottilineo invece questo passaggio perchè è davvero uno snodo fondamentale…pero’ non darei troppo responsabilita’ al pds perchè come emerge dalle testimonianze dei protagonisti di quell’epoca gli ex pci del pds sono stati usati (e si sono fatti usare)per occupare lo spazio politico che non avrebbero
    mai potuto occupare il potere senza che ‘poteri forti'(usa confindustria i soliti gruppi di potere legati alle famiglie di industriali
    piu’ potenti fra cui anche berlusconi ovviamente) gli concedessero la scena e la legittimita’ in cambio di privatizzazioni selvagge e/o occupazione delle concessionarie
    e delle reti dello stato :i casi di telecom e autostrade sono emblematici

  • piu’ che un processo direi che bisogna ricominciare a fare politica ognuno secondo le sue possibilita’ , staccare l’anastesia abbandonare il conformismo del mainstream dell’informazione italiana fatta solo per distrarre…

    non concordo che il governo monti sia stata un armata brancaleone …piuttosto sono stati dei chirurghi piuttosto precisi..hanno inciso esattamente dove e come gli era stato detto e ordinato…perfino le lacrime della fornero hanno un senso e un significato se si riflette che mentre diceva giustamente che ‘le paghe sono troppo basse’ era costretta dalla contingenza ad operare nella direzione opposta seguendo la politica della delfazione (ovvero tagliare il costo del lavoro e magari se esce un ‘errorino’ sulle pensioni puo’ andare bene per tagliare e distruggere la ‘domanda’ interna )

  • Decandenza e servaggio purtroppo continueranno

    serve uan sorta di resistenza per salvare quello che è rimasto dalle aziende dei servizi
    alla sanita’ pubblica (che monti ha incomiciato a predisporre per la privatizzazione) alle partecipazioni statali..
    E’ corretta -per me-l’intuizione che dalla globalizzazione hanno tratto vantaggio li stati ‘forti’ che hanno saputo difendere le loro multinazionali (spesso partecipate dalla stato o dalle regioni come in francia e germania) e difendere il proprio mercato interno (in italia sono entrate catene di distrubuzione tedesche e francesi ma la cosa non è stata reciproca ovviamente , anzi )
    nel complesso la situzione italiana è estramente degradata e nel prossimi anni non potra’ che peggiorare (anche se gradadualmente )

  • Aldo, forse ricordi un mio intervento sempre su questo tuo blog, in cui affermavo che l’unica lotta meritevole di essere combattuta, era quella contro la globalizzazione.
    Più tempo passa, e più me ne convinco.
    Vedo invece che tu credi che sia un fatto ineluttabile con cui ogni paese deve vedersela come se si trattasse di un suo fatto personale.
    Non dico naturalmente che non vadano fatte fuori le classi dirigenti fin qui presenti in Italia, ma dico piuttosto che ciò è del tutto insufficiente.
    Se guardiamo ai fatti, non esiste alcun paese che sia del tutto immune dei problemi che la globalizzazione sta creando.
    In particolare, aldilà delle apparenze più superficiali, la stessa presidenza degli USA ormai ha un potere fortemente ridimensionato dai poteri finanziari globali come del resto la recente vicenda della NSA dimostra mirabilmente. Per questo, secondo me non ha molto senso pensare che esista una strategia di gestione della globalizzazione da parte di un singolo stato sovrano ( se perfino gli USA soccombono…).
    Da questo punto di vista, mi pare molto riduttivo credere che sia un problema esclusivamente italiano, anche se ammetto che l’Italia è particolarmente indifesa rispetto a questi pericoli.
    La globalizzaizone può essere solo combattuta frontalmente, creando delle barriere che ci permettano di creare uno sbarramento, invece che nei confronti dei migranti, nei confronti dei movimenti di capitali, ma anche di merci.
    Naturalmente, penso a barriere intelligenti cioè selettive, capaci di discernere nella enorme quantità di roba che vuole introdursi nelle più varie forme nel nostro paese.

    Come sono solito dire, il miglior internazionalismo oggi è dimostrare che la globalizzazione può essere sconfitta.

  • Professore dalla lettura del suo articolo sembra che prima di Mani Pulite l’Italia fosse governata da Giolitti e Cavour, Garibaldi e Mazzini. Le ricordo chi erano De Mita (e il suo sodale Mastella) e lo scempio che ha creato in Irpinia; le ricordo che la Rai è sempre stata lottizzata; le ricordo che Alitalia prima della crisi attuale fu già sottoposta per ben 2 volte ad un piano di ristrutturazione con licenziamenti di circa 15000 esuberi; le ricordo che il B. è entrato in politica in quanto aveva perso dei referenti politici che gli avevano permesso di creare quello che ha poi perfezionato e ingrandito; le ricordo infine che il PCI, PDS, DS, e simili declinazioni, non hanno fatto altro di quanto il PD non faccia attualmente.

