Monti ce la può fare?
Non è ancora chiaro se Monti accetterà l’invito (l’intimazione) dell’ “Europa” a candidarsi, certamente dovrà farlo nel giro di un paio di settimane al massimo ed i primi sondaggi non sono incoraggianti: Mannheimer gli pronostica una base di partenza del 3-5% per una sua lista cui potrebbe aggiungersi una frazione di quell’8-10% che si dichiara disposto a prendere in considerazione l’ipotesi di votarlo. Diciamo un 6-9% probabile, che è troppo poco: anche sommando per intero l’area centrista (e sarebbe scorretto, perché il quel 6% c’è già un bel pezzo di elettorato di centro) si attesterebbe poco al di sopra del 15%. Vero è che una lista Monti ancora non c’è e che, pertanto è difficile esprimersi su qualcosa che non si sa esattamente cosa sia. Poi bisogna vedere anche come andrà la campagna elettorale e molte altre cose. Però la base di partenza resta poco incoraggiante e Monti, di suo, non è propriamente un cuor di leone: se non gli assicurano qualcosa per il dopo, in caso di naufragio, lui non si muove (in fondo, se sta fermo, Bersani e D’Alema una mezza promessa per il Quirinale l’hanno fatta balenare).
Il sondaggio di Mannheimer doveva essere noto già da prima a Bersani che è tornato tranquillo (“Monti non ci preoccupa”). Ma allora l’ipotesi Monti è già tramontata? Andiamoci piano e valutiamo quali sono le sue probabilità di vittoria che, in definitiva, significa passare in rassegna le possibilità che ha di conquistare fette di elettorato.
Partiamo da una cosa: la gente vota essenzialmente sulla base di tre tipi di valutazione: di tipo politico generale, di interesse economico personale, di empatia (naturalmente non esistono confini precisi ed una stessa persona può decidere sulla base di un insieme di valutazioni in cui prevale un aspetto piuttosto che un altro).
L’elettorato “politico”, a sua volta si divide in due gruppi principali:
a- quello organizzato direttamente dal ceto politico (funzionari, consiglieri di enti locali e parlamentari e relativi seguiti più o meno clientelari, iscritti militanti di partito o di organismi collaterali, in una certa misura include anche il seguito organizzato orientato dalle organizzazioni cattoliche ecc.). Nella prima Repubblica era il pezzo più consistente e stabile dell’elettorato, ma ormai si tratta di una frazione ridotta, poco sotto il 20%. In questa fascia Monti può espandersi, conquistando tanto un pezzo di Pdl (ma solo Fitto in Puglia, Alemanno a Roma e Pisanu in Sardegna hanno qualche seguito organizzato) quanto un pezzo di Pd (di qualche peso il solo Fioroni in Lazio) e forse qualche rivolo di voto cattolico aggiuntivo (ad esempio Cl potrebbe spostare un bel gruzzolo di voti in Lombardia). Nel complesso potrebbe trattarsi di un apporto del 2-3%, che andrebbe ad incrementare la quota che è già dei partiti centristi.
b- quello di “opinione”, non iscritto a nessun partito, individualista e sensibile ai messaggi dei media. Una frazione dell’elettorato che era piuttosto contenuta nella Prima Repubblica e che è cresciuta nella Seconda per effetto della Tv commerciale e dello “squagliamento” dei partiti. Oggi in via di trasformazione con flussi in entrata -per la quota internet- ed in uscita -per effetto della crisi che induce molti a ragionare più con il proprio portafoglio che con le considerazioni di ordine politico generale-. In ogni caso si tratta di una frazione che possiamo valutare rozzamente un po’ sopra il 20%. Questo è forse il possibile punto di forza di Monti che, grazie all’appoggio dei media, potrebbe avere qui la maggiore espansione: tanto elettori di destra che confluirebbero su di lui in nome del voto “utile” a scongiurare la vittoria della sinistra, quanto elettori di sinistra che vedono in Monti chi li ha liberati da Berlusconi e garantisce il rapporto con l’ “Europa”, oppure renziani delusi o cattolici che votavano a sinistra e che uno come Riccardi potrebbe portarsi dietro.
Grazie a questa fascia, Monti potrebbe aggiungere al blocco centrista (molto debole in questa fascia di elettorato) anche un 7-8%.
