Penati, le tangenti, il caso Sesto e il PD

Con vivo interesse e condivisione, pubblichiamo questo intervento di Bruno Casati.

PENATI, LE TANGENTI, IL CASO SESTO E IL PD

di Bruno Casati

Non si era ancora spento l’eco dell’entusiasmo per la vittoria di Giuliano Pisapia che su Milano, e oltre (ben oltre), si è abbattuto il tifone Filippo Penati. Devastante.

Le accuse che i PM della Procura di Monza rivolgono all’ex sindaco di Sesto San Giovanni, ex Presidente della Provincia di Milano e poi coordinatore della Segreteria Nazionale del PD, sono pesantissime: corruzione, concussione, finanziamento illecito ai partiti. Muovono, queste accuse, dalle dichiarazioni rilasciate dal costruttore Giuseppe Pasini, già proprietario delle aree Falck di Sesto San Giovanni, e da Pietro  Di Caterina, titolare di una ditta di trasporti e coinvolgono, ad oggi, una ventina di persone di cui due sono finite in carcere. Ad oggi. Ogni giorno però appaiono novità reali o presunte, estratti da intercettazioni, testimonianze, dichiarazioni. C’è, ad esempio, questo Di Caterina che, per la gioia dei media, esterna a raffica su tutto e su tutti. In ogni caso la sensazione è che si sia solo agli inizi, tant’è che gli stessi inquirenti pensano di ottenere un quadro più definito non prima di cinque o sei mesi.
Noi però dobbiamo stare solo agli atti resi pubblici finora dalla Procura che ci parlano di tre filoni di indagine. Primo filone, la connessione Penati-aree ex Falck nel tempo in cui, 1994-2002, Penati fu Sindaco di Sesto San Giovanni; il filone della supervalutazione delle azioni dell’Autostrada Serravalle che, sempre Penati, allora Presidente della Provincia, compera a fine luglio 2005 da Marcellino Gavio, “Il Signore dei caselli”; il terzo filone riguarda il Comune di Sesto oggi, con Sindaco dal 2002 il PD Giorgio Oldrini, in cui un assessore, il socialista Pasqualino Di Leva è, con questa inchiesta, finito in galera con l’accusa di corruzione.

Nel campo del primo filone (le aree ex Falk) Penati sarebbe stato il destinatario di tangenti per 5,7 miliardi di lire. Nel campo del secondo filone (la Serravalle) Penati, che comperò il 15% delle azioni Serravalle a 8,9 euro da Gavio che l’anno prima le aveva comperate a 2,9, consegna a Gavio stesso 179 milioni di euro, parte dei quali, 50 milioni, dice l’ex Sindaco Albertini, vengono stornati all’Unipol di Consorte e alle Coop per tentare la scalata, fallita, alla BNL. Nel campo del terzo filone vengono indagate pratiche illecite che quell’assessore all’edilizia portava a compimento in questi ultimi anni agevolando, tramite lo “sportello unico”, le azioni di quei privati che poi gli elargivano mazzette. Se nei primi due filoni abbiamo di fronte, già nella quantità di quattrini che cambiano tasca – milioni e milioni di euro che vanno anche (anche) a finanziare i partiti (il PD o una corrente del PD) – come nella qualità veramente innovativa delle operazioni (è l’ingegnerizzazione della tangente, quella delle finte caparre è geniale), nel terzo filone siamo di fronte alle vecchie bustarelle di “un ladro di galline”, anche se in una delle bustarelle la GdF ha trovato ben 750mila euro.

L’indagine dei primi due filoni, quelli che chiamano in causa Filippo Penati, il perno attorno a cui ruota il “sistema Sesto” (dizione offensiva per i cittadini e gli onesti amministratori sestesi), entra però, a piedi uniti, sin nel sacrario di Banca Intesa – Banca Intesa finanzia tutti i proprietari delle aree dopo l’uscita di scena della Falck – come entra nella filiera di comando della Lega delle Cooperative. Quindi il tifone Penati, che squassa il PD, non è certo circoscrivibile alla mela marcia capitata dentro il cesto delle mele sane, non è il mariuolo preso con il sorcio in bocca come Mario Chiesa vent’anni fa. È un caso nazionale, Filippo Penati era infatti visto come l’uomo che avrebbe strappato il nord alle destre, mutuandone le politiche, strizzando l’occhio ora alla Lega ora a Formigoni. L’uomo della riscossa democratica, il pupillo di Bersani.

Ora il prediletto non è in carcere, per ora, ma solo perché parte dei suoi reati figura come prescritta. Però l’indagine prosegue, inesorabile, e siamo in attesa dei suoi esiti. Speriamo ci siano in fretta.

Chi non aspetta è la destra, alla quale non par vero che, pompando il caso Penati – PD, si possa alleggerire la pressione che, su di sé, esercitano i vari casi di Verdini, Milanese, Papa, Scajola e Berlusconi stesso. Con un fugace pensiero complottista ci si domandi se non sarà stato per caso Berlusconi ad invitare Pasini, che è il suo uomo a Sesto san Giovanni, ad aprire il libro? Ma lasciamola lì. Non possiamo invece sottostimare il fatto che fra sette mesi si vota per il Sindaco, la Giunta e il Consiglio Comunale di Sesto San Giovanni e si potrebbe votare ad indagine aperta o da poco conclusa. Non possiamo ancora sottostimare che anche le elezioni politiche si potrebbero svolgere, nel 2013 oauspicabilmente prima, addirittura con processi avviati e, se le cose restano quelle che apprendiamo, sotto processo allora non ci sarà solo Penati ma il PD.

