Popolo ed organizzazione politica.
Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo questo contributo di Franco Astengo.
Spiace contraddire il brillante Presidente della Regione Puglia, astro nascente della politica italiana, ma ci sono parse proprio sbagliate, nel profondo dei riferimenti teorici e più direttamente politici, le sue parole, pronunciate durante una manifestazione svoltasi a Roma giovedì 10 Giugno, a proposito di una sinistra che deve ritrovare il suo popolo e poi scegliere il suo leader.
Prima di tutto perchè il popolo (massa indistinta, se così denominiamo l’insieme delle diverse categorie sociali, che invece vanno viste e analizzate nelle loro diverse specificità di relazione interna ed esterna) esiste, vive tutti i giorni le contraddizioni di questa società, rese particolarmente acute da una crisi economico-finanziaria di una durezza inusitata verso i ceti più deboli, da un uso dei mezzi di comunicazione di massa volto ad addormentare le coscienze e rivolgere sempre più verso i meccanismi dell’individualismo consumistico; da una esasperazione violenta delle diseguaglianze a tutti i livelli; da un deficit culturale senza precedenti; da un attacco sconsiderato, in Italia, al quadro equilibrato di diritti e doveri proposto dal dettato Costituzionale; dalla presenza di una destra rozza, razzista, inespressiva nella sua violenza verbale quotidiana.
Il popolo c’è e quanto ai leader vien proprio voglia di citare: beato quel popolo….con quel che segue.
Manca, invece, l’organizzazione della soggettività politica, almeno a sinistra: manca l’organizzazione della soggettività politica da ricostruire tenendo conto, prima di tutto, del disastro che i gruppi dirigenti della sinistra italiana hanno compiuto nel corso di questi anni, adeguandosi al meccanismo maggioritario presidenzialista (riassumo per far presto), ad idee balzane come quella della vocazione maggioritaria alla rincorsa sul terreno dell’uso dei media (e quindi del comparire al posto dell’essere), della vacuità di formule politiche come quelle legate al meccanismo delle primarie, ma soprattuto nella mancata difesa dei propri soggetti di riferimento, a partire da quelli appartenenti ai gradi più bassi del mondo del lavoro (precari, giovani e donne in primo luogo).
Una organizzazione della soggettività politica che non potrà essere limitata a costruire incerti luoghi di aggregazione attraverso i quali portare un altro uomo solo al comando a competere elettoralmente verso cariche monocratiche la cui esistenza dovrebbe, invece, essere sottoposta a critica feroce da parte della sinistra con il rifiuto appunto delle primarie, delle elezioni dirette, di tutti quei meccanismi che finiscono con l’esaltare una ormai perversa personalizzazione della politica.
Serve un partito, invece, un soggetto politico nuovo, che raccolga quanto a sinistra già esiste (non è possibile cancellare l’esistente con un colpo di bacchetta magica) proponendosi, per raccogliere le ormai sparse membra, non tanto di un popolo, ma di una comunità politica militante che, in Italia, esistite e può essere recuperata cominciando ad andare controcorrente proprio nell’approccio alla politica, invece di scimmiottare i meccanismi dell’avversario (meccanismi, dal maggioritario al presidenzialismo, mutuati il caso di ricordarlo dal documento della P2 del 1975, con altro: bavaglio all’informazione, divisione sindacale, ecc. Sembra proprio di leggere la cronaca dei nostri giorni).
Prima di tutto, per un nuovo partito di sinistra deve contraddistinguersi sull’idea di società l’ipotesi di trasformazione nell’insieme di relazioni sociali, una proposta di sobrietà che rifiuti il consumismo individualistico proponendo ben altro modello, la tensione verso l’eguaglianza e la solidarietà espressa in precise proposte politiche rappresentano i pilastri di una idea di sinistra che si afferma pienamente stando in campo.
Alle opzioni di carattere generale, complessive, di idea della società vanno accompagnate le proposte concrete, il discorso del programma: di fronte alla crisi, allo svilupparsi di una nuova fase di essa, del rischio di presentarsi di nuove bollee dell’emergere nelle capitali dell’impero di nuovi elementi di contraddizione sociale del tutto drammatici, l’idea di un fronte sociale a livello europeo, della programmazione pubblica dell’economia, del sostegno dei redditi da lavoro e da pensione con misure immediate, di un intervento sul territorio rivolto non tanto alle cosiddette grandi opere (oggi abbiamo letto cifre da far rabbrividire..) ma alla ristrutturazione delle infrastrutture esistenti, dell’assetto idrogeologico del territorio, alla difesa dell’acqua come bene comune: ecco questi sono punti, sia pure confusamente esposti che dovrebbero essere presi in considerazione seriamente da quanti intendono, appunto, misurarsi con l’idea della costruzione di una nuova soggettività di sinistra.
