Riflessioni su quel che accade in Palestina e le le premesse di un disastro senza precedenti
Ha ragione Lucio Caracciolo, che ha sottotitolato così un suo pezzo sulla crisi palestinese nell’edizione on line di “Limes”: “La storia non si ripete mai: lo scontro odierno tra Israele e Hamas è diverso da quelli precedenti, anche perché è cambiato il quadro regionale: il Medio Oriente si sta disintegrando.” In apparenza, quello che sta accadendo è l’ennesima replica dello spettacolo che vediamo almeno dal 2005: Hamas attacca con i razzi ed Israele replica con brutalità, invadendo Gaza, massacrando la gente con bombardamenti indiscriminati ecc. Questa volta la variante è stata l’innesco: l’assassinio dei tre ragazzi israeliani, disinvoltamente attribuito ad Hamas (quando si sa bene che i colpevoli più probabili sono elementi della tribù dei Qawasameh, che da tempo compie attentati per screditare di Hamas e scalzarla), cui ha fatto seguito l’altrettanto orribile linciaggio del ragazzino palestinese, ucciso per “rappresaglia”. Siamo alla bestialità pura, ma stigmatizzare serve a poco, occorre capire.
E la prima cosa da capire è che questa volta è molto più diversa e pericolosa delle precedenti. Soprattutto per Israele che è quello che ha più da perdere.
Israele è ormai prigioniero della sua stessa storia e subisce una sorta di coazione a ripetere l’errore. Sin dalla sua fondazione, ha dovuto misurarsi sul piano militare per difendere la sua esistenza e, a questo fine, ha messo a punto una delle più micidiali macchine da guerra del Mondo che ha vinto quattro guerre di fila fra il 1948 ed il 1973, contro le coalizioni arabe che lo accerchiavano. Ma dal 1973 quella stessa macchina da guerra è diventata del tutto controproducente.
Dopo la guerra del Kippur non si è più formata alcuna coalizione araba, che minacciasse credibilmente l’esistenza dello “stato degli ebrei” ed il confronto si è spostato sui piani della rivolta popolare, della guerra irregolare e della diplomazia, tutte cose per le quali un potente esercito serve a ben poco. Israele, invece, è rimasto psicologicamente prigioniero del suo passato, ed ha costantemente risposto alle sfide della guerra irregolare mettendola sul piano dello scontro campale. Ma se hai davanti guerrieri irregolari, carri armati ed aerei non sono affatto l’arma più indicata ad affrontarli. L’idea perversa è quella di battere i guerriglieri prendendo in ostaggio i civili: bombardiamo gli obiettivi civili e la popolazione si rivolterà contro i “terroristi” che la mettono in pericolo.
Mi pesa scriverlo, ma è una logica da Marzabotto ed è rivoltante vedere i figli ed i nipoti delle vittime di Auschwitz adottare la logica dei loro persecutori. Ed avere gli stessi risultati di chi li ha preceduti, perché, alla fine, la popolazione riconosce il proprio nemico nell’esercito aggressore.
Questo schema si è ripetuto troppe volte, scrivendo pagine ignobili come il massacro di Sabra e Chatila, al quale, però, il popolo di Israele seppe reagire con una manifestazione di massa (300.000 persone in un paese di 6 milioni di abitanti) contro il proprio esercito. Un gesto di alta civiltà di cui pochi popoli sono stati capaci. Ma di quello spirito è restato ben poco e, dopo lo stillicidio degli attentati suicidi, Israele si è appiattito sul più livido e cieco odio verso il suo antagonista.
La destra di Netanyauh è il sonno della ragione di Israele che ha imboccato un tunnel suicida. Dopo la vittoria del 1973 e, soprattutto, con i negoziati di Camp David, la presenza di Israele nello scenario mediorientale è stata “digerita”, come dimostra il fatto che di coalizioni arabe anti-israeliane non ce ne sono state più. Da quel momento Israele ha avuto la possibilità di chiudere la partita concedendo ai palestinesi un generoso risarcimento (visto che, se è vero che Israele ha alle spalle la Shoa, i palestinesi hanno alle spalle la cacciata del 1948) che avrebbe chiuso la questione: terra in cambio di sicurezza, uno slogan sempre enunciato ma sempre tradito dai comportamenti. E di fonte alla spirale infinita di violenze che ne è seguita, Israele ha costantemente calato la carta della sopraffazione militare, un rimedio, oltre che odioso sul piano morale, illusorio sul piano del realismo politico.