Anche l’elettorato “economico-sociale” si divide essenzialmente in due gruppi:
a- quello organizzato (organizzazioni sindacali, imprenditoriali o di categoria, gruppi di pressione, lobbies, gruppi localisti ecc) che, nella prima repubblica, era il nerbo dei due grandi partiti di massa e che si saldava direttamente all’elettorato organizzato dal ceto politico. La Dc, in particolare, aveva costruito le sue fortune su questa frazione dell’elettorato, attraverso un sofisticato sistema di distribuzione selettiva delle risorse (le pensioni di invalidità nell’Italia meridionale, i contributi all’artigianato ed alle piccole aziende, la politica degli ammassi della Federconsorzi per i coltivatori diretti, le assunzioni clientelari nella pubblico impiego, la tolleranza per l’evasione fiscale e il veto alla grande distribuzione per i commercianti, l’attribuzione di favore degli appalti alla Mafia, i contributi statali al sistema di impresa ecc.). Oggi questa fascia si è relativamente ristretta per effetto della fine delle partecipazioni statali, per la frammentazione del sistema di impresa, per la crisi dello Stato sociale, per lo sfarinamento delle tradizionali organizzazioni di categoria, per l’emergere del precariato ecc.. Tuttavia resta un blocco consistente, intorno al 20%. Qui Monti puo’ rastrellare qualcosa, ma presumibilmente non molto: le associazioni di categoria di commercianti, artigiani, piccole imprese difficilmente gli perdoneranno la sua politica fiscale, mentre farmacisti, tassisti, ecc non guarderanno con simpatia alle sue spinte “liberalizzatrici” (ma se è per questo, anche Bersani non ha lasciato un buon ricordo in queste categorie). Peraltro più che sangue, sudore e lacrime, Monti non ha da distribuire con la sua austerità. Ad esempio non pare che, con il vincolo di bilancio, possa promettere una vasta politica di lavori pubblici, che era una delle classiche carte di riserva della Dc, quando doveva risalire la china. Nel complesso, in questa fascia di elettorato, Monti potrà rosicchiare aree marginali numericamente parlando (ceti manageriali, pezzi di Confindustria che gli porterebbe Montezemolo, mondo bancario, vertici di burocrazia ministeriale ecc.). Una “sorpresa” potrebbe venire dalla Sicilia dove l’Udc potrebbe avere qualche chances di riagganciare gli “orfani” di Silvio e di Cuffaro che si sono rifugiati nell’astensione (indovinate di chi sto parlando?!). Tuttavia, nel complesso l’espansione del centro in questa fascia potrebbe essere del 3-4%.
b- L’area non organizzata: l’omologo, in chiave socio-economica, dell’elettorato di opinione di tipo politico. Un’area poco presente nella prima repubblica, ma che è andato fortemente crescendo dagli anni novanta in poi, in primo luogo per la forte crescita del precariato, poi per l’aumento dei pensionati dovuto all’andamento demografico, poi per l’aumento degli immigrati tutti soggetti che restano debolmente o per nulla organizzati. Possiamo assimilare a questa fascia anche le casalinghe (precedentemente influenzate dalla Chiesa ed oggi, piuttosto dai messaggi televisivi, ma che sempre di più ragionano anche con gli scontrini della spesa). E’ certamente il blocco più numeroso, che possiamo valutare intorno al 30% dell’elettorato. E’ con ogni probabilità il settore in cui Monti incontrerà le maggiori difficoltà: anche se la sua “riforma” delle pensioni non riguarda chi è già in pensione, i pensionati lo sentono come ostile ed, insieme alle casalinghe, sono quelli che hanno maggiori difficoltà ad arrivare alla quarta (e qualche volta) alla terza settimana del mese. Fra i precari è ragionevole pensare che sia assai inviso e quanto alla piccola quota di immigrati naturalizzati italiani, non si vede quale particolare motivo di simpatia potrebbero avere.
