Che tipo di partito servirà nella Terza Repubblica?
Quando “cessarono gli spari”, nell’aprile del 1945, erano già fatti i giochi per la conformazione dei nuovi soggetti che avrebbero occupato la scena politica.
L’ipotesi vagheggiata dagli esponenti del mondo pre fascista (come Bonomi, Sforza, Nitti, Orlando o Croce) di un ritorno al sistema notabilare dell’Italia liberale, era già fuori dalla storia e risultò immediatamente impraticabile: quel sistema era già andato in crisi nel 1919, poi il fascismo aveva organizzato le masse socializzandole alla politica, pure se in quadro autoritario, ed era impossibile tornare indietro.
La democrazia liberale aveva piegato le ginocchia davanti all’assalto fascista, per la sua debole legittimazione popolare, la nuova democrazia avrebbe dovuto darsi fondamenta ben più solide. Dunque, occorreva portare il popolo nella vita dello Stato e questo richiedeva partiti di massa, di insediamento sociale con vaste e ramificate organizzazioni collaterali (sindacati, organizzazioni femminili, culturali, giovanili, cooperative eccetera). E i quadri dei nuovi partiti erano già stati formati dalla Resistenza: circa la metà dei membri dell’Assemblea Costituente erano ex partigiani, così come lo erano la netta maggioranza dei quadri di partito comunisti, socialisti, azionisti ed anche buona fetta di quelli democristiani. E bisogna dire che il modello per un quarto di secolo funzionò abbastanza, educando alla politica il popolo italiano: sostanzialmente era quello che ci voleva.
La cosa andò in crisi negli anni settanta, quando l’incomprensione dei movimenti del sessantotto confluì con i processi di burocratizzazione dei partiti. Negli anni ottanta i partiti divennero sempre meno capaci di svolgere la loro funzione di trasmettere la domanda politica. Poi la deriva della corruzione fece il resto ed arrivò il crollo.
Il rifiuto di quei processi di burocratizzazione e delle pratiche corruttive, il fastidio per le incomprensibili liturgie della politique politicienne, ma soprattutto la resa ormai scarsissima del sistema politico, sempre meno capace di produrre decisioni utili a fronteggiare i problemi che sorgevano, spinsero alla liquidazione dei partiti e al deperimento del loro associazionismo collaterale: la gamba malata non fu curata ma amputata.
Prese piede la leggenda del “partito leggero”, della politica non intermediata dagli apparati, incarnata dal leader che parla al “popolo” attraverso la Tv. Per un po’ di tempo quella retorica ha funzionato e gli italiani sono stati convinti di stare marciando a vele spiegate verso la modernità globalizzante, con una politica che non disturbava il mercato (e per questo si sciolsero le partecipazioni statali).
Ma, a differenza della vicenda della Prima repubblica, che ebbe un primo tempo felice, durante il quale si fece la ricostruzione, si rimise in piedi l’industria, si realizzò una pur imperfetta modernizzazione e si educarono le masse alla politica, questa Seconda Repubblica non conobbe quel tempo, perché fu un frutto bacato dalla nascita: la corruzione riprese assai presto, gli apparati si dissolsero, ma solo per lasciare il posto a partiti padronali come Forza Italia, o a ristrette cerchie oligarchiche che nominavano deputati (e questo già con il Mattarellum), soprattutto il ceto politico mostrò una capacità sempre più ridotta di capire i processi in atto e sviluppare strategie adeguate.
Su tutto prevalse l’esigenza di “forare il video”, dilagò la cultura dello slogan, un crescente semplicismo che rimuoveva la complessità della politica. Fu il trionfo del “facilismo” nessun partito ebbe più riviste, istituti di ricerca, case editrici, centri studi o convegni di studio. Quanto alle fondazioni: sono fiorite ma, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno avuto solo la funzione di centro di pubbliche relazioni e di raccolta fondi.
Idee zero, analisi zero, proposte zero non era quello che ci voleva, anche se la cosa ha funzionato sin quando il quadro internazionale è stato favorevole e l’euro ha vissuto la sua breve estate felice.
Quando è arrivata la crisi (dal 2008 in poi) il gioco è crollato e la delusione è andata via via facendosi strada, esplodendo nel 2013. Il sistema, ne è stato destabilizzato e, dopo la brevissima parentesi renziana, ha portato al crollo della seconda Repubblica per il congiungersi (non del tutto) casuale fra l’esito del referendum e la sentenza della Corte sull’Italicum (che peraltro era già in liquidazione per volontà dei suoi stessi ideatori).