Esiste una questione morale che non può essere intesa come questione particolare la questione moralela politica, non tanto nelle scelte dei singoli (cominciando ad allontanare questa idea dell’esibizione del privato come fatto politico e quindi riflettendo sui temi della personalizzazione, dell’uso dei mezzi di comunicazione di massa, dei costi della politica, quali fattori che producono questione morale: non deve, quindi, essere evocata ma praticata nel concreto delle scelte.
La struttura delle istituzioni, il tema della giustizia, l’assetto dello stato, debbono essere affrontati nel rigore che impone il rispetto della Costituzione Repubblicana: non basta pensare all’articolo 49 come momento di richiesta per la regolamentazione per via giuridica dei partiti (punto sul quale riflettere a lungo) ma, piuttosto, all’idea dei partiti come libera associazione dei cittadini, provvista di vita democratica (questo elemento pone interrogativi pesanti, a tutti, dall’annullamento del dibattito alla base, alla mancata autonomia dei territori, alla sostituzione della vita associative con primarie che esaltano la personalizzazione della politica, contraddicendo così platealmente tutto l’impianto che si dice di voler sostenere; non basta fare demagogia con la riduzione del numero dei parlamentari, senza ragionare su di un sistema elettorale che garantisca, in primis, la rappresentanza complessiva del territorio e delle sensibilità politiche presenti nel Paese; non basta pensare al superamento del bicameralismo ridondante senza riflettere sulla necessità di restituire centralità al Parlamento (ed all’insieme dei consessi elettivi), senza aprire un dibattito sui guasti prodotti dal decisionismo dall’esigenza di delocizzare la politica nel senso di tagliarne il rapporto con la società per favorire i settori più forti.
Un nuovo soggetto di sinistra deve, sotto l’aspetto dell’agire politico, contraddistinguersi su due elementi fondamentali: una struttura partitica che, per far presto, identifico come ad integrazione di massa(modello Duverger, per intenderci), ed un sistema elettorale di tipo proporzionale a tutti i livelli, evitando gli enti del signore nei Comuni, come nelle Province, nelle Regioni.
Esiste, infine, un problema riguardante gli ascendenti nella storia della sinistra: credo non si debbano regalare a nessuno; c’è una storia, lunga, complessa, difficile, ma la storia che ha fatto questo Paese e ad essa dobbiamo riferirci.
La fase che si apre richiede, comunque, una risposta immediata: siamo al declino di una prospettiva politica che la destra italiana ha portato avanti nel corso degli ultimi 15 anni.
La crisi produrrà nuovi equilibri, nuovi rapporti di forza, nuove competitività nuove filosofie della cittadinanza e del lavoro.
Di tutto questo, in Italia, non si sta discutendo, la la deriva appare proprio essere quella del personalismo, identificando in questa deriva un dibattito pubblico assai povero di contenuti e di argomenti.
Occorre intervenire su questo punto impedendo che si laceri nel profondo, e definitivamente, il tessuto sociale, che si passi ad una irreversibile fase di decomposizione, aprendo la strada ad una definitiva normalizzazione autoritaria.
Occorre rovesciare il pensiero, far sì che la pulsione alla lotta sopravanzi la pulsione alla resa.
Per questo serve un nuovo soggetto di sinistra, posto al riparo dalle ambizioni dei singoli, capace di lavorare come intellettuale collettivo costruendo sul territorio un gruppo dirigente provvisto dei dati culturali, politici e sociali di una piena autonomia di pensiero e di azione.
Naturalmente ci sarà poi tempo e luogo per discutere di alleanze, prospettive di governo, e quant’altro: abbiamo di fronte una destra pericolosa, che ha saputo inquinare profondamente l’insieme delle relazioni sociali del Paese, in una situazione di crisi, di abbrutimento morale, di forte iniziativa della criminalità organizzata; una destra che sta attaccando i punti fondamentali della Costituzione.
Una destra verso la quale non sono possibili elementi di dialogo sulle riforme, ma soltanto un fronteggiamento alternativo: questa la condizione di partenza, la sinistra, in completa autonomia, deve porsi nella condizione di fare la propria parte, compiere il proprio dovere come reclamano, dalla loro comune condizione sociale, le donne e gli uomini che vivono ogni giorno la fatica del quotidiano.