In questa area Monti potrebbe ottenere dei consensi aggiuntivi a quelli del centro solo grazie al supporto di una massiccia campagna dei media che enfatizzi quali tremendi pericoli di default si prospetterebbero se Monti non fosse eletto e l’ “Europa” non si fisasse dei nuovi governanti. Considerato che fra i pensionati e le casalinghe c’è una piccola, ma non trascurabile, quota di piccoli risparmiatori, che, magari, hanno investito la liquidazione e trepidano essa, l’operazione potrebbe dare discreti risultati. Problema: le Tv sono per metà o quasi in mano a Berlusconi e questa è un’area che legge poco i giornali e non consulta per niente internet. Quanto ai precari, la cosa più probabile è che vadano ad infittire le schiere astensioniste. Tutto sommato, non sembra che l’espansione di Monti in questa fascia possa portare a più di un 4-5% aggiuntivo al centro.
Infine, l’elettorato di empatia. Si tratta di un elettorato assai simile a quello “politico” d’opinione, ma a differenza di questo, concentra la sua attenzione sul candidato piuttosto che sul partito. Si tratta del giovane che vota Renzi (o Vendola) perché Bersani è “vecchio”, della donna che vota solo un’altra donna o del gay che vota solo per chi sa (o immagina) essere tale, ma si tratta anche di chi cerca un punto di riferimento paterno che dia sicurezza, o di chi apprezzi le capacità comunicative e la simpatia personale del candidato. Una fascia moderatamente cresciuta nella seconda repubblica, che si è caratterizzata proprio per il ruolo dei leaders e dei partiti “personali”. Possiamo valutarla intorno al 10%. Probabilmente è la fascia in cui Monti raccoglierà meno: il personaggio obiettivamente non è simpatico, non è comunicativo, non sorride mai ed ha sempre l’aria di annunciarti “fratello ricordati che devi morire”. All’inizio il suo understatement ottenne buoni effetti, anche per il contrasto stridente con l’immagine del Berlusconi-basso impero, ormai insopportabile al 90% degli italiani. Ma con l’andare del tempo, l’algido taglio professorale e l’altezzoso sussiego ne hanno svelato impietosamente l’origine di classe: il ricco odioso che disprezza tutti gli altri. E la corte dei miracoli (si può essere miserabili anche avendo molti soldi) che compone il suo governo ha confermato. Direi che in questa area è difficile che peschi più di uno 0,2%.
Allora, fatti i dovuti conti, questo significa che, se tutto va bene, il “potenziale” elettorato di Monti oscilla fra il 16 ed il 20% che potrebbe aggiungersi allo striminzito 8% di Casini, Fini, Rutelli, Cordero di Montezemolo ecc. Per un totale 24-28%.
Personalmente non ho mai creduto ai sondaggi che davano il tasso di popolarità di Monti al 55% (forse perché a me capitava di incontrare solo tassisti, baristi, studenti, pensionati ecc, del 45%…) e quindi la modestia di questa previsione non mi stupisce, però, nonostante tutto, la partita non è affatto chiusa, perché occorre fare i conti con questi fattori concomitanti:
a. quanti elettori (soprattutto di destra) decideranno di astenersi, quello che, ovviamente, farebbe crescere percentualmente il peso del Professore, anche se non inciderebbe sui rapporti di forza con il Pd
b. quanti ulteriori elettori di destra (oltre quelli qui stimati) decideranno di spostarsi al centro in nome del “voto utile” a battere la sinistra (e qui decisivi saranno i sondaggi che, peraltro, potrebbero anche avere un effetto opposto)
c. quanti ulteriori elettori di sinistra si sposteranno verso di lui per effetto di qualche errore di Bersani o per un evento imprevisto che favorisca il centro
d. quanti elettori di sinistra si sposteranno verso Grillo o verso l’astensione (o forse verso un eventuale, per quanto improbabile, quarto polo arancione).
Peraltro, per il Pd sarebbe una campagna elettorale molto difficile, dovendo spiegare agli elettori che chiede il voto contro Monti per realizzare l’”agenda Monti”: se per differenziarsi calca troppo la mano sui correttivi necessari allo sviluppo ed alla giustizia sociale, corre il rischio di perdere elettori moderati (per esempio molti renziani), se si appiattisce troppo e cerca di dimostrare di essere più montiano di Monti rischia la rivolta di Vendola, ma rischia soprattutto di perdere voti di sinistra verso Grillo o verso l’astensione, perché, tanto, Pd o centro sarebbe la stessa cosa ed a dichiararlo sarebbe proprio il pd.