La seconda repubblica nacque da un referendum e muore per un referendum. Non si tratta solo della sconfitta del giullare fiorentino, ma del crollo di un sistema che si sta scomponendo, a cominciare dalla scissione del principale partito di esso, mentre altre scissioni si preannunciano.
Esattamente come il quadriennio fra 1992 e 1996, assisteremo ad un susseguirsi di turbolenze di partiti che nascono, muoiono, si dividono, si unificano. E dunque vale la pena di discutere di quale partito serva in questa nuova stagione politica.
Certamente un partito con buoni anticorpi alla corruzione: certamente, ma non basta. Abbiamo bisogno di un partito che faccia rinascere il senso del conflitto sociale, che educhi le nuove generazioni al senso dell’azione collettiva, a pensare in termini di “noi” e non solo di “io” e questo non si fa stando incollati alla tastiera del computer, anche se il web è una risorsa notevolissima che va valorizzata, ma non resa totalizzante.
Poi abbiamo bisogno di un partito democratico che formi, selezioni e controlli la sua classe dirigente, perché di una classe dirigente non si può fare a meno, ma non è di una ristretta oligarchia da salotto che abbiamo bisogno. Anzi, abbiamo bisogno di un partito che faccia funzionare la classe dirigente in simbiosi con la partecipazione politica popolare, che promuova il più possibile elementi di democrazia diretta, che renda responsabile quel potere che oggi è del tutto irresponsabile.
E, per questo, abbiamo bisogno di un “partito pedagogico” che educhi la gente alla politica, la informi e la metta in condizione di capire le alternative che si pongono.
Decidere se fare una centrale nucleare o un altro sistema di produzione dell’energia è una decisione con un alto contenuto scientifico, noi abbiamo bisogno di un partito che renda comprensibili queste scelte alle persone.
Ma soprattutto, abbiamo bisogno di un partito che pensi, produca idee, progetti, trovi soluzioni. Ed il cuore pulsante di questo partito non può che essere il suo centro progettuale, che, però, da solo non basta. Perché possa funzionare bene, occorre che fra esso e la gente ci sia una robusta fascia di quadri politici in grado di trasmettere al centro la domanda politica che viene dal sociale e di ritrasmettere ad esso le proposte elaborate al centro, riverificarle, raccogliere le obiezioni eccetera.
Dunque, qualcosa che oggi non c’è, ma che occorre avere il coraggio di “inventare”. Ma di questo riparleremo, ricordando che il partito (contrariamente a quanto si pensava nei partiti comunisti, sbagliando) non è un fine, ma un mezzo e deve rispondere alle esigenze del suo tempo.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, crisi seconda repubblica, democrazia dei partiti, m5s, partiti della prima repubblica, partiti della seconda repubblica, pd, referendum, renzi
Rachkovsky
“E, per questo, abbiamo bisogno di un “partito pedagogico” che educhi la gente alla politica”
Mi perdoni, ma avendo una certa età, queste parole mettono i brividi.
Aldo S. Giannuli
male perchè l’educazione alla politica c’è sempre stata, dipende da quale politica…
Allora ditelo
Secondo la Costituzione i partiti sono libere associazioni di cittadini: ove si ripristinasse tale “accezione politica” si dovrebbe individuare la connotazione pedagogica nel paradigma dell’empowerment sociale.
«L’empowerment sociale o di comunità, secondo la definizione data dal Cornell University Empowerment Group (1989), è “un processo intenzionale, continuo, centrato sulla comunità locale, che comporta rispetto reciproco, riflessione critica, attività di cura (caring) e partecipazione di gruppo, mediante il quale le persone prive di una giusta quota di risorse valide possono raggiungere più facilmente l’accesso a tali risorse e accrescere il loro controllo su di esse.” I processi di empowerment portano allo sviluppo di “comunità competenti” (Iscoe, 1984), contribuendo a creare un diffuso senso di coesione sociale, una sensibilizzazione sulle problematiche rilevanti per la comunità e a proporre obbiettivi di azione comuni (Zani, 2012).»
PS: A Lei non mette i brividi uno Stato che distragga i cittadini da conoscenze utili nella vita pubblica e poi agevoli l’accesso al catechismo cattolico fin dalle scuole elementari?
Allora ditelo
Vale la pena sottolineare che data la complessità dei problemi odierni sono spesso necessarie competenze multidisciplinari per approcciarsi ad essi ed individuare delle soluzioni.