Israele, forte della sicurezza offertagli dalle proprie forze armate, crede (si illude) che ci sia una soluzione militare al conflitto. Questa soluzione non esiste: la guerriglia continuerà endemica, anche perché la soluzione territoriale immaginata (la miriade di bantustan circondati dal muro, con l’appendice di Gaza) è invivibile per qualsiasi popolazione ed i primi a non sopportarla, a parti invertite, sarebbero proprio gli israeliani. L’unica soluzione possibile potrebbe essere semplicemente il genocidio o la deportazione in massa del popolo palestinese: voglio augurarmi che un simile orrore non sia preso in considerazione da nessuno, ma, nel caso qualcuno ci pensasse, bisogna che si ricordi che la comunità internazionale non lo permetterebbe mai.
Ora siamo all’ennesima replica dello scenario militarista, ma questa volta è diverso dal 2006 e dal 2008: in primo luogo tutto il mondo arabo è squassato da una rivolta che non ha raggiunto (almeno per ora) i risultati sperati, ma che, comunque, ha polverizzato regimi politici e stati. Libia e Sudan sono quasi dei failed states, in Siria c’è una guerra infinita, in Irak la guerra civile continua, l’Afghanistan è tutt’altro che pacificato, in Egitto sono tornati al potere i militari ma non si capisce ancora per quanto, l’Arabia Saudita va verso una difficilissima successione. Ma, soprattutto, in Irak e Siria si è stesa l’ombra minacciosa del Califfato. Non credo che realmente ci sia la possibilità di giungere al “grande stato dei credenti”, l’umma che riunisce in un solo stato gli islamici dal Marocco alla Bosnia all’Indonesia. Tanto per dire una sola ragione, già mettere insieme sunniti e sciiti sembra una operazione fuori della realtà. Però non va sottovalutato il potere mobilitante della suggestione del califfato. Se la cosa prende piede, iniziando ad apparire credibile alle masse islamiche (e ci vuol poco: basta semplicemente che duri un po’ nel tempo) va messa nel conto un’ondata di fondamentalismo da far impallidire tutte quelle precedenti messe insieme. Pensiamo solo ai Fratelli Musulmani che hanno dimostrato di avere un forte seguito reale soprattutto nelle campagne e che ora sono in clandestinità, ma pronti ad insorgere ancora.
Israele, con la sua politica dei due forni ha logorato sia Fatha che Hamas che hanno dato vita ad un governo di unità nazionale che è una patetica unione di debolezze. L’offensiva di questi giorni sta ponendo le premesse per spianare la strada all’influenza del Califfato: il primo sintomo di quell’ondata fondamentalista di cui dicevamo. E questa volta non ci sarebbero molti interlocutori statali con cui intendersi.
Questa volta potrebbe porre le premesse di un disastro senza precedenti. Soprattutto per Israele.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, conflitto israele palestina, iraq, isis, israele, libano, lucio caracciolo, siria
Alberto
Condivido quasi tutto dell’analisi del pezzo. Al limite criticherei il fatto che manca un abbozzo di analisi seria delle correnti interne di Israele. israele e’ una democrazia in guerra da due generazioni. Un laboratorio a cielo aperto. Un pezzo della soluzione passa anche da li.
per questo ho trovato assurda gratuita e , mi perdoni, stupida la frase seguente. che francamente e’ solo antisemita, se anche solo di impulso e non di intenzione.
“Mi pesa scriverlo, ma è una logica da Marzabotto ed è rivoltante vedere i figli ed i nipoti delle vittime di Auschwitz adottare la logica dei loro persecutori. Ed avere gli stessi risultati di chi li ha preceduti, perché, alla fine, la popolazione riconosce il proprio nemico nell’esercito aggressore.”
la storia e’ piena di eserciti occupanti che fanno disastri. Lei la conosce certo meglio di men non sto a tediarla con esempi. Il parallelo coi nazisti, in un pezzo informativo serio come il suo, e su un tema cosi’ generale come quello del consenso allo status quo delle popolazioni occupate e’ francamente una idiozia dialettica. C’e una parte ancora sana di israele che in cuor suo guarda il baratro ed e’ terrorizzata. Se vogliamo aiutarela a trovare la forza per un comprosmesso, un linguaggio gratuitamente doloroso come quello e’ controproducente.