Due domande incalzano ineludibili:

-Come si è arrivati a questo punto? Proviamo a ragionare su come è nata e come cade la stella Penati.

-Ma noi, seconda domanda, noi non ci siamo mai accorti di niente? Proviamo perciò a ragionare anche su di noi che eravamo con Penati quando, nel 1994, conquistò a sorpresa il Comune di Sesto, quando, 1999, venne riconfermato Sindaco, quando, 2004, strappò ad Ombretta Colli la Provincia di Milano dalla quale Provincia, primavera 2009, fummo cacciati perché non coinvolgibili nelle sue pratiche innovative che, quanti sarebbero entrati poi in SEL e l’IdV, invece sostenevano. Ora l’innovazione è squadernata e sotto inchiesta e l’innovatore è stato allontanato, sospeso, dal suo partito. Ragioniamoci. Noi abbiamo le carte in regola per farlo. Altri meno, molto meno.

DALLE MACERIE DELLA FALCK NASCE UNA STELLA

Tutta la storia di oggi ha origine quando chiude l’ultimo altoforno della Falck di Sesto San Giovanni. L’ultima colata è del 18 novembre 1995. Alberto Falck, con il forte indennizzo dell’UE, esce dalla produzione diretta dell’acciaio, passa al cliente garantito delle bollette della luce e, sull’immensa area di 1 milione e 350 mila mq, tenta un’operazione di riconversione affidandone il progetto al famoso architetto giapponese Kenzo Tange. È qui che comincia la lunga storia delle aree Falck: quindici anni di progetti, che però non escono mai dalla carta degli architetti, di cambi di proprietà di aree che, ad ogni cambio, aumentavano di valore pur restando tristemente dismesse, sovrastate dallo scheletro, immane e rugginoso, dell’ultimo altoforno, quello che fino al novembre 1995 annunciava, con una grande nube rossa visibile da molto lontano, l’approssimarsi della città fabbrica, la “Stalingrado d’Italia” di cento evocazioni e qualche nostalgia.

Nel frattempo Filippo Penati è diventato Sindaco di questa città. È il 1994. Solo l’anno prima, sullo slancio del vento giustizialista che, con Tangentopoli, spazza Milano, la Lega alle elezioni amministrative conquista trionfalmente Palazzo Marino e schiaccia il PDS all’8%. Il neonato PRC, con l’11,2% diventa, cose da non credere, addirittura il secondo partito della città. A Sesto San Giovanni l’anno dopo si vota, ma nessuno ha il coraggio di candidarsi. Come un cireneo si fa avanti Filippo Penati, oscuro insegnante di scuola media, famiglia sestese di operai comunisti, e vince. Noi lo sosteniamo, il vice Sindaco sarà, da allora ad oggi, sempre di Rifondazione Comunista. Fu quella una vittoria che diede serenità e coraggio ad un centrosinistra allo sbando che, nel 1995, sullo slancio strappa alle destre la Provincia di Milano (nel collegio di Sesto San Giovanni il PRC ottiene 12,75%) portando a Palazzo Isimbardi il cattolico Livio Tamberi, che è stato veramente un buon Presidente.

Torniamo alle aree ex-Falck dove il progetto della proprietà viene però bocciato dal Comune. A quel punto Alberto Falck si libera delle aree e si fa avanti Giuseppe Pasini. La storia che oggi è finita in Procura comincia proprio con l’acquisto delle aree ex Falck da parte di Pasini.

Quella dei Pasini è una famiglia veneta, muratori piastrellisti, arrivata a Sesto a metà del secolo scorso e che, nel tempo, si è rafforzata, ma quello delle aree Falck è un passo che si è dimostrato troppo lungo per la gamba dei Pasini. Loro, è vero, ottengono un prestito di 400 miliardi di lire da Banca Intesa, che entra così nel gioco e non ne uscirà più, e ancora si affidano al progetto di un archistar italiano, Mario Botta, che si fa assistere da un comitato scientifico di assoluta eccellenza: Adriano De Maio, Marco Vitale, Giulio Sapelli. Ma non basta. A Giuseppe Pasini, il leader della famiglia, occorrerebbero due cose: un partner industriale economicamente forte con cui condividere l’impresa, ma non lo trova e, ma questo lo sappiamo oggi, un Governo comunale “amico” che gli consenta, avviando qualche opera, di cominciare a rientrare dall’investimento. E questo amico il Pasini lo avrebbe trovato. A leggere gli atti dell’inchiesta lo avrebbe infatti trovato nel Sindaco del Comune di Sesto San Giovanni. E, con la promessa dello snellimento delle pratiche sulle volumetrie, Pasini consegna così ai collettori di Penati, Giordano Vimercati e Pietro Di Caterina, due tangenti per complessivi 5,7 miliardi di lire, prima elargizione di un piano però di 22 miliardi. La pianificazione della tangente. Ma sull’area, malgrado patti segreti e quattrini veri, non viene costruito nemmeno un metro cubo. In Giunta infatti non approdano né piani attuativi né piani stralcio. È fondamentale questo rilievo. Pasini sospetta allora di aver pagato a vuoto, ma non molla perché Penati, se riconfermato Sindaco, potrebbe fare nel secondo mandato quello che non gli è riuscito nel primo. E Penati nella primavera del 1998 viene rieletto Sindaco, anche se in casa nostra, PRC, emergono i primi malumori. Penati si è infatti circondato di un gruppo ristretto di fedelissimi, un “cerchio magico” impenetrabile, e la modalità di rapporto tra lui e la maggioranza è diventata quella di un padrone spregiudicato ed autoritario che esige cieca obbedienza. Deve perciò intervenire un altro sestese, Armando Cossutta, per ricomporre un disagio che, comunque, non era, per noi, alimentato dalla conoscenza dei misfatti che oggi l’indagine ci racconta.