Le “libere associazioni di cittadini” quali sono i partiti risultano uno dei contesti sociali ove sia possibile superare i limiti individuali e raggiungere collettivamente quella massa critica di risorse (economiche e tecniche) dalla quale scaturisce una ragionevole capacità risolutiva tutelata attivamente evitando condotte da groupthink.
Paolo
secondo me più che i partiti dovrebbero farlo la scuola. Rivalutare l’ora di educazione civica…e senza partigianeria inculcare sin da bambini agli studenti..l’importanza della politica …dalle elementari sino al diploma superiore ..cioè l’educazione civica farla diventare una materia “importante” e fondamentale per la formazione scolastica (in tutti gli indirizzi scolastici )…dedicare qualche ora in più all’Educazione Civica …lettura dei giornali in senso pluralistico (non solo il giornalaccio “La Repubblica” magari dal professore piddino di turno ahahah ) , abituare i ragazzi a commentare ed esprimersi sulle vicende politiche del momento, sulle questioni internazionali…sulla storia della politica etc etc …se gradualmente si facesse sin dalle elementari.rendendola materia importante e materia d’esame ..quando lo studente arriva al diploma…ci arriva con già degli ottimi imput di base …e forma dei cittadini che quando poi vanno a votare e fanno una scelta..sanno perché la fanno…cioè insegnar loro sin dall’infanzia: cosa è la politica, come funziona, etc etc….poi il resto formativo ci sarà nella militanza politica a chi fa una scelta di vita del genere…ma a mio parere è importante formare tutti alla politica proprio in sede scolastica. Quindi considerare lo spazio scolastico di Educazione Civica e valorizzarlo come l’italiano, la matematica, etc etc…
Paolo
secondo me più che i partiti dovrebbero farlo la scuola.
—–
—-
o meglio…dovrebbe iniziare la scuola introducendo la comprensione della politica nell’Educazione Civica..sin da fanciulli..ma renderla non materia secondaria , superficiale ..ma renderla materia importante ed incisiva nel percorso scolastico …e poi il resto lo continua la politica . Tra gli studenti chi è che prende il diploma superiore e conosce la Costituzione ? quasi nessuno…..(io la ho letta tutta un paio di anni fa da adulto)..non si fa da nessuna parte…cioè educare in profondita alla politica e al senso politico i cittadini nella formazione scolastica…
Paolo
Sto pensando a tutti i ragazzi ..dal liceo classico ..alla scuola alberghiera ..che si diplomano e conoscono e sanno commentare la Costituzione, i vari sistemi elettorali, etc etc (oggi ignorati totalmente o quasi )
Tenerone Dolcissimo
CaroPaolo nelle sQuole italiane si dovrebbe insegnare e bene la STORIA che piu’ vado in la’ con gli anni e piu’ comprendo che è una magistra vitae
(certo non la storia dei nostri libri che ci divcono che la IIGM è cominciata nel settembre 39)
Tenerone Dolcissimo
In Italia l’educazione civica significa indottrinare i ragazzi con bufale come quella che i soldi prelevati con le tasse servono a erogare servizi ai cittadini.
Il guaio è che poi i ragazzi su internet scoprono che Monti ha regalato 63 miliardi delle nostre tasse alle banche tedesche (senza contare gli altri sprechi)
Allora ditelo
L’educazione civica può essere utile ad insegnare a riconoscere quando qualcuno istighi a reati.
Oppure a spiegare che i maggioritari generino una elevata quota di voti non rappresentati.
Una propaganda che violi le evidenze non passerebbe inosservata a meno che non coincida per assurdo con le discipline accademiche delle quali nelle scuole si fa divulgazione.
Paolo
Suppongo ti riferisca ai soldi che secondo il regolamento UE , come terza economia , abbiamo dovuto prestare alla Grecia (ed anche alla Spagna se non erro )…soldi che poi son serviti per restituire una parte dei debiti greci nei confronti delle Banche tedesche e francesi (hanno fatto pagare a noi i soldi incautamente prestati ai greci…)
E’ la bellezza dell’appartenere all’UE e alla favolosa moneta euro (fossero solo quelli i soldi che volano via ..grazie al favoloso sogno europeista ..): una rapina continua. Però guai a volerne uscire : “populisti” !!!! populisti di qua ..populisti di là……(a pensare che questi cosiddetti “populisti” ,—– termine indigesto e ormai assimilato ma usato con un che di valenza “dispregiativa” , —– fanno delle richieste e portano avanti un discorso in economia…che è il medesimo di diversi premi nobel (circa 7 ) che sin dagli anni settanta a partire da Kaldor…sino a Friedman dicevano e dimostravano che la moneta unica sarebbe stato un disastro…e si è avverato “esattamente” paro paro cio che avevano previsto negli anni 70 , 80 e 90….quel discorso di quel popò di nobel ..vien ripreso da chi porta avanti il tema no/UE-euro…e vien bollato come “populista” una qualcosa che “vien dalla pancia”..privo di elaborazione di livello…: poveri premi nobel…ahahah
altro:
Caro Tenerone…se dovessimo far qual ragionamento (in parte vero..) bisognerebbe eliminare la facoltà di Economia…ove insegnano un economia bifolca e falsata.