aldogiannuli
Alberto: non voglio dire che gli israeliani siano nazisti ma che stiano cadendo nello stesso abbaglio militare per cui, per “circondare” i guerrieri irregolari, si prendono in ostaggio i civili. E che questo sia il senso delle spedizioni militari su Gaza mi pare che noin ci piova. Dopo di che, la similitudine si ferma qui e non penso affatto che gli israeliani pensino al genocidio dei palestoinesi. Sono pienamente d’accordo sul fatto che in Israele esiste ancora un’anima razionale che cerca una soluzione politica ispirata a criteri di equità, ma temo sia zittita dall’altra alimentata dall’esasperazione (peraltro comprensibile) per lo stillicidio degli attentati. Pertanto sono pienamente d’accordo sul fatto che non si debba avere un atteggiamento unilaterale e ferire gratuoitamente gli israeliani se vogliamo portare tutti alla pace. Però non si può tacere quando si macchiano di crimini stupidi come quello di questi giorni. Mi ritengo un amico di Israele (come dei palestinesi) e proprio da amico di Israele ritengo doveroso non tacere di fronte a cose che sono isnieme moralmente odiose e politicamente controproducenti. Non credo che questo sia antisemitismo neppure inconsapevole. Anche perchè qualcuno, una volta o l’altra, mi deve spioegare èerchè analoghe critiche rivolte a palestinesi ed arabi in generale, non vanno mai incontro alla critica di antisemitismo, come se gli unici semiti fossero gli ebrei. Non sono antisemita perchè ho sentimenti fraterni sia verso gli ebrei che verso gli arabi. Attenti a non fare dell’accusa di antisemitismo il paravento per coprire le colpe. Sarebbe il peggiore oltraggio alla memoria delle vittime del genocidio ebraico.
luigi
Caro Professore,
temo che Lei ha visto giusto e che le probabilità di un disastro siano elevatissime.
Gabriele
Questa situazione potrebbe diventare catastrofica e coinvolgere tutto il Medio Oriente, l’Europa, gli Usa e la Russia: è seconda solo ad un eventuale conflitto tra la Cina e il Giappone.
Pierluigi Tarantini
@Aldo
Mi perdonerai se sono spesso in disaccordo ma l’ombra minacciosa del Califfato mi sembra solo uno strombazzamento dei media.
La verità è che in Siria la maggioranza sunnita è stata cinquant’anni sotto il tallone del regime alawita le cui brutalità hanno fatto deflagrare la ribellione.
In Iraq i sunniti sono stati emarginati da e, in un luogo dove la politica si fa con autobombe e kalashnikov, manifestano il loro dissenso.
Quanto al fondamentalismo, le immagini di persone crocifisse da quei simpaticoni dell’ISIL fanno senso ma ci ricordano solo quello che negli ultimi dieci anni non abbiamo visto e, cioè, che in Iraq si continua a combattere.
Israele, in questo contesto, ha tutto l’interesse a spianare la strada ad un Califfato già candidato ad essere il prossimo impero del male.
Infatti, come mi insegni, di nemici di tal fatta c’è sempre un gran bisogno.
Credo, quindi, che quella del disastro senza precedenti resterà una semplice previsione jettatoria.
aldogiannuli
Pierluidi: Figurati! Il Califfato è la sconclusionata avventura di gruppi di avventurieri e briganti, ne sono convintissimo, e non credo avrà vita lunga. Tuttavia la sola parola ha un potere monbilitante per vasti settori di società islamiche, ed il semplice fatto che bande di avventurieri del genere arrivino ad occupare una città come Mossul ed avere una simile risonanza ti diche di che sabbie mobili è fatto il Medio Oriente attuale. Il che non tranquillizza affatto, visto che pure gli israeliani si sono messi a fare la loro parte di bestialità. Insomma, questi sedicenti califfi finiranno nel nulla con ogni pronbabilità, speriamo, però, che prima di finire non scatenino qualche grosso disastro.
AleMazza
Caro professore, saprebbe indicarmi un buon libro per quel che riguarda la parte storica? Ammetto di essere ignorante fino al 67 e vorrei colmare questa lacuna. Grazie mille
antonello
Prof. Giannuli ,la stimo molto per questa sua
presa di posizione nei confronti della reazione
Israeliana nei confronti dei Palestinesi di Gaza.
Io seguo ILFATTO nella edizione online e che mi
mi fa arrabbiare perchè almeno loro potevano
suggerire nei loro titoli di questi giorni almeno due opzioni e invece continuano ad menzionare solo ciò che il Governo di Israele
dice a tutti e cioè : E’ COLPA DI HAMAS.
gaetano
Gli scenari che si aprono in Medio Oriente saranno sempre nuovi ma non c’è da augurarsi a prescindere che continui a sopravvivere uno Stato razzista e genocida per sua costituzione, quale è quello di Israele.
Massimo Copetti
Articolo che aspettavo, perché sul Medio Oriente mi sono spesso trovato disaccordo con Aldo.
Che dire, ormai è la regola. Nello specifico:
– in tutto il Medio Oriente non esiste più un altro stato che non sia una banda di tribù sparpagliate, e di questo Israele non può che rallegrarsi, dato che ha sostenuto ogni guerra e disordine (per quanto spacciato per “rivoluzione colorata”) contro chiunque potesse rappresentare un argine al suo espansionismo.