Con il voto del 98 si rafforza, a Sesto San Giovanni, il mito del Sindaco vincente. Sale la stella Penati che, nel 2000, esce dal piccolo firmamento Sesto ed entra in quello più vasto del territorio della Federazione di Milano dei DS, di cui diventa Segretario Provinciale, si dice per mettere ordine nel bilancio. È, la Federazione, il trampolino da cui spiccare il salto successivo. Perché ormai nel “cerchio magico” si programma la grande scalata: da Sesto alla Segreteria milanese, alla Presidenza della Provincia di Milano, al Comune di Milano, come primo Sindaco della città metropolitana, e poi chissà. Grandi ambizioni che esigono, per essere sostenute, robusti finanziamenti e Penati crea l’associazione “Fare Metropoli” in cui, parla l’indagine, farli convergere. E convergono, così oggi viene accertato.

Pochi però ricordano un episodio, che impedì al progetto di Penati di essere perfetto, perché quando, dopo il secondo mandato, lui deve lasciare la poltrona di Sindaco di Sesto San Giovanni non gli riesce di collocare sulla stessa Gigi Vimercati, fratello del Giordano della valigia con le tangenti, Gigi è l’intellettuale del “cerchio magico”. È il 2002 e in quel momento ci accorgiamo che il disagio, che solo noi manifestammo nel 1998, è diffuso anche in casa DS, tant’è che ci si accordò, PRC e maggioranza appunto dei DS stessi, per tagliare i ponti con Penati e i “penatiani”. Così candidammo a Sindaco Giorgio Oldrini, figlio di quell’Abramo, primo Sindaco di Sesto dopo la Liberazione. Penati e la sua stella si apprestavano, è vero, a saltare in un altro firmamento ma perdono Sesto San Giovanni, anche se nel palazzo del Comune, tra il personale tecnico e politico, restano “dormienti” alcuni “penatiani”. L’uomo ha seminato bene ma da allora, lui e il fido Giordano (che ora parrebbe meno fido), non perdono occasione per denigrare Oldrini, delegittimarlo pubblicamente.

Dal 2002 a Sesto è cambiato il vento, anche se, sullo slancio della precedente conduzione, restano alcuni problemi che, serio limite alla gestione Oldrini, sarebbe stato meglio affrontare prima che ci mettesse mano alla Magistratura. Non è un limite da poco, senza togliere a Oldrini altri meriti.

Che il vento sia cambiato si accorge anche Pasini che però, nemmeno questa volta, va a dire in Magistratura le cose che dice oggi, sarà perché quei reati non sono ancora prescritti, però decide di vendere le aree. E vende a Risanamento di Zunino. È il 2005. Con Zunino arriva il terzo progetto di riconversione delle famose aree, questa volta porta la firma del prestigioso luminare dell’architettura mondiale Renzo Piano. Ma quelle aree sono maledette. Zunino è travolto dal debito per Santa Giulia e dagli scandali delle bonifiche Grossi e deve uscire di scena. E sono Banca Intesa e San Paolo che, a quel punto, rilevano Risanamento e cercano il partner che realizzi il progetto Piano.  Oggi lo hanno trovato in Davide Bizzi.