Concludo con una frase :
“Io sono arrivato alla conclusione che tutto ciò che di economia mi è stato insegnato all’università dagli “esperti” della materia si è rivelato TOTALMENTE FALSO ” (Franklin Delano Roosvelt —Presidente USA)
e lui l’università la avava frequentata all’inizio del secolo in ottime e ferree scuole :alla celeberrima Groton School (Massachusetts), dove gli venne impartita una ferrea disciplina. Finito il liceo si laureò ad Harvard nel 1904….
ma quella che si insegna poi…dalla fine degli anni 80 in poi..è totalmente falsata..
Debito pubblico, tasse, emissione monetaria , titoli pubblici , sistema bancario…etc etc tutto falsato dal “pensiero unico” ..
ed ha funzionato: guardate quanti “polli” ancora difendono la moneta unica….(economisti e no )…tecnicamente assurda—->>> è il frutto di quel lavaggio del cervello.
Hai ragione per certi versi…ma insisto su cio che ho detto nei post precedenti: se si insegnasse l’educazione civica e la struttura , le dinamiche, etc della politica nazionale e internazionale …gradualmente dalle elementari sino al diploma…sarebbe un ottima cosa : bellissimo veder degli studenti giovanissimi conoscere e saper commentare la Costituzione , etc etc….orrendo veder eccetto chi studia giurisprudenza…degli ingegneri, medici, biologi, etc etc o diplomati comuni…che non sanno nulla…poi “magari” entrano in politica….ma questo discorso vale dall’operaio al laureato…
Tenerone Dolcissimo
Penso che il buon Giannuli -se me lo consente- si sia espresso male.Forse voleva dire che il nuovo partito abbia una funzione informativa nell’ambito di una libera informazione.
In effetti l’espressione “funzione pedagogica ” oltre a ricordarci tristi esperienze del passato riporta a miserabili iniziative odierne come la campagna contro le cosiddette fake news perpetrata dalla gens boldrina.
In effetti i vecchi partiti -versione ante anni 80- avevano una funzione informativa. Attraverso le sedi periferiche informavano l’elettorato delle iniziative della politica e nel contempo informavano il ceto politico del “sentiment” della base.
napalm51
quindi è morto anche M5S )-:
Roberto B.
Certamente il M5S prima o poi morirà, come accade a tutte le opere umane.
D’altra parte, se sono morti tutti i partiti della Prima Repubblica, e anche quelli della Seconda si avviano a fare la stessa fine, non ci sarà nulla di strano assistere al disfacimento anche del Movimento.
Quello che però non morirà di certo, è il desiderio nella gente di avere politici e governanti che, nelle possibilità concesse alla limitata umana natura, si sforzino di operare nell’interesse del Paese e non in quello di un comitato di affari organizzato in forma di partito.
Si può essere capre, incapaci e persino un po’ sbruffoni, alla Renzi per intenderci: su quasi tutto si può sorvolare e perdonare, tranne quando ci si rende conto che oltre a fare sciocchezze a causa della propria insipienza, chi abbiamo delegato a governare ci prenda bellamente per i fondelli raccontandoci un film diverso da quello che stiamo vivendo.
tonino basile
Prof,
la caravella italia sembra talmente alla deriva che non credo sia possibile tra la ciurma ci sia qualcuno che, a breve, possa gridare : “terra”.
Forse sarebbe necessario un nuovo CLN ma si dispera molto sulla possibilità che (ri)sorga…!
Anche perché, ci si congratula e ci si rammarica allo stesso tempo, qualcuno cancella i commenti che parlano di concretezza e di verità.