Non ditemi che un califfato di barboni coi sandali potrebbe rappresentare un rivale militare in grado di competere con Israele, in Paesi che ormai sono un cumulo di macerie come la Siria o l’Iraq. E’ semplicemente ridicolo. Non lo potevano fare potenze laiche, in anni in cui erano prospere, armate anche con armi non convenzionali, e guidate da regimi dittatoriali, polizieschi e molto forti al loro interno. Come lo potrebbero fare loro?
– L’ISIS cos’è? Un fungo? Da dove salta fuori? Un’accozzaglia di mercenari e fondamentalisti, reduci delle guerre in Afghanistan, Bosnia, Iraq, Libia e Siria, che hanno combattuto stando SEMPRE dalla parte di Usa e Israle e dei loro amici, arabi e sceicchi del Golfo. Da dove hanno ricevuto armi, finanziamenti, addestramento, per fare la guerra agli ultimi stati laici del M.O.?
– La seguente frase, scusa Aldo, ma ha del paradossale:
“L’unica soluzione possibile potrebbe essere semplicemente il genocidio o la deportazione in massa del popolo palestinese: voglio augurarmi che un simile orrore non sia preso in considerazione da nessuno, ma, nel caso qualcuno ci pensasse, bisogna che si ricordi che la comunità internazionale non lo permetterebbe mai.”
Ricordiamoci per favore quali sono i principi del sionismo e i suoi obiettivi, cioè la restaurazione del Regno. Gli arabi in questo sono un intoppo che, appare evidente, va eliminato, cosa che Israele fa quotidianamente, anche quando non bombarda ma limitandosi a privarli di acqua e medicinali, impedendo il rientro dei profughi, ecc. ecc…
Se la comunità internazionale fosse contraria a tutto questo, aveva 60 anni per imporre “no fly zone”, embarghi, sanzioni, “bombardamenti umanitari”, come ha fatto e lasciato fare altre mille volte, anche di fronte a casi che per gravità che non erano certo più gravi (Iraq 1991 e 2003, Libia 2011, Serbia 1999…). Invece, guarda caso, c’è chi può impunemente violare decine di risoluzioni dell’Onu e chi invece viene bombardato perché non ne rispetta una.
– Smettiamola quindi di parlare di una guerra tra le parti, che non esiste. Esiste solo uno Stato guidato da un’ideologia fanatica e razzista, il sionismo, che rappresenta una setta, una corrente assolutamente minoritaria all’interno del mondo ebraico (la maggior parte degli ebrei non ha voluto andare in Israele ma vive altro, lo vogliamo ricordare?), che si basa sul principio di unità tra una Terra Santa ed un Popolo Eletto, che si protrae per legame di sangue, in senso religioso e biologico. Che, cosa ancora più odiosa, si auto-giustifica eleggendosi a rappresentate di un intero popolo vittima di una persecuzione di dimensioni immani, sfruttando dei morti che neanche le appartenevano.
Il resto, mi dispiace, sono chiacchiere e come tali apparivano solo qualche anno addietro.
aldogiannuli
Caro Massimo, alcuni dissensi sono solo apparenti, ma inconsistenti. Sono d’accordo sllo stato di collasso degli stati arabi, semmai non sono convvinto che Israele abbia tanto da rallegrarsene: un nemico acefalo e disperato è una brutta rogna da curare e produce danni anche peggiori. Il califfato è quello che dici, nessun problema, ma questo ti dice anche quanto sia catastrofica la situazione già oggi, con un branco di avventurieri che riesce a diventare un soggetto politico militare al quale, prima o poi, guarderanno masse di fondamentalisti: nulla in grado ci contrapporsi militarmente ad Israele che li spazza quando vuole, ma abbastanza per scatenare la peggiore guerra dei 70 anni.
L’Isis hai ragione a dire che sono i reduci di altre guerre in cui hanno combattuto dalla parte degli americani, ma, se non sbaglio, anche i talebani avevano combattuto dalla parte degli Usa contro i sovietici e poi… Le armi credo che fossero proprio quelle ricevute dagli americani nelle guerre precedenti, quanto ai finanziamenti dimentichiamo troppo spesso che c’è una corrente di classi dirigenti egiziane, pakistane, persino saudite che guarda al califfato e che magari ha mandato avanti questa pattugli di disperati, ma è un’analisi più complessa che dovremo fare.
La guerra non è unilaterale ma, semmai, asimmetrica: giuerra regolare con mezzi pesanti da parte di israele, guerriglia con metodi non ortodossi da parte degli altri.
Hai ragione a dire che la comunità internazionale, in questi 60 anni, ha avuto un atteggiamento fazioso contro gli arabi, permettendo ad Israele di fare quel che voleva. Giustissimo, ma è anche vero che non siamo di fronte ad un genocidio, anche se sono tutte vere le cose che dici sulle azioni militari e sulle restriizioni nelle forniture di acqua e medicilani oltre che nella politica repressiva verso i rientri dei profughi. Tutte cose odiose, non c’è dubbio, ma di qui al genocidio mi pare che ne corra ancora molto. Credo che le cose sarebbero molto diverse se si trattasse di genocidio.
