Moody’s declassa l’Italia: ritorna la guerra del rating

L’agenzia di rating Moody’s (di cui è principale azionista quel gentleman di Warren Buffet) ha declassato i titoli italiani di ben due posizioni, portandoli da A3 a B2, cioè un rating inferiore a quello delle isole Barbados (come qualcuno ha fatto osservare), a un solo passo dall’area Ba, che è quella ritenuta di “investimento speculativo”.

Come dire: l’ultimo girone del Purgatorio, subito prima dell’Inferno.

Questo, però, non ha impedito di collocare tutti i titoli in scadenza il giorno dopo. Piazza Affari ha chiuso addirittura in attivo.

Solito bailamme di dichiarazioni indignate di politici, imprenditori, ”economisti” che lasciano il tempo che trovano, ma poi respiro di sollievo per lo scampato pericolo.  Divertente è il caso di Squinzi (per chi non lo sapesse, il nuovo Presidente di Confindustria) che ha dichiarato che l’Italia è “molto più forte delle valutazioni di Moody’s”, dimenticando che la sera prima aveva detto che siamo sull’orlo del baratro. Cosa volete? Lo Squinzi è uno che “muta d’accento e di pensier”.

Ma vediamo con un po’ di distacco cosa è successo, cercando di rispondere a tre domande:

1- perchè Moody’s lo ha fatto

2- perché l’operazione (per ora) non ha funzionato

3- che significa questo segnale e cosa dobbiamo aspettarci.

Iniziamo dalla prima. Va detto che qualche fondamento il giudizio di Moody’s lo ha: la situazione finanziaria europea è peggiorata soprattutto in riferimento a Spagna e Grecia, l’Eurozona è complessivamente in recessione, le prospettive di crescita dell’Italia sono calate, le misure del governo Monti appaiono inefficaci, la situazione politica appare traballante, mentre si avvicinano elezioni nelle quali non si sa con che legge voteremo, con quali partiti, con quali  alleanze ecc. Insomma, ipotizzare un giudizio meno favorevole sui titoli italiani non è cosa campata in aria.

Però:

a- il rating sui titoli italiani è già abbastanza severo a livello A3 ed un giudizio A2 non sarebbe un regalo: questo paese è molto migliore del suo rating (su questo sono pienamente d’accordo con quanti oggi lo sostengono come Alberto Orioli e Marco Fortis (S24 14.7.12 p9)

b- un declassamento improvviso di ben due posizioni, portando i titoli italiani a livello di “Junk bond”, è un giudizio indifendibile

c- le modalità, con cui il giudizio è stato emesso, non hanno precedenti: non si è mai visto un rating emesso il giorno prima della scadenza dei titoli monitorati e, per di più, ad un’ora in cui le agenzie stampa sono già in chiusura ed è quasi impossibile una qualsiasi risposta degli interessati.

Peraltro, il pulpito da cui scende il giudizio è lo stesso che, a suo tempo, promosse a pieni voti Enron e Lehman Brothers. Insomma ce n’ è abbastanza per concludere che si è trattato di un episodio di gangsterismo finanziario. Con quali scopi?

Mario Margiocco (S24 14.7.12 p. 19) sostiene che Moody’s ha voluto fare un favore a Wall Street e ad Obama. Ricordando cosa costò al governo Usa, nel 2008, il salvataggio del sistema bancario americano (3000 miliardi di dollari, più di quelli spesi in tutta la seconda guerra mondiale) Margiocco aggiunge: “In questo quadro, nulla poteva essere più utile della crisi dell’euro. Significa infatti la riaffermazione del dollaro e della piazza americana. La crisi dell’euro ha ragioni interne europee, non è un complotto, ma ha per altri sensibili benefici e non solo rischi. La grande finanza americana a maggioranza scommette su un netto ridimensionamento della moneta unica e sulla fine del sogno di una grande moneta europea… La cosa più utile che potesse accadere  per Washington , afflitta da un debito enorme, era una crisi dell’euro. Non mortale ma abbastanza grave da consentire al Tesoro di approvvigionarsi senza problemi, come sta accadendo ed ai minimi storici dei costi da 230 anni, cioè da sempre.”

Sono abbastanza d’accordo con Margiocco sulla parte di ragionamento che riguarda Wall Street: forse ci siamo dimenticati che, in questo anno, la borsa americana deve collocare una massa di titoli speculativi pari ad otto volte la media annuale e bisogna rastrellare sul mercato quanto è necessario a pagare gli interessi. Dunque, togliere la sedia da sotto il sedere dell’ “amico” europeo è un modo abbastanza efficace per drenare la liquidità necessaria.

in qui ci siamo.