Vede carissimo Prof.: i fallimenti (mi verrebbe da dire tradimenti ma non lo dico non vorrei essere “cancellato” di nuovo) “rifondaroli” e delle altre particelle rosso (oramai, purtroppo) sbiadite con consensi attorno a % simili a prefissi telefonici, sono una realtà che si costata (e che costa in termini di democrazia e libertà) quando frequento i pensionati con cui gioco a carte, i lavoratori con salari da fame, i precari con cui lotto per non farsi rubare il futuro, i disoccupati con cui (con)divido rivoluzioni, e altre (molte) amare realtà umane dei meno abbietti con cui mi confronto.
Abraham Lincoln diceva che: “Si può ingannare qualcuno per sempre, molti per qualche tempo ma non a tutti per sempre”.
Non credo sia sufficiente cancellare commenti (anche se penso che abbia fatto bene) per recuperare la fiducia (andata inesorabilmente persa) delle classi meno favorite verso chi porta a casa “vitalizi pugliesi” da 5.000 € al mese o, peggio, parlamentari con salari da nababbi per lavorare 2-3 giorni a settimana, quando i detti poveri e affamati (che sono milioni) non ce la fanno più a campare.
saluti rossi…. di quelli veri.
tonino basile – roma
Roberto B.
Resto stupito nel leggere che il prof (o chi per lui) ha cancellato un commento, a meno che non contenesse espressioni scurrili et similia.
Non sono certo di aver capito bene, giacché pensavo che nessuno sia mai stato censurato, persino quando qualcuno si è espresso in modi strafottenti e villani nei confronti del nostro ospite. Tra l’altro, poiché i commenti sono sottoposti ad approvazione preventiva per evitare il rischio di diffamazioni di terzi, troverei singolare che un commento venga prima accettato e pubblicato, poi inopinatamente cancellato: sarebbe certamente più semplice censurarlo ab origine, cioè non pubblicarlo affatto.
Vorrei una conferma da lei e da Giannuli, di aver frainteso: non vorrei proprio ricevere una cocente delusione. Attendo fiducioso.
Aldo S. Giannuli
ho cancellato un commento che però aveva firma diversa e perchè era di insopportabile volgarità tutto qui, ma non credo che basile si riferisse a quello
E’ sempre possibile un errore ma vorrei che mi si dicesse con precisione a cosa ci si riferisce
tonino basile
ho detto che: “ha fatto bene”… a cancellare il commento. non sono ne arrabbiato ne offeso…!
spesso uso un linguaggio diretto e chiaro… (mi si passi l’eufemistica), proprio di chi é proprietario di “due braccia rubate all’agricoltura…”!
si dovrebbe cominciare a pensare ad… “abolire il reato di opinione…” così le affermazioni “crude” potrebbero far sentire la campana che suona e… per chi suona.
spero cosi sia più comprensibile: la sinistra sorta dagli insegnamenti dell’uomo di treviri é bell’é che morta!!!
quando l’intellighenzia che appartiene al mondo dell’essere (e non dell’avere…) ne prenderà atto, forse si potrà cominciare a cotruire un nuovo enunciato sociale inclusivo…!
saluti rossi… sempre di quelli veri!
tonino basile – roma
tonino basile
ho detto che: “ha fatto bene…” a cancellare il commento. non sono ne arrabbiato ne offeso…!
spesso uso un linguaggio diretto e chiaro… (mi si passi l’eufemistica), proprio di chi é proprietario di “due braccia rubate all’agricoltura…”!
si dovrebbe cominciare a pensare ad… “abolire il reato di opinione…” così le affermazioni “crude” potrebbero far sentire la campana che suona e… per chi suona.
spero cosi sia più comprensibile: la sinistra sorta dagli insegnamenti dell’uomo di treviri é bell’é che morta!!!
quando l’intellighenzia che appartiene al mondo dell’essere (e non dell’avere…) ne prenderà atto, forse si potrà cominciare a cotruire un nuovo enunciato sociale inclusivo…!
saluti rossi… sempre di quelli veri!
tonino basile – roma
Aldo S. Giannuli
ma quale commento, non riesco a ricordare
tonino basile
Prof,
perdoni, non avrei voluto, però se insiste…!
il 27 febbraio u.s. avevo scritto del giuoco dei quattro cantoni che le finte scissioni del sedicente centrosinistra sembra sti mettendo in atto e che più probabilmente si tratterebbe, a mio avviso, del solito e collaudatissimo metodo di far finta di dividersi per consentire ai votani di polarizzarsi e tifare… salvo poi prendere i voti dei tifosi e svenderli sull’are del liberismo, ladro, predatorio, privatizzante gli utili e socializzante le perrdite.
che dall’era ulivista non si é più arrestata ne, tantomeno, saziata…!?!?
