Pasolini: un assassinio non risolto.
Il 2 novembre 1975, moriva assassinato Pier Paolo Pasolini. Venne arrestato un giovane di vita, tale Pino Pelosi, che dichiarò di aver massacrato il poeta nel corso di un litigio, seguito al suo rifiuto di determinate prestazioni sessuali richiestegli, poi, in preda al panico, il giovane avrebbe rubato la macchina di Pasolini per fuggire, ma, senza accorgersene, era passato sul corpo del regista, uccidendolo.
Nel finimondo giornalistico che ne seguì con sovrabbondanza di spunti a disposizione (il ruolo politico dell’intellettuale, il degrado delle borgate romane, la condizione omosessuale in un paese cattolico come l’Italia, il giovane borgataro linciato dai media per aver osato toccare un uomo famoso, l’incontro fra il borgataro e l’omosessuale, entrambi emarginati,
l’esplodere della violenza irrazionale, le pulsioni di morte della società tardo capitalistica ecc.) venne sviata l’attenzione dalle troppe incongruenze della spiegazione ufficiale che non venne messa in discussione.
Nel solco del delitto del “ragazzo di vita” si iscrisse anche il romanzo di Dominique Fernandez “Nella mano dell’angelo” (Bompiani 1983) tutto costruito sull’ipotesi che il poeta sarebbe andato incontro al suo destino, coerente con la vita da “uomo contro”.
I primi dubbi sulla versione ufficiale erano stati suggeriti dall’appello di un gruppo di amici dello scrittore (Antonello Trombadori, Bernardo Bertolucci, Callisto Cosulich, Alberto Moravia, Renato Guttuso, Sergio Citti, Ninetto Davoli, Laura Betti, Dacia Maraini, i fratelli Taviani, Franco Rosi) che lamentavano la trascuratezza delle indagini. Ma si trattò di critiche assai generiche che non indicavano una pista concreta.
Qualcuno adombrò fugacemente l’idea che si potesse trattare di un pestaggio organizzato da fascisti e poi andato oltre il segno, ma non emerse nessun indizio e la cosa cadde nel vuoto.
Solo fra la fine degli ottanta ed i primi anni novanta, iniziò a serpeggiare l’idea che il mandante potesse essere qualcuno che temesse qualche denuncia pubblica del personaggio che, proprio per le sue frequentazioni, aveva potuto sapere qualcosa di compromettente. E, subito dopo il dubbio si collegò ad un suo celebre articolo scritto poco prima di morire:
<< Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe”.
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna…
Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della Cia… hanno prima creato… una crociata anticomunista, a tamponare il ’68, e in seguito…, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del “referendum”.
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali … a giovani neo-fascisti… e infine criminali comuni… Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale…, o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
….Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire ciò che succede… di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.>>
Dunque, Pasolini avrebbe saputo qualcosa di preciso sulle stragi e i loro mandanti, forse da qualcuna dalle sue frequentazioni di malavitosi di borgata e dietro quel “Non ho le prove” si nascondeva, in realtà, qualche prova che non gli era possibile mostrare. Quello scritto sarebbe stato interpretato come il pericolo di una denuncia delle “persone serie” che, pertanto, avevano deciso la soppressione dell’incauto intellettuale.
L’ipotesi piacque e generò la leggenda di un Pasolini ucciso perché aveva scoperto chissà cosa. La leggenda è andata poi autolimentandosi nel tempo sino a diventare una sorta di canone storico in materia. A questa tesi si ispira il film (peraltro bello) di Franco Giordana “Il delitto Pasolini” girato nel 1995 e che si colloca a metà fra la fiction e il film inchiesta. Una tesi molto suggestiva che, però, non sta in piedi perché non appare probabile che un malavitoso di borgata potesse sapere chissà quali retroscena di avvenimenti come piazza Fontana e ancor meno che, sapendoli, li confidasse a Pasolini
Pasolini dice “Io so” ma si tratta di una doppia figura retorica, per dare forza al discorso: “enfasi” (“Io so” in luogo di “Io immagino”) e “anafora” (ripetizione di un gruppo di parole all’inizio di più frasi) che poi precipita in un “ossimoro” (“Io so ma non ho le prove: “cioè “non so con certezza”), seguita da una “gradazione” di rincaro (“Nemmeno gli indizi”). E scioglie tutto nella spiegazione finale (“so perché sono un intellettuale….”). Il brano non è il verbale di un questurino ma il brano di uno scrittore, e va letto come tale.