Da ultimo: che nelle “rivoluzioni colorate” ci sia la mano americana, per il tramite della “scuola di Belgrado” non ci piove e dovrò scriverci, ma non esageriamo nel ritenere queste rivolte sempre e solo prodotti di azioni di intelligence: le rivolte sono vere anche quando gruppi legati ad una intelliugence ne prendono ilo comando.
Come sicuramente ricorderai, la “Domenica di sangue” vide un corteo capeggiato da un agente dell’Okrana come il pope Gapon, ma questo non significa che la rivoluzione russa del 1905 fosse solo il prodotto di una macchinazione poliziesca.
giovanni
ha ragione, ALberto, non si possono paragonare 200 morti a 1 alle rappresaglie naziste. Sarebbe un torto ai secondi
aldogiannuli
giovanni: leggi la risposta che ho dato ad Alberto. Quanto poi ai 200 morti… ecc: cosa è una questione di numeri? Alle fosse ardeative i caduti furono 335 che non sono tanti di più dei 200 di cui, sinora, si fa la conta a Gaza e, poi, ci sono state rappresaglie naziste anche con meno di 200 morti. La questione è un’altra: l’idea di atroce stupidità per cui prendendo la popolazione civile in ostaggio, si combatte la guerriglia. Semmai avete ragione tu ed alberto a dire che non sono stati i soli nazisti ed ora l’esercito israeliano a praticare le rappresagli e fare danni incalcolabili.
Mirko G. S.
Professore mi aspettavo menzionasse la crisi demografica in Israele e la caratteristica israelo-palestinese di essere il luogo nel mondo con più alta differenza di reddito pro capite.
aldogiannuli
Mirko, giusta osservazione, ma mancano anche molte altre cose. In un articolo non si riesce a mettere tutto, ma c’è materia per altri interventi sul tema.
SantiNumi
Per quanto trovi sacrosanta l’analisi di @Copetti, in particolare dal punto di vista storico, socio-antropologico e politico, condivido maggiormente la posizione allarmata del Professore.
Che la destra peggio reazionaria del pianeta, nazionalista, razzista (a proposito di cosa è il VERO razzismo), teocratica e supportata dal peggior potere sociopatico, che opprime l’occidente da secoli, si trovi in quella scatola di sabbia, è un fatto.
Che gli ebrei di “cultura” (“oligopolisti” in Occidente da quando hanno deciso di condividere i “loro segreti” da metà ‘800) quanto quelli “ortodossi” avversino il progetto sionista è altrettanto noto.
Questo “strapotere”, invece, non lo vedo proprio: se bastassero la violenza e la tecnologia per il “potere assoluto”, gli USA avrebbero già terminato quel percorso di “sanguinosa mondializzazione” che Schmitt già negli anni ’60 si aspettava dagli Yankee.
No, sono preoccupato come il professore: “l’esasperazione”, la furia cieca degli Israeliani è una patente espressione di debolezza.
Non ce la fanno più. Dopo tre generazioni che vivi in uno stato di guerra permanente, dove sacrifichi almeno 3 anni di leva se nasci maschietto e almeno due anni di leva se nasci femminuccia, diventi un barile detonante di rancore.
Per quanto le condizioni di vita di quel minuscolo staterello siano alquanto migliori di quelle miserevoli dei Territori ed anche delle altre nazioni arabe, l’alto livello culturale degli ebrei europei, dei russi, degli ucraini, degli ortodossi, dei cattolici, degli arabo-cristiani, degli ebrei africani, e via per quell’Arca di Noè delle culture pigiate in quel sasso sabbioso (a parte il nord la costa mediterranea), rende insopportabile accettare una vita di “coprifuoco” come quella israeliana.
Come convivere con la perenne “allerta” a causa degli esplosivi nei locali pubblici e sui mezzi di trasporto?
Ora ci sono le “sirene”, la contraerea deve abbattere i missili che piovono dalle frontiere… l’angoscia, l’impermanenza.
Questo stato di cose non lo hanno scelto né i cittadini israeliani né quelli arabi: e chi ha rudimenti di psicologia sa bene che vittime e carnefici sono le stesse persone traslate nel tempo.
Il sangue non ha bandiera.
Gli Israeliani non hanno il controllo come nessuno al mondo, in questo momento, lo ha.
Gli incendi si propagano alimentati dal vento del neoliberismo.
E di pompieri rooseveltiani non se ne vedono.
