I Capi di Stato Europei a Parigi e l’Illusione di un Nuovo Corso.

“Il mondo è diventato troppo complicato per essere tenuto in ordine”. Questo è l’incipit di un intervento di Gustavo Zagrebelsky dalle colonne di “Repubblica”, il giorno dopo la grande manifestazione di Parigi. Un punto di partenza chiaro ed efficace.

Riflettiamo su questa affermazione, cambiando però un termine. Pensiamo ad un mondo che sia “troppo complicato per darsi un ordine”. Ovvero poniamo anche l’accento su “chi”, sui soggetti che dovrebbero conferire un ordine al mondo, ovvero al sistema internazionale. Questi soggetto sono gli stati. Con i loro relativi governi e le organizzazioni internazionali o interregionali di cui fanno parte. Unione Europea inclusa.

Oggi gli stati agiscono in un mondo privo di ordine internazionale. Agiscono come attori di un mondo in cui nessuno stato e nessuna organizzazione internazionale riesce a produrre un ordine comune, stabile e condivisibile, in grado di garantire la completa sicurezza di tutti. In questo contesto l’unica opzione percorribile per gli stati è quella di massimizzare la propria sicurezza, anche a scapito di altri stati. Ovvero agire come attori egoisti. Lo abbiamo visto durante le recenti crisi siriana, irachena e libica. Così come durante la crisi economica, in particolar modo all’interno dell’Unione Europea.

L’anarchia del sistema internazionale e la mancanza di sicurezza collettiva sono alcuni elementi caratterizzanti l’attuale assetto internazionale. Ma, sono anche elementi che, se non controllati, concorrono a produrre ulteriori crisi, disordine e instabilità.

A questo punto è doveroso chiedersi perché negli ultimi anni le crisi mondiali sembrano aumentare per numero e frequenza. Cosa sia cambiato all’interno del sistema.

Gli attori non sono mutati. Gli stati continuano a lottare per la propria sopravvivenza all’interno del sistema e la crisi economica, la guerra asimmetrica, così come le entità non statuali, organizzazioni terroristiche incluse, hanno influenzato gli stati, ma non li hanno sostituiti. Non hanno preso il loro posto. Gli stati, e i loro governi, sono ancora gli attori principali del sistema internazionale, del mondo.

Differentemente è cambiata la condizione in cui il sistema internazionale sistema si trova, e con essa la condizione in cui gli stati, attori della politica internazionale, sono chiamati ad interagire. In passato sia il bipolarismo sia le Nazioni Unite hanno concorso a mantenere un certo grado di stabilità all’interno del sistema internazionale. Oggi questo livello di stabilità non esiste più.

Il bipolarismo che emerse in uno specifico contesto internazionale, quello successivo al secondo conflitto mondiale, è oggi ampiamente consegnato alla storia. Superato il bipolarismo, il ruolo delle Nazioni Unite si è incrinato pericolosamente. Anche sotto i colpi dei tentativi egemonici degli Stati Uniti nei primi anni duemila. Tutte le finestre per potenziali riforme delle Nazioni Unite si sono chiuse con un nulla di fatto. Conferma, non trascurabile, del radicale mutamento della realtà internazionale.

Uno sguardo all’orizzonte odierno ci restituisce un contesto internazionale frammentato, dove l’integrazione politica procede in direzione opposta rispetto alla globalizzazione degli interessi economici. Nell’attuate epoca post-bipolare, è aumentato il numero delle potenze regionali che tentano di assumere l’egemonia nelle proprie regioni geografiche di appartenenza. Per raggiungere tale obbiettivo si trovano in aperta competizione fra loro. Una competizione più diffusa e distribuita rispetto a quella dei sistemi bipolari. Questa competizione non può far altro che allontanare il raggiungimento delle soluzioni ai problemi condivisi dalla comunità internazionale degli stati. Crisi economica e terrorismo inclusi. Questa stessa competizione non permetterà alle nuove potenze emergenti, non solo di riformare le Nazioni Unite, ma nemmeno di trovare gli spazi politici necessari a concepire nuove istituzioni internazionali solide e capaci di contenere la crescente instabilità.

Scordiamoci l’ordine e la stabilità del passato. L’instabilità del medio oriente, recentemente accresciuta, e l’instabilità dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, costituiscono un monito per troppo tempo ignorato. L’errore è stato pensare che si trattasse di instabilità dovute solamente a cause interne di alcuni specifici paesi mediterranei. Ma, l’instabilità è anche dentro l’Europa. Non sono solo gli attentati di Parigi a ricordarcelo, ma è anche la vicenda Ucraina, con la relativa incapacità di ricomporre la crisi dimostrata dagli stati Europei. La crisi Ucraina ha evidenziato che, nell’attuale contesto internazionale, persino l’interdipendenza economica fra stati non è un elemento in grado di contenere lo svilupparsi di pericolose crisi politiche.