Qualcuno potrebbe obiettare che si sia trattato di un espediente letterario, per dissimulare conoscenze molto più precise e positive fondate però, su “prove non ostensibili”. Ma a che scopo dirlo? Mettere sull’avviso le “persone serie ed importanti” in modo che reagissero? Bell’imbecille sarebbe stato! E, sapendo cose tanto delicate, non avrebbe preso la precauzione di parlarne con qualche amico, magari della Direzione del Pci? Improbabilissimo.
Nel 2005 il critico letterario Gianni D’Elia pubblicava un libro sull’”Eresia di Pasolini” in cui accennava ad una riconsiderazione del caso che svilupperà in un ulteriore testo. D’Elia riprendeva l’articolo “Io so”, ma con una importante variante interpretativa. Pasolini, poco prima di morire, stava scrivendo un romanzo-zibaldone che uscirà –incompleto e postumo- con il titolo “Petrolio” (1992). Il tema del petrolio e delle guerre di potere che vi si combattettero intorno ne è il filo conduttore e uno dei personaggi chiave è ispirato ad Eugenio Cefis –già presidente dell’Eni ed all’epoca potentissimo presidente dell’Edison-, sul quale Pasolini si stava documentando. Fra l’altro materiale trovato nel suo archivio, c’è anche un libro che girò pochissimo “Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente”, pubblicato con uno pseudonimo nell’aprile del 1972. Il libro era firmato con lo pseudonimo Giorgio Steimetz. Da questo libro, Pasolini avrebbe tratto notizie molto compromettenti per Cefis (in particolare relativamente al caso Mattei) che avrebbe avuto intenzione di trasfondere nel suo romanzo. Nel frattempo, il brano “Io so”, avrebbe fatto allusione a Cefis che, quindi, avrebbe preso le necessarie misure cautelari. Resta da capire che senso avesse una anticipazione del genere.
Subito dopo, Pelosi rilasciava un’intervista per dirsi estraneo alla morte dello scrittore e sostenendo, per la prima volta, che ad Ostia operò un gruppo probabilmente di siciliani, a giudicare dalle frasi dialettali gridate durante il pestaggio. La cosa ebbe scarso seguito giudiziario, ma stimolò un articolo di Carlo Lucarelli e Gianni Borgna che prospettava una diversa ricostruzione dell’omicidio: Pasolini sarebbe stato attirato in un agguato con la promessa di restituirgli le pizze del film che stava girando (“Sodoma-Salò”) e che gli avevano rubato. Pelosi avrebbe fatto da ulteriore esca, attirandolo in un posto dove sarebbe stato rapito, quindi portato sul lido di Ostia e massacrato.
Movente sarebbe stato lo stesso individuato da D’Elia: le curiosità di Pasolini per Cefis. Anche se con qualche punto da chiarire (perché Pelosi se ne va a bordo dell’auto di un uomo appena assassinato da altri?) si tratta di una ricostruzione più plausibile e logica di quella ufficiale quanto alla dinamica dell’agguato, ma quello che non convince è il movente. Il libro di Steimetz (che conosco molto bene) è una lettura interessante e ricca di spunti, ma, ad esser sinceri, non c’è nulla che non potesse esser digerito dai forti succhi gastrici del presidente Cefis. Pisanò era stato molto più pesante, anche su altri episodi come la morte di Alfredo Di Dio (comandante partigiano di cui Cefis era il vice) e che il senatore missino insinuava essere stato consegnato ai tedeschi dallo stesso Cefis. Si può pensare che Cefis avesse il timore della cassa di risonanza di un libro di Pasolini? Il romanzo era molto lontano dalla pubblicazione e lo stesso autore disse che “Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita”. Dunque, non era un pericolo imminente.