Quei governiche attuavano la regola dei due forni: il forno n. 1 acceso per bastonare e privare dei diritti democratici ed economici il popolo; mentre al momento di accendere il forno n.2, quello per redistribuire gli utili… immancabilmente, trovando ogni scusa utile, si faceva cadere il governo…!
Il precedente non era scritto esattamente così ma il senso e il significato mi sembra “collimi”.
una buona serata comunista.
tonino basile – roma
p.s.
sto uscendo. sto andando a giuocare a briscola, scopa e tresette coi sempre verdi e saggi vecchi del circolo. non potete immaginare quanto sia divertente sentire le loro datate barzellette sui crucchi e le camicie nere e… insieme sorseggiare un buon bicchiere di zibibbo…!
Aldo S. Giannuli
non ricordo affatto questo post che deve essere saltato per errore, chiedo scusa.
tonino basile
Prof,
davvero nessun problema, glie l’avevo detto, non sono stato, ne lo sono arrabbiato e offeso, ci mancherebbe.
Diceva un saggio e (oramai) antico filosofo protestante, un certo M.L. King: “la mia libertà finisce dove comincia… l’altrui…”!
buona giornata.
tonino basile – roma
Emiliano
Qualunque cosa nasca dalla scissione(o liquefazione) del PD, nasce già zoppa per tre motivi; primo perchè sarà(o saranno a seconda di come si atomizzerà la sinistra) un partito senza programma, infatti l’unico slogan che si sente in quel del PD è “fermiamo i populisti” che è esso stesso uno slogan populista perchè non dice chi sono, dove sono e come si fanno a fermare i populisti. Secondo motivo sarà composto dalla stessa classe politica che c’era prima e quindi ripeteranno quello che è stato con il PDS, con i DS, e con il PD(credo che Einstein dicesse che ripetere la stessa sequenza di errori più e più volte non farà certo cambiare il risultato finale). Terzo motivo, la politica italiana è strettamente vincolata a ciò che capita a Berlino e a Washington, e se nasce ancora una sinistra dedita allo sport del “signor-sì-signor-NATO” e “signor-sì-signora-UE” allora tanto valeva tenersi la prima repubblica.
Vincenzo Cucinotta
Forse sarebbe utile considerare quanto lo sviluppo tecnologico nel campo della comunicazione riduca oggettivamente il ruolo di mediazione che i partiti svolgevano. Un leader odierno può accedere praticamente quando vuole a ogni tipo di mezzo mediatico e trovarsi in rapporto immediato con milioni di individui, purtroppo, perchè ciò porta soltanto ad una forzata semplificazione del messaggio, permettendo ai mistificatori di raccogliere facile consenso.
Purtroppo, finchè la tecnologia viene considerata un bene in sè e quindi si pretende che i suoi usi non possano essere sottoposti ad alcun controllo, questo processo non si potrà arrestare, si arresterà sì, ma quando sarà troppo tardi.
andrea z.
I partiti della Prima Repubblica avevano contribuito a creare un tipo di società socialdemocratica, con un settore economico pubblico accompagnato da una miriade di piccole e medie aziende private, con un sistema elettorale che favoriva la partecipazione dei cittadini e un welfare state che tutelava le fasce meno abbienti.
Nella Seconda Repubblica è stato abbandonato lo Stato padrone con le privatizzazioni, abbiamo avuto delocalizzazioni e cessione delle aziende private agli stranieri, insomma l’Italia è stata inserita in posizione subalterna nella globalizzazione neoliberista.
I partiti della Terza Repubblica ci devono dire quale tipo di società vogliono creare, quali ceti sociali vogliono tutelare, che tipo di economia vogliono favorire.
Per ora non mi sembra che ci siano idee valide in giro.
Gaz
Britt entrò nel menage a trois tra Germana, Franca e Itala, per impedire che si potesse coagulare una qualche unione stabile. Tutti sapevano che era una sfascia unioni, una che flirtava nello stesso tempo con altri, eppure le fu permesso di accomodarsi nel salotto buono, letteralmente di accasarsi.
I guai non tardarono ad arrivare con l’arrivo di Mag, governante di Britt, la quale aveva la fissa delle Super Markette da procurare a Britt.
Markette dopo Markette era inevitabile che Britt chiedesse di separarsi dall’Unione.
Britt aveva delle pretese strane: non versare alcunché, avere le chiavi di casa e fare la spesa a Germana, Itala e Franca con i loro soldi .. per guadagnarci sopra.