Germano Germani
Professore è ora di finirla con la retorica insopportabile di Isreale l’unico stato democratico in medio oriente. La sola verità è che l’entità criminale sionista, è uno stato canaglia per dirla con il presidente Bush, ove gli ebrei,che si autoproclamano il popolo prediletto da dio (un dio vendicativo e sanguinario) attuano attualmente la politica espansionista-sionista, che fu gradita anche dai nazisti tedeschi, fin dagli anni trenta e che ebbe uno dei più ferventi sostenitori, in Adolf Eichmann, che studiò la lingua yddish e si recò in Palestina per favorire l’emigrazione ebraica dall’Europa. I sionisti sia laici che religiosi hanno un solo credo e una sola legge quella del Talmud: non dimenticare, non perdonare.Isreale che possiede duecento testate nucleari, in grado di distruggere mezzo globo terracqueo,rifiuta a differenza dell’Iran ogni ispezione internazionale, disattende da sempre ogni risoluzione ONU, ruba la terra,l’acqua, la vita al popolo palestinese, fin dalla sua nascita, con la complicità di tutto l’occidente ricattato perennemente. Uno stato canaglia, razzista,terrorista,che sfrutta l’arma più potente che ha a sua dsposizione fin dalla nascita,vale a a dire l’industria hollywoodiana della sohah! Ma la nemesi storica presenterà presto, molto presto a Israele il conto:sarà liquidatorio e definitivo ma purtroppo per tutti i popoli del Meditteraneo;perché Israele non esiterà a scatenare una guerra nucleare contro tutti i suoi nemici, lo ha ampiamente dimostrato per il passato, lo farà per il futuro.Concludo con una amara riflessione: quando si parla di Israele, vedo che scatta un riflesso condizionato pavloviano e la gente smette di ragionare razionalmente e torna con la mente ad Anna Frank; ma dico io quante Anna Frank palestinesi ci sono state e ci sono attualmente?
Peucezio
“L’unica soluzione possibile potrebbe essere semplicemente il genocidio o la deportazione in massa del popolo palestinese: voglio augurarmi che un simile orrore non sia preso in considerazione da nessuno, ma, nel caso qualcuno ci pensasse, bisogna che si ricordi che la comunità internazionale non lo permetterebbe mai.”
Analisi interessante e lucida come sempre. Ma quest’ultima frase mi pare molto ottimistica: la comunità internazionale magari fa anche un po’ di chiasso a parole, ma nei fatti ha sempre tollerato anche le azioni più odiose di Israele e credo non ci sia virtualmente limite al livello di atrocità che sarebbe disposta a tollerare.
Massimo Copetti
Caro Aldo, intanto grazie per la risposta.
– Il problema di fondo riguarda l’opinione che abbiamo di Israele.
Secondo te si tratta di uno stato come gli altri, nel quale convivono e si scontrano pulsioni contrapposte (guerrafondai e pacifisti), ma che ha fondamentalmente l’obiettivo di vivere come gli altri in mezzo agli altri. Per questo motivo interpreti i suoi crimini come degli errori compiuti dalle ali più oltranziste della sua leadership, che si manifesterebbero nei momenti in cui nella sua vita politica i falchi prendono il sopravvento sulle colombe.
Per me invece Israele è in primis la realizzazione politica dell’ideologia sionista, una corrente di pensiero che ha dei connotati ideologici e religiosi ben precisi. Sono i principi stessi su cui si fonda lo stato a rendere Israele un’entità peculiare, per non dire anomala. Di conseguenza, se leggiamo tutta la sua storia nell’ottica della sua “missione”, i crimini che compie sistematicamente non sono spiegabili come semplici errori di valutazione, eccessi, o dei colpi di testa da attribuire a questo presidente o a quel generale.
Sono al contrario riconducibili alla concezione sionista del mondo e alla sua visione di un popolo eletto che agisce su mandato divino.
– Venendo allo specifico, cioè alla situazione del Medio Oriente di oggi, concordo pienamente che si stanno prospettando le nubi per la peggiore guerra degli ultimi 70 anni. Queste sono tuttavia considerazioni che facciamo noi, pensando ai milioni di morti che comporterebbe, mentre ritengo che la leadership israeliana (considerato il rispetto per la vita umana che ha sempre dimostrato) si stia sfregando le mani perché finalmente si trova la strada spianata fino al Tigri e all’Eufrate, e potrà finalmente realizzare il proprio sogno.
In quanti moriranno? Sono problemi che ci poniamo noi, spregievoli esseri inferiori, non loro.
Questo è il nocciolo del nostro disaccordo: per te sono persone normali, per me dei pazzi criminali.