Pertanto una ipotesi possibile, ma assai improbabile. Da considerare al pari di molte altre E se la verità fosse molto più semplice? Personalmente amo poco Pasolini come regista ed ancor meno come scrittore (salvo gli “Scritti corsari” e le “lettere luterane”) ma è innegabile che fosse un intellettuale assai famoso. Accade spesso che la statura del personaggio induca a cercare “verità” che gli stiano alla pari, per cui una fine “eroica” ben si attaglia ad una personalità del genere. In fondo è l’operazione che tentò Dominique Fernandez accettando la teoria dell’omicidio fatto da Pelosi, però tessendoci intorno una complessa trama sfondo psicologico che, a suo modo, rende “scandalosa “ ed “eroica” quella morte.
Ma immaginiamo un’altra ipotesi. Erano anni in cui si formava la banda della Magliana ed esplodeva la stampa porno (comprese alcune dedicate al genere gay o a varie pratiche di “sessualità non ortodossa”). I sequestri che erano piovuti sono a pochi mesi prima del 1971, di colpo cessarono, come di incanto. Poi si seppe di strani intrecci fra mondo del porno, malavita e servizi. Nel 1970 venne arrestato a Palermo il commercialista Nino Buttafuoco (ritenuto vicino alla ”famiglia” newyorkese dei Bonanno), nel quadro dell’inchiesta sul rapimento De Mauro. Poco dopo comparve una rivista porno assai vicina agli ambienti della famiglia del commercialista: si preannunciava una inchiesta in 5 puntate sul caso Mattei che non uscirà mai, ma in compenso uscì, prima dal carcere poi dall’inchiesta, l’anziano commercialista palermitano.
Nello stesso periodo il Sid fotografò un giovane (“ragazzo di vita” anche esso) completamente nudo sulla terrazza dell’attico dell’on Colombo (di cui erano note le propensioni sessuali): e’ palese che il giovane fosse d’accordo con i “fotografi” e che lo scopo era quello di fare pressioni sull’uomo di governo. A rivelarlo fu, nel 1997, il generale Maletti durante la sua audizione davanti alla Commissione Stragi.
A rapporti fra prostituzione, porno, servizi e malavita accennò spesso l’agenzia “Op” di Mino Pecorelli. Dunque, non è difficile immaginare il giro di ricatti che ne era scaturito. Immaginiamo ora che Pasolini avesse appreso, dai “ragazzi di vita” che frequentava, che la malavita organizzata avesse iniziato a controllarli, ed usarli e che su questo avesse intenzione di scrivere un’inchiesta giornalistica o semplicemente se ne fosse incuriosito magari solo per interesse verso un qualche ragazzo in particolare. E’ possibile che neanche lui si fosse reso conto di quale nido di vipere era andato a pestare e di quanto lontano potessero portare le sue eventuali ricerche. O anche è possibile che ambienti malavitosi (quei siciliani cui accenna Pelosi…) si fossero allarmati oltre misura, di quei la decisione di eliminarlo. In fondo, se dobbiamo immaginare che Pasolini avesse saputo qualcosa di scottante dai ragazzi che frequentava, è molto più realistico pensare che si trattasse di argomenti del genere, piuttosto che di trame lontane da essi come la strage milanese o i colpi di stato.
E’ una ipotesi meno importante di quella di Cefis o di piazza Fontana, ma credo assai più realistica. Ma, in morte di una persona celebre si può credere ad una pista così poco “eroica”?
Aldo Giannuli
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Gaz
Si possono formulare ipotesi ulteriori, ovvero che P. :
– sia stato ucciso dall’Uomo Ragno, a sua volta forse fatto fuori dalla mala o da un’industria di caffè (M. Pezzali-883);
– si sia pestato da solo, in un modo che ci è ignoto;
– si sia prestato ad un messa in scena con l’aiuto degli uomini con la coppola per lasciare le luci della ribalta e riparare nell’anonimato di un paese sud americano;
– si sia perduto per strada e sia finito in mano a dei gelosoni.
Meno credito trovano le ipotesi extraterrestri e soprannaturali, che vedrebbero rispettivamente coinvolti gli Ufo o i diavolazzi.