    • ?irko: a pasrte che anche Garibaldi e Cavour erano molto disinvolti con le finanze pubbliche, non nego che la prima repubblica sia sprofondata sotto il peso della corruzione politica (e mi spiace se l’impressione che si ricava è il conbtrario), questo non toglie che c’è una distanza abissale fra la classe politica della prima e quella della seconda repubblica. Péersino Gava, Lattanzio e Gaspari darebbero i punti a D’Alema, Bwrlusconi, Casini, Monti…

  • Purtroppo l’analisi mi pare totalmente corretta. Il fatto è che a questo punto le vie d’uscita sembrano tutte molto difficili. Uscire dall’euro? Questa opzione prende sempre più forza, se non altro a livello dell’opinione pubblica. Io non sono però sicuro che questa sia una soluzione indolore. Diversamente da alcuni economisti che vanno per la maggiore nella rete, ho qualche dubbio che un’operazione di questo tipo avrebbe gli stessi effetti delle svalutazioni competitive degli anni settanta ed ottanta. Forse l’ Italia dovrebbe sfondare unilateralmente il tetto del 3 per cento. Anche in questo caso non mancherebbero però le controindicazioni e comunque vi sarebbe bisogno di un governo forte e credibile, molto diverso da quello attuale e anche da quelli che, con ogni probabilità, vi saranno nei prossimi anni (anche in caso di elezioni anticipate). La cosa certa è l’indispensabilità di una riforma culturale e sociale, senza la quale qualsiasi iniziativa, anche animata da buone intenzioni, è destinata a fallire miseramente. Ma questo, al momento, appare l’obiettivo più utopico fra tutti. Non resta che sperare nelle generazioni più giovani ed in qualche sollecitazione positiva proveniente dall’esterno ( la Francia o la Germania stessa)

  • sulla Consob Professore, le ricorderei che non può neanche aumentare di tre (!) centesimi il prezzo di un’OPA (v. vicenda Camfin) senza essere clamorosamente smentita e bloccata dal TAR del Lazio.
    I magistrati amministrativi zitti zitti stanno diventando sempre più potenti, e in realtà le autorità indipendenti dipendono da loro.

  • pienamente d’accordo, anzi direi che le caratteristiche che vengono cercate nelle persone per dirigere una qualsiasi posizione, non hanno niente a che vedere con la competenza, capacita organizzativa, responsabilità, ascolto. caratteristiche che dovrebbero stare alla base di chi raggiunge certe posizioni di commando. una alberatura di clientele che guardano solo a come soppravvivere all’interno del sistema non può generare né un governo forte né una industria forte ( devono pensare a come sopravvivere)

  • Sono in molti in Italia ad avere issato lo spinnaker sperando di gonfiarlo col ponente teso che spira dopo la vittoria di Barack Obama. Ma non basta usare vele con nomi anglosassoni e agitare le bandiere di “chi può” per tornare a essere politicamente competitivi. Il nuovo Presidente degli Stati Uniti ha di fronte a sé un’agenda obbligata e margini di manovra molto ristretti. Ha vinto con un programma meno radicale di quello di Hillary Clinton. Né si intravedono sin qui quei grandi cambiamenti nelle coalizioni di governo, i cosiddetti “political realignments”, che preludono alle grandi svolte nella politica americana. I ripetuti messaggi di continuità con l’amministrazione Bush lanciati nella prima conferenza stampa da presidente degli Stati Uniti in pectore sono indicativi. Investire sul futuro di Obama è perciò un’impresa ad alto rischio. Molto meglio investire sul passato di Obama, sulla sua incredibile campagna elettorale, fatta di primarie vere, dall’esito spesso imprevedibile perché molto più partecipate che in passato, e di internet, come strumento di comunicazione e di finanziamento. Abbiamo molto da imparare dal candidato Obama nel migliorare i processi di selezione della classe politica all’interno del nostro paese. Il suo “yes, we can” è soprattutto un riconoscimento alla democrazia di internet, alla sua capacità di moltiplicare il potere delle idee, al di là, se non contro, i grandi mezzi di comunicazione. Ma internet non sarebbe bastato se non ci fossero state regole che permettono una vera competizione all’interno dei partiti, aperta anche a chi sta fuori dall’establishment.

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