LA STELLA NASCENTE SALTA IN UN ALTRO FIRMAMENTO

Nel frattempo, è il 2004, Penati conquista la Provincia di Milano a capo di un a coalizione ampia di cui il PRC, con il 7,1%, è la seconda forza con cinque consiglieri e tre assessori. E in Provincia trasloca da Sesto San Giovanni, armi e bagagli, tutto il “cerchio magico” e subito Penati, questa la novità, cambia il “core business” della “sua ditta”: passa infatti dalle riconversioni delle aree dismesse, parliamo delle ex Falck ma c’erano anche le ex Breda e le ex Marelli dove si sono fatte cose buone, alla filiera lunga di infrastrutture e trasporti. È a questa filiera che guarda il secondo filone dell’indagine dei PM della Procura di Monza: guarda in modo particolare il caso della presunta supervalutazione dell’acquisto da Gavio delle azioni dell’autostrada Serravalle di cui la Provincia acquisisce, a fine Luglio 2005, la maggioranza assoluta. A tal proposito si fa sui media molta confusione. Allora diciamo subito una cosa: l’operazione era e resta politicamente legittima, sorretta da un ordine del giorno del Consiglio votato da tutta la maggioranza. In quanto al perimetro economico invece, entro il quale si è configurato l’acquisto, la Provincia (e la Giunta che l’ha  approvato con delibera del 29 Luglio 2005) si è attenuta al range sul valore delle azioni definito dall’advisor Vitale e Associati, uno dei più accreditati sulla piazza, anzi, sarebbe stata perseguibile la Giunta qualora la stessa non si fosse attenuta alla perizia del tempo. Perizie successive, fuori contesto, non hanno valore, sono opinioni. Se poi Gavio e Banca Intesa, hanno fatto successivamente in modo che i  quattrini della Provincia in parte  finissero altrove, e vorremmo capire bene dove, questo, se dimostrato, lo considereremmo un inganno grave nei nostri confronti (nei confronti di chi ha votato in Giunta tutt’altra cosa e nei confronti di tutto il Consiglio), e ci considereremmo quindi vittime, non escludendo la nostra costituzione a parte civile al momento dell’eventuale processo.

Interessante è vedere come Penati, a sostegno del nuovo “core  business” abbia dislocato, a rete, i suoi uomini, il suo fitto apparato di potere. Se vogliamo questa, sul “sistema Sesto”, modo ripetiamo sbagliato di circoscrivere territorialmente un sistema ben più vasto, è la rappresentazione del degrado in cui può scivolare una forza politica o una cordata (non una corrente che è altra cosa) dentro la stessa forza. È Nando Dalla Chiesa che, sul “Fatto” del 31 Agosto 2011, offre con precisione la mappa di tutti gli uomini dell’ex  Presidente a presidio del “business infrastrutture”. C’è Gigi Vimercati, Sindaco mancato e oggi Segretario della Commissione Lavori Pubblici del  Senato e, nel Governo Prodi, Sottosegretario alle infrastrutture; c’è Matteo Mauri, Capogruppo PD in Provincia, membro della  Segreteria Nazionale del partito e responsabile nazionale infrastrutture e trasporti; c’è Pierfrancesco Maran, giovane chiacchierato Assessore novello alla mobilità e ambiente della Giunta di Milano. E poi altri”paletti” collocati alla  Camera, alla Regione Lombardia, compresa qualche decina e più di Sindaci della Provincia. Poi la rete  si estende, ma qui Dalla Chiesa si ferma, dentro la Lega delle Cooperative, le banche,la Compagnia delle  Opere, le fondazioni (strumenti inventati per nascondere).

Domanda: a fronte di queste evidenze non avevano niente  da dire i dirigenti  PD, quelli che oggi si stracciano le vesti? Subivano in silenzio il vento del nord e l’affarismo dilagante, o lo assecondavano attivamente?

Ma nel punto più alto dell’ascesa si annuncia il declino dello stellone di Filippo  Penati. Il declino si annuncia per ragioni politiche, l’indagine giudiziaria interviene poi nel campo del declino avviato e fa precipitare l’uomo, da potenziale “numero due” del PD, a soggetto che la Commissione di Garanzia (per fortuna c’è ancora un Berlinguer nel PD) allontana, caccia, dal Partito.

Il declino comincia  quando Penati, fine  Marzo 2009, ci espelle dalla Giunta e dalla maggioranza della Provincia  perché, in quanto radicali e non innovativi, avremmo, alle elezioni di un paio di mesi dopo, turbato e allontanato  l’elettorato moderato e i ceti medi. E, quindi, “fuori subito”. Non lo nascondiamo, allora fummo amareggiati. Penati senza di noi, ma con la stampella di IdV e Sinistra Democratica che si  apprestava  a convergere in SEL, poteva benissimo vincere quelle elezioni. Invece le perde, di un soffio (con 2500 voti in più sarebbe stato riconfermato Presidente). Alla luce delle cose che  la Magistratura ci racconta, se ieri eravamo amareggiati oggi diciamo “meno male”, scampato pericolo.

Resta un dubbio :se invece avesse vinto, e fosse tornato solvibile economicamente, Pasini sarebbe andato lo stesso a cantare davanti ai PM? Probabilmente no, quindi sconfitta benedetta.