–
Paolo Selmi
“Gli eroi son tutti giovani e belli”… cantava il buon Guccini, esprimendo un bisogno, psicologico ancor prima che sociale, che nasce da piccoli con l’esaltazione della figura del padre e della madre e si trasferisce poi, con poteri sempre più ridotti ma comunque stra-ordinari, su personaggi che mitici sono o lo diventano post mortem. Ogni eroe ha però il suo tallone d’Achille, “che lo farà cadere” inevitabilmente. Fosse successo oggi, per inciso, probabilmente non sarebbe più neppure considerato un tallone d’Achille: tuttavia, all’epoca, lo era. La tua seconda parte dell’analisi ha fatto venire in mente il monologo, impressionante in tutti i sensi, di Ciccio Ingrassia in “Todo modo”. Mi sembra rifletta molto il clima per nulla terso che si respirava all’epoca nelle alte sfere democristiane. Allora, forse, tutto si ricollega. Al mito il mito, e la fine eroica, così come eroica deve essere dipinta la vita dell’eroe; alla Storia la ricostruzione degli ultimi attimi di un uomo, in carne ed ossa, né eroe né antieroe, che – probabilmente in modo del tutto casuale – si affacciò su una verità scomoda, su un intreccio di degrado e ricatti perverso o, meglio, inaccettabile per l’epoca (penso all’odierno circo di olgettine e compagnia bella). La ricostruzione delle modalità dell’omicidio e della catena di comando della sua ideazione ed esecuzione (fosse il semplice “eccesso di zelo” degli esecutori materiali, o un coinvolgimento più diretto, in quanto mandatario, delle cosiddette alte sfere), arricchirebbe l’impianto di dettagli importanti, certo, ma che non ne sconvolgerebbero più le fondamenta.
Paolo Selmi
GherardoMaffei
Prof. Giannuli, sulla credibilità ma soprattutto sulla professionalità come giornalista d’inchiesta del compianto senatore missino, membro della Commissione loggia massonica P2 Giorgio Pisanò, essendo politicamente scorretto, pesa la pregiudiziale becera e antistorica del peggior conformismo benpensante, vale a dire di sinistra.Allora a sua memoria e merito, ricorderò lo scoop relativo alle borse appartenenti a Roberto Calvi, contenenti documenti scottanti,da lui esibiti pubblicamente in televisione, scoop giornalistico avallato dalla vedova del faccendiere.Poi ricorderò l’ articolo del senatore relativo ai timers acquistati da Freda, apparso sul suo settimanale “Candido”. L’inchiesta condotta come al solito in maniera brillante in Germania, ove intervistò l’ingegnere che aveva progettato i timers in questione, appurando dallo stesso progettista, che i timers usati nell’eccidio erano diversi da quelli acquistati dall’editore. Ovviamente tale pista investigativa venne ignorata dal soviet di “toghe rosse” milanesi titolari dell’inchiesta.Citerò inoltre le inchieste sul “triangolo della morte” in Emilia e infine sulla morte di Mussolini.Fu perseguitato durante i famigerati “anni di piombo” dalla feccia rossa e in una occasione il locale ove si stampava il suo settimanale venne letteralmente raso al suolo da una carica esplosiva di inaudita potenza, provocando danni seri a parecchi stabili della via.
Post Scriptum.Onde evitare i soliti commenti malevoli per aver ricordato l’inchiesta giornalistica sui famosi timers, voglio solo citare il fatto che un “fontanologo” di rango,uno degli apripista delle “trame nere”, Giampaolo Pansa, in un suo recentissimo libro, si è rimangiato tutto sul suo passato come “fontanologo” scrivendo che la celebre coppia Freda Ventura, con la strage non hanno nulla a che vedere.
Aldo Giannuli
Di Pisanò ho avutoo modo di rore nei miei libri e ne scriverò ancora, riconoscendone sempre il talento giornalistico, anche se questo non escludeva disivoltissime operazioni politiche e fiannziarie.