Era il caso di fidarsi di un dongiovanni da strapazzo, che non aveva dato buona prova di se ?
Paolo Selmi
Professore buonasera!
Provo a sintetizzare in alcune parole chiave che restituiscano un minimo comune multiplo che copra tutto l’arco istituzionale, da destra a sinistra:
– partecipazione
– militanza
– gratuità
– progetto
– condivisione
– ricerca
– inchiesta
– visioni d’insieme e prospettica
– organizzazione
– mobilitazione
Estendiamo tutto questo (e tutto quanto colpevolmente omesso), decliniamolo ciascun partito o movimento secondo le forme, i modi, i contenuti più congeniali e avremo una sincera dialettica democratica, capace di instaurare un ciclo virtuoso di crescita sociale e non solo. “百花齐放,百家争鸣” (Che cento fiori sboccino, che cento scuole competano fra loro): niente di nuovo sotto il sole.
L’importante, però, è non fare come il prototipo dei timonieri d’oriente (quello a cui impunemente, nella taglia oltre che nelle pose, si ispira l’odierno “timoniere” nordcoreano), che utilizzò questo espediente per individuare la dissidenza e provvedere immediatamente a “rieducarla” in Mongolia interna o in altre amene località della Terra di Mezzo (attenzione che c’è differenza fra questo “educare”, ovvero l’inculcare una dottrina anche con la forza, e l’ex-ducere cui fa riferimento Giannuli nel suo pezzo; l’impostore, in questo senso, è Mao, che usa impropriamente una parola bellissima, che contiene in sé riscatto, liberazione, crescita).
Altro che, quindi, “Chi non fa l’inchiesta, non ha diritto di parola” (没有调查,就没有发言权)! Tutti devono avere diritto di parola dentro al partito! Tutti devono uscire da un dibattito, da una discussione, con qualche freccia in più al proprio arco, con qualche idea più chiara. E non si dica che uscire una sera alla settimana per andare in sezione può sfasciare una famiglia, è trascurare moglie e figli, ecc. Poi ci sarà chi potrà fare di più, e chi di meno: in genere, in questo tipo di organizzazione sociale, chi si sbatte di più è “premiato” con cariche maggiori (spero che si noti il senso ironico di quel “premiato”…) all’interno delle organizzazioni locali, quelle dove non si guadagna una lira ma si prende solo gran freddo nei gazebi e si esce più di una sera alla settimana per promuovere un’iniziativa nei diversi circoli della provincia.
Occorrerà quindi un ulteriore passo. Vincenzo qui sopra pone giustamente in evidenza il ruolo della tecnologia. Io vorrei provare a vederla però non come un limite, ma come un’ulteriore opportunità per collegare simpatizzanti, base del partito e centro. Mi spiego: un partito che abbia un sito che, come tu insegni, non sia un “bollettino parrocchiale”, ma un percorso multimediale, un viaggio che colleghi passato (biblioteca e mediateca, archivio, e quant’altro), presente (editoriale sui fatti del giorno, un po’ sulla falsariga di certi tuoi lavori, ma anche appuntamenti, agenda politica alla camera e al senato, diretta streaming tipo radio radicale di manifestazioni, eventi, ecc) e futuro (programma del partito, ma anche ricerca e formazione teorica, con articoli, libri, link esterni, ecc), tutto questo può essere volano per un militante per seguire un dibattito alla TV, ma anche per togliersi le pantofole e andare in sezione, magari per sentire quello che ha visto in TV, ecc.
Questo per ripristinare un minimo sindacale di democrazia e partecipazione in questo Paese. Poi c’è la questione comunista, se così la vogliamo chiamare. Io, professore, da un partito comunista pretendo un passo in più, se è vero che il problema è trasformare il mondo, e non interpretarlo. Noi possiamo e dobbiamo produrre egemonia culturale. Egemonia culturale vuol dire che le idee – e idee diverse, forti, altro che pensiero debole! – girano e si diffondono talmente tanto non sai neanche chi le ha dette ma, se ti piacciono, le fai tue, un po’ come le canzoni quando ero piccolo. Le sentivo suonate con la chitarra intorno a un falò, e non mi chiedevo chi fosse l’autore di un vecchio e un bambino o auschwitz, mi piacevano e le imparavo a memoria a furia di cantarle. Ancora oggi, di una cantante anglofona (non so neppure di che nazione sia) che mi piace tantissimo, Kate Bush, non so neppure che faccia abbia. E non mi interessa saperlo! Questa è egemonia culturale: l’esatto contrario di oggi, dove vedi la faccia di uno ma non sai perché diavolo è lì in televisione o sulla prima pagina di qualche rotocalco o frontespizio web. Noi possiamo, e dobbiamo, riuscire non solo a rendere comprensibili le nostre idee, ma a diffonderle come l’aria, a farle respirare nella vita concreta di chi vive insieme a noi. Se riuscissimo in questo…
Un caro saluto.