AGOSTO 2011:  LA STELLA È CADENTE

La modalità con cui  Penati ci allontana merita però un supplemento di riflessione. Lui operava, almeno nella seconda parte del mandato, su due  livelli : quello delle chiacchiere e delle esternazioni sotto la luce dei riflettori, e quello dei fatti e degli affari portati avanti senza clamore, a fari spenti. Non passava giorno infatti che lui non fosse in prima pagina e in televisione a parlare di ROM, lavavetri e ronde. Noi dichiaravamo l’opposto con evidenza però irrisoria. Ma, in un’istituzione, sono le delibere e gli ordini del giorno che danno l’impronta a una gestione della cosa pubblica e, in Provincia non sono mai apparsi atti a supporto delle interviste. Si può dire, ma lo dicevamo anche ieri, che quelle esternazioni servivano, più che altro, per compiacere la Lega e la parte ex AN del PDL  e per avere, se non l’adesione, almeno il loro non dissenso  su fatti e affari, ai quali guardavano interessati sia gli uomini di CL-CdO che quelli delle Coop. In compenso quelle dichiarazioni improntate a “cattiveria sociale” disorientavano, disgustavano, gli elettori di sinistra e di centrosinistra. È sui fatti e sugli affari che, come PRC, abbiamo sempre dato battaglia dalla maggioranza, sia in Consiglio che in Giunta, tant’è che ai nostri Assessori sono state ritirate le deleghe chi due chi tre volte. In elencazione sommaria abbiamo, dando battaglia, impedito si facessero cose sbagliate su: l’Idroscalo, le aree ex-Sisas di Pioltello, gli inceneritori, il global service, il “palazzo del nuovo” di Soderini, gli ambiti agricoli, il Cerba di Veronesi. Nel contempo abbiamo impresso un carattere avanzato all’amministrazione sostenendo e strappando, noi soli, cose giuste: dalle riconversioni delle fabbriche in distretti industriali, ai pannelli solari sulle scuole della Provincia. Sono le cose poi entrate nel programma di Pisapia. Penati ci caccia comunque perché saremmo stati piombo nelle ali del suo inarrestabile volo (questa del piombo l’avevamo già sentita detta da parte di un tale che si è, anche lui, dopo lo svolazzo schiantato al suolo).

Solo che poi Penati, come abbiamo anticipato, perde le elezioni al ballottaggio contro un signor nessuno come Guido Podestà del PDL. E se al ballottaggio avrà, forse, avuto il “non dissenso” della lega e il probabile assenso di parte dei ciellini dell’amico Formigoni, ci si domandi chi non lo ha votato il Penati, oltre a noi? A Penati, questa la verità, sono mancati i voti di gran parte del PD. Chi non è convinto di questa analisi si domandi due cose. Si interroghi, la prima cosa, sui voti che l’anno dopo, 2010, sono clamorosamente mancati, ancora a Penati, al voto regionale, rispetto a quelli raccolti dal povero Sarfatti nel 2005. Si domandi, la seconda, come mai gli elettori PD alle primarie del Comune di Milano, dell’ottobre 2010, non siano andati a votare Boeri, ritenuto il candidato di Penati e poi, con Pisapia, siano invece ritornati in massa a votare il Sindaco e il partito. Attenzione pertanto nel dare un giudizio pesante e liquidatorio di tutto il PD, perché parte dello stesso aveva capito per tempo di che pasta era fatto l’astro Penati e, a modo suo, da Sesto nel 2002 sostenendo Oldrini a Milano nel 2011 sostenendo Pisapia, aveva preso posizione. Non così Bersani, non così Veltroni, men che meno l’acuto D’Alema.

Persa la Provincia sul filo di lana, Penati perde anche in Regione e, per un vincente, diventare di botto perdente è un boccone amaro. Ma resta pur sempre “un perdente di successo”, perché l’amico Formigoni lo colloca a vicepresidente del Consiglio Regionale e l’amico fraterno Bersani chiama il suo “campione del nord”, un po’ ammaccato in verità, a fare prima il portavoce poi, addirittura, il coordinatore della Segreteria Nazionale, postazione da cui Penati, che medita la risalita, riprende a tessere la sua tela. Ma, nel luglio, gli arriva la mazzata e poi l’autosospensione e poi la sospensione del Collegio di Garanzia del PD. È caduta una stella? È finita la carriera politica del professore di scuola media in distacco da vent’anni con il mantenimento del posto? Attenzione perché fra qualche anno potremmo trovarlo, passata la buriana da qualche altra parte dove girano i soldi, non certo dietro una modesta cattedra.

MA VOI NON VI SIETE ACCORTI DI NIENTE?

La domanda va rivolta in tre direzioni:

-Al PD di Sesto San Giovanni, Milano e Nazionale, che la smettano di rifugiarsi nel tormentone garantista dell’innocenza sino a prova contraria. Se Penati quei soldi non li ha tenuti per sé, tutti o in parte, qualcuno deve pur averli incassati e se li ha incassati non si è mai domandato, quel qualcuno, come mai Penati, per le sue faraoniche campagne elettorali e quelle degli amici di quella mappa, disponesse di somme così ingenti? Insomma Penati è un Primo Greganti che assume su di sé tutte le colpe ma non parla, oppure è l’espressione della degenerazione di una parte non secondaria di quel partito? Fateci capire.

-La domanda potrebbe essere rivolta anche al PDL, almeno a quello di Sesto San Giovanni. Lasciamo in filigrana la congettura del burattinaio Berlusconi che abita a 6 Km da Sesto, e ai dirigenti del centro destra di Sesto San Giovanni si domandi come mai Pasini, loro candidato Sindaco alle elezioni del 2007, non abbia fatto la sua campagna sui termini della denuncia che fa oggi. Perché? Fateci capire anche voi, perché se Penati è corrotto, Pasini è il corruttore non un dispensatore di beneficenza.