Questa volta i sondaggisti non bastano, occorrerebbe un buon modello di simulazione che computi gli effetti di retroazione che possono determinarsi (ne riparleremo), ma, nel complesso, la strada per il Professore è in salita e l’ ipotesi di vittoria del centro non appare la più probabile sic stantibus rebus.
In ogni caso, c’è un problema: il Senato. Per quanto la destra possa andare male e presentarsi divisa, è difficile pensare che la Lega non conquisti almeno 15-20 senatori (essenzialmente in Veneto e Lombardia) ed il Pdl altri 20-25 sparsi un po’ in tutta Italia. Grillo potrebbe vedersela un po’ peggio, perché ha un elettorato più giovanile, ha la roccaforte emiliana toccata dalle recenti epurazioni ed in alcune regioni (Trentino, Friuli, Marche, Abruzzo, Molise, Lucania, Calabria, Sardegna e forse anche Lombardia, Puglia e Campania) potrebbe mancare di un soffio la soglia dell’8%. Comunque è difficile che prenda meno di 25 senatori, anche perché, stano ai sondaggi, non dovrebbe scendere sotto il 12%: per cui, o ha risultati locali oltre il 20-22% oppure le regioni in cui resta sotto l’8% non dovrebbero essere più di qualcuna.
Poi non sappiamo, al solito, cosa succederà nei 5 collegi degli italiani all’estero. In totale, fra destra e Grillo difficilmente ci saranno meno di una settantina di senatori ostili tanto ad un governo Pd quanto ad un governo Monti. Restano 250 seggi, perché un partito metta insieme una maggioranza di 158 voti (lasciando da parte i senatori a vita) occorrerebbe che l’altro non vada oltre i 92. Quello che è possibile solo se la coalizione Pd vince in almeno 15 regioni e le altre cinque siano solo quelle più piccole. Sembra difficile. Ed allora che si fa? Ne riparliamo nel prossimo articolo.
Aldo Giannuli
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Caruto
Apprezzo molto lo sforzo analitico di individuare possibili segmenti di elettorato e all’interno di questi misurare le potenziali intenzioni di voto.
Mi domando come e’ stata calcolata la porzione percentuale che andrebbe verso l’ipotesi montiana: sondaggi? valutazioni personali? trend storici?
Caruto
Apprezzo molto lo sforzo analitico di individuare possibili segmenti di elettorato e all’interno di questi misurare le potenziali intenzioni di voto.
Mi domando come e’ stata calcolata la porzione percentuale che andrebbe verso l’ipotesi montiana: sondaggi? valutazioni personali? trend storici?
pierluigi tarantini
Che si fa?
Partiamo dal dato condiviso.
Credo che il 99,99% di chi partecipa a questo blog desideri evitare che il prossimo governo, per potersi formare, debba imbarcare Casini, Fini, Rutelli, Cordero di Montezemolo, la corte dei miracoli (si può essere miserabili anche avendo molti soldi) che compone il governo Monti e poi anche Fitto, Alemanno, Pisanu e forse qualche rivolo di voto cattolico (Cl potrebbe spostare un bel gruzzolo di voti in Lombardia).
Quasi quasi sono da preferire le previsioni dei Maya a quanto preconizzato da Aldo.
Che si fa?
Federico
Monti si trova davanti a un bivio: continuare ad essere un protagonista della politica italiana futura o sparire e accontentarsi di qualche ruolo europeo. Napolitano è molto preoccupato per un suo ingresso nell’agone politico e sta cercando di farglielo capire in tutti i modi. Più che altro sa che il governo di centro-sinistra, alleato a Vendola e allargato, forse, a Casini, non durerebbe più di 1 anno e mezzo o due. Alla prima legge sugli omosessuali, sulle giustizia o sul lavoro litigherebbero e farebbero la fine di Prodi. A quel punto bisognerebbe rifare un altro governo tecnico con Monti (e chi se no?). E qui scatta la preoccupazione di Napolitano. Se Monti si candidasse non riuscirebbe a superare il 10% (mettiamo anche il 15%), e questa ovviamente è una mia convinzione. In ogni caso non vincerebbe, e per due motivi:
1- la gente è stata tartassata troppo da Monti e non lo sopporta più. Come dice lei, non ho ancora trovato uno che voterebbe Monti, perciò non so proprio chi potrebbe votarlo. I commercianti non ce la fanno più, chi guarda la tv supera di gran lunga chi legge i giornali e va su internet (come ha detto lei). E poi diciamolo, gli italiani sono stupidi.