Sono più perplesso per quello che riguarda la convenienza per Obama di questa operazione. Intendiamoci, la base del ragionamento è giusta: i guai europei servono a far confluire denaro sui titoli americani, per cui si realizza il paradosso dei titoli del massimo debitore mondiale che diventano bene rifugio che paga gli interessi più bassi di tutti. Inoltre è evidente che gli Usa hanno tutto l’interesse a ridimensionare l’Euro sbarazzandosi una volta per tutte della sua insolente sfida al monopolio di Re dollaro. Tutto giusto, ma il punto è un altro: per quanto un indebolimento dell’Euro rientri nei piani strategici della Casa Bianca, tuttavia il gioco può sfuggire di mano e provocare effetti indesiderabili. Soprattutto a tre mesi dalle elezioni. Sino al 4 novembre, Obama ha interesse ad una relativa bonaccia finanziaria mondiale, per poter sperare in una ripresina occupazionale da sbandierare come un clamoroso successo. Soprattutto, già sappiamo che fra settembre e dicembre l’Euro attraverserà il suo momento peggiore (per via della massa di titoli da collocare e degli effetti della recessione annuale). Insomma non è il momento migliore per fare di questi giochi dal punto di vista di Obama che, magari potrebbe vederli di buon occhio, ma solo dal 5 novembre in poi. Da questo punto di vista, semmai, l’operazione di Moody’s può essere letta semmai come finalizzata a tirare la volata a Romney, rendendo la vita più difficile ad Obama. Vero è che Warren Buffet ha mostrato qualche simpatia per il Presidente in carica, ma è anche vero che, proprio in questi giorni, Romney ha battuto Obama nella raccolta di fondi per la campagna elettorale e che decisive sono state le ricche elargizioni della grande finanza ai repubblicani.

Sono perplesso: le notizie a disposizione non sono tali da interpretare con sicurezza quale sia il senso politico dell’azione, ma sono sufficienti a capire che un movente politico c’è.

Veniamo al secondo punto: perché la cosa non ha funzionato. C’è in primo luogo una ragione tecnica. Il rating ha effetti di due tipi: normativo (dove scattano una serie di automatismi) e psicologico informativo (dove fa premio la credibilità di chi emette il giudizio e la “potenza di fuoco” di cui dispone). Gli effetti di tipo automatico sono, per esempio, quelli che impongono ad una serie di soggetti (come i fondi pensione) di acquistare solo titoli AAA, per cui, un declassamento al grado sottostante comporta automaticamente la vendita dei titoli declassati da parte di quegli investitori, con l’effetto di indebolire ulteriormente i titoli colpiti. Ma questo accade nei livelli “alti” della graduatoria, mentre sono assai meno frequenti man mano che si scende lungo la scala dei giudizi. Nel nostro caso il declassamento ha effetti pressoché nulli dal punto di vista degli automatismi. Restano gli effetti piscologico-informativi, ma occorre tener presente che le altre due agenzie sono restate ferme, contrappesando la “potenza di fuoco” di Moody’s; in secondo luogo la retrocessione di colpo di ben due posizioni ha reso il gioco un po’ troppo scoperto e, peraltro, la credibilità di Moody’s, in questi anni, ha subito un pesante logoramento.

Infine, il giudizio di Moody’s si muoveva in senso contrario alle tendenze del mercato: come ben dimostra Vittorio Carlini (S24 14.7.12 p. 3) a novembre scorso l’Italia era in una condizione assai più fragile, tanto che lo spread schizzò a 571 punti portando gli interessi annuali al 9.47%, (roba da default in due mosse) e la pressione speculativa si indirizzava in particolare sui titoli a breve (segno che una fetta importante di investitori riteneva probabile un default in tempi medio brevi). Al contrario, in queste settimane, per quanto lo spread sia tornato a crescere, esso è rimasto sotto i 500 punti e il rendimento dei titoli annuali è stato del 2,74%. Insomma il “sentiment” del mercato (per usare questa definizione orrenda del “finanziariese”) si muove in direzione opposta a quella che servirebbe a Moody’s. Insomma: mossa falsa e fuori tempo.