-La stessa domanda dobbiamo rivolgerla al nostro interno: “Compagni, ci siamo mai accorti di niente?”. Sul secondo filone dell’inchiesta abbiamo già abbozzato una risposta: noi non potevamo sapere come Gavio e Banca Intesa utilizzassero i soldi pagati dalla Provincia con una valutazione accreditata dall’advisor. Se le cose stanno come oggi dicono i PM il fatto è grave e ci sentiamo parte lesa. Ma le cose stanno così?

Sul primo filone dell’inchiesta, le tangenti di Pasini, la risposta è semplice: né durante gli otto anni di Penati, né durante i dieci (quasi) di Oldrini, non è mai arrivata in Giunta delibera alcuna che potesse essere intesa come atto facilitatore degli interventi che Pasini si proponeva di fare. Il tutto sarebbe avvenuto fuori Giunta, in Svizzera e in Lussemburgo. È Pasini che si domanda oggi dove sono finiti i quattrini che ha dato ieri a Penati. Lo vogliamo sapere anche noi. Antonio Pizzinato, quadro sestese storico oggi passato a SEL, sostiene che Penati quei quattrini non li ha tenuti per sé. E allora?

-Ma c’è il terzo filone dell’inchiesta: quello del “ladro di galline” Pasqualino Di Leva. Qui il Sindaco Oldrini, che ha dato la delega all’Assessore, avrebbe dovuto cogliere che qualcosa non andava, e che Di Leva faceva la cresta sugli appalti, e avrebbe dovuto intervenire, noi l’avevamo richiesto, anche nei confronti del Direttore Generale, quello che tuttora manteneva rapporti con alcuni indagati. Questo terzo filone è un nervo scoperto che può esporre a rischio anche il piano attuativo, “piano integrato di intervento” (P.I.I.) sulle aree Falck e scalo ferroviario, approvato dal Consiglio Comunale di Sesto il 9 settembre con il voto di tutta la maggioranza PD, PRC,PdCI, SEL dalla quale si è sfilato solo il Consigliere dell’IdV.

D’altra parte sulle famose aree, con l’avvento della nuova proprietà di Davide Bizzi messa in campo dalle banche che hanno rilevato Risanamento, si può per davvero avviare l’iter dalla loro riconversione sedici anni dopo la chiusura dell’ultimo altoforno.

Questo è il positivo, il mettere la parola fine al valzer dei proprietari e degli architetti, su un’area immensa che va restituita alla città.

Questo è il positivo, e nel P.I.I. c’è anche la nostra identità con la filiera industriale dell’energia. Il rischio, lo ripetiamo, è nella spada di Damocle dell’inchiesta che pende su Sesto San Giovanni e non solo. Il rischio sono, saranno, le palle avvelenate che sicuramente qualche faccendiere scaglierà nella vicenda aperta, che è una vicenda da 4 miliardi di euro. E le elezioni arrivano. E si arriva alle elezioni in una città simbolo della classe operaia. E oggi Sesto San Giovanni è una città scossa, tradita. A Sesto però il PD è una cosa seria, radicata, carica di orgoglio, un partito tormentato ma che ha preso le distanze, già a suo tempo, da Penati e dai suoi metodi. Non è pensabile di fare a Sesto come a Napoli: di qui gli onesti, di là gli altri, pensando che tra gli altri ci sia il PD. Questa sarebbe la modalità-suicidio che consegna la città alla destra. Va da sé che se il voto sul P.I.I. indica la coalizione che va al voto (e non escluderebbe, ma i compagni diranno, IdV ora all’opposizione del piano), la condizione oggi per vincere è un profondo rinnovamento del personale che tutti mettiamo in campo e che il PD faccia due passi avanti nel rinnovamento ma un passo indietro sul candidato Sindaco.

È LA SCONFITTA DEL RIFORMISMO

Che sintesi si può trarre da questa storia al punto in cui essa oggi si trova? Che emerge un sistema compromesso con le scelte immobiliari e infrastrutturali, e dentro il sistema si cela una cultura che coinvolge imprenditori, amministratori pubblici e un partito, il PD, che si trova a fare i conti con “la questione morale” esattamente come l’avversario politico. Certo, la modalità con cui il PD farà questi conti sarà anche diversa da quella dell’avversario che i conti non li fa. Ma la sostanza delle questioni che il caso Penati dispiega è semplice e drammatica: dopo vent’anni i meccanismi di Tangentopoli vengono ripristinati e gli orrendi traffici di allora riappaiono, ancora sullo scenario di Milano, di cui Sesto San Giovanni può essere letto come un quartiere ad un quarto d’ora di Metrò da Piazza Duomo. E riappaiono coperti da leggi che oggi proteggono i furbastri.

La genesi del processo che ha portato ai primi anni ‘90 a mani Pulite e oggi, nel 2011, all’indagine dei PM di Monza, da guardare con tutti i garantismi del caso, risale a quando il PCI sceglie di competere con Craxi (ma non si dimentichino i Democristiani) sul suo stesso terreno. E quel PCI liquida Berlinguer ben prima della sua morte, e lo liquida in quanto Berlinguer rifiutava l’omologazione del PCI al sistema allora vigente.