Savona, 11 giugno 2010
Franco Astengo
aldo giannuli, anticapitalismo, dibattito sulla sinistra, franco astengo, popolo, sinistra, vendola
ivo
“dalla presenza di una destra rozza, razzista, inespressiva nella sua violenza verbale quotidiana”
non so perche’ ma questa frase mi ha fatto venire subito in mente Gasparri…
Giovanni Talpone
Sono abbastanza d’accordo con Franco Astengo tranne per il paragrafo che inizia con “Un nuovo soggetto della sinistra…” che non ho capito molto cosa significa.
Aggiungo di mio che questo nuovo soggetto della sx dovrebbe affrontare un tema che è incomprensibile agli attuali dirigenti della sx e purtroppo anche a molti dei non molti militanti sopravissuti: la “militanza specialistica”.
Oggi per intervenire su qualsiasi tema o problema (per esempio come RSU o RLS in azienda, ma anche sui territori sulle tematiche ambientali, etniche, urbanistiche, dei trasporti ecc.) è necessario molto lavoro di documentazione, di formazione, di autoformazione e di discussione con persone al di sopra di una soglia minima di competenza. I partiti della sx preferiscono il militante generico tradizionale (è più gestibile e “contabile”) e non incoraggiano certo questa possibile figura di militante. Il risultato è lo spostamento delle forze migliori verso associazioni come Lega Ambiente, Amnesty, Emergency ecc. che invece sono strutturalmente focalizzate su temi precisi e riescono a dare alla militanza un senso progettuale e anche di crescita personale, cosa che l’organizzazione “per chiaccheroni” dei partiti non può dare. Bisognerebbe partire da qualche esperienza esemplare, perchè gli attuali dirigenti sono strutturalmente incapaci di capire questo problema: oltre a provenire spesso dalla deleteria cultura anni ’70 del “siamo tutti nati imparati” (sembra incredibile, ma con questa motivazione il PDUP rifiutò sempre di creare una scuola quadri), tali dirigenti concepiscono lo specialista come una figura semmai al LORO servizio (qualora diventassero amministratori o responsabili di qualcosa), non come qualcuno che lavora quotidianamente con gruppi di militanti (anche remoti, grazie a internet) focalizzati su di un tema specifico. E che vogliono farlo in modo serio ed efficace.
Questo modo disastroso di gestire le competenze, le energie e l’impegno dei militanti lo si riscontra facilmente guardando al tesseramento (si chiede per esempio la data di nascita e il sesso ma non cosa si vuole e cosa si è in grado di fare per l’organizzazione) e i siti (che sono poco più di agenzie di stampa e distributori di manifesti e volantini, e non certo laboratori, risorse informative, archivi, strumenti di formazione a distanza, facilitatori di collaborazioni reticolari, come pure potenzialmente e tecnicamente potrebbero essere. Unico controesempio che conosco, anche molto confuso e pasticciato, “Le fabbriche di Nichi”, create in occasione della campagna elettorale di Vendola in Puglia).
Angelo
Fai un discorso vecchio inconcludente antimoderno. Vecchio perchè andava bene negli anni 50; inconcludente perchè non proponi nulla di concreto nè idee nè emozioni; antimoderno perchè no tieni conto della globalizzazione della fine della guerra fredda della sconfitta della socialdemocrazia dei mass media delle nuove esigenze dell’individuo. Basta una espressione per evidenziare tutto ciò: usi “soggettività politica” che era dal film di “la classe operaia va in paradiso” che non ascoltavo più. Siete voi sinistra vintage insieme ai pentiti di ex sinsitra la vera palla al piede del cambiamento. Vendola è nella modernità.
Maurizio Melandri
Mah! Soggetto politico di massa? E su che basi? Non condivido quanto dice Astengo,perché per essere così di massa come dice Duverger dovremmo inglobare il PD che non definirei di sinistra, ma, casomai, liberista moderato. Mia opinione, ovviamente.
Con il compagno Talpone mi piacerebbe discutere di cosa intende per formazione. Una scuola quadri non la vedo bene e d’altronde se si vuole leggere il “Capitale” un po’ di economia la si deve per forza masticare. Agiungerei che oggi si viaggia tutti a vista e trovare qualcuno che sappia insegnare agli altri cose corrette…lo vedo utopico.
Giovanni Talpone
Intervengo ancora perchè mi sembra che non essere stato chiaro utilizzando l’espressione non particolarmente affascinante di “militanza specialistica”.