Ma veniamo al terzo punto: che significa questo segnale? Qui siamo meno ottimisti: questo è solo lo starnuto che annuncia la polmonite. L’uscita di Moodys, con ogni probabilità, è solo la prima di una serie di spallate che dobbiamo aspettarci nel “quadrimestre di fuoco”. Riparte la guerra del rating: ne riparliamo fra fine agosto e primi settembre.

Aldo Giannuli

debito italia, euro, moody's


Aldo Giannuli

Storico, è il promotore di questo, che da blog, tenta di diventare sito. Seguitemi su Twitter o su Facebook.

Comments (12)

  • considerando che la francia, nonostante i problemi economici alle porte e l’assenza di manovre di austerità vende i suoi bond con interessi bassissimi, oltre a mostrare che non c’è un legame tra queste politiche e la fiducia dei mercati, mi chiedo come mai con uno spread di 100 siano diventati un bene rifugio. certo, la risposta sarebbe: convengono rispetto agli interessi negativi di quelli tedeschi e olandesi e lo spread è comunque basso. ma la cosa non convince molto: se per fare il solito esempio fallisse l’italia o ci fossero delle uscite dall’euro posso capire che la germania possa riuscire ad evitare un crollo del valore della propria valuta, ma la francia? non verrebbe colpita dal crollo delle due economie confinanti?
    a questo punto mi viene da pensare che al fallimento dell’euro non ci crede nessuno, e il fatto che si debbano pagare interessi così alti non è un fatto di fiducia, ma è relativo al fatto che le banche europee e in particolare italiane non hanno una lira perchè tendono a fare operazioni improbabile senza copertura che poi si traducono in perdite enormi, senza contare che in italia, soprattutto tramite le fondazioni, si dirottano tutti i soldi ai progetti fallimentari degli amici.
    quindi, se questa crisi degli stati sembra un bluff sostentato più che altro dal bisogno di attirare consensi da parte dei partiti di destra norderopei, la crisi bancaria sembra un problema molto più grosso, dato che la leadership attuale è composta dal centrodestra europeo e soprattutto dal board della bce.

    P.s.
    la procura di trani ha chiuso le indagini su moody’s: paventano imputazioni pesanti, gravi risarcimenti danni economici per l’italia, hanno tirato fuori intercettazioni compromettenti. ma nei fatti? cosa potrà fare la procura di trani contro la multinazionale?

  • Devo dissentire, non credo proprio che gli USA e il suo mondo finanziario vogliano davvero che la crisi dell’euro precipiti.
    Qui, mi pare c’è un errore fondamentale, le grandi banche USA non sono in una posizione di forza da cui manovrano le crisi altrui, è tutto il contrario, esse sono proprio al centro della crisi e tutto ciò che fanno consiste in un tentativo disperato di prolungare il più possibile la propria sopravvivenza, già perfettamente convinti che non c’è alcuna via d’uscita possibile, o meglio se il mondo volesse davvero uscire dalla crisi dovrebbe fare fallire proprio tali banche, niente niente che l’intero sistema creditizio globale.
    Per prolungare la propria sopravvivenza, bisogna che la Germania smetta di fare resistenze ad aumentare la liquidità, perchè tale liquidità serve prima di tutti proprio alle banche USA e UK, le più esposte. E’ vero che la loro azione è diretta verso i PIIGS, ma perchè questo è il modo più efficace seppure indiretto per ricattare la Germania. E’ come se dicessero alla Merkel che faranno fallire l’euro isolando la Germania, e togliendole la comodissima situazione di perenne vantaggio competitivo in europa.
    E’ un gioco complesso e disperato dall’inizio, ma se il loro obiettivo è davvero tirare a campare il più possibile, ha una sua perversa logica.
    Nel frattempo, questa azione permette loro di lucrare beni reali dall’Italia, e così è certo che non ci rimettono, ed anche se l’euro saltasse, prospettiva non perseguita, non ci perderebbe granchè.
    Per quanto attiene Obama invece, la questione è completamente differente, e certo non può essere sfuggito a nessuno il tono perentorio e nello stesso tempo quasi da preghiera che egli ha recentemente usato verso l’Europa per sollecitare a dare al sistema la liquidità necessaria a far ripartire l’economia, anche se ormai questa liquidità rappresenta per il sistema economico una droga, in quanto ne è richiesta sempre di più ed ha un effetto molto limitato nel tempo (valga per tutti il caso dei mille miliardi di euro graziosamente dati dalla BCE alle banche continentali che hanno attenuato il valore dello spread solo per poche settimane).
    Come con le droghe, la fine la conosciamo già, il sistema si avvelenerà definitivamente e perirà (rischio di infezione dall’inflazione di titoli a quella del denaro).