Sono meno convinto, molto meno, del talento di Pansa
GherardoMaffei
D’accordo sul talento giornalistico prevalente di Pisanò nei confronti di Pansa.Fu il primo in Italia negli anni settanta ha scrivere una monumentale “Storia della Guerra Civile” seguita dalla “Storia delle Forze Armate della RSI”. Poi in tempi migliori e meno pericolosi lo ha seguito Pansa, sulle stesse tematiche.A Pisanò la feccia rossa distrusse pure una modesta baita in montagna. A Milano erano anni in cui gli edicolanti tenevano ben nascosti i numeri del settimanale “Candido”, vi era il rischio che i “katanga” armati delle famose chiavi inglesi, Hazet 36, ti aprissero il cranio se ti vedevano con in mano il settimanale, dopo aver dato alle fiamme l’incauta edicola. Poi vorrei ricordare che la fine di Mattei come quella di Mussolini hanno avuto entrambe una regia inglese. Basterà leggere il recente libro intitolato “Colonia Italia” di Cereghino e Fasanella, per documentarsi, sulla costante manipolazione e “intossicazione” giornalistica britannica condotta contro l’Italia, specie per tutelare i loro interessi in materia petrolifera.Ricorderò pure che nel 1969 tutta la sinistra italiana abboccò all’amo con il famoso articolo giornalistico inglese, scandalosamente falso, che aprì la campagna di stampa sulla “strategia della tensione” e con il “signor P” che costò la galera all’innocente Pino Rauti.Ricorderò anche che qualche mese prima di essere assassinato Giacomo Matteotti si recò clandestinamente a Londra ove ebbe contatti con la massoneria britannica. Stessi viaggi in incognito fece anche Carlo Rosselli.Furono la tutela degli interessi inglesi in materia petrolifera i moventi dell’uccisione prima di Matteotti e poi di Mattei. In conclusione aveva ragione il noto commentatore radiofonico dell’EIAR fascista Mario Appelius, il quale esordiva nella rubrica radiofonica da lui tenuta, con la nota invettiva “Che Dio stramaledica gli inglesi”!
Tenerone Dolcissimo
Di sicuro c’è soltanto che è morto
david cardillo
Professor Giannuli, se me lo consente, vorrei usare la pagina di questo suo articolo (che io giudico uno dei più interessanti che Lei abbia mai scritto) per fare pubblicità al libro “Profondo nero”, di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza. Chi si pone delle domande non solo sulla morte di Pasolini, ma su tutto questo settantennio di “democrazia” (da notare bene le virgolette), in questo libro troverà non poche risposte.
Aldo Giannuli
faccia pure
makno
gentile prof giannuli in tutta questa epopea pasoliniana in barba a certo culturame non riesco a vedere una grande differenza tra la vicenda ruby di berlusconiana memoria e quella di pino “la rana” o dei ragazzini di casarsa del 1949 del novello vate nazionale, se non che il cavaliere pagava qualcosa di più….quando sento il moravia d’annata che parla di sacralità del poeta a prescindere da ogni sua azione, beh mi prudono ideologicamente le mai per l’ipocrisia straripante con stima e cordialità makno
adamenzo
ipotesi assolutamente verosimile. collima con quella di franceschetti (oggi in rete) che privilegia l’aspetto “esoterico”
benito
” io so perche’ sono un intellettuale, ma non ho le prove”
Secondo me questa frase che e’ comunque ambigua, poteva semplicemente voler dire: poiche’ sono un intellettuale, avendo studiato la storia e letto Machiavelli, so che il potere poggia su una colonna portante che e’ la corruzione. Corruzione = aggirare le leggi considerandosi al di sopra di esse, lasciar rubare i propri sottoposti che cosi diventano ricattabili e quindi piu’ docili, tendere una mano alla criminalita’ organizzata in cambio di favori elettorali e non solo etc…etc…
Ora essendo che in quegli anni le sinistre erano forti, un punto di riferimento come un Pasolini accusatore della corruzione del potere, avrebbe certamente fatto danno a chi comandava, poiche’ non dimentichiamo che uccide piu la penna della spada. Ritengo a differenza del prof. Giannuli che gia’ questo poteva essere di per se’ un motivo per eliminarlo
leopoldo
Si, perché la morte di Pasolini dipende più dal fastidio che creava il suo pensiero, la sua esistenza e l’impegno che richiedeva alle persone per essere capito che dalle indagine che un magistrato poteva svolgere dai suoi scritti
Nicola Mosti
Ma perché, non può essere semplicemente morto nel tentativo di ficcare un palo in culo al recalcitrante Pino “la Rana”, come sostiene lo stesso Massimo Fini, che Pasolini aveva accompagnato a fare un giro a marchettari almeno in un’occasione ed al quale il poeta aveva confidato che certe sue abitudini lo avrebbero prima o poi ucciso?