In un tempo molto breve siamo passati dalla difficoltà di informarci per mancanza di informazioni (e chi era adulto prima dell’era internet capisce benissimo cosa intendo) alla difficoltà di informarci per “eccesso” di informazioni. A mio parere, quello che ci mancano sono strutture credibili, efficaci e democraticamente controllabili che ci aiutino a fare delle scelte in aree in cui ciascuno di noi può non essere (e quasi sempre non è)uno specialista. Porto un esempio banale: il commercio equo e solidale (è solo un esempio, avrei potuto scegliere la banca etica, la banca del tempo, la fiom, emergency, il software libero…). E’ realmente utile per tutelare i diritti dei produttori? O è solo una sigla simpatica che copre una nicchia di mercato come qualsiasi altra? Ha commesso degli errori? Quali? Può essere migliorato? Come? La qualità dei suoi prodotti è di livello accettabile? Val la pena di sostenerlo? Eccetera. Ora, se giro in internet con queste domande in testa, effettivamente trovo delle risposte. Purtroppo le trovo TUTTE: sì, no, forse ieri, magari domani, però al contempo, pagina non accessibile, fatti i cazzi tuoi… e così via. Abbiamo sempre più bisogno di organizzazioni democratiche credibili che ci informino in modo sintetico ed efficace e a cui noi possiamo contribuire per le aree in cui possiamo portare competenze significative. Una di queste organizzazioni può essere un Partito Comunista che si attrezzi per muoversi e fare politica in modo efficace ANCHE nell’infosfera. (Che poi non sarebbe altro che la politica di egemonia culturale di Gramsci da proseguire in un nuovo contesto e con nuovi strumenti.) Il salto di qualità sarebbe riuscire a organizzare il “general intellect” dei militanti (una specie di wikipedia un po’ più strutturata, tanto per capirci) e non puntare soltanto sull’intervento estemporaneo dell’intellettuale di prestigio.
Per concludere, porto qualche esempio delle competenze che il “militante specialistico” dovrebbe farsi per poter intervenire in modo credibile ed efficace in alcune aree:
1) Amministrazioni locali: sapere leggere ed interpretare una direttiva europea, una legge nazionale o regionale, un bilancio comunale, un piano regolatore, una valutazione di impatto ambientale…
2) Lavoro sindacale e politico in azienda: saper leggere ed interpretare lo Statuto dei Lavoratori, il Contratto Collettivo Nazionale di riferimento, la contrattazione di II livello, le principale sentenze giuslavoristiche, il bilancio aziendale, la certificazione ISO 9000 e il suo legame con l’organizzazione del lavoro, il ruolo dei Rappresentanti dei Lavoratori della Sicurezza…
3) Poi ci sono le competenze trasversali: la capacità di organizzare un gruppo di studio, di redigere un verbale o una relazione, la conoscenza di almeno una lingua straniera per tenere i contatti internazionali (inclusa la conoscenza della microlingua politica e di settore), la capacità di utilizzare un foglio di calcolo per elaborare dati, la competenza di base per progettare un questionario e presentare i risultati, la capacità di leggere la struttura concettuale di un sito internet e di proporre miglioramenti, una preparazione di base di antropologia culturale per facilitare il dialogo interetnico…
Naturalmente non si può fare e saper fare tutto, ma il partito dovrebbe essere ANCHE una scuola di queste competenze. E questa possibilità potrebbe essere una delle motivazioni per una nuova militanza politica.
Carlo
L’analisi di Astrengo è condivisibile, il suo programma d’azione meno, essendo -a mio avviso- impraticabile.
Astrengo sa, e lo scrive, che il tessuto sociale è ormai in decomposizione e disinformato e instupidito dai media, paralizzato dalla paura, eppure pretende che possa comprendere (a patto che ci siano quadri in grado di spiegarglielo) un programma politico così raffinato, apprezzare i suoi punti qualificanti: rappresentanza proporzionale e rifiuto del personalismo.
Insomma Astrengo pretende dagli sfruttati quella lucidità politica che riconosce essersi persa in trent’anni di arretramento di diritti e conquiste sociali. Ma se sarà possibile fare questo miracolo bisognerà chiamare a raccolta (o all’ ascolto)questa massa dispersa (che non è più nei partiti, nè nel sindacato), ma dove e come?
Io non apprezzo particolarmente il Vendola-politico ma credo che possa funzionare da segnale di allarme, da richiamo per la riscossa, da bandiera agitata sulla ressa del campo di battaglia tra dispersi che si raggruppano di nuovo. Ho molte perplessità sulla possibilità che incarni un programma di riforme sociali profonde, ma “sulla carta” dice di volerlo fare. Inchiodiamolo alle sue idee e obblighiamolo a realizzarle.
E proviamo a costruire attorno a lui un nuovo ressemblemet di sinistra ,egualitario, democratico, proporzionale, intransigente. Potrà Vendola essere peggiore di chi lo sostiene?