  • Gentilissimi del blog,
    interessante la Finanza che ha determinato in buona parte lo sfacelo i cui ci troviamo. Mica male l’Economia, scienza, teoria e applicazione. Agenzie di rating? Speculazioni di Borsa? Derivati? Titoli spazzatura? Debito pubblico? Per quel che mi riguarda sono preoccupata di ben altro:
    1) Reazione popolare (storicamente porta solo al peggio, ma c’è chi la auspica)
    2) Scossone della Crosta Terrestre (Marte non è ancora pronto ad accogliere i “fortunati”)
    OK! Continuiamo con i giochetti per pochi e il mondo andrà al collasso … Ma tanto che ci importa? E’ così gratificante il gioco!
    Paola

  • il problema ora non è neppure più l’Europa, ma il fatto che a dare un giudizio sulla politica di uno stato sono le agenzie di rating. Praticamente è la fine della democrazia e della sovranità nazionale. Monti o Berlusconi, ormai, sono solo un piccolo dettaglio.

  • Scusate ma, tra le altre cose, Monti non era nel consiglio di amministrazione di Moody’s?

    Gentile Prof. Giannuli, questo paese ha bisogno che personalita’ dotate ed indipendenti come lei SI UNISCANO per portare all’attenzione dell’opinione pubblica il dibattito sulla sovranita’ limitata che continua a sfiancare l’Italia a piu’ di vent’ anni dalla caduta del Muro.

    Grazie.

  • ugoagnoletto il tu commento mi sembra un tantino superficiale,volendo ben vedere,come è chiaramente scritto nel articolo di aldo giannulli,moody’s ha declassato l’italia ma il mercato ha risposto in controttendenza,più democratici di così,si muore.
    quel che credo è che più enti,istituzioni,oltre ai cittadini valutano un paese e più ci sarà democrazia,il problema è quando si concepisce un progetto monetario e politico senza dotarlo di detterenze e tutele,come se nel mondo non esistessero operazioni attive da parti di altri stati o forze politiche.

    aggiungere nel’analisi fatta da giannulli,che questo attacco all’euro ottiene forse un altro beneficio,ovvero rallentare ulteriormente i progetti di una nuova moneta sud’americana.

  • pierluigi tarantini

    Caro Aldo,
    sono assolutamente convinto, e non da ora, che States ed Inghilterra o meglio, i loro sistemi economico-finanziari, siano responsabili della crisi dell’Euro.
    Ed è fuorviante limitarsi a pensare agli interessi che gli States dovrebbero pagare sui 16000 mld di $ di debito pubblico (senza voler considerare il debito aggregato)se i Tbond non fossero spacciabili, grazie alla crisi dell’euro, per porto sicuro.
    Infatti credo che dal punto di vista americano ed inglese la questione sia, come si suol dire, di vita o di morte.
    Per gli States, o meglio per Wall street, continuare a battere moneta esportando inflazione, controllare la finanza a livello planetario spacciando asset tossici, è un tutt’uno necessario per continuare a sfruttare e dominare, perlomeno finaziariamente, il resto del mondo.
    Per la povera Inghilterra la crisi dell’euro serve a mantenere in vita la propria economia ed a continuare a far prosperare quella banda di truffatori che sono i suoi banchieri e finanzieri (Barcleys docet)dai quali viene il 45% pil.
    Sembra sufficiente come movente?
    Forse un’analisi dell’operato delle agenzie di rating, non costituisce una pistola fumante ma solo una serie di indizi seri, precisi e concordanti: l’esistenza anche di un movente determina la convinzione della colpevolezza dell’indagato.
    Riguardo all’altro aspetto, anche se per i politici di entrambe la nazioni far credere alla propria opinione pubblica che la crisi dell’euro sia anche la causa delle proprie difficoltà serve a non dover giustificare la propria inazione rispetto allo strapotere dell’oligarchia finanziaria, tuttavia escludo che Obama sia utilizzatore finale dello scherzetto di Moodys.
    Obama, infatti, è per il Potere un sovversivo,sia pure non troppo pericoloso, uno che si è illuso di poter imporre alla finanza delle regole, un accidente capitato per aver esagerato facendo imperatore un somaro come Bush al quale rimediare facendo imperatore il primo che passa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.