Non illudiamoci. Non ci sarà nessun nuovo corso europeo come alcuni hanno ipotizzato. Non pensiamo che i capi di stato europei, presenti a Parigi, siano in grado di concorrere alla costituzione di un ordine politico internazionale capace di garantire stabilità e fermare la crescente destabilizzazione. Non pensiamo nemmeno che siano in grado di fare dell’Europa un punto di riferimento nel contesto internazionale, elaborando una linea di politica estera univoca e condivisa. L’interesse per gli affari politici interni dei singoli stati resterà superiore all’interesse per gli affari politici collettivi. E le istituzioni dell’Unione Europea non hanno strumenti per far prevale i secondi sui primi.

Lorenzo Adorni

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Aldo Giannuli

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Comments (15)

  • Articolo paradossale. Si auspica un ordine mondiale la cui ricerca è proprio la causa del disordine che si vorrebbe eliminare.
    L’instabilità lamentata, nel medio oriente come in Africa, in Ucraina come in Europa, deriva in gran parte da fattori esterni; deriva dal fatto che qualcuno ha deciso di dare un ordine a quelle aree, senza che fossero i cittadini a sceglierlo. E’ ovvio che da questo atteggiamento non possono nascere altro che disastri.
    La pretesa di un ordine mondiale è assurda, ed è inevitabilmente causa di conflitti. I soggetti chiamati a definire un ordine sono senz’altro gli stati, ma ciascuno per sé stesso e in base a ciò che decidono i rispettivi cittadini. Solo partendo da questo approccio sono poi possibili accordi di scambio e di collaborazione tra stati.

    • No, non ci siamo capiti.
      Qui nessuno pretende di “dare un ordine mondiale” e nessuno “auspica un ordine mondiale”.
      Il concetto di “ordine mondiale” è utilizzato facendo rifetimento all’uso del termine fatto dalle teorie del “realismo”, del “neorealismo” e del “realismo offensivo”.
      Il fatto che un “ordine mondiale”, in quanto tale, non possa esistere è proprio alla base delle considerezioni qui sopra esposte.

      Saluti,

      Lorenzo

    • Molto spesso abbiamo visto i singoli stati europei procedere in ordine sparso in base ai propri interessi o alla specifica situazione momentanea. Francia, Italia e Inghilterra nel caso libico. Italia, Germania e Francia nella crisi Ucraina. Non parliamo del caso siriano…. e dei rapporti dei singoli stati con Israele e l’eventuale riconoscimento dello stato palestinese.
      Ci ricordiamo il caos che ha generato la candidatura della Mogherini ad Alto Rappresentate dell’ UE per gli affari esteri?

    • la quale in questo momento brilla per assenza di proposte o dichiarazioni, ma forse meglio così anche se ci si augura che prima o poi riesca a coordinare qualche cosa di comune )-:

  • sembra oltretutto che le manifestazioni internazionali, che dovrebbero essere i luoghi simbolici in cui si vede questo nuovo corso, alla fine si notano solo per le assenze (vedere la recente combo di putin parigi-auschwitz). assenze che creano ulteriori divisioni eccetera. in effetti il modello “società delle nazioni” è sempre in agguato

    • A proposito delle “assenze” di Putin.
      Quando a qualcuno capita una disgrazia o un grave lutto, i suoi amici si stringono a lui per confortarlo e sostenerlo.
      Ma dopo il trattamento riservato alla Russia ultimamente da parte dell’occidente, Francia compresa, aspettarsi che intervenga al suo fianco ed a fianco degli altri autori dell’embargo che sta danneggiando economicamente e politicamente la Russia, è chiedere un po’ troppo, mi sembra.
      Diverso sarebbe stato il giudizio se ci fosse stato una qualche giustificazione, anche solo un accenno, dell’accaduto da parte russa: così non è stato, semplicemente ha fatto in rappresentanza del suo popolo quello che chiunque di noi farebbe in un caso analogo. Un’assenza assordante, a rimarcare l’altrettanto assordante campagna mediatica anti russa sobillata dagli USA e supinamente accettata dall’Europa.
      Ben più grave ed assordante, invece, l’assenza di Obama, che davvero non ha giustificazioni e motivazioni, , almeno per quello che è dato sapere.

  • Anche a mio avviso zagrebelsky si pone invece nell’ottica del depositario della verità che vorrebbe imporre ordine ad un mondo barbaro e incivile, e sembra smarrito e confuso sul perchè questa operazione neocoloniale non funzioni come previsto.

    Ma un minimo di analisi e autocritica degli innumerevoli fallimenti della intromissione politica , militare ed economica dell’occidente nei paesi che ora si rivoltano è chiedere troppo?