Paolo
Pentastellato credo ancora per poco
Voto articolo: 100/100
Creare un partito del genere vorrebbe dire dare il potere al popolo. Cosa mai successa in Italia.
Avrá il coraggio Grillo di pubblicare questo articolo sul suo Bloog? E magari di metterlo al voto on- line?
mauro buffolo
Egregio professore, mi piacciono molte cose del suo articolo e soprattutto la sua lettura delle ragioni alla base della “crisi” del partito politico. Tuttavia, mi sembra scritto ancora con una mentalità un’impostazione mentale superata, dove si dà per scontata la forma partito. A mio modo di vedere, un partito nasce se c’è un militante, cioè qualcuno che desideri, nel vero senso della parola, mettere in pratica ciò che egli ritiene fondamentale nella sua vita. Nasce se c’è una volontà alla base un desiderio comune alla base intorno a un concetto un’aspirazione comune. Certamente sono d’accordo sulla necessità di far rinascere il senso del conflitto sociale di un’educazione, di un senso di un’educazione collettiva. Lei parla poi di partito pedagogico ma di quale pedagogia stiamo parlando in funzione di che cosa. Si dovrebbe trattare di un partito democratico ma che concetto abbiamo di democrazia. Un partito “pedagogico” (capisco ma non mi piace la parola, è sospetta) che educhi la gente alla politica ma cosa vuol dire politica che relazione c’è tra democrazia e politica: Tutto è politica? o “niente è politica”?. Dunque un partito da inventare ma io mi chiedo se non sia necessario innanzitutto capire, ripeto, che cosa intendiamo per democrazia che cosa intendiamo per politica. È infatti e innanzitutto necessario evitare un’altra volte l’errore, come dice lei, dell’incomprensione dei movimenti del 68, peraltro ancora sostanzialmente incompresi. E se in gioco nel 68 era la democrazia o l’idea della democrazia, ebbene, questa incomprensione esiste ancora adesso e il 68 non ha avuto risposta. A quella domanda il partito deve dare una risposta. Azioni che lei mi sembra, forse mi sbaglio, dare per scontato e come concetti acquisiti da un ideale partito futuro (un think-tank con degli organi esecutivi?) il quale si occupa semplicemente di disseminare, educare, mettere in atto degli attrezzi e le strutture per realizzare in concreto le finalità pensate create sviluppate dal partito stesso. Io credo invece che partito nasce soltanto se questo corrisponde a una necessità comunque è sentita come fondamentale e che nasca quindi da un ideale vissuto (militanza) e come suo risultato naturale (Dico cose scontate o che perlomeno Lei da per scontate nel suo articolo). Vorrei citare il libretto “La verità della democrazia”, Ed. Cronopio, 2009, e che prenderei come riferimento, punto di partenza (ma chissà quanti altri pensieri potrebbero esserlo) fondamento di un nuovo partito se non di una nuova discussione intorno allo stare insieme. E cioè dice Nancy: “se la democrazia ha un senso, può essere solo quello di non disporre affatto di un’autorità identificabile a partire da un altro luogo e da un altro slancio che non sia quello di un desiderio di una volontà, di un’attesa, un pensiero, in cui si esprime e si riconosce un’autentica possibilità di essere tutti insieme, tutti e ognuno”
Lorenzo
Non sarebbe male se Giannuli affiancasse un briciolo di descrizione alla sua prescrizione: come cioè pensi di realizzare il suo progetto rifondativo (per non dire il suo libro dei sogni).
Per liberarsi degli aggregati mafioso-imprenditoriali che passano sotto il nome di “classi dirigenti”, in cui si specchiano il sentimento dell’epoca e la forma mentis di ampia parte dell’elettorato, è indispensabile un tracollo che spazzi via il regime turbocapitalista e restituisca un minimo di serietà al gregge, perso dietro il suo trivio mediatico. Altrimenti parlare di rinnovamento della classe politica ha lo stesso senso che aveva il parlarne sotto Teodosio e Valentiniano.
Certo, c’è il M5S che dice che basta diventare “onesti” e tutto va a posto…