Altre brevi considerazioni:
– giustamente sottolinei l’importanza dell’uso dei termini, quando si parla di semitismo (come giustamente osservi, non solo gli ebrei sono semiti) e sionismo (che è, come già scritto da me, una setta minoritaria all’interno del popolo ebraico). Condivido e apprezzo le tue parole. E’ ora che nelle discussioni queste distinzioni siano ben chiare, perché non se ne può più di sentire parlare di Israele come se rappresentasse tutti gli ebrei del mondo. Ci sono comunità ebraiche che considerano lo stato di Israele l’incarnazione del male. Penso valga la pena ricordarlo di tanto in tanto, perché perdonami, ma il mantra “o sei con Israele, o sei a favore delle camere a gas” ha proprio rotto le palle. Anche perché sionismo e antisemitismo sono sempre andati a braccetto, e nella Germania degli anni Trenta vivevano proprio una luna di miele.
– Non siamo invece d’accordo sul termine “genocidio”, che viene definito dalla carta dell’ONU come “Gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Il tempo necessario per terminare l’opera non qualifica il termine: poiché gli arabi in Palestina sono oggi metà di quelli che erano nel 1948, io continuo ad essere convinto che in corso ci sia un genocidio, anche bisognerà attenderne altri 70 anni per vederne la fine. Gli stessi Usa ci hanno messo un po’ a far fuori tutti gli indiani, e il loro è unanimemente considerato “genocidio”.
– infine, la comunità internazionale. Proprio ieri l’Olanda è stata riconosciuta responsabile con i suoi cashi blu per il massacro di Srebernica, a ven’tanni dai fatti. Sarebbero questi quelli che salvano i popoli?
Per il resto, non ho niente da obiettare a quanto scrivi, anche perché per ognuno degli argomenti che abbiamo toccato (dall’ISIS alla Libia, dall’Afghanistan alle rivoluzioni colorate) dovremmo fare un discorso a parte, cosa evidentemente non possibile.
Grazie per l’attenzione e buon lavoro.
enrico
Io credo che nel mondo arabo i valori democratici abbiano bisogno di tempo per affermarsi. Come del resto è accaduto anche alla civilissima Europa. Si deve pur accettare una prima fase in cui governi di ispirazione islamica poco liberali si affermino in luogo delle dittature. Sarebbe pur sempre un progresso. In ogni caso – piaccia o no – questi governi sarebbero comunque l’espressione della volontà popolare.
Come in ogni democrazia, i governi islamici “moderati” democraticamente eletti si troverebbero a fare i conti con l’opinione pubblica. Che nel mondo arabo è in gran parte composta da masse popolari ignoranti, più facilmente manovrabili da parte di imman fanatici che dalla stampa filo occidentale in cui si rispecchia la minoranza istruita e laica. Da qui il timore degli USA, di Israele e di tutto l’Occidente per Morsi e i suoi epigoni ovvero per la cooperazione tra l’Islam “radicale” e quello “moderato”. Timori condivisi anche da teocrazie come l’Arabia Saudita che storicamente guardano con sospetto all’esperienza dei movimenti di massa “laici” e “nazionalisti” nella grande Umma.
Quanto queste considerazioni siano frutto della propaganda politica piuttosto che di pacate analisi mi sembra del tutto evidente. Ricordo che nell’Italia a cavallo tra ‘800 e ‘900 la Sinistra temeva il suffragio universale: le masse rurali scarsamente alfabetizzate – si diceva – erano facilmente condizionabili dal clero cattolico reazionario.
Il vero tabù di tutta la faccenda, secondo me, è l’intreccio tra i banchieri ebrei di Wall Street (eredi dei Goldman, dei Sachs, dei Rothshilds, ecc), le multinazionali degli armamenti, gli emiri arabi e i presidenti delle “repubbliche delle banane”. Si tratta di interessi tanto grandi che non possono essere affrontati in un dibattito politico democratico all’interno dei Paesi arabi. Quelle masse ignoranti e fanatizzate di cui parlavo prima vanno tenute lontane dalla politica: altro che democrazia! Tanta ipocrisia lascia aperte due strade per affrontare il problema. La prima è la dittatura, meglio se mascherata con forme pseudo-democratiche (che rendono più “digeribile”, per così dire, il sostegno dei governi occidentali agli occhi delle rispettive opinioni pubbliche). La seconda è la via del “tanto peggio, tanto meglio”: la guerra civile permanente tra fazioni, tutte segretamente armate e sostenute dalla CIA e dalle altre agenzie di intelligence occidentale. Se tanto mi da tanto, ciò vale anche per l’ISIS, non a caso sostenuto da Arabia Saudita e Qtar: spauracchio da agitare contro gli ayatollah di Theiran e Bagdad, buono in ogni caso per garantire lucrose commesse di armi e tenere alto il prezzo del greggio.