  • Il nuovo ordine mondiale è il progetto perseguito dai cosidetti “illuminati”, leader mondiali che condividono le medesime appartenenze latomistiche e che hanno come unico scopo l’esautoramento della democrazia e il controllo totale dell’individuo e dei popoli. Un brivido mi percorre la schiena al solo nominare “l’ordine mondiale” di cui anche il nostro dimissionario presidente Napolitano è stato esponente di spicco.

    Giannuli, lei che è così attento alle parole, non l’ha sentito il discorso di Hollande dopo gli attentati? Mentre lo sentivo in diretta ha catturato la mia attenzione una frase in particolare:

    “Coloro che hanno commesso questi atti terroristici, questi ILLUMINATI, questi fanatici, non hanno nulla a che fare con la religione musulmana”

    Come lei ben sa il discorso di un presidente non si fa a braccio, ma è un insieme di farsi molto ben studiate, pesate e calibrate sia nella termilogia che nei concetti, qui Hollande a mio avviso lancia un’accusa ben precisa: chi ha ordito l’attentato non c’entra nulla con l’Islam (cioè trattasi di operazione sotto falsa bandiera) ma è riconducibile ai cosiddetti illuminati, un ordine massonico sovranazionale a cui appartengono diversi leader mondiali e che usa gli attentati e gli assassinii politici a scopo intimidatorio e destabilizzante.

    La parola “illuminati” non è riferita evidentemente ai due fratelli ma ai mandanti, che con la religione islamica non c’entrano nulla, è una falsa pista creata da qualcuno.

    La pregherei di osservare inoltre il modo freddo, quasi stizzito, con cui Hollande ha trattato Netanyahu, una evidente antipatia che mi sembra sia stata ricambiata durante le cerimonie ufficiali. Nemmeno lo voleva alla cerimonia e come sommo affronto Hollande ha invitato anche Abu Mazen. Il rpesidente francese sa benissimo chi ha ordito l’attentato e l’ha detto anch in diretta nazionale, usando un messaggio “in codice” che poi tanto in codice non era.

    Questi sono fatti che meritano una seria riflessione, mi sembra più che evidente che al nuovo ordine mondiale a trazione sionista / stratunitense non stia bene che la Palestina sia riconosciuta come stato o che si cessino le sanzioni contro la Russia di Putin, cose per le quali la Francia è stata punita davanti al mondo

    • Gent. Massimo, il termine “ordine mondiale” qui usato ha un significato completamente diverso da quello che lei ha percepito.
      Qui nessuno pretende di dare un “ordine” al mondo e nessuno “auspica un ordine mondiale”.
      Il concetto di “ordine mondiale” è utilizzato facendo rifetimento all’uso del termine fatto dalle teorie del “realismo”, del “neorealismo” e del “realismo offensivo”.
      Il fatto che un “ordine mondiale”, in quanto tale, non possa esistere è proprio alla base delle considerezioni qui sopra esposte.

  • Concordo con i commentatori che sostengono la fine dell’ingerenza delle nazioni occidentali (USA in primis) in giro per il mondo.
    Mi chiedo soltanto se c’è la consapevolezza di tutte le implicazioni che una svolta di questo tipo comporterebbe. Sarebbe la fine della globalizzazione, un ridimensionamento del commercio mondiale, la fine del folle progetto europeo, un ritorno alle sovranità nazionali ed il ripristino del controllo delle frontiere rispetto soprattutto al flusso di capitali e di merci.
    Io sostengo questa tesi, che avrebbe il pregio di prestarsi a un ridimensionamento dei consumi.
    Naturalmente, il discorso ci porterebbe lontano, qui mi interessava sottolineare le conseguenze soprattutto su un piano economico di una scelta così positiva, ma anche così drastica.

    • Non è detto che il risultato sia la fine della globalizzazione. Per prima cosa distinguiamo globalizzazione economica da globalizzazione poltica. Oggi la globalizzazione politica è in crisi. Esiste una forte crisi del concetto di legittimità all’interno del contesto internazionale. Non è detto che siano comunqe processi lineari.

  • Caro Adorni, il nostro tempo è il tempo in cui l’economia ha destituito la politica dal trono più alto. La politica paradossalmente agisce come semplice mezzo dell’economia, ed è perchè sono convinto di questo che ritengo la distinzione che lei opera non giustificabile.
    A parte la mia personale opinione in proposito, sarebbe arduo spiegare gli interventi USA se non sulla base dei propri interessi economici.
    A mio parere, è ovvio che in assenza del controllo militare su determinati territori pur se formalmente sovrani, esportazioni e dimportazioni sarebbero meno agevoli se non talvolta del tutto impedite.
    Sono altresì convinto che senza restituire alla politica il trono più alto, ridimensionando così l’importanza dell’economia, ogni reale mutamento sia impossibile.

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