2- Moltissimi sono convinti che Monti, e solo lui, ci abbia portato nel baratro. Basta chiedere in giro che cosa ne pensa la gente dell’Imu e tutti sono convinti che sia stata inventata da Monti. E’ un pò come la storia di Craxi: se parli con dei 50enni o 60enni ti dicono che con Craxi si stava bene e anche se rubava e alzava il debito pubblico non era importante perchè con lui si stava bene. Non si può dire la stessa cosa di Berlusconi, ma ho sentito un pò di persone che piuttosto che vedere di nuovo Monti voterebbero all’istante Berlusconi dimenticandosi gli ultimi anni del suo governo.
Perciò, se non dovesse vincere sarebbe difficile per il nuovo Presidente della Repubblica (che secondo me sarà Prodi) chiamare uno che non ha avuto legittimazione popolare, sembrerebbe un colpo di Stato. Napolitano l’ha capito ma Monti ancora no. E da un lato meglio così, almeno ce lo togliamo dai piedi.
giandavide
labate oggi su pubblico fa notare che monti non si candida più, dato che napolitano ha detto che non avrebbe accettato la staffetta minti-bersani e consigliato a monti di fare il presidente della repubblica e non rompere i coglioni. quindi ho il sospetto che questa analisi, seppur seria e credibile, sia destinata a venire travolta dagli eventi come noi spettatori di questa pessima telenovela sudamericana. e in fondo un pòme ni dispiace, dato che un monti a destra sarebbe stato normalizzante nei confronti del centrodestra italiano, che di normalità ha tanto bisogno (poi perdono pure, che vupi di più). ma se si considera quanto è stato pessimo questo presidente della repubblica, non c’è da sorprendersi nè che sia pessimo fino all’ultimo, nè che tenti di fare eleggere uno che probailmente farà danni come ha fatto lui (anche se per arrivare al livello di napolitano ce ne vuole)
Peucezio
Sono d’accordo con Federico.
Monti (e chi c’è dietro di lui, cioè Napolitano direttamente e indirettamente l’establishment internazionale che ha commissariato l’Italia tramite lui) non ha nessun interesse a partecipare alle elezioni, perché se perdesse, sarebbe delegittimato e se anche vincesse, cosa molto improbabile come giustamente dice Aldo, diventerebbe uomo di parte, quindi non spendibile, appena cadesse, per inciuci o governi vari di salvezza nazionale.
Ciò su cui punta Napolitano, per cui voleva che si ridimensionasse il premio di maggioranza del Porcellum, è che nessuno vinca, cioè che non si riesca a formare un governo o che si formi ma cada presto, in modo da poter ripiazzare un Monti ancora intonso e vergine politicamente, per concludere la legislatura, questa volta magari per tre o quattro anni (o per cinque, se al Senato non emergesse nessuna maggioranza).
Maurizio Melandri
Ok, Monti si candida, anche su FT (Financial Times) oramai criticano la sua politica.
Invece Merkel e Martens…
Io posso sbagliarmi, ma non sono così sicuro che la comunità finanziaria internazionale sia con Monti Merkel e compagnia cantante. Un investitore sarà più contento di una politica espansiva o di una politica recessiva? Dunque questi potrebbero fare il tifo per il PD, con quel che ne consegue.
ieri sul Manifesto trapelava l’idea che anche Alba sarà con il sindaco di Napoli e con Ingroia, oltre ovviamente al PRC.
Se tutto va come sembra: Berlusconi con il centro destra, Monti con i centristi, gli arancioni (da Ferrero a Pisapia) e il M5s credo che il PD ringrazierà potendo intercettare il “voto utile” di chi non ama Monti e Berlusconi.
Perché è tanto difficile avere un Syriza in Italia?
fabio cuzzola
analisi perfetta nei contenuti e nel taglio analitico…dopo di che la domanda ma perchè Monti dovrebbe candidarsi???!