Per quanto mi riguarda, le deviazioni sessuali private di Pasolini niente tolgono alla statura dell’artista, ma possono verosimilmente averlo condotto alla morte. O per voi tutti è forse una fine troppo banale per poter essere vera? Si parla tanto di banalità del male e più ho esperienza della vita, più condivido questo concetto.
Saluti da un vecchio amico…
Nicola Mosti
victorserge
un intellettuale vero è sempre controverso; se non lo è non arriva all’anima del lettore.
per esempio: eco è sicuramente un grande intellettuale, ma non arriva al cuore della gente quindi è sostanzialmente insignificante, cioè politicamente, tranne che per gli specialisti.
di pasolini resta secondo me la sua tenerezza, la sua sincerità, la sua grande intelligenza e sensibilità verso gli ultimi, verso coloro i quali non avevano nessuna chanche di riscatto da una vita al margine; egli era interessato al mondo, e precisamente al mondo del sottoproletariato ed emarginato, voleva dare loro una voce, ma non la sua voce ma la loro voce.
poi come è morto è sostanzialemnte relativo.
contano molto di più le sue opere che non le cause della sua morte.
ricordiamo che pure andreotti disse che pasolini aveva ragione delle sue denuncie, disse che non era stato ascoltato.
perché lo disse forse l’informato giannuli ce lo può dire; io dico solo che pasolini è stato un uomo del suo tempo ed ha usato tuta la sua arte e intelligenza per opporsi all’ingiustizia sociale.
e tanti altri come lui in italia e nel mondo.
quest’anno è stato anche il trentennale della morte di calvino, grande scrittore, ma non riscosso il medesimo successo.
forse che la poliedricità premi; oppure è la profonda ignoranza del main stream incultural-televisivo italico a non dare risalto ai nostri grandi scrittori ed artisti?
saluti
victor serge
benito
@ Nicola Mosti
si puo’ essere, ma bisogna anche considerare che in quegli anni era assai temuto il sorpasso del PCI sulla DC, e sicuramente le pressioni degli USA perche’ cio’ non avvenisse erano particolarmente forti, poiche’ gli americani temevano che la vittoria della sinistra potesse mettere in discussione le basi nato in tempo di guerra fredda. Avere un intellettuale come Pasolini che minacciava di smascherare il volto della classe dominante era qualcosa che dava al potere il movente per la sua eliminazione. Possiamo quindi certamente dire che la sua eliminazione decisa a tavolino, se anche non fosse vera e’ almeno verosimile, anche in considerazione del fatto che la versione ufficiale dei fatti mostra delle falle.
Davidem
Se ricordiamo per un momento la terribile azione punitiva organizzata contro Franca Rame non suonerebbe strano immaginare che qualcosa di simile fosse stato organizzato nei confronti di Pasolini e che poi sia scappato di mano agli esecutori. Questo spiegherebbe la fuga rocambolesca e non preventivata del Pelosi, magari lasciato solo sulla spiaggia. Il mandante a quel punto potrebbe essere Cefis oppure no: c’è l’imbarazzo della scelta. Certo la trama di petrolio è suggestiva per le ipotesi sui mandanti.
Aldo Giannuli
possibile, ma sdevo dire che per quanto varie ag in omemgi diversi abbiano crecato in questa direzione, non è mai emerso alcun indizio in questo senso
Gaz
Perché, possono emergere?
Davidem
Siamo d’accordo. Certo che però, dato che il personaggio di “Troya” (ispirato a Cefis) si prepara a eliminare il suo predecessore all’ENI “Bonocore”… eh, insomma, qualche suggestione la lascia. E lascio perdere la definizione che Pasolini diede del proprio romanzo in una lettera a Moravia “…preambolo di testamento…”