Che dire infine dei politici israeliani? Non sono diversi, sostanzialmente, dai loro omologhi “radicali” nel mondo arabo. Almeno nel modo di agire. L’unica differenza è che, semmai, questi leader sono stati democraticamente eletti. E questo chiama in causa anche il civilissimo popolo di Israele. Che forse così civile poi non è. I leader politici e religiosi e gli intellettuali hanno educato tre generazioni di Israeliani con questi falsi miti: il sionismo (il diritto degli ebrei ad avere uno Stato), la Terra Promessa (il patto tra Jahvè e il popolo ebraico come valore non negoziabile), il ricordo della shoah e la minaccia del terrorismo (che tutto giustifica dietro i nomi di “antisemita” o “terrorista”). E’ sulla base di questa cultura distorta che si è potuta creare una società dove ogni uomo e ogni donna senza figli presta servizio per 3 anni nelle forze armate, poi per due mesi all’anno per il resto della vita al netto dei periodi di crisi – come quelli odierni – in cui si richiamano i riservisti. Dai tempi di Sparta non esiste al mondo società più militarizzata di quella israeliana. Una simile società non può che vedere nel conflitto con l’ “altro” (l’arabo, il musulmano, il terrorista) le fondamenta della propria identità. Non mi sorprende affatto che questo popolo da tanti celebrato come “democratico” e “civile” produca una classe politica che nella guerra con il “Nemico” cerca la soluzione delle sue contraddizioni interne. Una spirale perversa che genera sempre più odio e sempre più violenza.
Caruto
@ Aldo
“… dimentichiamo troppo spesso che c’è una corrente di classi dirigenti egiziane, pakistane, persino saudite che guarda al califfato e che magari ha mandato avanti questa pattuglia di disperati, ma è un’analisi più complessa che dovremo fare.”
Penso che questa analisi possa essere molto utile. La crisi di varie statualita’ della regione lascia spazio al protagonismo di pezzi dei ceti dirigenti e le conseguenze potrebbero essere pericolose.
Esplicito: l’appartenenza religiosa puo’ essere molto utile ad orientarsi tra le varie fazioni ed i vari movimenti ma faticherei a farla diventare una categoria politica. Basta vedere a quello che e’ successo in Egitto con i fratelli musulmani.
La mia difficolta’ a capire e’ accentuata anche dalla mia ignoranza della stratificazione socio-economica del medio-oriente che, oltre alla questione demografica, potrebbe far capire verso dove puo’ andare l’ago della bussola politica.
Lumumba
A proposito di genocidio…
Deputata israeliana: uccidere tutte le mamme palestinesi
TEL AVIV (PRESS TV) – La nota parlamentare israeliana Ayelet Shaked ha definito “terroristi” tutti i palestinesi ed ha sottolineato che tutte le “madri palestinesi” devono essere uccise durante un eventuale attacco via terra contro la Striscia di Gaza.
“Dobbiamo uccidere le madri palestinesi in modo che non diano vita a nuovi piccoli serpenti”, ha dichiarato con disprezzo la parlamentare donna dello Knesset aggiungendo, sempre contro le mamme:
“Devono morire e le loro case devono essere demolite in modo che non possano portare alla luce altri terroristi. Loro sono tutti nostri nemici ed il loro sangue deve essere versato sulle nostre mani. Ciò vale anche per le madri dei terroristi morti”.
Le dichiarazioni sono considerate un vero e proprio invito al genocidio nei confronti dei palestinesi.
Ha reagito a queste dichiarazioni il premier turco Erdogan.
“Una donna israeliana dice che anche le mamme palestinesi vanno uccise. Ed e’ un membro del Parlamento israeliano. Che differenza c’e’ tra questa mentalità e quella di Hitler?”.
http://italian.irib.ir/
aldogiannuli
lumumba: nessuna differenza, ma per fortuna è solo un caso isolato
Stefano
Riguardo la parlamentare israeliana – bufala.
http://www.butac.it/le-dichiarazioni-di-ayelet-shaked/
Carlo Barbraeschi
http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2014/07/la-posta-in-gioco-its-all-about-gaza.html
andrea
mi chiedo perchè moltissimi commentatori/analisti/giornalisti si dimentichino spesso dell’operazione pillar of cloud, l’operazione piombo fuso del 2008 sebbene più massiccia e mortifera non fu l’ultima.
e poi mi scuso in anticipo, ma dire che la comunità internazionale non permetterà mai il genocidio dei palestinesi mi pare idiota: e il rwanda? i balcani? la stessa storia di israele? la comunità internazionale se correttamente desensibilizzata/noninformata non conta nulla e quello che sta succedendo adesso mi pare sulla stessa riga.
aldogiannuli
andrea: il caso palestinese, per fortuna, è molto diverso da quello ruwandese