Se si vuole oggi, davanti alla Magistratura, si presenta il risultato di quella liquidazione non di un uomo ma di un patrimonio di ideali e valori: la cosiddetta “diversità” comunista etica e politica da cancellarsi, da parte dei vincenti di allora, perché impedente la partecipazione del PCI ai Governi e il suo ingresso nel grande circuito degli affari. E per partecipare meglio lo si scioglie, il PCI. E decolla il riformismo che è, oggi lo vediamo assai bene, degenerazione di partiti che occupano lo Stato e le Istituzioni servendosene per i propri fini dentro una politica “ridotta a voto di scambio, a uso privato della cosa pubblica, al perseguimento dell’arricchimento personale e per le bande” (così Guido Liguori su Liberazione del 4 settembre 2011).

Il caso Penati è questo e fa capire quel che succede in un partito quando non contano più le idee ma la capacità di fare spregiudicatamente affari. E per fare affari bisogna essere Sindaci o Presidenti e non rispondere a nessuno, se non alla banda-cordata. Tutto il potere ai clan. Ma questa è la sconfitta del riformismo.

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Aldo Giannuli

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Comments (9)

  • La domanda potrebbe essere rivolta anche al PDL, almeno a quello di Sesto San Giovanni. Lasciamo in filigrana la congettura del burattinaio Berlusconi che abita a 6 Km da Sesto, e ai dirigenti del centro destra di Sesto San Giovanni si domandi come mai Pasini, loro candidato Sindaco alle elezioni del 2007, non abbia fatto la sua campagna sui termini della denuncia che fa oggi. Perché? Fateci capire anche voi, perché se Penati è corrotto, Pasini è il corruttore non un dispensatore di beneficenza

    Ecco questo è un punto fondamentale,non troppo usato anche da quel partitello di giaguari smacchiati che è il Pd.Usato,manipolato,strumentalizzato-perchè è così che si deve fare- si getta un po’ di discredito su uno degli accusatori.Non sanno nemmeno difendersi quelli del pd!

  • Innanzitutto faccio i complimenti per la ricostruzione molto lucida della vicenda, che da questo articolo comprendo molto più complessa di quanto io avessi fin qui percepito. Mi preme fare un commento su un passo che non c’entra direttamente con la vicenda.

    Cito: “Chi non aspetta è la destra, alla quale non par vero che, pompando il caso Penati – PD, si possa alleggerire la pressione che, su di sé, esercitano i vari casi di Verdini, Milanese, Papa, Scajola e Berlusconi stesso.”

    Io mi auguro che prima o poi si riesca a far entrare nella testa degli italiani che uno più uno fa due e non zero. Questo è quanto, da destra e da sinistra, ma oggettivamente più da destra per ovvie questioni numeriche, si cerca di istillare nella mente degli italiani: se io rubo, ma ruba anche l’altro, allora è come se non rubasse nessuno. Devono andare a casa tutti!. Poi:
    1. riforma elettorale con ripristino della preferenza
    2. abolizione del finanziamento ai giornali
    3. abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (rimborsi elettorali? ma mi faccia il piacere!)
    Da qui si riparte.

  • Anch’io ringrazio per la ricostruzione che mi ha chiarito avvenimenti e contesto.

    Per l’ultima parte, dove si fa riferimento al PCI di Berlinguer ed a quello che e’ successo dopo, faccio appello a Giannuli ed alla sua competenza politologica.

    Non mi convince la (ri)costruzione morale degli avvenimenti e l’invocazione ad una maggiore moralita’.

    Mentre mi convince molto operare perche’ vengano approvate leggi (per es. quella elettorale) che favoriscano il ricambio in politica e la concorrenza nei servizi e nell’economia (per evitare rendite di posizione di qualsiasi genere) devo dire che sono molto pessimista sulla capacita’ del sistema politico italiano di operare un cambiamento profondo nel senso dell’efficienza e della responsabilita’.

    Questo sia per una valutazione specifica sul caso italiano, sia per una tendenza internazionale che vede l’affievolirsi del ruolo dei partiti di massa, della capacita’ delle classi sociali di dotarsi una rappresentanza organica (anche per uno smantellamento delle stesse “classi” come soggetti sociali), per un progressivo primato della finanza internazionale (e nazionale) sulle stesse sovranita’ nazionali.

    Il processo va avanti da decenni. Dire che bisogna ritornare a Berlinguer o dire che bisogna essere onesti e’ buono e giusto ma e’ del tutto inutile (purtroppo).

    Aggiungo, per curiosita’ personale, che potrebbe essere interessante avere indicazioni di testi ed articoli che trattano dello stesso argomento (partiti di massa, rappresentazione degli interessi, sovranita’ nazionale) in contesti diversi da quello italiano.

    La mia impressione, appunto, e’ che siamo un po’ tutti (in occidente) nei guai.

  • Bravo Mario!
    Sono assolutamente d’accordo con te!
    Nel nostro “Bel Paese” ci si sente autorizzati a rubare perchè altri rubano di più, o con fini diversi. Cambiare la mentalità (storicamente sclerotizzata) di un popolo non è facile. Secondo me, vale la pena provarci, iniziando da noi. Non voterò mai più P.D. non perchè, tanto ingenua, da non intuire le scorrettezze, ma per come è gestita la vicenda.
    A casa tutti!! Poi vedremo…
    Un caro saluto ad Aldo e tutti voi,
    Paola

  • abolizione del finanziamento pubblico,ok.Come miracolo poi l’intervento del privato nel finanziare un partito porterebbe trasparenza e onestà?Oppure esattamente come già avviene in decadenti superpotenze i partiti già ridicoli e senza peso oggi nella morente società liberaldemocratica,diventerebbero l’ennesimo giochino nelle mani dei gruppi di potere e pressione economica?Con il fatto che solo una parte della cittadinanza potrebbe parteciparvi attivamente,visto che sarebbero strumenti di amministrazione del potere nelle mani della grande borghesia?Mah!

  • Mi pare che il riformismo non c’entri niente, né in senso storico né in senso politico.
    Se fossi in Casati mi interrogherei molto di più di quanto (non) ha fatto sulle responsabilità del suo partito, che in giunta a sesto credo ci sia fin dalla fondazione.
    Un caro saluto
    giovanni

  • Per Davide:
    E Obama? Il finanziamento della campagna elettorale è stato raccolto per mezzo di Internet, così che lui risultasse libero proprio da quei condizionamenti di cui giustamente Lei parla.
    Poi, d’accordo, Obama è stato una mezza delusione e se fossi americano non lo rivoterei, quanto meno perché con cotante premesse mi sarei aspettato molto di più. Si dirà: beh, tu sei deluso perché sei liberale. No, non c’entra. Se anche le mie idee sono di destra, sono interessato a vedere i risultati di un politico con idee diverse dalle mie; non solo, a seconda della situazione politico-sociale, potrei anche votare per idee molto diverse dalle mie se ritenessi che ci fosse stato uno squilibrio eccessivo nella società in cui vivo. Comunque sia, per me l’idea del finanziamento popolare era e resta buona, mentre Obama non mi è piaciuto.
    Aggiungo che nell’era di Internet è molto facile obbligare un politico a rendere pubblici i suoi finanziatori. Quindi, diventa poi difficile per il politico farsi eleggere se ai cittadini proclama di voler sostenere le energie rinnovabili, ma fra i suoi finanziatori spicca, per esempio, il gruppo marcegaglia che costruisce inceneritori (pardon… termovalorizzatori).

  • Capitato casualmente su questa pagina, faccio osservare che ad oggi 20 nov 11 la situazione giudiziaria del “semplicemente” indagato Penati, accusato non dai giudici ma da imprenditori sotto inchiesta, è la seguente:

    In data 25 ago 11 il GIP ha negato gli arresti richiesti dai PM, stabilendo che
    a) l’accusa per il reato di finanziamento illecito non è sostenuta da alcun elemento.
    ACCUSA DECADUTA.
    b) i 2 accusatori non erano vittime di concussione ma corruttori;
    di conseguenza l’eventuale reato “meno grave” di corruzione per Penati, sarebbe ormai caduto in prescrizione*
    ACCUSA RIQUALIFICATA (manco fosse una ex area Falk)

    *En passant … Penati ha dichiarato pubblicamente che a fine indagini rifiuterà quella prescrizione.

    In data 9 ott i PM hanno finalmente concesso udienza al mostro.

    In data 17 ott viene ritirato dai PM, il ricorso fatto al Tribunale del Riesame contro il GIP.

    Per il momento…. diciamo che c’è una enorme questione morale che riguarda il giornalismo italico,
    l’impreparazione di troppi magistrati e squallidi speculatori politici come Casati.

  • Articolo molto interessante. Secondo me, però, manca un pezzo importante. Cioè porsi una semplice domanda: come vive un cittadino sestese il rapporto con la pubblica amministrazione?
    Se si indagasse in questa direzione si potrebbero fare delle scoperte interessanti.
    Sono stato lontano da Sesto molti anni per ritornarvi 5 o 6 anni fa e ho ritrovato una città degradata e violenta, e questo degrado ha il suo chiaro, evidente epicentro nella pubblica amministrazione, di cui il cittadino è costretto a subire la prepotenza e l’arroganza.
    A suo tempo mi chiesi le ragioni di questa regressione civile e giunsi alla conclusione che la corruzione ne fosse la causa principale.
    Le inchieste giudiziarie, per me, sono semplicemente la conclusione scontata di una storia che era sotto gli occhi di tutti. Lo stesso Di Leva non nascondeva affatto i suoi comportamenti irregolari. Il fatto che tenesse una rubrica su un giornale locale senza avere nessun titolo per farlo non poteva avere, per chi conosce un minimo le cose del mondo, che una sola spiegazione possibile.
    Lei trova delle cose positive nell’operato di Oldrini, probabilmente perché non abita a Sesto e non può rendersi conto della distanza siderale che si è creata fra il cittadino e l’amministrazione sestese.
    Provi solo a chiedere un certificato all’anagrafe e si domanderà come sia possibile nel XXI secolo che impiegati senza particolari capacità né qualità si divertano ancora a umiliare i singoli cittadini.
    Io sono sempre stato un elettore di sinistra, ma dal mio ritorno a Sesto alle comunali non ho mai votato, perché votare contro queste persone è già legittimarle.
    Nel XXI secolo un cittadino onesto che paga le tasse ha il diritto di andare in giro a testa alta. Ma a Sesto questo è utopia.

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